LA SCRITTRICE:
martedì 9 luglio 2024
"Cuore nero" Silvia Avallone (2024)
Frasi dal libro "Cuore nero" di Silvia Avallone
La vita era una trama fragile, sospesa su un abisso, e lei rischiava di continuo di scivolarci dentro.
Il male è caldo, ti brucia alla radice e ti annienta.
martedì 30 novembre 2021
martedì 23 novembre 2021
Frasi dal libro "Un'amicizia" di Silvia Avallone
Mi sono tenuta questo vuoto nell'anima per tanto di quel tempo che adesso non me ne frega nulla se sono all'altezza oppure no. Non voglio raccontare niente, solo raccontare.
Aveva un dono: sapeva leggere. Non in superficie e neppure all'interno, ma al cuore. Sapeva che la verità di una persona, come di un libro, è in ciò che rimane muto e segreto.
Non avevo mai pensato che la bellezza potesse fare male.
Parlare non ci mette a nostro agio. Invece, scrivendo, sarebbe diverso. Potremmo prenderci il tempo che ci serve per scegliere le parole, aggiustarle, cambiarle se necessario.
Ero, evidentemente, una disadattata. Ma nella mia famiglia, con sfumature diverse, lo erano tutti.
Sperimentai l'enorme potere che hanno gli oggetti di rilasciare gli odori e le voci che hanno assorbito. Di rendere presenti i ricordi.
Sembra una calamità ma la faremo diventare un'occasione.
Il panico, o meglio la solitudine, è uno stato primitivo e molto semplice, in cui da una parte c'è il mondo smisurato, minaccioso, ignoto, e dall'altra ci sei tu, un nonnulla. Senza una madre nessuno può sopravvivere. E'una verità che ho sperimentato assai bene, di cui porterò sempre in ciascun organo vitale le cicatrici.
La letteratura fu, in fondo, il solo modo che mi capitò per colmare il suo vuoto. Potrà mai esistere una passione senza prima un vuoto?
Una tachicardia meravigliosa mi afferrò il cuore: la possibilità.
La vergogna è un sentimento che ho provato spesso per la mia famiglia. Me la sono portata dietro come un masso, come se fosse colpa mia. Per anni.
A stare dentro l'attenzione di qualcuno non ero pronta: goffa, sbagliata e troppo esistente.
"Un'amicizia" Silvia Avallone (2020)
LA SCRITTRICE:
domenica 1 luglio 2018
"Acciaio" Silvia Avallone (2010)
LA TRAMA:
Nei casermoni di Via Stalingrado a Piombino avere 14 anni è difficile.
E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina.
Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte.
Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative:
o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppuri sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno.
Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare.
Ma la vita è feroce e non si piega.
Scorre immobile senza vie d'uscita.
Poi, un giorno, arriva l'amore.
Però arriva male.
Le poche certezze vanno in frantumi e anche l'amicizia invicibile fra Anna e Francesca si incrina, sanguina e comincia a far male.
IL MIO GIUDIZIO:
Nell'estate che precede il giorno che cambierà per sempre il corso della Storia, l'11 Settembre 2001,
in una piccola e squallida cittadina di periferia della Val di Cornia,
fra la tossica acciaieria "Lucchini S.P.A." e il mare inquinato di Piombino,
sbocciano due fiori: Anna e Francesca.
Anna e Francesca, una mora e l'altra bionda.
Due tredicenni belle da togliere il fiato.
Belle di una bellezza tanto delicata quanto aggressiva, che usano con strafottenza, come arma per raggiungere i propri scopi.
Come se essere avvenenti fosse un merito e non un casuale dono di madre natura.
Una bellezza che sbattono in faccia a chiunque, forse perchè non hanno nient'altro da offrire se non la loro esteriorità.
Anna e Francesca, cresciute entrambe in un contesto familiare difficile,
formano un microcosmo a sè stante.
Narcisiste, egocentriche, anaffettive, superficiali, materialiste ed esibizioniste,
si sono trovate, riconosciute e scelte, lasciando fuori il resto del mondo.
Un'amicizia intima e totalizzante, ai limiti del morboso.
Un'amicizia che trascende nell'amore.
Amore che solo l'una per l'altra sanno provare.
E, intorno a loro, ma lontani da loro, le loro famiglie, i vicini di casa, i compaesani,
tutti alle prese con un'esistenza da portare in qualche modo avanti, alla meno peggio,
fra botte ed umiliazioni; sfiancandosi di fatica in fabbrica o dedicandosi ad attività al limite della legalità, per non dire proprio illegali;
fra una canna e un tiro di coca;
una corsa sfrenata in macchina, con la musica a palla, o una serata trasgressiva al "Gilda" di Follonica.
Un romanzo crudo,che racconta con estremo realismo e senza mezzi termini, il degrado e la miseria di chi vive ai margini della società.
Ma anche una storia di amicizia,amore e morte.
Scritto con uno stile semplice e fresco, opera prima di un'autrice all'epoca poco più che ventenne,
"Acciaio" è una lettura piacevole, che coinvolge ed avvince,
che ti porta a calarti completamente nelle vicende di Via Stalingrado,
ad emozionarti, a soffrire e a gioire, ma anche ad arrabbiarti, insieme ai protagonisti della storia.
Con un finale al cardiopalma, dove si intuisce che qualcosa sta per accadere,
ma non si sa cosa e soprattutto a chi.
Ed un epilogo dolce e amaro, proprio come lo è la vita.
IL MIO VOTO:
Un romanzo crudo ma avvincente.
Una storia di amicizia,amore e morte.
Assolutamente consigliato.
LA SCRITTRICE:
domenica 13 agosto 2017
Frasi dal libro "Da dove la vita è perfetta" di Silvia Avallone
Il dolore era l'unica verità vera.
Il loro volto era sempre strano quando la guardavano.
Come se non riuscissero a metterla a fuoco.
Come si fa con le imperfezioni,con le cose scadenti.
Forse era solo una sua impressione,ma le sembrava glielo rinfacciassero tutti,che aveva sbagliato.
Che non sarebbe mai stata perdonata per questo.
Eppure doveva esserci ancora il sole da qualche parte.
Mentre il corpo la dilaniava per aprirsi,lei si chiudeva.
Avvertiva il peso dell'esistenza a ogni passo.
Non riusciva più a sostenerla,la felicità altrui.
Nonostante la tenacia e la testardaggine,era nata per perdere.
Era arrivato,punto.
Era al capolinea.
Si arrendeva.
E per la prima volta,ammettendolo,si sentiva umano.
"La vita è una cosa lieve",pensò,"deve esserlo".
Non pensare,non ricordare.
Resisti solamente.
Era esausta.
Di aspettare,di precipitare dalla fiducia alla delusione.
Era così tenace in lei la speranza.
Ma più speranza era qualcos'altro.
Era ostinazione,era un suicidio.
Il dolore di quel niente era diventato un fuoco.
Stava tutta lì la differenza:
nell'accanirsi in quello che non ti riesce.
Nell'ostinarcisi giorno e notte.
Nello scegliere il difficile anzichè il facile e ammazzarcisi sopra.
La differenza fra chi se ne andava e chi rimaneva,nonostante tutto.
L'aveva chiamata Bianca.
Come le cose bianche.
Le cose pulite e piene di luce.
Aveva imparato a conoscerlo.
Ad aspettare.
Tonnellate di pazienza ci volevano con lui.
Anche quando sembrava disposto a concederle un pò di fiducia,bastava una parola storta perchè si trincerasse di nuovo dietro quel suo silenzio.
Che era adulto e insieme infantile.
Era una causa persa.
Eppure...
Non sapeva nemmeno lei perchè ci si ostinava così tanto.
Un'utopia.
Però faceva tenerezza quando diventava protettivo.
Perchè lo era in modo goffo,come se si vergognasse di provare qualcosa di diverso da un senso sterminato di rivalsa.
Scrivi!
Altrimenti macerati in silenzio finchè muori.
Era una con molti libri e poca vita.
Non era stato un errore,nè una scopata nè una distrazione.
"Metà me e metà te".
"Lo vedi questo? E'un certificato di nascita. La riconosci o non la riconosci?"
"Non la riconosco".
Ecco,lo aveva detto.
Ricorrendo a una volontà disumana.
Che nessuno doveva azzardarsi a giudicare,a immaginare o a capire.
Quando è che uno diventa genitore?
Quando lo desidera,quando partorisce,quando lo esige e lo pretende?
Uno diventa genitore quando accetti che tuo figlio sia un altro.
Quando lo ami chiunque sia.
Ci sia:congiuntivo.
Non una realtà,solo una possibilità vaga,inquinata dalle speranze.
Resa infida dalle fantasie nella tua testa.
La sua voce era come fosse l'elemento chimico base di cui era composta la sua esistenza.
L'infanzia era un lusso che non poteva permettersi.
Il dolore non li rendeva persone migliori però li univa.
"Cosa farai questa estate?"
"Leggerò.E basta"
Lo diresti che siamo già in paradiso,anche se non riusciamo a comprenderlo?
Le aveva spaccato il cuore.
Glielo aveva crepato e mandato in frantumi così piccoli da non poterli aggiustare.
L'irreparabile non si ripara,punto e basta.
Perchè esistono sul serio cose così rotte,così impossibili da aggiustare,che è come morire.
Non le occorreva neppure la compassione degli altri,lo sguardo comprensivo di chi non ne sapeva un accidente e sotto sotto era pure contento che non fosse toccato a lui.
Il suo utero,evidentemente, era un posto troppo inospitale.
Lei era una persona troppo sbagliata.
Ma cosa provavano le altre donne?
Quelle che pisciavano,aspettavano 3 minuti e si trovavano di fronte un bel "+"?
Come esultavano,se esultavano?
Quali parole dicevano quelle per cui bastava una scopata?
Quelle a cui capitava,e manco lo avevano voluto.
Le odiava,una per una.
Le odiava di un odio folle.
Era così tremendo?
Così diabolicamente contro natura desiderare un figlio?
Lei non avrebbe mai visto un "+" nella sua vita.
Era una donna inutile,riarsa.
Era solo un vuoto enorme.
Si chiese se fosse un destino,quello di farsi umiliare.
C'era qualcosa conficcato nel suo corpo che le diceva di non poterne fare a meno.
Che le imponeva di averne bisogno.
Dove la parola "bisogno" stava a significare una mancanza totale,un'astinenza assoluta.
Svegliarsi la mattina e non avere un senso.
Rimanendo insieme potevano essere più forti del mondo là fuori.
Lei che sogni aveva?
Non voleva diventare qualcuno nè niente.
Voleva solo appartenergli.
Continuarono a tenersi stretti,come se fossero diventati le 2 metà di una stessa cosa.
Però quanto è dolce farsi fregare.
C'era una puzza insormontabile di umanità.
Nascere in un posto o in un altro non fa nessuna differenza,se hai un cervello.
Si chiese fino a che punto fosse lecito accanirsi,lasciare che la speranza ti distruggesse la vita.
Per troppo tempo era rimasta lassù,prigioniera di una confine.
Aveva disimparato a vivere.
Aveva aspettato.
Qualcosa che non si sarebbe mai potuto avverare.
Perchè continuava a ferire gli altri,se voleva punire solo se stessa?
Doveva fare qualcosa,non poteva passare la vita a una finestra a guardare.
Doveva farlo:andare fino in fondo,sbattere la testa al muro.
Cambiare.
A lei le cose sconsigliabili erano sempre piaciute.
Volevo rimediare e ho peggiorato le cose.
Mi succede di continuo.
"Siamo,come si dice,arrivati a un punto di non ritorno"
"E allora non ritorni.Non ritorni dove già sa che non troverà niente.Cambi strada.Vada altrove"
Sine causa.
Ma una causa c'è sempre,per tutte le cose.
Non si sentiva speciale per il fatto di chiudersi là dentro con il computer acceso.
Anzi,si sentiva un insetto imbozzolato.
Uno che non è più capace di scendere in cortile a sudare e sgolarsi.
E allora scrive.
Il dolore degli altri lo poteva raccontare,ma la felicità no.
Da quella poteva solo venire escluso.
Anche dalla felicità del passato si rimaneva esclusi,dai giorni in cui era stato vivo.
Si chiese perchè.
Perchè era così fragile e diverso da tutti gli altri.
Ma lei cos'era?
Si era mai preoccupato qualcuno di quello che poteva diventare lei?
"Io ti voglio bene",
E "io ti voglio bene",nel suo cuore,era un insulto.
Che ne sapeva lui,di cos'era un'amicizia femminile?
C'era sempre una quota di amore viscerale tra 2 donne,altrimenti si trattava solo di conoscenti.
"Possibile che devi sempre comportarti da vittima e far pesare sempre tutto?"
"Perchè pesa"
Cosa vuol dire nostro?
Nessuna persona è di qualcun altro.
E venne fuori che il dolore le sarebbe servito.
Tutte le cose importanti non lo avevano mai,un perchè.
Difendeva l'indifendibile e l'aveva capito di essersi giocata tutto per un cretino.
Finchè non le metti nero su bianco,le cose,non le vedi.
La faceva sentire nuda quello sguardo e allo stesso tempo in un luogo in cui era già stata.
Solo lei lo conosceva.
In tutta la terra,solo lei sapeva com'era davvero:
sensibile e generoso.
"Non sei più sola".
Invece lo era in un modo sterminato.
Assoluto e totale.
Iniziare era sempre difficile perchè un poco occorreva morire.
Non l'avrebbe indovinato nessuno,dall'esterno,a che livelli riusciva ad odiare.
Perchè lei lo sapeva che il male non ti rende migliore.
Non credeva alle persone nuove.
A 30 anni sei quello che sei,con il tuo carico di ruggine e di difetti.
Non esiste una persona a cui puoi dire tutto.
Non aveva mai compreso la sua ossessione di diventare madre.
C'era così tanto da conoscere a questo mondo,da cambiare.
Un atto di fede come crescere ed educare un bambino,accettare la sfida del suo futuro,era diventato un gesto coraggioso.
Quasi rivoluzionario.
Ancora non lo sapeva che,tra amiche,la felicità è veleno.
Edificare un'anima:questo sì che significava riscatto.
..con la solita urgenza insaziabile di essere la migliore,ineccepibile,la numero uno.
Sì!Sì!Sì! Voglio affrontare tutto!
Dalla miseria si poteva solo migliorare.
Aveva una dolcezza nel volto.
Un indizio di comprensione per le debolezze altrui.
...l'idea che qualcuno vivesse per renderti felice.
Era un casino,un cataclisma.
Ma,forse,era anche una cosa troppo bella.
Si alzò e si vedeva da un km che era triste.
Che lo pensava.
Che non si era arresa.
Ogni giorno si svegliava e per prima cosa accendeva il cellulare ma non trovava alcun messaggio.
Cosa te ne frega,si disse,di cosa pensano gli altri.
Un bambino non è una cosa.
Non dovresti mettere al mondo una persona solo perchè ne vuoi un'altra.
Non ti puoi fidare di lui.
Perchè nemmeno lui si fida di se stesso.
Era un narratore,non un protagonista.
Non poteva vivere una vita sua,solo quelle degli altri.
Mi basta le cose di me che non so da dove vengono per capire che non è una bella persona.
Avvertì il suo sguardo dentro il corpo.
Si sentì esistere in quello sguardo.
E avrebbe continuato così per sempre:a farle domande e a rispondere alle sue.
Lei non lo voleva un bambino.
Non l'aveva mai voluto.
Però quello lì,che ora nuotava sul lato sinistro dello schermo e compiva una capriola,non era affatto un bambino: era suo figlio.
La felicità è un frammento.
La durata è nel dolore.
E'possibile,secondo voi,imparare i sentimenti?
No,era impossibile.
Di più:era inutile.
Nella vita era una persona sbagliata.
Non ti punire:se c'è qualcosa che desideri,non difenderti.
Non cercarti delle scuse per evitare di raggiungerla.
La felicità,si disse,era una cosa destinata agli altri.
Non riusciva a vivere,ma lo voleva.
Non c'era altro che desiderasse se non rinascere.
Con lei.
Nello stesso luogo.
Il dolore che rimane.
I vuoti che lasciano le persone quando se ne vanno.
La memoria del loro odore.
Il lembo di un vestito impigliato dove le avevamo viste l'ultima volta.
Prendere coscienza non serve nè a farti cambiare nè a impedirti di ricordare.
Io ci provo sempre a insegnarti qualcosa.
Solo che tu sei una di quelle persone che non imparano mai.
Hai l'anima cieca.
Vedi solo te stesso.
...una passione straordinaria che decide al posto tuo.
Perchè lui era tutta la sua debolezza.
Lei non lo sapeva cos'erano state tutte quelle notti.
Il desiderio di parlarle,di toccarla,che lo afferrava alla gola e sbatteva contro la realtà delle cose.
Mi basta una possibilità.
Una sola.
Era nato per deludere.
Per vergognarsi.
E si sentì in tutto e per tutto sbagliato.
"Lei è molto intelligente.
Ha una sensibilità straordinaria e sa sempre mettersi nei panni degli altri.
Eppure,quando toccano i suoi,comincia a difendersi,ad accusare.
Ogni volta è come se rivendicasse un risarcimento.
Per la sua sterilità.
Per la sua sofferenza.
Ma non può reclamare una maternità che non le spetta."
Infatti.
Spettava alle ragazzine che avevano bevuto troppo.
Alle tossicodipendenti.
Alle prostitute.
Spettava a quelle che abortivano,che abbandonavano,che maltrattavano.
Ma che avevano l'utero e le tube in funzione.
A queste spettava,sì?
Quel "senza"ha contato di più di ciò che avrei potuto avere.
E'grazie a quel "senza" se sono qui e non cedo.
E voglio prendere in braccio mio figlio e aiutarlo a fare i conti con tutti i "senza" che si troverà davanti.
Con tutti i "senza" che lo hanno già segnato.
Perchè ci siamo lasciati?
Perchè ti ho vista per quello che eri:banale.
"Ci sai fare con i bambini"
"Mi piacciono.Come ti guardano,come si affidano.Ti fanno sentire amato in un modo in cui nessuno ama".
Erano storti,difettosi e non sarebbero mai guariti.
Però lui la amava e avrebbe fatto qualunque cosa per renderla felice.
Le sarebbe stato sempre accanto.
Perchè era lei,la famiglia migliore.
Ti sei affezionata a un'idea,va bene,può succedere...ma adesso basta.
Non sapeva se aspettarla o se morire.
Era lo stesso bambino che diceva:
"E tu,che cazzo vuoi?".
E lo diceva con gli occhi prepotenti,ma pieni di dolore.
Le andò incontro e lei provò di nuovo quel desiderio terribile di rintanarsi con lui in una caldaia,in una buca sotto terra.
Di togliersi i vestiti e appiccicarsi al suo corpo fino a perdere i contorni.
Lei voleva continuare a ricordare:
ogni singola umiliazione,il disamore e il male che lui e tutti gli altri le avevano fatto.
Tu non lo sai,quanto ti amo io.
Quanto ti ho pensato e ti penserò ogni giorno.
Mi mancherai e non potrò farci niente.
L'aveva distrutta,l'Adele di prima.
Era stato lui a rovinarla e imbruttirla.
L'aveva rovinata,sì,ma non fino in fondo.
Le era rimasto lo sguardo pulito e una cieca ostinazione al bene.
Voglio stare con te perchè sei l'unica cosa che ha senso.
Cos'è l'inferno?
E'la sofferenza di non poter più amare.
Il male era un meno.
Un vuoto che ti portavi appresso per sempre perchè qualcuno non ti aveva amato.
Non ti aveva sorriso.
Non ti aveva insegnato a parlare.
Se metti al mondo una persona,la devi amare.
La devi guardare negli occhi e le devi dire:
"Sei al sicuro".
Sennò la fai vivere,ma non nascere.
Sennò la uccidi.
Sennò le inietti nell'anima una sottrazione di cui non si potrà mai liberare.
E' che se da bambino non sei amato,poi non esisti.
Perché ti assaliva una tale disperazione,a volte,che non guardavi più in faccia nessuno.
L'amore furioso,furibondo e cieco.
Non esiste limite,a questo amore.
Non esiste accettazione.
Né giusto né sbagliato,quando soffri così tanto.
Lui non poteva capirlo:
una volta al mese,sentirsi dire dal tuo stesso corpo che non servi a niente.
Avevo fame.
Una fame che non so spiegare a parole.
Come un vuoto enorme che non sarebbe stato riempito nemmeno da un supermercato.
Ero solo.
Il più solo al mondo.
Eppure mi davo un obiettivo e lo realizzavo.
Senza sgarrare,con una disciplina pazzesca,dimostrando a me stesso che valevo qualcosa.
Aveva tutti quei capelli che le spiovevano sul viso,anarchici e anticonformisti,com'era lei.
La guardava e non gli mancava niente:né il passato né il futuro.
Era qui che voleva stare.
Con lei in un pomeriggio qualunque.
E adesso la sentiva la felicità lieve di stare al mondo.
E questa cosa qui che rimaneva,risaltava e li legava,era più forte di tutto.
Era amore.
Ma come si può provare così schifo per la propria vita?
E loro 2 nel buio,gettati fuori,a cercarsi come randagi.
"Che cosa vuol dire?"
"Quello che ho detto:le parole coincidono con le cose".
Ogni mattina mi svegliavo e pensavo che era un buongiorno perché tu esistevi.
Facevo tutto veloce per vederti presto.
Eri la mia unica certezza.
Gli aveva voluto tanto di quel bene che era stato come perderci la testa.
Aveva le farfalle nello stomaco ogni volta che lo rivedeva.
Ti avrei dato tutto,cazzo.
Ti sarei stato accanto ogni minuto.
E invece ti ho aspettato,aspettato e aspettato.
Io non voglio più entrarci nelle tue ferite.
Quelle erano solo parole e qui c'era un pezzo di carne viva,che non era più un sentimento.
Era una condanna.
Era salva,sì.
Anche se non c'era più niente da salvare.
Non ragionarci,altrimenti non funziona.
Usa l'istinto e rispondimi:
cosa desideri,più di tutto?
Si era data della stupida per averci creduto,di poter ambire a una vita normale.
Lo amava e lo detestava.
Quando qualcuno ti abbandona ti lascia in eredità un vuoto.
Che rimane lì,fra le costole,e non c'è modo di mandarlo via.
Però avrai una vita intera per costruirci intorno delle cose belle.
Era così frustrante aspettare.
Avvertì tornare quel mostro,che non era lei,ma si era annidato dentro le sue viscere,in un posto così buio da non poterlo nominare.
Perché lri aveva studiato,sofferto,capito.
Aveva letto,pensato,amato.
Era adulta e consapevole.
Però era prigioniera del mostro.
L'unica domanda che le girava in testa era:
"Perché lei sì e io no?Perché questa incosciente troietta sì e io no,no,NO?"
I passanti rallentavano e la guardavano e lei doveva trattenersi dal gridare loro:
"Cosa avete da scandalizzarvi?Non l'avete mai vista una donna incazzata?"
Solo i legami che non si scelgono non si possono spezzare.
Tutti gli altri sono labili,precari.
"Lo sai quanto sto lavorando..."
"Certo.Solo tu lavori a questo mondo!"
Cercava lo scontro.
Lo voleva.
Perché se niente avevo senso,allora tanto valeva distruggere tutto.
Tu mi hai reso infelice.
Ogni giorno me lo hai rovinato.
Perché sai solo logorare te e chi ti sta accanto.
Aveva la certezza che,comunque,ormai era tardi per diventare qualsiasi cosa.
Il suo sogno più grande,il più innominabile,era diventare scrittore.
Era che la gente vedesse il suo romanzo in vetrina e lo comprasse.
Non poteva farci niente: né salvarla né ribaltare il destino.
"A volte mi sembri il più figo del mondo e a volte il più sfigato"
"È perché non so chi sono. Perché mi manca una metà. Perché quando sono ovunque vorrei essere qui. E quando sono qui,non riesco a starci"
Fanculo mondo,io vado vis.
La notte entrava gelida,nella stanza.
Li assediava da ogni parete.
E loro dentro,asserragliati.
Quella cosa che credeva impossibile,d'improvviso gli venne naturale.
È il modo della possibilità,il congiuntivo.
Del desiderio,del dubbio,dell'alternativa.
Se non lo usi,non riesci a immaginare.
Lo frugava,in cerca della frazione infinitesimale di lui che non era stata ancora rovinata.
Ce l'hai un motivo,uno solo per tirarti su le maniche e tornare là fuori?
Una ragione per cambiare?
Fuori era un covo di ricordi.
E lui viveva qui e adesso,come un animale in una fossa.
Sai cosa ho pensato quando l'ho scoperto?
"Non sono pronta,non ho la testa."
Ma poi mi sono detta:
"Esiste.È lamiglior occasione che mi sia capitata"
Pensò che era una delusione,dopo.
Dopo aver sognato,voluto,desiderato.
La realtà era sempre diversa.
Stava rinunciando a tutto per lei.
Non l'aveva presa in giro.
Io invece ho pensato sempre a te,mille volte.
A te e nessun altra.
E adesso ci sei.
Fottitene e vai avanti.
Perché i luoghi sono persone.
Di più: è dove rimangono per sempre le persone.
Ho una vita di merda...fammi essere felice un po',no?
Fammi sbagliare fino in fondo.
C'era solo il presente.
Che era presente e quindi vivo,come nell' "Infinito" di Leopardi.
Non era più solo smania adesso.
Era volontà di esistere,di vincere.
Era disperazione.
Lo aveva deciso:voleva essere vivo e non avere più difese,più il controllo su niente.
Affidarsi,fare cazzate,perdersi.
Insieme a lei.
Non te la vorrei raccontare questa storia.
Però,se non lo faccio,non riesco ad andare avanti.
Né con te né con me stesso.
Non si può vivere,dopo.
Dopo,è impossibile.
Guardarti mi salvava.
Quello che non era mai riuscito a scrivere,a immaginare,stava accadendo.
Vattene,io non esisto!
Mi sento come te.Ma ce la faremo.
Io dentro avevo un vuoto e cel'ho ancora.
Che mi fa dire che qualsiasi cosa faccia,qualsiasi traguardo raggiunga io sarò sempre nessuno.
Nessuna vittoria è senza resto.
Sei una fregatura.Sei una balla colossale.
Si sedette di fronte a lei e si giurò che glielo avrebbe detto.
Anche se era pesante.
E sarebbe stata l'ultima volta che provava a cambiare la vita di una persona.
Tu cosa scegliresti al posto suo?
Ti sei mai messa nei suoi panni?
Cosa sceglieresti:una vita di merda con te o uns vita favolosa con un'altra madre?
Cosa è più giusto: che si debba portare addosso il peso di non sapere chi l'ha messa al mondo?
Allora eri tu.
Ls clinica in Svizzera,la gamba,le Fivet andate male,le Beta negative...era tutto giusto.
Ne valeva la pena.
Sai che c'è?
Che sono ome sono e non come mi vogliono gli altri.
Con il terrore di deludere e la rabbia di provarci.