LA TRAMA:
Raccolta originale di lettere scritte dal fronte, durante la Prima Guerra Mondiale, dal soldato Leonardo Checchucci, detto Beppino, e indirizzate alla madre e alla sorella.
A cura di Renato Nati.
IL MIO GIUDIZIO:
"Cara mamma, cara sorella".
Così si apre ogni missiva che Leonardo, detto Beppino, scriveva dal fronte alle sue due donne, rimaste a casa ad aspettarlo, a Larderello, piccola frazione di Pomarance, in provincia di Pisa.
Leonardo, detto Beppino, altro non è che il fratello della bisnonna del mio collega Renzo.
Le lettere, conservate come reliquie da mamma e sorella dopo la sua morte, sono state poi raccolte e pubblicate, così come lui le aveva vergate (errori grammaticali compresi), dallo zio di Renzo, Renato Nati, nel 2015, per commemorare il centenario della Grande Guerra e, allo stesso tempo, per ricordare quel lontano nipote tragicamente e prematuramente scomparso.
Correlandolo con fotografie e documenti dell'epoca, Renato Nati ricostruisce gli ultimi mesi di vita del giovane, dal momento della partenza per Genova, passando per il periodo di addestramento a Savona, fino ad arrivare alle trincee e ai campi di combattimento sul Carso, dove troverà la morte, dopo essere stato ferito da una pallottola, a causa delle febbre tifoide.
"Cara mamma, cara sorella" è un interessante spaccato di vita vissuta che, più di quanto possa fare un qualsiasi libro di Storia, ci mostra la dura realtà della Guerra, fatta di totale assenza di privacy e delle seppur minime e basilari norme igieniche;
di battaglie, combattimenti, di uccisioni e di sottrazione degli abiti dai corpi delle vittime nemiche lasciate sul campo, per avere qualcosa con cui coprirsi.
Nei suoi scritti, in cui compaiono locuzioni ricorrenti come "fatti coraggio", "porta pazienza", "è toccato a me", Beppino alterna frasi ironiche (" in quanto ai soldi dite bene che ne tenga di conto ma se non mi diverto ora che sono vivo,quando sono morto allora non mi posso più godere"),
a blandi tentativi di rassicurare mamma e sorella sul suo stato di salute fisica e morale ( "sto bene, non penso a nulla solo che a divertirmi e a mangiare la pastasciutta").
Allo stesso tempo, cita spesso la morte, vagheggia il timore di non arrivare al prossimo compleanno nè di poter tornare a casa a riabbracciare i suoi cari e ciò sembra essere, in egual misura, un voler esorcizzare la paura dell'ignoto,se pur temendolo.
Finge cinismo, baldanza e sicumera (" Se tu vedesse o mamma che faccia a delinguente che hanno gli austriaci! Credi il primo austriaco che acchiappo gli mangio subito un orecchio e uno lo mando a Larderello a farvelo vedere") ma, sicuramente, dentro di sè è terrorizzato all'idea di dover uccidere e, ancora di più, da quella di restare ucciso a sua volta.
Cosa che, purtroppo, succederà, a fine Luglio 1916, quando aveva compiuto 20 anni solo da pochi mesi.
Questo libriccino, poche decine di pagine che si leggono in un battibaleno, mi ha decisamente fatto riflettere.
Ideologicamente anarchica, ho sempre trovato ridicolo e senza senso l'Amore per la Patria, la parata del 2 Giugno, il saluto alla bandiera ed amenità del genere.
Ma dietro a tutto ciò, c'è anche la storia di giovani vite spezzate, come quella di Beppino.
Ragazzi nel fiore degli anni, strappati, contro la loro volontà, ai loro affetti per essere mandati a combattere una guerra in cui non credevano nemmeno loro, ad uccidere altri ragazzi, la cui unica colpa era quella di avere un'altra nazionalità.
Una guerra inutile perchè, come dice anche Renato Nati, "l'essenza della guerra è solo la morte".
Quanti ne abbiamo perso in questo assurdo conflitto?
Non si contano.
Giovani che, se le cose fosse andate diversamente, avrebbero percorso la loro strada,
si sarebbero sposati, avrebbero avuto dei figli...qualcuno, chissà, avrebbe potuto diventare una personalità importante, fare una scoperta in ambito medico/scientifico...chi può dirlo.
Invece la loro esistenza è terminata su un campo di battaglia, il corpo sepolto in fretta e furia e, anni dopo, solo un'anonima targhetta con nome e cognome su qualche monumento ai Caduti, per ricordare il loro breve passaggio sulla terra.
Ben vengano, allora, opere del genere.
Beppino è morto a 20 anni in un piccolo ospedale da campo, con al capezzale soltanto il cappellano che gli ha impartito l'estrema unzione.
Ma adesso Beppino rivive e rivivrà, non solo nella memoria dei suoi parenti, ma anche in quella di ogni persona che leggerà i suoi scritti.
IL MIO VOTO:
Uno spaccato di vita vissuta per non dimenticare le brevi vite di quei giovani che hanno sacrificato il fiore dei loro anni per la Patria.
Beppino non è un eroe conclamato, ma a modo suo lo è.
Ed entrerà sicuramente nel cuore di chi vorrà cimentarsi con i suoi scritti.
Doveroso leggerlo.
LO SCRITTORE:
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