LA TRAMA:
La protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell'altra, suona a una porta sconosciuta.
Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima.
Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che, da un giorno all'altro, perde tutto: una casa confortevole, le amiche più care, l'affetto incondizionato dei genitori.
O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori.
Per l'Arminuta (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita.
La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo.
IL MIO GIUDIZIO:
Ormai prossima ai 35 anni, la protagonista, di cui non conosciamo il nome di battesimo ( quasi a voler rimarcare la sua instabile e apolide identità), decide di raccontare la storia della sua vita e,
con un salto temporale indietro di 20 anni, ci riporta all'estate del 1975 quando,
non ancora quattordicenne, forse (o almeno secondo il suo ingenuo punto di vista) a causa di un'improvvisa malattia di sua madre putativa, fu riconsegnata alla sua famiglia d'origine.
Famiglia d'origine che, appena neonata, l'aveva ceduta a dei cugini alla lontana che tanto insistevano per averla, permettendole così di crescere in un ambiente agiato, in una dignitosa cittadina abruzzese a ridosso del mare.
L'Arminuta (che in dialetto abruzzese significa, appunto, "la ritornata" ed è il nomignolo che le viene subito affibbiato) si trova, quindi, di punto in bianco, a doversi adattare alla vita di paese ma, soprattutto, a una famiglia numerosa e molto meno abbiente e acculturata di quella a cui era abituata.
Un padre gran lavoratore ma di poche parole; una madre dai modi spicci e maneschi e una nidiata di fratelli fra cui spiccano il piccolo Giuseppe, affetto da un ritardo mentale;
Sergio, cattivo e dispettoso,
Adriana, di pochi anni minore di lei, animo semplice ma genuino, che l'accoglie subito con grande affetto e con l'amore atavico di una sorella e infine Vincenzo, diciottenne uomo di casa,
che cerca come può di mandare avanti la baracca, fra un lavoro nei campi e qualche furtarello commesso insieme agli zingari della zona.
Fra i due nasce un'attrazione fisica immediata che sta per sfociare in un rapporto incestuoso, evitato solo dall'improvvisa quanto tragica scomparsa del ragazzo.
Dopo un iniziale e comprensibile periodo di rabbia e smarrimento, per essere stata trattata alla stregua di un pacco, privata della propria identità e di quelli che finora erano stati i suoi punti di riferimento;
dopo aver cercato in tutti i modi una spiegazione all'assurdo trattamento che le è stato riservato e dopo aver sperato con tutta se stessa di poter tornare a vivere nella sua casa "natale" con quelli che ha sempre considerato i suoi veri genitori, sentendosi completamente estranea alla famiglia e alla miseria in cui adesso è costretta a vivere, improvvisamente le si squarcia il velo di Maya e la verità viene penosamente a galla, lasciandola attonita e sbigottita.
Ma è proprio grazie a questo duro colpo ricevuto che l'Arminuta prende atto di una grande realtà:
il non saper esternare amore non significa, in realtà, non provarlo.
I sentimenti si dimostrano anche e soprattutto con i piccoli gesti:
una mano posata sulla spalla, a mo' di incoraggiamento o un piatto di pasta tenuto da parte e riscaldato al tuo arrivo.
Chi compra il tuo affetto con grandi e costosi regali sta, appunto, cercando di comprarti o, molto più probabilmente, sta cercando un modo per scaricarsi la coscienza.
Perchè non è tutto oro quel che luccica e le vere miserie, così come le vere ricchezze, sono esclusivamente quelle dell'animo.
Consigliatomi con entusiasmo da un'ospite dell'agriturismo dove lavoro,
"L'arminuta" mi ha risvegliato da un torpore letterario che mi faceva trovare anonima e priva di interesse ogni opera con cui provassi a cimentarmi.
Un romanzo da cui trasuda, da ogni pagina, il senso di alienazione e smarrimento esistenziale che la protagonista, come una pedina su una scacchiera delle scelte altrui, si trova a provare ma che, da debolezza, diventerà la sua forza, consentendole di sviluppare una personalità sensibile e generosa ma allo stesso tempo determinata.
Un romanzo sull'idealizzazione e sulla caduta delle illusioni ma anche un romanzo sulla maternità.
La maternità voluta, negata e rinnegata.
Che pone l'accento su delle tematiche quanto mai attuali:
i figli, in realtà, sono di chi li mette al mondo o di chi li cresce?
E quanto sono importanti, nonostante tutto, i legami di sangue?
Scritto con stile semplice, crudo e diretto ma allo stesso tempo dolce, nostalgico e commovente,
"L'Arminuta" è un libro avvincente che colpisce dritto al cuore e nel cuore resta.
Proprio come mi ha detto la signora che me lo ha consigliato:
"E' un libro di cui, una volta finito, si sente la mancanza".
IL MIO VOTO:
Un stile crudo ed essenziale che ricorda quello di Elsa Morante.
Meritatissimo il Premio Campiello 2017.
Romanzo semplice ma intenso, che resta nel cuore.
Consigliato!
LA SCRITTRICE:
1 commento:
Grazie a questo libro ho superato il cosiddetto blocco del lettore. Non mi appassionava niente, ma L'Arminuta l'ho trovato un libro meraviglioso e hai ragione: quando l'ho terminato, ne ho sentito subito la mancanza anche io.
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