domenica 22 marzo 2020

"Era l'11 Settembre" Mirko Tondi (2020)




LA TRAMA:
Nando Barrella sta per compiere ottant'anni e per questa meta importante decide di mettere la sua vita su carta per fissarla in caso la sua memoria lo tradisse.
Si rivolge quindi a un ghost writer che ha l'età di suo figlio, morto in un incidente stradale l'11 Settembre 2001.
Tra Barrella e il giovane biografo avviene un incontro di due decadenze: quella psicofisica dell'anziano che si sente responsabile della sua solitudine, e quella della società attuale di cui gli attentanti al World Trade Center simboleggiano l'inizio.
Entrambi vivono un senso di fallimento, ma dalla congiunzione delle loro fragilità e dal racconto della vita di Barrella fiorirà una nuova spinta vitale.




IL MIO GIUDIZIO:
Mirko è stato uno dei primissimi autori che hanno richiesto la mia collaborazione per recensire il loro libro e di questo non posso che ringraziarlo.
Dopo "Nelle case della gente" e "Nessun cactus da queste parti" (che ho letto) e "Quasi quasi me ne vado", "Vederci doppio", "Istruzioni di fuga per principianti" e "Ricomincio da Firenze" (che ancora non ho letto), "Era l'11 Settembre" è la sua ultima opera.

Come si evince dal titolo, parla sì del giorno che ha cambiato il corso della storia, ma non solo.
Proprio mentre in TV stanno scorrendo le immagini che mostrano l'aereo che si schianta sulle vetrate del grattacielo, Nando Barrella riceve la telefonata che nessun genitore vorrebbe mai ricevere: 
quella che gli preannuncia la morte del figlio Domenico, in un incidente stradale.
Due enormi disgrazie che si intersecano e viene da chiedersi quale sia la più tremenda, se una tragedia di portata mondiale o una che si consuma nel privato della famiglia.
Perchè il destino, o caso che dir si voglia, è così, crudele e beffardo: 
magari da qualche parte sta rendendo indimenticabile l'attimo di alcune persone ma, nello stesso istante, sta arrecando dolore ad altre.

Nando Barrella però è convinto che l'incidente di suo figlio, giovane di 33 anni e sposato da poco, non sia frutto di una casualità: è sicuro di essere stato lui, col suo carattere duro, autoritario e assai poco incline al dialogo e al confronto, a ucciderlo.
Quella mattina, infatti, avevano avuto uno dei soliti scontri, nella loro officina di gommisti e il figlio, per porre fine all'alterco, si era allontanato a bordo dell'auto sulla quale poi si è schiantato.

Arrivato alla soglia degli 80 anni, vedovo ormai già da qualche tempo e chiuso ermeticamente nella sua sofferenza, decide di ingaggiare un ghost writer ( "gos-raiti", come lo chiama lui) affinché scriva la storia della sua vita.
Il motivo? Lui sostiene di voler mettere nero su bianco i suoi ricordi (tutto quello che gli rimane di suo figlio, insieme a qualche foto) prima che la senilità glieli annebbi; 
in realtà vuol essere una sorta di supplizio, un flagellamento dell'anima, uno "schiaffo" virtuale che si abbatta sul suo viso ad ogni ricordo rievocato.
Un dolore che vada ad aggiungersi al dolore che, dall' 11 Settembre 2001 non gli dà tregua, 
e che lo ha condannato a essere una sorta di "zombie" vivente: 
un uomo solo apparentemente in vita, che continua a respirare e a espletare le funzioni fisiologiche ma, di fatto, morto dentro.
Del resto, come si può pensare di continuare a vivere quando si sopravvive al proprio figlio?
E' una cosa talmente contro natura che ti condanna automaticamente alla non vita.

Mettendosi a nudo, Nando è costretto, altresì, a fare i conti con il proprio caratteraccio che, non solo (a suo avviso) ha portato Domenico alla morte ma ha rovinato anche l'esistenza a sua moglie, denigrandola e impedendole di coltivare le sue passioni, nonostante lei sia sempre stata nei suoi confronti paziente ed innamorata.
Questo è ciò che racconta, durante i loro incontri, al biografo.

Egli, il biografo/ghost writer, è un giovane che ha più o meno l'età che aveva suo figlio quando se n'è andato ed è uno scrittore mancato: non avendo ricevuto il successo sperato, ha riposto le sue opere e  il suo sogno in fondo a al cassetto delle disullusioni, lo ha chiuso bene a chiave e si è adattato a scrivere per gli altri.
Un po' per questo motivo, un po' per un rapporto conflittuale da sempre avuto col padre (deceduto senza che i due riuscissero a sanare i loro contrasti), è un uomo assai irrisolto.
Lui stesso, pur avendo una famiglia, una moglie che lo ama e lo sostiene in ogni sua scelta e una bimba che lo adora, si paragona a Zeno Cosini, famoso protagonista de "La coscienza di Zeno" di Italo Svevo, ritenendosi un inetto inadatto alla vita e, a rimarcare questo suo senso di inutilità, di "trasparenza" nel mondo, c'è il fatto che non conosciamo nemmeno il suo nome di battesimo.

Proprio per ovviare a questo malessere interiore è ossessionato dall'attacco alle Torri Gemelle e cerca su internet, in modo compulsivo, qualsivoglia articolo che riguardi l'argomento.
Vive, quindi, in una sorta di limbo che lo paralizza fra i suoi intricati pensieri e lo stare fisso al PC a fare ricerche sull'attentato dell'11 Settembre, trascurando spesso il suo ruolo di marito e di padre e svolgendo la sua attività più per necessità che per reale interesse.

Soltanto Barrella riuscirà a risvegliare in lui qualcosa.
"Non c'è maggior successo che l'incontro piacevole tra due fallimenti", dice Umberto Eco.
Ecco, quindi, che Barella e il biografo si riconoscono nei loro reciproci fallimenti, diventando, in un certo senso, l'uno il supporto dell'altro.
Ognuno dei due, infatti, avrà sull'altro un effetto catartico.
Barrella riuscirà a trovare, in mezzo al buio che lo circonda, un piccolo bagliore di luce a cui aggrapparsi e che gli concederà un barlume di serenità, mentre lo scrittore ritroverà l'imput per riaprire il cassetto delle disillusioni per cercare di trasformare i sogni mancati in sogni realizzati, ricominciando a scrivere (anche se sotto pseudonimo) e attenuando il suo disagio emotivo.

Un racconto originale, scritto con uno stile scorrevole, che tratta argomenti "pesanti" senza però risultare mai pesante, che alterna parti meditative ad altre più ricche di dialoghi e offre ottimi spunti di riflessione.

La grande cultura di Mirko, che spazia dall'arte alla musica, dalla letteratura alla cinematografia, è un valore aggiunto a un opera già di per sé assai valida.
Io stessa che, ahimè lo ammetto, in quanto ad arte ne so ben poco (purtroppo!), mi sono divertita ad andare a cercare su Google i dipinti citati e a bearmi della loro visione.

IL MIO VOTO:
Romanzo introspettivo che tratta, con estrema sensibilità, tematiche ostiche e difficili, 
con tanti utili riferimenti all'arte, alla musica, alla letteratura e alla cinematografia.
Consigliato!

LO SCRITTORE:

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