sabato 29 novembre 2014

Frasi dal libro "Il magro Rio e la minoranza silenziosa" di Matteo Sartori

Il giovane si stava preparando a essere investito dalla metà degli anni 90,mesi e giorni vuoti di sogni difficili e straboccanti di abitudine,2 cavolo di palle.

Si perdeva in progetti che presto si sarebbero trasformati in rimpianti.

Sentiva la vita scorrere negativa sui suoi muscoli,tra i suoi capelli spettinati e arricciati dall'umido e si chiedeva,mentre camminava sulle gambe magre e storte del fantino,il perchè di tutta la sua malinconia.
Era una malinconia indefinita la sua,non la sapeva raccontare agli altri.
Cazzo,lui stava male nel mondo,male veramente anche se rideva e ballava al ritmo de la noche.
A volte si chiedeva cosa avrebbero pensato di lui,se avessero potuto vedere i suoi pensieri notturni.
Non che l'opinione che quei soggetti avevano di lui lo interessasse particolarmente,la sua era solo un'idea di analisi empirica  per stabilire quanti avrebbero pensato che era matto e quanti avrebbero pensato che era semplicemente uno stravagante.
Forse,alla morte del nostro giovane,avrebbero trovato anche in lui una scatola nera e solo allora altri misteri,quelli del suo inconscio,sarebbero stati svelati.
Forse.

Stava solo l'eroe,come quasi tutti i pomeriggi,e siccome zero voglia di attaccarsi a un dannato telefono per vedersi con questo o quello,accettava la propria solitudine pieno di rancore nei confronti della sfiga che lo aveva fatto così,che lo faceva sentire solo anche tra 1000 persone e che gli faceva libidine di camminare da solo sotto la pioggia e leggere da solo e suonare da solo.
Che tanto non c'era quasi nessuno con cui sarebbe stato per più di mezz'ora,i pochi degni poeti erano chissà dove.

In un pomeriggio di pioggia il nostro amico aveva speso una buona quantità di denaro,ma ciò non costituiva un problema,visto che Rio,come noi del resto,considerava musica e libri comunque denaro investito.

Lei era la donna che gli piaceva di più di tutte,e viveva nella certezza che nessuna,mai,gli avrebbe dato delle emozioni paragonabili al loro guardarsi.
Lei era per tutta la vita.

Il baratro di quei disperati che non possono vivere con una persona ma che non possono nemmeno vivere senza la stessa.

"Questi giornalisti che tu chiami stronzi incompetenti,fanno il loro lavoro"
"Ah fanno il loro lavoro?"
"Eh,fanno il loro lavoro,sì!"
"Ma va'a cagare!Speculano sui morti senza saperne un beneamato.Che cazzo ne sa questo dei motivi veri.Magari quel coglione si è ucciso perchè...boh...che cazzo ne so!Magari aveva la para della notte che arriva ogni 12 ore.Se fosse stato così,pensa quante avrebbe dovuto viverne dico...di notti"

Il tempo come una macchina perfetta,che tutto trasforma e che tutto conserva.
E allora il giovane camminava per le vie luride della sua città e appoggiava gli sguardi su particolari architettonici;malediceva quel tempo che,spietato,gli faceva vedere gli abissi di vita.
Dalle sue gioie erano passati appena meno di 10 anni e lui era già così diverso,mentre le pietre degli edifici erano le stesse.
Immutate e destinate a non mutare,insensibili a morti,cortei e felicità di cui sarebbero state testimoni i loro occhi grigi e attoniti.

"Lo so,Rio,ma il mio è un consiglio,cambiala di cassetto."
"Di?"
"Di cassetto,di reparto.Cioè dal reparto - amore/ossessione- la metti nel reparto -bel ricordo-."

L'aveva conosciuto come mito,l'aveva amato come un dio e l'aveva odiato come si odia la peggior delusione.

E la Vale?
Non si sa.
Rio se la teneva nell'anima e cercava in tutti i modi,leciti e illeciti,di cambiarla di cassetto.


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