martedì 13 marzo 2018
"Il terremoto inventato" Nino Inzerillo (2017)
LA TRAMA:
Un distinto professore scende da un taxi e, candidamente, chiede di essere istituzionalizzato in una struttura pubblica per la salute mentale.
La vita in ospedale e i suoi ritmi iniziano però, ben presto, a stargli stretti e, sopraffatto dalla noia, decide di sfruttare la confusione generata da una scossa tellurica per evadere.
Inizia così il suo percorso per le strade cittadine che non frequentava da anni,
incontrando e interagendo con personaggi reali e fantasmi del suo passato.
Rievocherà i viaggi in treno e in aereo,
ripercorrerà quelle vie che aveva perseguito alla ricerca dell'amore o di qualcosa che ne avesse le parvenze.
In una drammatico confronto finale riuscirà a sconfiggere quelle forze malefiche che lo avevano ammantato e cercato di ridurre a vittima sacrificale.
Ma riuscirà anche a rimettere insieme i pezzi della sua personalità e accettare di vivere?
IL MIO GIUDIZIO:
Una lieve lieve scossa tellurica nel cuore della notte, si trasforma in violento e catartico terremoto interiore che sconquassa l'animo del protagonista e lo costringe ad abbattere il muro di diffidenza che aveva interposto fra sè e gli altri;
a mettersi a nudo ed in discussione per poi, finalmente, provare a ricostruirsi in maniera nuova e migliore.
Per certi versi autobiografico, fra il serio e il faceto, il romanzo narra la storia di Nino,
signore palermitano prossimo ai 50,
abbandonato anni prima dalla moglie finlandese che è tornata in patria insieme alla loro figlia,
e con diversi lutti (materiali ed emotivi) e relazioni fallite alle spalle.
Deluso dalla vita che reputa tutta una menzogna, si è chiuso in se stesso e trascorre le giornate nel suo piccolo mondo indipendente, fra la casa e una sorta di "giardino bunker",
delimitato da un'alta siepe che, un pò come ne "L'infinito" di leopardiana memoria,"dell'ultimo orizzonte il guardo esclude"e lo protegge dal tran tran quotidiano che scorre a pochi passi da lui.
Un giorno, stanco del suo male di vivere, o meglio del suo "sopravvivere",
decide di prendere una pausa da se stesso e da un mondo in cui non si riconosce,
da cui si ritiene rifiutato, a cui sente di non appartenere,
e si fa internare volontariamente in una struttura per la salute mentale, convinto che lì dentro,
con qualcuno che si preoccupi delle sue necessità materiali e psicologiche,
potrà finalmente rilassarsi, psicologicamente soprattutto,
non avendo altri pensieri se non il fumare sigari, il leggere e lo scrivere.
Ma presto la noia prende il sopravvento.
Così, complice una scossa di terremoto che crea scompiglio, "evade" e si trova a vagare per le strade della città, fra gente terrorizzata e in ambasce, che però non rinuncia a togliere gli occhi dallo smartphone per chattare o inviare messaggi (tanto che, ironicamente, il protagonista arriva a chiedersi se per caso non siano state tutte le vibrazioni continue dei cellulari a dare l'idea della scossa e,di fatto, non ci sia stato nessun terremoto).
Ed è proprio vagabondando in questa strana notte palermitana che,
fra donne rievocate solo nella sua mente e nuovi incontri con personaggi grotteschi e vagamente pirandelliani, Nino, in un alternarsi di visioni e realtà, disseziona e rielabora tutta la sua esistenza,
il concetto che ha dell'amore,il valore che egli gli dà e, soprattutto, come si è sempre posto nei confronti di esso.
Un romanzo assolutamente introspettivo che si focalizza sulla labilità della psiche umana,sui voli pindarici della mente.
A tratti decisamente felliniano, è stata per me una lettura abbastanza difficile,
forse uno dei pochi libri che abbia fatto più fatica a portare a termine,
non perchè il libro non sia valevole, intendiamoci bene!
Tutt'altro.
Per quanto Inzerillo sia un autore esordiente, ha uno stile forbito e ricercato, ricco di parole auliche.
Ciò che mi ha reso complessa la lettura sono state le continue digressioni del protagonista che,
come tutti i "ruminanti della mente", salta da un pensiero all'altro, da un argomento all'altro,
rendendo talvolta la narrazione un pò frammentaria e dispersiva.
Aldilà di questo, l'opera è davvero interessante e ricca di spunti di riflessione,
oltre che assolutamente originale nel suo genere.
L'alternanza fra sogno e realtà, fra ricordo e visione in cui si muove il protagonista,
altro non è poi che l'ingrediente basilare che serve per dare vita a un romanzo.
"Il terremoto inventato" mostra come la scrittura possa essere un ottimo percorso di autoanalisi per elaborare i propri fantasmi:
"Ero sempre più cosciente che la stesura del mio romanzo sarebbe stato il regalo che avrei fatto a me stesso.Non aveva alcuna importanza se il mio lavoro non sarebbe stato degno di pubblicazione:
avevo raccontato a me stesso le cose più intime della mia vita e avevo offerto una nuova chiave di elaborazione del passato.
Io non portavo una sola bara con me:ne avevo una collezione intera.
Non ero riuscito a trovare il modo di seppellire tutto ciò che andava sepolto però in quei mesi avevo affrontato i miei fantasmi,rievocandoli uno per uno,li avevo guardati bene in faccia e mi apparivano come fioche creature.
Non potevo cambiare ciò che era accaduto,però poteva mutare il mio modo di guardare alle cose accadute,percependole in maniera diversa e così mutando la mia reazione.".
E, in questo invito a non arrendersi all'ineluttabilità della vita,
a prendere mano, in qualsiasi momento, il proprio destino e a cercare di cambiare il punto di vista con cui si osservano le cose,
ritrovo molti punti in comune con il pensiero filosofico buddista di Nichiren Daishonin.
IL MIO VOTO:
Il terremoto come metafora della distruzione e della ricostruzione di se stessi.
Un viaggio introspettivo nell'oscuro mondo dei sentimenti e della psiche umana.
Intenso e complesso ma meritevole.
LO SCRITTORE:
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