LA TRAMA:
Una sera,in una città di un luogo immaginario,un padre si alza da tavola,prende commiato dalla moglie,ed esce per andare "laggiù".
Ha perso un figlio,anni prima,e "laggiù" è dove il mondo dei vivi confina con quello dei morti.
Non sa dove sta andando e,soprattutto,non sa che cosa troverà.
Lascia che siano le gambe a condurlo,per giorni e notti gira intorno alla sua città,e a poco a poco si unisce a lui una variegata serie di personaggi che vivono lo stesso dramma e lo stesso dolore:
il Duca signore di quelle terre,
una riparatrice di reti da pesca,
una levatrice,
un ciabattino,
un anziano insegnante che risolve i problemi di matematica sui muri delle case.
E l'uomo a cui è stato affidato l'incarico di scrivere le cronache cittadine.
Ciascuno ha la propria storia:
chi ha perso il figlio per una grave malattia,
chi in un incidente,
chi in guerra.
Insieme a loro idealmente,visto che non può muoversi dalla sua stanza,c'è anche una strana figura di Centauro,con la parte inferiore del corpo che,nel tempo,si è trasformata in scrivania.
E uno scrittore che da 15 anni vive circondato da oggetti del figlio che non c'è iù,il cui unico desiderio da allora è catturare la morte con le parole.
"Non riesco a capire qualcosa finchè non la scrivo",dice.
E' lui a ispirare e a inglobare la storia che stiamo leggendo.
IL MIO GIUDIZIO:
Caduto fuori dal tempo.
Chi muore non esiste più,per cui è fuori dal tempo.
Chi muore sul campo di battaglia viene detto "caduto".
Il figlio del protagonista di questo romanzo,è quindi un "caduto fuori dal tempo".
Storia in parte autobiografica,in quanto l'autore ha veramente perso un figlio in guerra;
strutturata come una sorta di piece teatrale,dove i personaggi compaiono sulla scena,declamando le loro drammatiche battute.
L'uomo che cammina e sua moglie,il ciabattino e la levatrice,il Duca e la donna nella rete,il maestro d'aritmetica e il Centauro,lo scriba delle cronache cittadine e la sua signora....ognuno di loro ha subito la morte di un figlio:chi per malattia,chi in guerra,chi per un incidente.
Tranne il Centauro che si è trasformato in una sorta di figura mitologica metà uomo e metà scrivania e non può fare altro che scrivere per vivere,tutti gli altri camminano senza sosta in girotondo per la città,notte e giorno.
Si addormentano l'uno sulla spalla dell'altro,continuando a camminare,pervasi da un "fulgore" che non li abbandona mai e dà loro la forza di proseguire quel viaggio verso un "laggiù" dove sperano di ricongiungersi ai loro figli defunti e riuscire finalmente a trovare risposta alle tante domande che tormentano i loro animi:
Perchè continuano a vivere,mentre i loro bambini sono morti?
Perchè il tempo continua a scorrere inesorabile,anche se i loro figli non esistono più e se per loro,da quel momento,tutto si è come cristallizato?
Perchè hanno dovuto subire un tormento simile?
Riusciranno mai a metabolizzare questa drammatica realtà?
Finirà mai questo strazio?
I loro figli,che sono morti,in realtà sanno di esserlo?
E soprattutto,si chiede il Centauro (ed è chiaro il riferimento a quei giornalisti sciacalli che lucrano sui patimenti altrui ),perchè ci sono persone che,con falso buonismo,fanno di tutto per farti mettere in piazza la tua disperazione,consci del fatto che "niente è più eccitante dell'inferno degli altri"?
Un romanzo intenso ma allo stesso tempo devastante,che trasuda il dolore dell'autore da ogni singola parola.
Pur essendo relativamente breve (183 pagine di soli dialoghi) Grossman ha impiegato oltre 2 anni per completarlo,il che fa intuire quanta sofferenza gli sia costata e quanto di suo ci sia in ogni dialogo che ha trascritto.
La frase conclusiva del romanzo,meglio di ogni altra,riassume il dramma inenarrabile e senza fine che egli sta vivendo:
"E' solo che il cuore mi si spezza,tesoro mio,al pensiero che io...che abbia potuto....trovare per tutto questo parole"
IL MIO VOTO: * BUONO *
LO SCRITTORE
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