Personalmente,più che a un'aquila,mi paragono all'Araba Fenice,che sta cercando,piano piano,passo dopo passo,di risorgere dalle proprie ceneri.
Ma quante analogie ci sono fra l'Araba Fenice e questa aquila!!!!!!
"Ci sono giornate come questa,in cui i colori della natura mi esplodono addosso,al punto che non so difendermi dalla loro spontanea vivacità.
E'grazie al profumo dei fiori che riesco,per un istante,a sopprimere l'odore nauseabondo delle sue assenze infettive e della sua indifferenza cronica.
Forse è vero che nelle giornate di sole la vita ti sboccia dentro con più insistenza,obbligandoti a sgretolare rottami di tristezza.
L'impressione è che la sete di essere felici arda con più vigore.
Io,dal canto mio,la felicità l'ho ricercata con ostinazione dentro di lui.
Ho scavato all'interno dei cunicoli sotteranei del suo torace per accorgermi,infine,che il suo è un cuore d'uranio impoverito.
Ricordo con nostalgia il giorno in cui ci conoscemmo.
Fu una giornata spensierata,un susseguirsi di attimi inaspettati di gioia e teneri sogni.
E poi la storia è annegata,invece,nel suo silenzio e nella mia più caustica delusione.
Ora che l'incanto è svanito,faccio fatica a coniugare le 2 immagini che mi rimangono di lui:da un lato l'uomo meraviglioso che ho conosciuto,dall'altro l'individuo disattento che mi ha svuotata,trattandomi come un oggetto di poco valore.
E'difficile accettare ciò che di un sogno aveva solo l'apparenza.
Mi capita di ripensare alle corse in treno per poterlo riabbracciare di nuovo,ai baci,al profumo di casa sua,al suo accento,ma soprattutto all'accelerazione dei battiti del mio cuore,quando venivo sfiorata dalle sue carezze.
Nutrendo per lui un grande affetto,ho sempre cercato di far crescere questa nostra sintonia iniziale,verso un sentimento per entrambi più profondo.
Chi si mette in gioco davvero,si sa,si ferisce facilmente.
E per me,che odio i compromessi.l'amore non fa sconti.
Tuttavia,a nulla sono valsi i miei sforzi di regalarci una possibilità.
Forse,noi donne ci amiamo molto poco;ci convinciamo di essere fragili,di avere bisogno di uomini che sono quanto di più lontano esista dal nostro modo di sentire l'esistenza.
Ricerchiamo quell'amore che ci è mancato in famiglia,in persone che invece di arricchirci,ci sventrano.
Alla fine,perdonare noi stesse diventa impossibile.
Quando l'ultima volta,tra alti e bassi,andai a trovarlo,sembravamo 2 estranei.
Ebbi la lacerante sensazione di abbracciare qualcuno che non conoscevo affatto.
Esausta di elemosinare amore,reagii con una violenza verbale che ottenne in risposta solo una lunghissimo silenzio.
Ho sempre pensato che il silenzio fosse sintomo d'intelligenza,ma se devo essere onesta il suo,di silenzio,ha avuto l'effetto di un veleno.
"I put your world into my veins (letteralmente "Ho messo il tuo mondo nelle mie vene") è un verso della canzone "Amen Omen" di Ben Harper,su cui ho riflettuto parecchio durante quei mesi di mutismo imposto.
In estate,comunque,ci siamo rivisti e durante quell'ultimo incontro,le mie illusioni si sono sfaldate:le sue parole avevano un suono deformato.
Non ha voluto nessun chiarimento,non ha mostrato nessuna preoccupazione per il male che mi aveva procurato.
"Scusa" è tutto ciò che ha proferito.
C'è sempre un momento in cui il sipario cade,le aste di legno del palco marciscono e gli attori si sfilano la maschera..
Per me quel momento è sopraggiunto quel giorno,quando mi ha abbracciato e siamo rimasti così per qualche eterno minuto.
Tutto quello che avevo sempre voluto da lui era in quelle mani che non mollavano le mie.
Ma quel giorno l'ho visto per la prima volta per ciò che realmente è:un uomo come tanti altri in circolazione,senza niente di speciale.
E ora,dunque,eccomi qui,a godermi un barlume di sole,cercando di dare un senso ai frammenti distorti di ciò che sento.
Certo è che un paio di cose le ho imparate anche io:la prima è che devo smettere di sottovalutarmi,amandomi di più.
Bisogna essere sinceri con se stessi e non accontentarsi mai di amori che sono solo involucri,altrimenti ti convinci che non puoi meritare di più.
La seconda è che le persone non sono mai belle come appaiono.
C'è un abisso,non di rado,tra ciò che appare e ciò che si è.
Ricordo che,durante le lezioni di geomorfologia,il professore indicava un certo tipo di macroforma carsica con il nome di dolina.
Dall'aspetto di una conca chiusa,ha il fondo e le pareti ricche di fratture,in cui l'acqua si insinua giocando a nascondino.
In questo anno di frequentazione sporadica,mi sono sentita spesso come una dolina,nell'accezione di "crollo",attraversata in profondità dalla sua acqua corrosiva.
Poi però,dopo un primo sguardo fugace,ho osservato meglio sotto il velo della sua superficie e mi sono accorta che nel cuore di quella dolina c'è un'aquila.
Allora ho sorriso,ripensando a quel detto:"Troppo spesso ci dimentichiamo che siamo nati per essere aquile,non dei banali polli".
Se mi volto indietro,respiro il tramonto di un'anima che ha stretto a sè un corpo,nella speranza ammalata di una trasfusione d'amore.
Ma se alzo gli occhi al cielo,invece,respiro il volo di un'aquila che,malgrado le sue fragilità e le rovinose cadute,sta imparando a volare"
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