I ricordi sono spesso migliori della realtà.
Agiscono nell'oblio alterando ciò che è stato in ciò che potrebbe essere stato.
Ogni giorno,mentre diamo per scontate cose come andare al lavoro o condividere il nostro letto con qualcuno,nel mondo si consumano assurdità.
Nello stesso tempo c'è la felicità di chi vive un bel momento,inconsapevole dei fatti,mentre in un altro luogo,magari a migliaia e migliaia di kilometri di distanza,qualcuno se la passa male e persino muore.
Come posizionate sui lati opposti di un'altalena,le vite delle persone vanno in direzioni contrarie e complementari.
Fin da bambino scovavo storie dietro ogni cosa.
Ero il piccolo re di un mondo inventato.
Mentre i miei compagni davano sfogo alla loro fisicità,io mi incantavo sul personaggio di una figurina o sulle forme che avevo composto con la gomma pane.
Non c'era motivo,in una bella giornata come quella,di affidarsi alla luce artificiale.
Ma le persone tristi preferiscono questa soluzione perchè il sole gli ricorda di essere vivi.
In realtà alle persone piace complicarsi la vita perchè la semplicità spesso non ha bisogno di nessun gesto,di nessuna ricerca.
Questa è la ricchezza della musica:anche se non l'hai creata tu,ti appartiene lo stesso.
La musica che ascoltiamo ha sempre un mentore,una persona che in qualche modo ci ha estradato all'ascolto e per me quella persona era mio nonno.
L'illusione dei genitori incontra la delusione dei figli.
Il fallimento delle intenzioni che ha come conseguenza il fallimento dei risultati.
In una relazione sentimentale o in un'amicizia,le fratture non sono quasi mai irreparabili o quantomeno gli anni trascorsi fungono da cuscinetto:dimentichiamo,perdoniamo,attribuiamo meno importanza a un qualche evento negativo del passato.
In un rapporto conflittuale genitore/figlio,invece,si instaura una dinamica paradossale:
proprio perchè non esiste legame più stretto,non ci è possibile dimenticare,perdonare,minimizzare,anzi il contrario,fino a ingigantire,esacerbando la situazione e giungendo,nel peggiore dei casi,a un allontanamento provvisorio dal nucleo familiare o a una rottura definitiva.
Non esiste artista che non abbia,almeno una volta,avuto a che fare col fallimento.
I miei fallimenti sono un microcosmo di piccole delusioni quotidiane,aspettative tradite,speranze naufragate e sogni abortititi.
Più in generale,vivo un senso di fallimento ogni singola volta che qualcosa non va come previsto.
Il vero problema dei fallimenti è che,a concentrarsi solo su quelli,si rischia di non vedere più i successi e si potrebbe persino dimenticare di averne avuti.
Perchè,in fondo,quello che vogliamo tutti è stare almeno una volta all'apice e vivere un successo così grande da cancellare ogni delusione che abbiamo vissuto.
La scrittura scatena comportamenti bestiali,diventa pervasiva,totalizzante:
tutto deve essere trasformato in scrittura e si vive in funzione di quella.
La scrittura dapprima ci regala il tempo e,in un secondo momento,ce lo ruba.
Perchè non le ho amate di più durante il giorno invece di stare ad ammirarle di notte?
Sacrificare se stessi per dedicarsi a qualcosa di cui non credi,solo per i soldi,è svilente.
Qualche volta,per abitudine o per noia,si finisce per diventare passivi.
Ci spegniamo lentamente,e lentamente ci ritroviamo altrove,dall'altra parte della felicità.
La tensione erotica che si poteva respirare trovava il suo punto massimo proprio nella porzione della stanza in cui si sarebbero conosciuti,toccati con una semplice stretta di mano.
Dunque,si erano presentati.
Lui aveva prolungato il contatto tenendole la mano e lei non aveva fatto niente per fuggire alla presa.
Allora i loro occhi avevano potuto fissarsi ed è in questo preciso attimo che si colloca il punto della rottura dell'equilibrio.
Un semplice episodio quotidiano che avvia una serie di eventi concatenati.
Piccoli episodi come questo sono capaci ci cambiare il flusso di una vita:
fino a un momento prima quella persona non la conoscevi nemmeno e adesso,invece,ce l'hai davanti e,mentre le stringi la mano,vieni attraversato da una sicurezza:starete insieme.
A volte si può odiare quello che facciamo e tuttavia non riuscire a smettere di farlo, così da odiarlo ancora di più.
Prima o poi si arriva al punto di saturazione e allora capita di esplodere anche se i fatti non sono abbastanza gravi da giustificare la reazione.
Le cose le conti fintanto che ti interessano, quando smetti di contarle è perché ormai ha vinto l'abitudine e allora non ti frega più niente.
Ogni foto smette di raccontare un'assenza e si fa ricordo materiale.
Sono così tante le cose che uccidono.
Il rimpianto uccide.
Pure il rancore.
E il senso di colpa.
La solitudine.
E l'invidia.
Uccidono una facoltà che abbiamo tutti e,col tempo,per un motivo o per un altro, molti di noi perdono:quella di godere dei momenti che abbiamo a disposizione.
Era semplice e complesso nello stesso tempo.
Trasparente e misterioso.
Era ciò che si vedeva e in realtà nascondeva universi differenti.
Aveva un aspetto contenuto e rigoroso che cercava di soffocare un disordine interiore.
Il caos compresso dentro a una scatola sigillata.
Quanta tristezza e malinconia sono racchiuse dentro alle case che una volta erano abitate.
La sua decadenza era iniziata molto presto, già da quando era giovane.
La precocità di questo processo irreversibile lo rende ancora più colpevole di non essersi opposto anche se poteva,di non aver trovato la forza per farlo,anzi,di esserne stato complice.
È stato come vedere la costruzione di un palazzo con qualche difetto strutturale e quel difetto intanto diventava sempre più evidente.
Allo stesso tempo niente veniva fatto per migliorare la situazione, finché il difetto diventava irrecuperabile.
Tutto questo poi perché?
Per dimostrare cosa e a chi?
Il fatto è che non ha mai voluto opporsi alla decadenza.
Del resto, è molto più facile abbattere quel palazzo anziché cominciare una lenta e faticosa ricostruzione e ammettere poi di aver sbagliato.
Meglio ancora abbandonare il palazzo e lasciare che sia il tempo a logorarlo,a infliggergli ogni giorno un colpo sempre più duro: le crepe si aprono e i solai cedono,fino a farlo crollare.
L'uomo vive per ottenere certezze,le viole,le desidera ma quando le ha, improvvisamente,non gli sembrano più così importanti e trova i modi più oscuri per liberarsene.
Forse perché la certezza rappresenta l'apice, l'obiettivo di ogni vita e si sa che quando si è arrivati in vetta non si può fare altro che scendere.
Certe immagini toccano le corde della nostra mente e vi rimangono attaccate con ostinazione, poiché contengono piccoli o grandi universi, oppure sono in grado di evocarli.
Soltanto una grande musica può dare importanza al silenzio,rendendo perfetto il contrasto tra il niente e il tutto.
Esiste davvero una giustizia poi?
Come se quella servisse per sentirne meno,di dolore.
Perchè,in fondo, c'è sempre stato un 11 settembre nei miei giorni,un evento catastrofico o un fatto misterioso che ha risvegliato la mia tendenza ossessiva,la ricerca continua di qualcosa di straordinario, come se la normalità non bastasse,come se la quotidianità che ruota attorno alla mia vita non fosse sufficiente per farmi sentire quell'eccitazione necessaria che mi fa dire:"Sì,ci sono anche io".
Ho capito quanto la gente abbia bisogno di mostrarsi, quanto cerchi conferma alla propria esistenza attraverso gli altri.
E in tutto questo narcisismo di massa, vago nella necessità delle persone di apparire mentre fanno cose, faccio incursione nelle loro vite e immagino come sono realmente, come sono oltre ciò che mostrano.
Viaggi, concerti,cibo, animali domestici, figli.
Non c'è limite in ciò che si può scegliere di fare vedere agli altri:un bambino appena nato o una persona che sta per morire.
Persino un lutto può essere spettacolarizzato e reso pubblico.
Poi il mistero,le mezze frasi,quelle lasciate apposta interrotte per destare preoccupazione o curiosità.
L'ego che parla da solo,in forma di post.
Nel mucchio capita anche di pescare qualcosa di buono,come un capo pregiato sommerso da altri del tutto dozzinali.
Quando tra due elementi ormai profondamente legato si stabilisce un rapporto di dipendenza di qualche tipo o addirittura una simbiosi,al cambiare dell'uno può cambiare anche l'altro.
Forse ci attribuiamo troppe colpe semplicemente perché continuiamo a credere che dovevamo essere diversi da come siamo.
Forse dovremmo smetterla di odiarci perché odiandoci, finiamo per odiare anche gli altri.
Tu non hai mai capito me e io non ho mai capito te.
O forse ci siamo capiti fin troppo bene e per questo ci siamo sempre tenuti a distanza.
Ogni tanto mi capita di chiedermi se tutti i fallimenti della mia vita non siano altro che il semplice e inevitabile frutto dell'unico fallimento che conti,quello del rapporto con mio padre.
Possibile che l'attitudine al fallimento generi l'attrazione per il fallimento stesso?
Ha sempre creduto di poter trovare la soluzione in se stesso e in nessun altro e mai gli è passato per la testa di chiedere aiuto,di confrontarsi per avere un consiglio.
L'arte,come la vita,comporta delle scelte,guidate dalla propria esperienza o dal proprio inconscio ma a volte esiste una sola soluzione possibile e allora non si può scegliere.
Qual è il mio vero male?
Dove si nasconde e perché non riesco ad affrontarlo?
Se guardo me stesso,vedo ardere un desiderio di cambiare le cose,di essere diverso da come sono,ma liberarsi dal disturbo diventa anch'esso disturbo,in quanto ossessione,come Zeno col suo vizio del fumo.
Ecco come mi vedi esattamente,sembro il personaggio di un romanzo di Svevo,un inetto, fossilizzato in sé per inerzia, incapace di realizzare i propri progetti e inadeguato alla vita.
È proprio questo che facciamo per sopravvivere: ricorrere a risposte semplici quando in realtà le risposte non esistono.
Certo,un senso ci deve essere,o almeno è quello che ci auguriamo tutti per dare un senso a qualcosa che un senso non lo ha.
Quest'uomo che mi trovo davanti non ha nessun Dio al quale rivolgersi,non crede in nessun Dio,ha solo il dolore e ha deciso di scolpirlo in un libro,il dolore, è quello il suo Dio.
È il ritratto della normalità o persino della mediocrità che invece si crede eccezionale.
Quanti "io,io,io,io" avrei sentito!
Uno scrittore non vede altro mondo ideale che quello in cui si legge e si scrive tutto il giorno di tutti i giorni.
Scrivere,per qualcuno, è una necessità al pari di altre più direttamente collegate alla sopravvivenza.
È un'urgenza che chiama e deve essere ascoltata,un ordine che proviene dal profondo e che non può essere disobbedito.
Quello stato di soddisfazione che può comprendere solo chi a lungo insegue un progetto,lo idealizza nella mente e lo vede piano piano concretizzarsi.
Milioni di anni dell'uomo sulla Terra e poi non si riesce a spiegare perché questo ancora sia rapito dai tramonti.
"Nessuno ama la vita come l'uomo che sta invecchiando",ha detto Sofocle.
Vederla scorrere sotto i propri occhi in un lento e graduale avvicinamento alla morte,apre uno spazio alla riflessione sul passato,su tutti gli errori commessi,sulle inevitabili imperfezioni della gioventù,e poi viene quanto di buono si è fatto,i bei momenti che vale la pena rivivere,e sono esattamente questi,in fondo, anche nella loro minuscola parte,che fanno capire quanto davvero la amiamo,la vita.
Può succedere che le parole scelgano altre vie per arrivare agli altri.
Conosciamo persone,le frequentiamo e poi da un giorno all'altro non le vediamo più.
All'inizio ci chiediamo come stiamo,ma dopo qualche tempo smettiamo di chiedercelo.
È come se quelle persone siano esistite soltanto per il tempo in cui le abbiamo avute davanti agli occhi,per poi diventare un pensiero saltuario e infine cessare di aggrapparsi alla nostra memoria.
La verità si svela lenta come un prezioso mistero e allora rimani incantato a guardare una sfumatura o l'altra,la tragedia può trasformarsi in gioia, esaltazione, tutto si ribalta rispetto a quello che credevi a una prima visione.
I silenzi contengono musica.
Tutto viene incanalato nella scrittura,non ho altro,del resto,per dire quello che sento.
Il vuoto che tanto spaventava non esiste più, ormai ne siamo diventati amici.
Il vuoto è solo uno spazio mancante tra due pieni.
Tutti noi abbiamo a che fare col vuoto, prima o poi, è inevitabile:le relazioni finiscono,i sogni si infrangono,i progetti falliscono, tradimenti,abbandoni.
Si creano vuoti insopportabili che risucchiano al loro interno.
E noi questi vuoti li riempiamo per avere l'impressione che il dolore si sia calmato o addirittura sparito, così ci mettiamo dentro di tutto, rabbia e rancore, cinismo e frivolezza,false gioie e poi nuovi interessi e passioni e amicizie e viaggi e fughe e sport e tatuaggi e sesso e cibo e ossessioni.
E i vuoti si colmano ma in realtà ci sono ancora, come una coperta che copre lo sporco, mentre invece dovremmo guardarci dentro a questi vuoti,averne paura e solo allora distogliere lo sguardo e annientarli questi vuoti,avere la forza di ricostruire.
Passiamo la vita a costruire, anche se poi ci vuole un attimo per distruggere.
Scrivevo per il gusto di farlo e questo era ciò che mi dava piacere e così oggi,mentre continuo a scrivere.
È solo l'ennesima alba su un corpo stanco e su una testa che anche oggi ha pensato troppo e che ora, esausta,affonda nel cuscino.
Agiscono nell'oblio alterando ciò che è stato in ciò che potrebbe essere stato.
Ogni giorno,mentre diamo per scontate cose come andare al lavoro o condividere il nostro letto con qualcuno,nel mondo si consumano assurdità.
Nello stesso tempo c'è la felicità di chi vive un bel momento,inconsapevole dei fatti,mentre in un altro luogo,magari a migliaia e migliaia di kilometri di distanza,qualcuno se la passa male e persino muore.
Come posizionate sui lati opposti di un'altalena,le vite delle persone vanno in direzioni contrarie e complementari.
Fin da bambino scovavo storie dietro ogni cosa.
Ero il piccolo re di un mondo inventato.
Mentre i miei compagni davano sfogo alla loro fisicità,io mi incantavo sul personaggio di una figurina o sulle forme che avevo composto con la gomma pane.
Non c'era motivo,in una bella giornata come quella,di affidarsi alla luce artificiale.
Ma le persone tristi preferiscono questa soluzione perchè il sole gli ricorda di essere vivi.
In realtà alle persone piace complicarsi la vita perchè la semplicità spesso non ha bisogno di nessun gesto,di nessuna ricerca.
Questa è la ricchezza della musica:anche se non l'hai creata tu,ti appartiene lo stesso.
La musica che ascoltiamo ha sempre un mentore,una persona che in qualche modo ci ha estradato all'ascolto e per me quella persona era mio nonno.
L'illusione dei genitori incontra la delusione dei figli.
Il fallimento delle intenzioni che ha come conseguenza il fallimento dei risultati.
In una relazione sentimentale o in un'amicizia,le fratture non sono quasi mai irreparabili o quantomeno gli anni trascorsi fungono da cuscinetto:dimentichiamo,perdoniamo,attribuiamo meno importanza a un qualche evento negativo del passato.
In un rapporto conflittuale genitore/figlio,invece,si instaura una dinamica paradossale:
proprio perchè non esiste legame più stretto,non ci è possibile dimenticare,perdonare,minimizzare,anzi il contrario,fino a ingigantire,esacerbando la situazione e giungendo,nel peggiore dei casi,a un allontanamento provvisorio dal nucleo familiare o a una rottura definitiva.
Non esiste artista che non abbia,almeno una volta,avuto a che fare col fallimento.
I miei fallimenti sono un microcosmo di piccole delusioni quotidiane,aspettative tradite,speranze naufragate e sogni abortititi.
Più in generale,vivo un senso di fallimento ogni singola volta che qualcosa non va come previsto.
Il vero problema dei fallimenti è che,a concentrarsi solo su quelli,si rischia di non vedere più i successi e si potrebbe persino dimenticare di averne avuti.
Perchè,in fondo,quello che vogliamo tutti è stare almeno una volta all'apice e vivere un successo così grande da cancellare ogni delusione che abbiamo vissuto.
La scrittura scatena comportamenti bestiali,diventa pervasiva,totalizzante:
tutto deve essere trasformato in scrittura e si vive in funzione di quella.
La scrittura dapprima ci regala il tempo e,in un secondo momento,ce lo ruba.
Perchè non le ho amate di più durante il giorno invece di stare ad ammirarle di notte?
Sacrificare se stessi per dedicarsi a qualcosa di cui non credi,solo per i soldi,è svilente.
Qualche volta,per abitudine o per noia,si finisce per diventare passivi.
Ci spegniamo lentamente,e lentamente ci ritroviamo altrove,dall'altra parte della felicità.
La tensione erotica che si poteva respirare trovava il suo punto massimo proprio nella porzione della stanza in cui si sarebbero conosciuti,toccati con una semplice stretta di mano.
Dunque,si erano presentati.
Lui aveva prolungato il contatto tenendole la mano e lei non aveva fatto niente per fuggire alla presa.
Allora i loro occhi avevano potuto fissarsi ed è in questo preciso attimo che si colloca il punto della rottura dell'equilibrio.
Un semplice episodio quotidiano che avvia una serie di eventi concatenati.
Piccoli episodi come questo sono capaci ci cambiare il flusso di una vita:
fino a un momento prima quella persona non la conoscevi nemmeno e adesso,invece,ce l'hai davanti e,mentre le stringi la mano,vieni attraversato da una sicurezza:starete insieme.
A volte si può odiare quello che facciamo e tuttavia non riuscire a smettere di farlo, così da odiarlo ancora di più.
Prima o poi si arriva al punto di saturazione e allora capita di esplodere anche se i fatti non sono abbastanza gravi da giustificare la reazione.
Le cose le conti fintanto che ti interessano, quando smetti di contarle è perché ormai ha vinto l'abitudine e allora non ti frega più niente.
Ogni foto smette di raccontare un'assenza e si fa ricordo materiale.
Sono così tante le cose che uccidono.
Il rimpianto uccide.
Pure il rancore.
E il senso di colpa.
La solitudine.
E l'invidia.
Uccidono una facoltà che abbiamo tutti e,col tempo,per un motivo o per un altro, molti di noi perdono:quella di godere dei momenti che abbiamo a disposizione.
Era semplice e complesso nello stesso tempo.
Trasparente e misterioso.
Era ciò che si vedeva e in realtà nascondeva universi differenti.
Aveva un aspetto contenuto e rigoroso che cercava di soffocare un disordine interiore.
Il caos compresso dentro a una scatola sigillata.
Quanta tristezza e malinconia sono racchiuse dentro alle case che una volta erano abitate.
La sua decadenza era iniziata molto presto, già da quando era giovane.
La precocità di questo processo irreversibile lo rende ancora più colpevole di non essersi opposto anche se poteva,di non aver trovato la forza per farlo,anzi,di esserne stato complice.
È stato come vedere la costruzione di un palazzo con qualche difetto strutturale e quel difetto intanto diventava sempre più evidente.
Allo stesso tempo niente veniva fatto per migliorare la situazione, finché il difetto diventava irrecuperabile.
Tutto questo poi perché?
Per dimostrare cosa e a chi?
Il fatto è che non ha mai voluto opporsi alla decadenza.
Del resto, è molto più facile abbattere quel palazzo anziché cominciare una lenta e faticosa ricostruzione e ammettere poi di aver sbagliato.
Meglio ancora abbandonare il palazzo e lasciare che sia il tempo a logorarlo,a infliggergli ogni giorno un colpo sempre più duro: le crepe si aprono e i solai cedono,fino a farlo crollare.
L'uomo vive per ottenere certezze,le viole,le desidera ma quando le ha, improvvisamente,non gli sembrano più così importanti e trova i modi più oscuri per liberarsene.
Forse perché la certezza rappresenta l'apice, l'obiettivo di ogni vita e si sa che quando si è arrivati in vetta non si può fare altro che scendere.
Certe immagini toccano le corde della nostra mente e vi rimangono attaccate con ostinazione, poiché contengono piccoli o grandi universi, oppure sono in grado di evocarli.
Soltanto una grande musica può dare importanza al silenzio,rendendo perfetto il contrasto tra il niente e il tutto.
Esiste davvero una giustizia poi?
Come se quella servisse per sentirne meno,di dolore.
Perchè,in fondo, c'è sempre stato un 11 settembre nei miei giorni,un evento catastrofico o un fatto misterioso che ha risvegliato la mia tendenza ossessiva,la ricerca continua di qualcosa di straordinario, come se la normalità non bastasse,come se la quotidianità che ruota attorno alla mia vita non fosse sufficiente per farmi sentire quell'eccitazione necessaria che mi fa dire:"Sì,ci sono anche io".
Ho capito quanto la gente abbia bisogno di mostrarsi, quanto cerchi conferma alla propria esistenza attraverso gli altri.
E in tutto questo narcisismo di massa, vago nella necessità delle persone di apparire mentre fanno cose, faccio incursione nelle loro vite e immagino come sono realmente, come sono oltre ciò che mostrano.
Viaggi, concerti,cibo, animali domestici, figli.
Non c'è limite in ciò che si può scegliere di fare vedere agli altri:un bambino appena nato o una persona che sta per morire.
Persino un lutto può essere spettacolarizzato e reso pubblico.
Poi il mistero,le mezze frasi,quelle lasciate apposta interrotte per destare preoccupazione o curiosità.
L'ego che parla da solo,in forma di post.
Nel mucchio capita anche di pescare qualcosa di buono,come un capo pregiato sommerso da altri del tutto dozzinali.
Quando tra due elementi ormai profondamente legato si stabilisce un rapporto di dipendenza di qualche tipo o addirittura una simbiosi,al cambiare dell'uno può cambiare anche l'altro.
Forse ci attribuiamo troppe colpe semplicemente perché continuiamo a credere che dovevamo essere diversi da come siamo.
Forse dovremmo smetterla di odiarci perché odiandoci, finiamo per odiare anche gli altri.
Tu non hai mai capito me e io non ho mai capito te.
O forse ci siamo capiti fin troppo bene e per questo ci siamo sempre tenuti a distanza.
Ogni tanto mi capita di chiedermi se tutti i fallimenti della mia vita non siano altro che il semplice e inevitabile frutto dell'unico fallimento che conti,quello del rapporto con mio padre.
Possibile che l'attitudine al fallimento generi l'attrazione per il fallimento stesso?
Ha sempre creduto di poter trovare la soluzione in se stesso e in nessun altro e mai gli è passato per la testa di chiedere aiuto,di confrontarsi per avere un consiglio.
L'arte,come la vita,comporta delle scelte,guidate dalla propria esperienza o dal proprio inconscio ma a volte esiste una sola soluzione possibile e allora non si può scegliere.
Qual è il mio vero male?
Dove si nasconde e perché non riesco ad affrontarlo?
Se guardo me stesso,vedo ardere un desiderio di cambiare le cose,di essere diverso da come sono,ma liberarsi dal disturbo diventa anch'esso disturbo,in quanto ossessione,come Zeno col suo vizio del fumo.
Ecco come mi vedi esattamente,sembro il personaggio di un romanzo di Svevo,un inetto, fossilizzato in sé per inerzia, incapace di realizzare i propri progetti e inadeguato alla vita.
È proprio questo che facciamo per sopravvivere: ricorrere a risposte semplici quando in realtà le risposte non esistono.
Certo,un senso ci deve essere,o almeno è quello che ci auguriamo tutti per dare un senso a qualcosa che un senso non lo ha.
Quest'uomo che mi trovo davanti non ha nessun Dio al quale rivolgersi,non crede in nessun Dio,ha solo il dolore e ha deciso di scolpirlo in un libro,il dolore, è quello il suo Dio.
È il ritratto della normalità o persino della mediocrità che invece si crede eccezionale.
Quanti "io,io,io,io" avrei sentito!
Uno scrittore non vede altro mondo ideale che quello in cui si legge e si scrive tutto il giorno di tutti i giorni.
Scrivere,per qualcuno, è una necessità al pari di altre più direttamente collegate alla sopravvivenza.
È un'urgenza che chiama e deve essere ascoltata,un ordine che proviene dal profondo e che non può essere disobbedito.
Quello stato di soddisfazione che può comprendere solo chi a lungo insegue un progetto,lo idealizza nella mente e lo vede piano piano concretizzarsi.
Milioni di anni dell'uomo sulla Terra e poi non si riesce a spiegare perché questo ancora sia rapito dai tramonti.
"Nessuno ama la vita come l'uomo che sta invecchiando",ha detto Sofocle.
Vederla scorrere sotto i propri occhi in un lento e graduale avvicinamento alla morte,apre uno spazio alla riflessione sul passato,su tutti gli errori commessi,sulle inevitabili imperfezioni della gioventù,e poi viene quanto di buono si è fatto,i bei momenti che vale la pena rivivere,e sono esattamente questi,in fondo, anche nella loro minuscola parte,che fanno capire quanto davvero la amiamo,la vita.
Può succedere che le parole scelgano altre vie per arrivare agli altri.
Conosciamo persone,le frequentiamo e poi da un giorno all'altro non le vediamo più.
All'inizio ci chiediamo come stiamo,ma dopo qualche tempo smettiamo di chiedercelo.
È come se quelle persone siano esistite soltanto per il tempo in cui le abbiamo avute davanti agli occhi,per poi diventare un pensiero saltuario e infine cessare di aggrapparsi alla nostra memoria.
La verità si svela lenta come un prezioso mistero e allora rimani incantato a guardare una sfumatura o l'altra,la tragedia può trasformarsi in gioia, esaltazione, tutto si ribalta rispetto a quello che credevi a una prima visione.
I silenzi contengono musica.
Tutto viene incanalato nella scrittura,non ho altro,del resto,per dire quello che sento.
Il vuoto che tanto spaventava non esiste più, ormai ne siamo diventati amici.
Il vuoto è solo uno spazio mancante tra due pieni.
Tutti noi abbiamo a che fare col vuoto, prima o poi, è inevitabile:le relazioni finiscono,i sogni si infrangono,i progetti falliscono, tradimenti,abbandoni.
Si creano vuoti insopportabili che risucchiano al loro interno.
E noi questi vuoti li riempiamo per avere l'impressione che il dolore si sia calmato o addirittura sparito, così ci mettiamo dentro di tutto, rabbia e rancore, cinismo e frivolezza,false gioie e poi nuovi interessi e passioni e amicizie e viaggi e fughe e sport e tatuaggi e sesso e cibo e ossessioni.
E i vuoti si colmano ma in realtà ci sono ancora, come una coperta che copre lo sporco, mentre invece dovremmo guardarci dentro a questi vuoti,averne paura e solo allora distogliere lo sguardo e annientarli questi vuoti,avere la forza di ricostruire.
Passiamo la vita a costruire, anche se poi ci vuole un attimo per distruggere.
Scrivevo per il gusto di farlo e questo era ciò che mi dava piacere e così oggi,mentre continuo a scrivere.
È solo l'ennesima alba su un corpo stanco e su una testa che anche oggi ha pensato troppo e che ora, esausta,affonda nel cuscino.
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