E'suonata la campanella.
Lungo il corridoio gli altri hanno mantenuto una distanza che mi circoscriveva come estranea.
Qualcuno aveva attaccato al banco dove stavo per sedermi un'etichetta invisibile con il soprannome che in paese usavano dopo il mio rientro in famiglia.
Ero l'Arminuta,la ritornata.
"Ma chi c'avete per genitori,due conigli? Mo'con l'Arminuta quanti ne siete diventati,sei,sette?"
"Almeno nostra madre i figli li fa col marito,la tua invece la dà a chi gliela cerca"
Era tutta per lui,chiuso tra le tavole di legno.
Non aveva niente per me,che sopravvivevo.
Sei tutta coccia.Con le mani sai tenere solo la penna.
Io non conoscevo nessuna fame e abitavo come una straniera tra gli affamati.
Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia.
Ero l'Arminuta,la ritornata.
Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere.
Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre.
Mi manca come può mancare la salute,un riparo,una certezza.
E' un vuoto persistente,che conosco ma non supero.
Gira la testa a guardarci dentro.
Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia.
La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure.
Eppure in certe ore tristi mi sentivo dimenticata.
Cadevo dai suoi pensieri.
Non c'era più ragione di esistere al mondo.
Ripetevo piano la parola "mamma" cento volte,finchè perdeva ogni senso ed era solo una ginnastica delle labbra.
Restavo orfana di due madri viventi.
Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua,l'altra mi aveva restituita a 13 anni.
Ero figlia di separazioni,parentele false o taciute,distanze.
Non sapevo più da dove provenivo.
Non pensavo a niente di preciso ma avevo dentro,oltre le paure,una forza luminosa come quel piccolo fuoco.
Ero troppo giovane e sospinta dalla corrente per vedere il fiume in cui mi trovavo gettata.
Sul cuscino mi aspetta ogni sera lo stesso grumo di fantasmi e oscuri terrori.
"Io forse parlo un pò troppo certe volte..."
"Non hai colpa se dici la verità.E'la verità che è sbagliata."
Avrei voluto che tacesse e restasse ferma,almeno per un pò.
Soltanto qualche attimo di riposo per me,appoggiata a un corpo umano,perduta nel suo profumo,in una breve dimenticanza.
"Non ci resisterei in mezzo a una folla di ragazzi che si divertono.Non mi sento più uguale agli altri.Pensavo di essere come loro ma era tutto falso.Ormai so,il mio destino è diverso."
"Il destino è una parola da vecchi.Non puoi crederci a 14 anni.E se ci credi,lo devi cambiare.E'vero che non sei uguale agli altri perchè nessuno ha la tua forza."
Avvertivo il pericolo di abbandonarmi di nuovo a lei.
E il desiderio indicibile.
Tu non l'hai conosciuta la miseria.
La miseria è più della fame.
Mia sorella.
Come un fiore improbabile,cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia.
Da lei ho appreso la resistenza.
Or ci somigliamo meno a tratti,ma è lo stesso il senso che troviamo in questo essere gettate nel mondo.
Nella complicità ci siamo salvate.
Lungo il corridoio gli altri hanno mantenuto una distanza che mi circoscriveva come estranea.
Qualcuno aveva attaccato al banco dove stavo per sedermi un'etichetta invisibile con il soprannome che in paese usavano dopo il mio rientro in famiglia.
Ero l'Arminuta,la ritornata.
"Ma chi c'avete per genitori,due conigli? Mo'con l'Arminuta quanti ne siete diventati,sei,sette?"
"Almeno nostra madre i figli li fa col marito,la tua invece la dà a chi gliela cerca"
Era tutta per lui,chiuso tra le tavole di legno.
Non aveva niente per me,che sopravvivevo.
Sei tutta coccia.Con le mani sai tenere solo la penna.
Io non conoscevo nessuna fame e abitavo come una straniera tra gli affamati.
Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia.
Ero l'Arminuta,la ritornata.
Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere.
Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre.
Mi manca come può mancare la salute,un riparo,una certezza.
E' un vuoto persistente,che conosco ma non supero.
Gira la testa a guardarci dentro.
Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia.
La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure.
Eppure in certe ore tristi mi sentivo dimenticata.
Cadevo dai suoi pensieri.
Non c'era più ragione di esistere al mondo.
Ripetevo piano la parola "mamma" cento volte,finchè perdeva ogni senso ed era solo una ginnastica delle labbra.
Restavo orfana di due madri viventi.
Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua,l'altra mi aveva restituita a 13 anni.
Ero figlia di separazioni,parentele false o taciute,distanze.
Non sapevo più da dove provenivo.
Non pensavo a niente di preciso ma avevo dentro,oltre le paure,una forza luminosa come quel piccolo fuoco.
Ero troppo giovane e sospinta dalla corrente per vedere il fiume in cui mi trovavo gettata.
Sul cuscino mi aspetta ogni sera lo stesso grumo di fantasmi e oscuri terrori.
"Io forse parlo un pò troppo certe volte..."
"Non hai colpa se dici la verità.E'la verità che è sbagliata."
Avrei voluto che tacesse e restasse ferma,almeno per un pò.
Soltanto qualche attimo di riposo per me,appoggiata a un corpo umano,perduta nel suo profumo,in una breve dimenticanza.
"Non ci resisterei in mezzo a una folla di ragazzi che si divertono.Non mi sento più uguale agli altri.Pensavo di essere come loro ma era tutto falso.Ormai so,il mio destino è diverso."
"Il destino è una parola da vecchi.Non puoi crederci a 14 anni.E se ci credi,lo devi cambiare.E'vero che non sei uguale agli altri perchè nessuno ha la tua forza."
Avvertivo il pericolo di abbandonarmi di nuovo a lei.
E il desiderio indicibile.
Tu non l'hai conosciuta la miseria.
La miseria è più della fame.
Mia sorella.
Come un fiore improbabile,cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia.
Da lei ho appreso la resistenza.
Or ci somigliamo meno a tratti,ma è lo stesso il senso che troviamo in questo essere gettate nel mondo.
Nella complicità ci siamo salvate.
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