LA TRAMA:
Eccoli, sono arrivati, i fatidici cinquanta. E superata la temuta boa, tutto cambia.
Comincia il Grande Lavoro che ti impegnerà per le decadi successive: esorcizzare la paura di invecchiare, ed è una faccenda lunga, laboriosa. Ti ricompri il giradischi per sentire di nuovo quei vinili che per fortuna non hai mai buttato; rimetti in sesto il motorino, quello dei 14 anni per riascoltare quei bei tempi; ripensi alle canzoni dello Zecchino D'Oro che hanno accompagnato i tuoi giorni di bambino; passi davanti al tuo vecchio liceo rievocando la paura della maturità; organizzi cene con gli amici persi nel tempo per giocare a chi sta peggio. E ancora: un bel giorno scopri che senza occhiali non trovi più il tempo di cottura sulla confezione della pasta (ma l'hanno messo?); decidi di portare tutta la famiglia a Londra, a Abbey Road per scattare la foto sulle strisce pedonali più famose del mondo; ti viene la lacrimuccia per una coppia di anziani turisti, seduta al tavolo accanto al tuo in una trattoria romana che ancora si scambia gesti d'amore. Poi la sera torni a casa, trovi la lavastoviglie rotta, i bambini che urlano, la colf che minaccia di andarsene, tua moglie con un diavolo per capello, ma tu le dici: "Stasera usciamo". E in quel momento capisci che va bene così, che gli anni non sono passati invano.
IL MIO GIUDIZIO:
Avevo iniziato questo libro a Maggio ma poi, con la stagione lavorativa alle porte, non mi ci sarei potuta dedicare completamente, quindi ho deciso di rimandarne la lettura a tempi più tranquilli.
Dal momento che l'ho ripreso in mano, l'ho letteralmente divorato in poche ore.
Mai come stavolta Riccardo è riuscito a commuovermi, forse perché sono in un periodo in cui mi sento emotivamente vulnerabile, un po' delusa dal genere umano, e ritrovare in lui quella sensibilità, quell'attenzione ai particolari che sono anche le mie, mi riscalda il cuore e mi fa credere che non sia tutto perduto e che, al mondo, ci sia ancora qualcosa di buono, qualcuno che viaggia sulla mia stessa lunghezza d'onda e forse, fino ad oggi, sono stata solo sfortunata io a non averlo incontrato.
Fra capitoli ironici e divertenti e altri più intimi ed introspettivi, Riccardo riesce sempre a carezzare l'anima del lettore con la sua delicatezza ed intelligenza emotiva che nei libri emerge in maniera esponenziale, con questo suo modo di scrivere a tratti cinematografico, come lo aveva definito anche, a suo tempo, la maestra delle elementari.
Spumeggiante e brillante come sul palco, talvolta si percepisce però una malinconia di fondo, un senso di solitudine che cela dietro quel sorriso sincero e quella risata contagiosa che lo contraddistingue. Caratteristica predominante, come dicevo prima, è l'estrema sensibilità e l'attenzione al dettaglio: sa cogliere, ad esempio, l'intensità che rende eterno un attimo, come l'incontro inatteso di una coppia, che forse si è sempre amata ma non se lo è mai detto, in piazza Mazzini o la cena (osservata dal tavolo accanto) di due anziani americani innamorati, in gita a Roma.
Alcuni capitoli sono poetici e nostalgici, ad esempio il racconto dei cento giorni che precedono la maturità, o l'esame di maturità stesso, oppure l'ipotetico dialogo fra lui e l'edificio scolastico frequentato da ragazzo, avvenuto tanti anni dopo essersi diplomato...del resto, si sa, gli anni delle superiori sono fra i ricordi che, da adulti, andremo a ricercare più spesso, con un rimpianto misto a un sorriso.
Lirico è anche il capitolo sul tavolo di marmo in cucina da cui ha pure tratto un video durante il lockdown, per la rubrica "#eoggichefaccio": ma che animo delicato bisogna avere per trarre riflessioni così profonde da un semplice tavolo di cucina?
Non conosco Riccardo personalmente, ma lo seguo con interesse da ormai trent'anni e, leggendo le sue opere, mi rendo conto che, per certi versi, siamo molto simili.
Abbiamo la stessa idea sui matrimoni, sui figli (che entrambi non abbiamo) di cui bisognerebbe assecondare le inclinazioni e non farli diventare ciò che non siamo riusciti a essere, trasferendo su di loro i nostri sogni falliti e mettendogli addosso ansia da prestazione; oppure facendoli partecipare a certe trasmissioni televisive in cui vengono fatti cantare canzoni inadeguate alla loro età, soltanto per il gusto di vederli esibire in TV e potersene vantare con gli amici.
Ad entrambi piace trascorrere le fredde serate invernali sul divano, sotto una coperta, a rivedere i cartoni animati di Walt Disney. Lo avevo già ribadito in una delle recensioni precedenti: un uomo che si commuove guardando i cartoni Disney, beato chi lo trova e, chi lo trova, se lo tenga stretto perchè è rarità e bellezza.
Ma, la cosa che più mi ha colpito, è che abbiamo la stessa passione per Charlie Brown, il "bambino con la testa rotonda" nato dalla penna di Schultz:goffo, sensibile, timido, insicuro, impacciato, convinto che nessuno lo ami...in cui ci ritroviamo, ci riconosciamo e ci immedesimiamo entrambi. Io, sin da piccola, mi sono sempre sentita prima figlia e poi madre del piccolo Charlie Brown (tanto da arrivare a chiamare il mio primo cane proprio Charlie, in suo onore) e il fatto che anche Rossi si senta così, mi dà la conferma che l'idea che mi sono fatta di lui, ovvero che dietro a quella personalità brillante ed effervescente ci sia molto altro, corrisponda a verità.
IL MIO VOTO:
Fra ricordi, pensieri, riflessioni e qualche buon consiglio su come affrontare al meglio la vita che non fa mai male, questo libro scorre leggero e rinfrescante come un bicchiere di acqua fresca in piena estate.
Assolutamente consigliato!
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