"La sorella sbagliata" è l'opera prima dell'attrice Camilla Filippi e, come spiega nei ringraziamenti finali, per scrivere la storia, si è ispirata a sua madre e a sua zia (dando alle due protagoniste proprio i loro stessi nomi) ma, al di là del fatto che sua zia sia veramente disabile, le vicende narrate sono pura invenzione.
Il racconto è ambientato nella primavera del 1978 e si svolge nell'arco di una settimana, dal 2 di Maggio, quando Luciana viene avvertita dell'improvvisa morte di sua madre, al 9 dello stesso mese, giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro.
Le protagoniste sono due sorelle ormai adulte, Luciana e Giovanna.
Giovanna, la maggiore, è affetta da spasticità, mentre Luciana è una cosiddetta "persona normale", anche se resta da capire dove inizi e finisca la normalità.
Luciana, per questa sua "normalità" e anche a causa di un carattere abbastanza rimuginante e paranoico, si è sempre sentita in colpa, in difetto, la "sorella sbagliata" e Giovanna, menomata nel fisico ma scaltra di cervello, ha approfittato di questa sua debolezza per esacerbarle le fisime e i sensi di colpa.
Appena le è stato possibile, Luciana ha abbandonato Milano e si è trasferita a Bologna, lasciando Giovanna alle cure di sua madre, visto che il padre era sparito dalle loro esistenze ormai da molti anni.
A Bologna, Luciana cambia vita e colore di capelli, si dedica all'insegnamento in una scuola superiore e alle sue nuove amicizie; fino a quando, la mattina del 2 Maggio 1978, appunto, riceve la telefonata che le comunica la morte della madre e deve fare subito ritorno a casa per occuparsi del funerale e della sorella.
Durante il viaggio, escludendo l'ipotesi di tornare a vivere a Milano, valuta l'ipotesi di portare Giovanna, che immagina stravolta dal dolore, con sé a Bologna.
Arrivata, trova però una realtà ben diversa: Giovanna non ha nessuna intenzione di trasferirsi da lei ma quasi le impone, subito dopo il funerale, di partire insieme, per qualche giorno, per un viaggio commemorativo in onore della loro madre.
Direzione, Stromboli; luogo che la genitrice avrebbe sempre voluto visitare.
Se Luciana non volesse partire, Giovanna andrebbe comunque da sola, in compagnia di Briciola, la sua cagnetta paraplegica.
Luciana si vede quindi costretta a fare buon viso a cattivo gioco così, dopo essersi fatte prestare un'auto mezza scalcagnata da un amico di Giovanna, partono alla ventura, anche se Luciana riesce a convincere Giovanna ad accorciare il viaggio fino a San Benedetto del Tronto, invece di arrivare fino a Stromboli.
Un romanzo che focalizza l'attenzione sulla difficoltà dei rapporti interpersonali, soprattutto quando manca il dialogo e ci si basa soltanto sul "percepito" ma che insegna anche, visto che il concetto viene ribadito più volte, l'importanza della leggerezza, del non rimuginare, dell' imparare ad accogliere ciò che la vita ci offre, senza opporre resistenza.
Una storia scorrevole, divertente e avvincente, che si legge tutta d'un fiato anche se, soprattutto nella seconda parte, è davvero un po'troppo caotica e surreale.
Però, per essere un'opera prima, mi sento comunque di promuoverla a pieni voti e di consigliarne la lettura.
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