martedì 2 febbraio 2016

Frasi dal libro "L'amica geniale" di Elena Ferrante

Quando si è al mondo da poco è difficile capire quali sono i disastri all'origine del nostro sentimento del disastro,forse non se ne sente nemmeno la necessità.
I grandi,in attesa di domani,si muovono in un presente dietro al quale c'è ieri o l'altro ieri o al massimo la settimana scorsa:
al resto non vogliono pensare.
I piccoli non sanno il significato di ieri,dell'altro ieri,e nemmeno di domani,tutto è questo,ora:
la strada è questa,il portone è questo,le scale sono queste,questa è mamma,questo è papà,questo è il giorno,questa è la notte.

Quando non si sa risolvere un problema,non si dice che il problema è sbagliato.
Si dice che non si è capaci di risolverlo.

Devo afferrare la scia che mi sta attraversando e devo gettarla via da me.

Eravamo tutti animaletti spaventati dalla nostra stessa mediocrità.

"E'bello parlare con gli altri"
"Sì,ma solo se quando parli c'è uno che risponde"

Nessuno ci capiva.
Solo noi 2 ci capivamo.
L'essenziale era saper giocare e io e lei,soltanto io e lei,sapevamo farlo.

La biblioteca per lei era una grande risorsa.

Ci dobbiamo provare lo stesso,perchè se uno non prova non cambia niente.

Mi sentii addolorata perchè sapeva essere autonoma e invece io avevo bisogno di lei.

Perchè faceva sempre le cose che dovevo fare io,prima e meglio di me?
Perchè mi sfuggiva quando la inseguivo e intanto mi tallonava per scavalcarmi?
Forse dovevo cancellarla da me come un disegno sulla lavagna.
Mi sentivo fragile,esposta a tutto,non potevo passare il mio tempo a inseguirla o a scoprire che lei mi inseguiva.
E nel caso e nell'altro,a sentirmi sempre di meno.

Non ci sono gesti,parole,sospiri che non contengano la somma di tutti i crimini che hanno commesso e commettono gli esseri umani.

Se la vedevo per strada,per l'angoscia cambiavo strada.
Ma poi non resistevo e le andavo incontro come a una fatalità.

"Io non mi innamorerò mai di nessuno e non scriverò mai una poesia"
"Ma gli altri si innamoreranno di te"
"Peggio per loro"


In quel sorriso,in quello sguardo vide qualcosa di insopportabilmente meschino,tanto più insopportabile quanto più continuava ad amarlo e a sentire il bisogno di stargli accanto per aiutarlo ed essere aiutata.

Quando,offeso,le aveva replicato che i suoi erano sentimenti molto delicati,che notte e giorno pensava con amore solo a lei,che perciò non era un animale ma uno che l'amava,lei gli aveva risposto che se una persona si comportava come s'era comportato lui con Ada,se quella stessa persona la notte di Capodanno si metteva a sparare con la pistola contro la gente,dirgli animale era offendere gli animali.

"Che significa per te una città senza amore?"
"Un popolo privato della felicità".


Era un timore vecchio,un timore che non mi era mai passato:
la paura che,perdendomi pezzi della sua vita,perdesse intensità e centralità la mia.
E il fatto che non mi rispondesse,accentuava quella preoccupazione.

Insomma lo amavo e lo sapevo.
Ed ero contenta di amarlo.

Dedicherò la mia vita a cercare di non assomigliargli.

Lo sapeva benissimo che era una donna fragile che era una donna fragile,ma se l'è presa ugualmente,per pura vanità.
Per vanità farebbe male a chiunque e senza sentirsene responsabile.
Poichè era convinto di far felice tutti,crede che tutto gli vada perdonato.

Guarda sempre con occhi imbronciati che vedono oltre le cose e le persone e paiono spaventarsi.
Ha qualcosa che lo mangia dentro ed è un dono e una sofferenza.
Non è contento,non si abbandona e teme sempre ciò che gli succede intorno.

Male e bene sono mescolati e si rinforzano a vicenda.

Quel che doveva succedere sarebbe successo.

Lei era così:
rompeva equilibri solo per vedere in quale altro modo poteva ricomporli.

Ha comprato in tutti i modi a comprarmi,ma a me non mi compra nessuno.

"Lo so io qual è il suo bene"
"Sì,ma lei lo sa meglio di voi"

Il denaro diede ancora più forza all'impressione che ciò che mancava a me lo avesse lei e viceversa,in un gioco continuo di scambi e rovesciamenti che,ora con allegria,ora soffertamente,ci rendevano indispensabili l'una all'altra.

Avevo bisogno di esprimermi e la mia testa era affollata.

Era come se una parte di lei tenesse saldamente al guinzaglio l'altra.

Nessuna forma avrebbe potuto contenerla e,presto o tardi,avrebbe spaccato tutto un'altra volta.

La gente di quella risma bisognava combatterla conquistandosi una vita superiore,di quelle che loro non potevano nemmeno immaginare.

Com'è tutto dolce,pensai,quando la giornata è bella e ogni cosa buona pare stia aspettando solo te.

Ti darò casse di monete d'oro,lo so quanto vale passare il tempo con te.
Ma lui,lui lo conosce il tuo valore?

"Tu vuoi bene a Stefano?"
"Moltissimo"
"Più che ai tuoi genitori,più che a Rino?"
"Più che a tutti,ma non più che a te"

Volevo dire solo che sei brava a farti voler bene.
La differenza fra te e me,da sempre,è che di me la gente ha paura e di te no.

Credeva che gli altri non potessero fare a meno di volerlo e di amarlo ed era così pieno di sè da non tollerare altre virtù che le proprie.

Le lessi negli occhi che quella mossa le aveva mostrato qualcosa di lui che non riusciva ancora a vedere con chiarezza e che proprio per questo la spaventava.

I sogni della testa mi sono finiti sotto ai piedi.

Iniziai a sentirmi in modo chiaro un'estranea resa infelice dalla mia stessa estraneità.

Parliamo tra noi,scaviamoci una tana che ci tenga fuori da questo mondo.

Pensai a come era contradditoria senza accorgersene,con le sue rabbie,con quei suoi gesti imperiosi.
Non avrebbe voluto che studiassi,ma visto che ormai studiavo,mi considerava migliore dei ragazzi con cui ero cresciuta e prendeva atto,come del resto stavo facendo io proprio in quella circostanza,che il mio posto non era tra loro.
Tuttavia,ecco che mi imponeva di starle vicino per trattenermi da chissà quale mare in tempesta,da chissà quale gorgo o precipizio,tutti pericoli che in quel momento erano rappresentati ai suoi occhi da Antonio.
Ma starle vicino significava restare nel suo mondo,diventare del tutto simile a lei.
E se fossi diventata simile a lei,chi altro mi sarebbe spettato se non Antonio?

"Dove le hai imparate queste cose?"
"Basta leggere!"

Noi,qui a Napoli,non abbiamo bisogno di un Don Chisciotte,con tutto il rispetto per Don Chisciotte.
Non abbiamo bisogno di batterci contro i mulini a vento...è solo coraggio sprecato.
Ci servono persone che sanno come funzionano i mulini e li fanno funzionare.

Che sciocchezza era stata volerlo,amarlo e tuttavia evitarlo sempre.

Mi adorava,si dedicava a me,ma come un fedele cagnolino.

Cos'era la plebe lo seppi in quel momento.
La plebe eravamo noi.
La plebe era quel contendersi cibo insieme al vino.
Quel litigare per chi veniva servito per primo e meglio.
Quel pavimento lurido su cui passavano e ripassavano i camerieri.
Quei brindisi sempre più volgari.
La plebe era mia madre,che aveva bevuto e ora si lasciava andare con la schiena contro la spalla di mio padre,serio,e rideva a bocca spalancata,per le allusioni sessuali del commerciante di metalli.
Ridevano tutti,con l'aria di chi ha un ruolo e lo porta fino in fondo.

Quando sparì mi sembrò che fosse sparita l'unica persona in tutta la sala che aveva l'energia per trascinarmi via.


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