lunedì 27 febbraio 2017

Frasi dal libro "Ogni angelo è tremendo" di Susanna Tamaro

Ci sono poche cose che mi affascinano come i neonati.
Ogni volta che ne vedo uno,non posso fare a meno di guardarlo con attenzione e chiedergli:
chi sei?
Da dove vieni?
Che mistero si cela in quei tuoi occhi che ancora non vedono?
No,forse sarebbe meglio dire che vedono altro.

Ogni bambino che nasce viene al mondo con le spalle ricurve come quelle di Atlante.
Soltanto che,invece del mondo,regge pagine e pagine di storie,di storie e di Storia,
E sono proprio quelle pagine a far apparire i suoi occhi così stanchi,così lontani nei primi giorni.
Solo alcuni genitori particolarmente ingenui e ottimisti possono credere che un neonato sia una tabula rasa,un blocco di argilla che riusciranno a trasformare,con il loro amore e con la loro buona volontà,nell'essere dei loro sogni.
Bisognerebbe essere un pò meno fiduciosi per rendersi conto che quelle manine,in realtà,stringono una lunga pergamena arrotolata e che,se il padre e la madre avessero il coraggio di aprirla,vedrebbero che là dentro è già tracciato,a grandi linee,il destino dell'essere che hanno appena messo al mondo.

Si può venire al mondo in una villa sull'Aventino o in una baracca di Nairobi.
Si può nascere da genitori amorevoli o alcolizzati.
O semplicemente distratti o devoti amanti della crudeltà,
Si può venire abbandonati in un cassonetto e morire così,in mezzo alle plastiche sporche e alla spazzatura putrescente.
Oppure essere già eredi,fin dalla nascita,di un impero economico.
Si può avere un padre e una madre.
O soltanto una madre,magari una persona ferita,debole di mente o,semplicemente,incapace di amare.
Si può nascere da un grande amore o da un coito maldestro,nel bagno di una discoteca.
Come si può venire al mondo da uno stupro.

Sai che sei un niente disperso in un'immensità e questa immensità è cieca,prepotente,pronta a divorarti e dimenticarsi di te subito dopo averti divorato.
Confidi allora nei tuoi genitori.
Questa fiducia è la tua unica ancora.
Ci crederai anche dopo anni,anche quando la realtà ti avrà dimostrato l'esatto contrario.
Devi crederci,non puoi fare altro.
Perchè la radice del tuo senso affonda nel terreno dei tuoi genitori.
Comunque vada,sono loro la ragione del tuo esserci.
Per quale motivo non dovrebbero proteggerti?

Luce,perchè alle spalle c'era solo buio.
Scrivo buio ma mi rendo conto che la parola è inesatta.
Nel buio si può accendere una lampada.
Nel buio possono,improvvise e benevole,comparire le stelle.
Non era buio,erano tenebre.

Non avevano visto i miei,i miei grandi occhi sgranati e interroganti.
Non avevano fatto caso alle mie orecchie a vela,sempre tese,sempre in ascolto.
Orecchie-antenne,orecchie-radar,capaci di percepire anche il più sottile scricchiolio del mondo.

Sopravvivere sarebbe stato un compito,una necessità.

Ero una bambina depressa?
Sicuramente.
Appena avevo un momento libero,mi sdraiavo sul pavimento della stanza e iniziavo a piangere.
Piangevo per ore,senza limiti,fino allo sfinimento.
Ero una maratoneta del singhiozzo. 
I miei pianti non avevano nessuna ragione apparente e questo irritava molto mia madre.
"Perchè piangi?"mi gridava.
"Non lo so".
In realtà lo sapevo benissimo.
Piangevo perchè le cose finivano.
Perchè,dietro la luce,c'era sempre in agguato il buio.
Piangevo perchè la copertina mi aveva illuso sull'accoglienza e sull'amore ed era brutto svegliarsi dalle illusioni
Piangevo perchè la mia testa esplodeva di domande e non c'era nessuna persona a cui potevo rivolgermi.
Piangevo per il pozzo di solitudine dolorosa in cui ero sprofondata.
Piangevo perchè tutti si aspettavano che io fossi una brava bambina normale e io non ero capace di esserlo.

Grazie chimica!
Quando nessuno si prendeva cura di me,tu l'hai fatto!

Quante volte si può morire nella vita?
Una sola,oppure tante?
Dov'ero prima di essere in questo mondo?
Dove,o chi,o quando?

Cancellare!
Era proprio quello che avrei dovuto fare io,con tutta l'enorme quantità di cose che avevo in mente.
Stavo cominciando a comprendere che c'era un mondo nella mia testa e un altro all'esterno e che questi 2 mondi avevano raramente la felice idea di coincidere.

Con l'ingresso nella vita pubblica,asilo e poi scuola,fu subito chiaro a tutti che l'essere socievole non rientrava nei programmi della mia vita.
Vivevo immersa nei miei pensieri e mi riuscivano incomprensibili le leggi non scritte della socialità.

Cercavo di essere la non esistenza.
Non fare rumore.
Non parlare,
Non disturbare.
Non avere sciocche esigenze.

In quel mese una parte di me,la parte che aveva sperato,che si era illusa,era completamente morta.
Sapevo che,da quel giorno in poi,avrei dovuto convincerci.

Perché piangi?
Perché ti manca il fiato?
Perché,perché,perché?
Perché vivo con un nemico dentro.
Con la nebbia,con lo smarrimento.
Perché vedo il dolore e non posso farci niente.
Perché vedo l'incompiutezza,il vuoto,il fallimento e non ne capisco il senso.
Perché sono sola.
Nessuno mi ascolta.
Nessuno mi prende per mano.
Piango perché ho paura del vuoto,del buio e della solitudine che mi attendono.


Sulle mie minuscole spalle di bambina si posava il dolore del mondo.
Tutto ciò che era ferito,mi feriva.
Per questo piangevo,per questo mi buttavo per terra.
Per questo,appena potevo,sbattevo la testa contro il muro.

Come potevo dirgli che per me anche la morte di una farfalla era motivo di grande dolore?

Continuavo a farmi domande.
Mi domandavo,ad esempio,per quale ragione Dio fosse un triangolo e non un quadrato o un cerchio,oppure un grande rombo colorato con tutte le code sventolanti,come un aquilone.
Mi domandavo anche perché mai avesse inventato il diavolo,quella figuretta rossa che ci faceva sempre fare le scelte sbagliate.
L'aveva inventato perché non ci annoiassimo?
Voleva dunque davvero Dio che noi fossimo felici?

Don Volpe diceva che dovevamo rivolgerci con fiducia al Padre Nostra che è nei Cieli.
Ma come si poteva provare questo sentimento davanti a un Padre che imponeva a un altro padre di ammazzare il proprio figlio prediletto?
Abramo ubbidì nonostante amasse alla follia suo figlio Isacco.
E se avesse suggerito la stessa cosa a un genitore che non amava il proprio figlio?
Il padre in questione avrebbe obbedito con zelo e,anche se al momento fatidico,fosse apparso il capo d'ordinanza,lui avrebbe fatto finta di non vederlo e sarebbe sceso sulla giugulare del figlio per poi dire contrito:
"Oh,troppo tardi!Mi dispiace,non l'avevo visto!"

Poi entrò in scena Gesù.
Camminava avanti e indietro per la Palestina assieme a un gruppo di suoi amici.
Istintivamente ispirava una maggiore fiducia.
Fiducia che però si incrinava ogniqualvolta Don Volpe ripeteva che era il figlio del Padre.
Se così era,pensavo rannicchiata nel mio banco,chissà quali mattane sta organizzando dietro quella sua aria serafica.

Se Dio era perfetto,onnisciente e onnipotente perché non aveva creato il mondo con questi attributi?
Forse perché si sarebbe annoiata.
Un mondo perfetto non avrebbe offerto nessuno spettacolo,nessun intrattenimento.
E per quale altra ragione aveva fatto il mondo,se non per svagarsi un pò?
L'eternità piena soltanto di se stesso alla fine doveva essere noiosissima.
Così aveva inventato il tempo.
Chissà come si divertiva a vedere la nostra agitazione,la nostra confusione.
A vedere i punti che accumulavamo caparbiamente nelle nostre tessere per farci finire da una parte o dall'altra.
Giù con lo scivolo,all'inferno!
Su con l'ascensore,in paradiso!

Correndo da una parte all'altra,non si accorse che anche dentro di lei qualcosa aveva iniziato a franare.
Era convinta di essere fatta di una solida roccia di calcare ma,con il tempo,il calcare si trasformò in friabilissimo gesso e cominciò a sfaldarsi.

Incrociare i suoi occhi metteva paura.
Se poi era lei a guardarti,ti sentivi morire.
Il suo sguardo,come quello di certe divinità mitologiche,era capace di ridurti in polvere solo sfiorandoti.
C'era freddezza là dentro.
Odio.
Desiderio di distruggere.

Eravamo la prova vivente del suo fallimento.

Intanto non ci rimaneva che convivere con una creatura bicefala.
Da una parte,quella che per lo più si manifestava in pubblico,c'era la madre meravigliosa,quella che tutti avrebbero desiderato avere.
Dall'altra,quando rimanevamo soli,ritornava a essere l'essere mitologico con lo sguardo assassino.
Per questo noi vivevamo come camminando su una tela di ragno.
L'incertezza accompagnava ogni nostro passo.
Bastava un'imprevista vibrazione del filo perché il padrone di casa,il ragno,fulmineo e silenzioso,ci piombasse addosso con il suo veleno.

C'era una grande biblioteca di famiglia e io,ancora incerta sulle gambe,già accarezzavo il dorso dei libri,pregustando il futuro piacere che da loro avrei tratto.

Ci sentivamo più vicini a Pippo e a Paperino che alla maggior parte dei nostri familiari.

La lettura era un valido antidoto alla noia delle interminabili domeniche di pioggia.

Il bambino che ha in sé un'altra profondità di parola,come può sopravvivere al suo talento?
Può avere la fortuna di avere una madre che gli vuole bene comunque,anche se piange per ore senza nessuna ragione apparente.
Ma può anche non avere questa fortuna.
E allora?
Allora non c'è consolazione,non c'è conforto.
Ogni giorno ti alzi e sai di essere diverso da tutti gli altri.
Senti costantemente in te il richiamo dell'abisso e questo richiamo,il timore,il panico di questo richiamo,non puoi condividerlo con nessuna delle persone che ti stanno accanto.
A nessuno puoi dire:
"Aiutarmi un po' a portare questo peso."
Nessuno mai ti farà i complimenti per il tuo essere diverso,perché l'abisso non ti porta a essere brillante.
La brillantezza amata e riconosciuta dal mondo è lontana da te mille miglia.
Starai sempre zitto o,se aprirai bocca,sarà per dire la cosa sbagliata nel momento sbagliato.
Immerso costantemente in un pensiero parallelo,non ti accorgerai di quello che il mondo esterno desidera da te.
Diventerai così ogni giorno più goffo,più incapace,più terrorizzato,lucidamente certo che l'ambiente intorno ti consideri un idiota.
Vedi la nudità scabra del reale e presto capisci che questa visione non è gradita a nessuno.
Per trasposizione,neppure tu diventi gradito.
Allora ti arrotoli,ti accartocci e tenti di scomparire.
E capisci benissimo quei bambini che,di punto in bianco,saltano giù dal balcone.

C'era energia,forza,salute,oltre alla volontà caparbia di andare sempre e comunque avanti,sopravvivendo a tutte le difficoltà.
Ed è proprio quella forza che,nei tanti momenti oscuri della vita,mi ha permesso sempre e comunque di andare avanti,di immaginare un futuro in cui le cose sarebbero state diverse.

La vita riservava già abbastanza difficoltà,
non occorreva inventarsene di nuove per amareggiare i bambini.

"Avevo paura solo a guardarti.Eri completamente muta,immobile,con lo sguardo assorto in un mondo irraggiungibile"
Lo sguardo,già,dove si posava?
Dove non avrebbe dovuto posarsi.

Tutte le lacrime che con tanta abbondanza versavo nelle situazioni più imprevedibili sarebbero scomparse,trasformando la loro essenza acquatica in quella più solida del ghiaccio.
Tutti i pianti non fatti si addensarono intorno alla mia persona,creando una corazza inespugnabile.
Quello spessore trasparente e glaciale mi permise di andare avanti.
Nessun sentimento mi toccava più.
L'atarassia:non legarsi a nulla,non provare nulla.
Perchè sentire qualcosa,legarsi,voleva dire soltanto provare una serie infinita di sofferenze.

Anche se tutti facevano finta di niente,era chiaro che stavamo sempre sospesi su un baratro.

In fondo a ogni vita scorre una segreta saggezza che permette di far arrivare le cose giuste al momento giusto.

E la bellezza,cos'altro era,se non il soprassalto dello stupore?
A un tratto,c'è qualcosa che non mi aspetto e questo qualcosa colpisce direttamente il mio cuore.

L'ipocrisia è il più grande veleno che si possa buttare in faccia a chi è alla ricerca della verità.

La corazza protegge,rassicura,sostiene un corpo che,via via,si fa più debole.
Che bisogno c'è della spina dorsale se c'è già il suo acciaio a tenerci dritti?
L'interno,allora,diventa molle come quello di un gasteropode.
Noi non ce ne accorgiamo,anche agli occhi degli altri siamo persone assolutamente normali.
In realtà,il nostro interno si disfa lentamente,collassa,e allora i nostri sentimenti,i nostri valori,i nostri pensieri diventano quelli della corazza.
Rigidi,limitati,stretti.
Alla fine l'esoscheletro ha vinto sull'endoscheletro.

L'uomo realizza se stesso alla massima potenza soltanto quando accetta la legge profonda del cambiamento.
Quanta tristezza,quanta cecità nelle persone che si trincerano dietro alle loro solide opinioni,
che malinconia in chi afferma fiero:
"Io sono fatto così e non posso farci niente"

Eravamo anime affini e stare vicine ci rendeva felici.

Le cose accadono sempre quando il tempo è maturo.

E'nell'amicizia che l'essere umano conosce la forma più imprevedibilmente alta di rapporto.

Quando 2 persone si amano,nascono i bambini.
Il bambino stava arrivando.
Ma le persone che si amavano,dov'erano?

Avrei voluto essere efficiente,diligente,capace di conquistare l'ammirazione e il plauso di chi mi stava sopra,ma poi le cose andavano sempre in senso contrario.

Immaginare una cosa non è sempre preludio per riuscire poi a farla davvero.
Sui nostri desideri e sui nostri sogni veglia costantemente il destino,e le sue curve non sono le nostre e,tra una svolta e l'altra,il nostro bene è probabilmente l'ultimo dei suoi pensieri.

Nostra madre coltivava dei sentimenti per niente benevoli nei nostri confronti e non aveva alcun pudore,quando eravamo soli,nel manifestarli.
In quegli occhi c'era ghiaccio e c'era fuoco e quel ghiaccio e quel fuoco si fondevano insieme in una forza nuova,capace di distruggere qualsiasi cosa.

Ci sono tanti modi per reagire a un'esperienza forte:
ci si può ribellare o si può sfuggirle.cancellandola,come si può anche,magari col tempo,tornare a elaborarla,sperando che questo lavoro di analisi ci conduca,un giorno più o meno lontano,a metabolizzare l'accaduto fino a riuscire a stemperare quel sordo dolore che ha oppresso i nostri giorni.
Possiamo affrontare le negatività che ci accadono,interrogandole,cercando di capire la domanda che ci pongono,oppure possiamo vivere nell'ombra di quei ricordi,come archi di trionfo sospesi sopra di noi,facendogli girare intorno tutta la nostra esistenza.


I tarli lavorano con meticolosa pazienza,dove c'è materia fanno il vuoto.
Per salvarsi si può fare una cosa sola:accorgersi in tempo della loro presenza.

Tanto mi è sempre stato difficile parlare con gli esseri umani,altrettanto,come se possedessi un naturale anello di re Salomone,mi è stato facile comunicare con gli animali.

La mia natura era,ed è tutt'ora,quella di un'anima candida,lontana dalle malizie quotidiane del mondo.
Non sapevo immaginare cattiverie,meno che meno mi veniva in mente di farle.

Per riuscire a stare in piedi,lottavo contro tutto e tutti.
Ma era una lotta sempre più impari.
Sempre più votata alla sconfitta.
Giorno dopo giorno,parti di me si sgretolavano come resti archeologici sotto la sferza delle intemperie.
Sentivo il tonfo,vedevo i calcinacci accumularsi sotto i miei piedi e non riuscivo a fare niente per fermare quell'inesorabile distruzione.
Giorno dopo giorno percepivo la follia salire dentro di me mentre sentivo calare sempre più le forze in grado di contrastarla.

Nello sviluppo di una persona,il sadismo e il non amore possono creare delle profonde destrutturazioni alle quali è difficile porre rimedio.

Che errore pensare all'odio come qualcosa che infiamma!
E'l'amore che arde.
L'odio può soltanto raggelare.
La distruzione che inneschi nella tua vita è soltanto un tentativo di scaldarti.

"Tua madre è una persona gravemente malata".
Allora non avevo alcuna colpa!
Non c'era nessuna pazzia in me!
Si trattava piuttosto di qualcosa di sottile,di oscuro,di metafisico che,fin dalla nascita,aveva avvolto e condizionato la mia vita.

Ho impiegato gran parte della mia vita per liberarmi del veleno che mi era stato inoculato.

Non attaccarsi a nulla.
Non desiderare nulla.
Non attendersi nulla.
Sapere di essere nulla.

Quanti libri di ascetica bisogna leggere,quanti ritiri estremi,quanti gong suonati dal proprio maestro bisogna affrontare,nella speranza di giungere a questa consapevolezza!
A me invece è bastato venire al mondo e respirare.
In me c'era il vuoto assoluto.
Uno dopo l'altro era stati distrutti i miei rapporti affettivi.
Neppure il cane era sopravvissuto a questa salutare pulizia.
Per molto volte,avendo una natura molto calda,avevo cercato di far ripartire il motorino d'avviamento ma,a un certo punto,logorato dai fallimenti,anche lui si era inceppato.

Solo con il vuoto intorno,abbandonate tutte le illusioni,si può intravedere il sentiero capace di portarci in una dimensione diversa.

Di relazioni affettive,però,ormai,non volevo più sentir parlare.
Dunque dovette impegnarsi a fondo per riuscire ad aprire una breccia nel muro invalicabile che mi circondava.
La realtà che lei voleva offrirmi,io sapevo solo rifiutarla.
Il mio sistema nervoso era ormai fisiologicamente distrutto.
Camminavo come su un filo sospeso.
Non potevo rischiare di mettere nuovamente in gioco il mio precario equilibrio.

Nel mondo delle monadi nessuno si salva.
E'la misteriosa e gratuita dinamica dell'incontro a permetterci di andare avanti.

Trovare un lavoro normale era fuori discussione.
Ero,infatti,abbastanza lucida ormai sul mio stato di disadattamento.
Sapevo che,ad esempio,se avessi dovuto servire delle torte,per 2 o 3 giorni sarebbe andato tutto bene,ma al quarto o al quinto avrei rovesciato in faccia il piatto al primo cliente un pò villano.

Ovunque fossi,qualunque cosa facessi,avrei voluto essere da un'altra parte a fare un'altra cosa.

"Adesso lo so cosa voglio fare!"
"Che cosa?"
"Voglio raccontare storie!"

L'istinto di sopravvivenza non è un damerino che chiede scusa o permesso.

Ciò che rimaneva degli ultimi anni della mia vita erano soltanto macerie.
Metaforiche e reali.

Non mi era chiaro se inseguivo qualcosa o se da qualcosa stavo fuggendo.

Il vento scoperchia le pentole.
Mette a nudo ciò che è pura convenzione.
Scombina i pensieri dal loro percorso obbligato,facendo intravedere nuove direzioni verso cui muoversi.
Il vento,insomma,porta con sè ogni tipo di instabilità ed è proprio questa instabilità che permette di affacciarsi su altri mondi.

Ci si annusa,ci si intuisce simili e quella similitudine,a un tratto,unisce più di qualsiasi rapporto di sangue.
Gli inquieti si legano tra loro senza bisogno di molte parole.

La capacità di inquietarsi per l'invisibile o il non vederlo affatto.
Tra le 2 condizioni,ovviamente è preferibile la seconda,perchè è evidente che il mondo è retto e dominato da chi possiede questa felice cecità.
Tuttavia,senza la prima,la vita di tutti noi sarebbe straordinariamente più povera.

Tra me e le parole era stato scritto un destino.

A volte il destino ci sferra degli invisibili calci negli stinchi per farci andare avanti.

"Conosci te stesso".
Iniziava a essermi chiaro che la via dei libri mi avrebbe condotto in quella direzione.

Ho sempre prediletto una femminilità nascosta piuttosto che esibita.

Era completamente alcolizzato e,come tutte le persone prigioniere di una dipendenza,era assolutamente incapace di accorgersi di chi gli stava accanto.

Lessi per la prima volta "Delitto e castigo".
Terminata la lettura,venni colta da una febbre altissima,priva di qualsiasi sintomo.
L'unica malattia di cui soffrivo erano le parole che avevo appena letto.

Con un colpo di spugna avevo cancellato il mio doloroso passato e sul futuro non mi facevo più domande.
Non sapevo perchè.
Non sapevo dare un giudizio su quel mutamento.
Avevo semplicemente smesso di interrogarmi.
Vivevo e basta e questo era sufficiente per riprendere fiato.

Prigioniera di quella momentanea immobilità avevo dalla mia parte il potere delle antenne.
Erano loro il grande dono della mia vita.
Erano loro a permettermi di vedere ciò che non si vedeva,
di sentire ciò che era impossibile percepire.

Ovunque fossi,qualsiasi cosa facessi mi sentivo fuori posto.
C'era un altrove da qualche parte e quell'altrove,ero certa,sarebbe stata la mia terra.
Ma non intravedevo alcuna indicazione,alcun segno verso cui muovermi.

Vedevo la vita intorno a me come una commedia recitata piuttosto male.
Alla fine nessuno avrebbe applaudito e dunque non si capiva la ragione di tanto movimento.
La morte era la maestra di ogni istante e questa per noi uomini è l'unica certezza.
Eppure cominciavo a rendermi conto che la realtà,a un tratto,era capace di sollevare un velo,quello della sorpresa,del fiato che rimane sospeso.
Tra le sue pieghe la quotidianità nasconde tesori e l'artista è il minatore.
E'colui che li cerca.
E'lui che deve calarsi nelle profondità della terra.
Lui che deve perdersi tra i cunicoli,annaspare,disperarsi e poi prorompere nell' "Ahhh!" della scoperta.
E'sempre lui,l'artista,che deve risalire con la gemma in mano,offrendo la visione del suo splendore a coloro che sono rimasti in superficie.

Pur avendo un carattere allegro e ottimista,amante dei piaceri della vita,non posso negare che la cifra principale dei miei giorni sia stata la sofferenza.

Da 30 anni tengo un diario.
Perchè il diario è il preludio,la miniera,lo scavo necessario per affrontare qualsiasi altra forma di scrittura.

Un libro,un bel libro è qualcosa di molto complesso,delicato e difficile da gestire.
Non si fa a comando.
Come non lo si può imporre a comando.
Non ho mai pensato,neppure per un istante,che il fine ultimo della letteratura sia quello di fare soldi.
Ho sempre avuto un gran rispetto per l'intelligenza e la sensibilità dei miei lettori.
Non polli da spennare ma persone con le quali fare un tratto di viaggio insieme.

Scrivere è uno squartamento.
Uno squarcio per far luce non per aver conferma delle tenebre.
Scrivere vuol dire andare in fondo alle cose,con lucidità,crudeltà,senza farsi abbagliare da niente.
Tutti i miei libri attraversano l'oscurità,non per il compiacimento di farlo,ma per scoprire il punto in cui,a un tratto,il buio misteriosamente si può trasformare in luce.
Tutti i miei libri perlustrano i territori dell'inquietudine e dello smarrimento perchè,
solo nel momento in cui si sa di non avere una strada,si comincia davvero a cercarne una.
Ecco,io credo che i libri esistano proprio per farci compagnia in questo viaggio.
Per darci conforto nell'asperità del percorso.

La speranza è allora che in noi torni la nostalgia per le parole capaci di ardere.

Avrei dovuto odiarla per come mi aveva trattata.
Invece ho scelto il cammino più lungo e impervio del perdono.
Che cosa me ne sarei fatta dell'odio,una volta che lei fosse morta?
Come una scheggia gelata sarebbe rimasto per sempre conficcato nel mio cuore.
L'odio è un veleno di cui bisogna liberarsi il prima possibile perchè,in esso,non c'è alcuna possibilità che la vita risorga.

Ti voglio bene anche se non ti capisco.

Tutta la pesante zavorra di negatività che hanno messo sulle mie spalle ha provocato in me una condizione di dolore alle volte difficilmente sopportabile,ma è stato proprio grazie a quella zavorra che ho potuto diventare quella che sono.
Se so scrivere storie che toccano il cuore di molti,è perchè il mio cuore è costantemente aperto e pronto ad accogliere le inquietudini,le contraddizioni e le sofferenze del mondo.
Vivere è un continuo cammino di trasformazione.
E'questo il segno dell'uomo.
Gli animali vivono immersi in un'innocente circolarità.
Noi invece siamo sempre spinti ad andare avanti,a capire i nostri errori e i nostri difetti e saperli trasformare in pregi.
Lottare perchè la luce conquisti sempre più spazio in noi,sottraendolo al buio è il compito che attende ogni persona che si metta alla ricerca della vera libertà.

Nessun commento: