sabato 10 gennaio 2015

Frasi dal libro "La locanda delle occasioni perdute" di Antonella Boralevi

Ci vuole coraggio per guardarsi la vita.

Ciò di cui non si può parlare,non deve essere detto.
Ciò che non si può cambiare,deve essere dimenticato.
O invece no?
Forse non si può dimenticare nulla.
Forse,tutti i ricordi ci ricordano.
Abitano dentro di noi come creature degli abissi.
E tutte le vite che non abbiamo vissuto,perchè non sono la nostra,ci si aggrappano addosso,
ci legano con fili invisibili,ci soffocano con bave di invidia,di rimorso,di sensi di colpa.
Ci assalgono con un tormento infinito di possibilità perdute.
E arriva una notte in cui non puoi dormire e tutte le vite che non hai avuto vengono a visitarti in un vortice di ombre e la ragnatela ti soffoca e ti manca il respiro.

Non so se conviene essere sensibili.
Soprattutto,sconsiglierei di esserlo "particolarmente".

Ci fu un momento immobile eppure così denso e vivido e pulsante che lo sentii vibrare dentro di me fino al diapason.

Quale è il momento unico e irripetibile in cui la nostra vita diventa la nostra vita?
Dove è quel punto e solo quel punto,nella linea finita che la Parca tesse per noi,
lì dove si è formato un piccolo nodo,invisibile a tutti se non per lei,che determina tutto quello che viene dopo?
La vita è il tratto che unisce punti distanti,di cui solo alla fine riusciamo a vedere il disegno.

...quelli che mi urtavano per arrivare prima all'uscita,
quelli che hanno troppa fretta per fermarsi a riflettere sulla vita che stanno vivendo.

Non sono nulla di quello che volevo essere e non sono nemmeno sicura di aver mai saputo quello che volevo essere.

Ero una bambina che faceva finta di essere felice.

Non si è mai pronti a guardarci in fondo al cuore,
a frugare dentro i rimasugli delle scelte che abbiamo fatto,
nella sporcizia dei segreti che non abbiamo condiviso,
nella melma delle parole non dette.
Non si è mai pronti a tagliarci la zampa che è rimasta in una trappola nella tagliola,
per scappare via liberi.
O forse sì.

Non riuscivo a collocare i ricordi,separandoli dai sogni.

Quelli come noi non parlano come gli altri:serve per riconoscerci.
Anche se non ce ne sarebbe bisogno,perchè si vede subito come nasci.

Volevo ritrovare l'ombra di quello che non ero stata.
E esserlo.
Volevo che la mia vita di scorta diventasse vera.
Volevo riprendermi i miei sogni.

"Tu li conosci i ricordi?"
"Sì,li conoscevo,i ricordi.Lo sapevo come ti assaltano,di notte,come ti stanno addosso,nel letto. Come ti mangiano lo stomaco.Ti scuotono come vento dai monti"

Sono la tua 1° Occasione Perduta.
L'occasione di essere una bambina felice.
Sulle altre sedie verranno a sedersi tutti gli altri,tutte le tue Occasioni Perdute.
Tutte le vite che non hai vissuto,le soddisfazioni che non hai ottenuto,i desideri che non hai realizzato.
Le mancanze che ti agguantano mentre dormi e ti fanno svegliare coperta di sudore perchè il cuore ha saltato un battito.

Il nome che portiamo non è un accessorio,è la sostanza.
Non siamo noi che portiamo il nostro nome,è il nome che porta noi.

Scommetto che sei sempre stata una bambina ubbidiente.
Una bambina che non diceva mai no.
Una bambina triste. 
Piangi spesso,di notte,nel tuo letto,vero?
Ma stai attenta a non farti sentire.
Anche a scuola è così.
Stai zitta,stai da una parte,e guardi gli altri che si divertono,scherzano e litigano.
Vorresti essere come loro,ma non hai il coraggio di buttarti nella mischia.
Miiiireeeellaaaaa non è fatta per vivere,ma per stare buona buona.
E'fatta per non disturbare.
Dove la metti sta.
E' così,vero?

Vedi....basta alzarsi in piedi e non c'è un cameriere che non corra da te.
Vale anche per gli uomini.
La vita è tua...ricordatelo.
Non lasciare che ti facciano vivere quella di un altro.

Mi sembrava che ogni cosa si potesse aggiustare,che al gioco di carte della vita mi sarebbe stata concessa un'altra mano,e che avrei vinto,questa volta.

Perchè mi sentii tremare tutta?
Era il Diavolo.
Un Diavolo magnifico.
Sentii qualcosa di duro,di insopportabilmente pesante,che si scioglieva dentro di me.
Sentii quella voce densa come cioccolato liquido che si faceva strada dentro di me.
Sentii di nuovo quello smarrimento,quella eccitazione,sentii l'urto del suo desiderio che cercava il mio.
Ero sposata,ma non conoscevo lo stordimento che il Diavolo mi aveva regalato.
Non conoscevo il cerchio di fuoco dentro cui il Diavolo mi aveva fatto giocare.
Non ero mai stata la donna che adesso ero con lui.

...se mi aveva voluto solo per quei momenti di oscuro desiderio condiviso.
Se gli ero piaciuta  per quell'ora in cui mi aveva baciato perchè ero ingenua e timida e fuori posto,
perchè poteva avermi e lo sapeva,con l'istinto del maschio predatore che fremeva sotto la sua buona educazione.
O se,davvero,io l'avevo colpito dritto dentro il petto,trovando il punto dove il cuore si lascia aprire.

Sapevo di essere bella,in quel momento preciso,ero bella perchè ero me,la vera me.
Non avevo bisogno di nessuno,non dovevo più essere ubbidiente,nè debole,nè conciliante,nè gentile.
Ero selvatica.
Ero libera.

Non era permesso raccontarsi storie.
Nè nascondere la spazzatura sotto il tappeto,le cose brutte dietro un velo dipinto.
Ci sono verità che non possiamo dire a noi stessi,perchè ci ucciderebbero.
E allora le ricacciamo indietro,le seppelliamo in fondo al petto e ce ne dimentichiamo.

E di colpo seppi: non sarei stata una buona madre.

Guardare la mia vita senza il parapetto delle bugie con cui avevo cercato di salvarmi era sconvolgente.

...perchè ogni pagina della mia vita aveva bisogno di una carezza.

Il passato ha una forza maligna a cui non si può resistere.
E'un ricamo di ragnatele di piombo.

Camminavo fuori dal tempo e dallo spazio.
Camminavo dentro la nebbia di quello che non vogliamo vedere.

Mi tuffavo nel vortice del mio fallimento con una specie di soddisfazione strana.

Non avevo fatto nulla di quello che volevo fare della mia vita.

...prendermi il diritto di essere quello che profondamente volevo,liberandomi dagli obblighi che io stessa mi ero data,cedendo alla forza dell'inconscio che ci mangia.

Ciascuno di noi ha almeno un posto che lo consola.
Un luogo dove il suo cuore si riposa.
Per alcuni è un campo da tennis,per altri un teatro,un libro o una canzone.

Mi capitava di essere felice quando meno me lo aspettavo.
L'Angelo della Felicità spalancava le ali e mi sfiorava i capelli.
E io vedevo.
Vedevo qualcosa di luminoso e di bello e la mia anima si spalancava.


Era il caos da cui nasce l'ordine.
Era la notte che mozza la testa come una ghigliottina.
Ma erano dolci le dita che ti strappavano il cuore.

Ero incantata.
No,ero persa.
Completamente persa.
Ero dentro la sua canzone.
Mi resi conto che per tutto il tempo in cui quest'uomo lungo con la bocca turgida e le braccia come aeroplani aveva fatto il suo numero,io mi ero dimenticata di me stessa.
Ero stata la sua copine e tutte le donne che aveva lasciato,ero stata il suo bicchiere di whisky e i porti dove era sbarcato e tutte le partenze e i ritorni e i paesaggi e i viaggi e tutti i letti dei suoi rimorsi.

Non c'è dunque bisogno che le dica che non si dimentica niente.
Niente di niente.
Rien de rien.
Nè i nostri "mai" nè i nostri "sempre".
Nè i "ti amo" che abbiamo detto,nè gli amori che inseguivamo.
Si va di cuore in cuore,di grigio in grigio,di pianto in pianto,promettendo di tornare...
Non si dimentica niente,signora bella,niente di niente.
Ci si abitua.
E questo è tutto.

Lo squillo entrò dentro il mio sogno.
Ci misi un pò a capire che era reale.
O forse sono i sogni,a essere reali?

E di colpo seppi che mi era mancata la speranza.
La speranza che la mia vita potesse cambiare.
Seppi che una parte di me,e era la parte che contava,la parte segreta che ci tratta come burattini nelle sue mani,aveva detto che non sarei mai stata capace di laurearmi,e poi di agire e lavorare e essere avvocato.
Che il mio posto era nelle retrovie.
E il mio dovere era fare meno rumore possibile.

Spegnete questa luce per favore.
Datemi la pace...dormire,sognare!

In quale punto della mia vita era collocato il nodo che,cambiando di senso,me ne avrebbe regalata una nuova,felice,senza rimpianti,senza rimorsi,senza detriti,al sole della soddisfazione?

Il telefono.
La sua voce.
La sua bella voce distante.
La voce che non mi voleva sentire.
La voce che mi abbandonava per giorni.
E poi ritornava.
Senza preavviso,senza regole.
"Che si dice?"
Un tono canzonatorio,il vetro antiproiettile dietro cui si riparava da me.
Stavo zitta.
Lasciavo che la sua voce si depositasse sulle mie ferite.
"Come ti va?"
"Bene"
E intanto andavo in frantumi.
"Il lavoro?"
"Bene"
"Volevo darti un saluto"
Ah,no!
Dammi un bacio,dammi un appuntamento.
Un saluto no.
Non mi importa nulla del lavoro,mi importa di noi 2.
"Quando ci rivediamo?"
Ci fu un breve silenzio.
"Ora devo andare,mi stanno chiamando...stammi bene."
Clic.
No,non starò bene.
Starò malissimo.
Starò come stanno le povere donne che aspettano quello che non accadrà mai.
Ero immobile e mi stringevo il ricevitore al petto.
Tu-tu-tu.
Schiacciavo la maledetta cornetta contro la lana del vestito,ma la maledetta cornetta continuava a chiamarmi.
Tu-tu-tu.
Quando imparerai che l'amore è un peso troppo grande da sopportare?

E io seppi che ero perduta.
Lo seppi con tutte le cellule del mio corpo.
Lo seppi con la punta dei piedi e con i gomiti.
E con la nuca e le ginocchia.
E con il sesso.
Gli brillava nella voce un tono di canzonatura.
Avrei dovuto stare in guardia,avrei dovuto capirlo.
Avrei dovuto scappare.
Ma sentivo una corrente elettrica che mi mangiava tutta.
Potevo sentirlo,il suo sguardo.
Era una seta spessa ma fluida.
Mi scivolava addosso,svelandomi centimetro dopo centimetro.
"Sei molto bella" disse.
E io fui bella.
Io che non mi sono mai sentita bella.
Io che camminavo strisciando accanto al muro per scomparire.
Fui bella dentro il suo sguardo.
Di colpo mi sembrava di saper giocare al suo gioco.
Mi sentivo libera.
E affascinante.
Mi divertivo.
Mi piaceva questo di lui: che non mi lasciasse scelta.
Mi piaceva che mi volesse.

Nel bagno,seduta davanti allo specchio,mi guardai a lungo,come se non mi conoscessi.
E forse davvero non mi conoscevo.
Non avevo mai incontrato la donna che lui aveva saputo vedere.
Non ero mai stata così libera.
Così piena di gioia e di desiderio.

Eravamo abbarbicati l'uno all'altra,la pelle contro la pelle,dentro lo stesso respiro.
E io ero così perduta che non capii.
Non capii quello che subito lui aveva messo in chiaro:
che io ero un esercizio sessuale,un paragrafo di un libro con centinaia di pagine.
Non si capisce mai quello che ci fa del male.

E poi telefonava quando andava bene a lui.
Mi invitava nel suo letto e io dicevo sì,sempre sì,di nuovo sì.
Non esisteva tra di noi nessun patto.
Non c'erano abitudini,scadenze,certezze.
Chiamava e io dicevo sì.
E poi se andava,senza neanche darmi un bacio.
Durò molto tempo.
E adesso,che sono passati anni da quando trovai la forza di non vederlo più,è capitato che,tornando a casa la sera,una parte di me,la parte che è andata in pezzi,sogni di trovarlo davanti alla mia porta,con il viso bagnato di pioggia e che mi dica:
"Ti amo anche io".
E poi entri e venga da me e mi faccia l'amore con la dolcezza che non ha avuto mai e mi dice:
"Tu mi hai preso l'anima".

Ma tra le mie Occasioni Perdute, Guido non c'era.
Ebbi un sussulto di stizza che non riuscii a controllare.
Perfino qui,nel ristorante di Rue Therese,dove il passato tornava vivo a visitarti,Guido si sottraeva.
Mi persi nel tempo sospeso dell'incantesimo del ristorante di Rue Therese e lasciai che i ricordi tornassero a visitarmi.
Vissi di nuovo tutte le mie notti con Guido,tutte le nostre conversazioni,tutti i nostri sguardi.
Di nuovo lo accarezzai in mille modi diversi,di nuovo lui mi baciò in mille modi differenti.
Di nuovo la mia anima toccò la sua.
E allora capii.
Con Guido ,nelle ore strette in cui mi aveva consentito di toccargli il cuore,ero stata felice.

Mi sentivo spaventosamente inadeguata.
Come sempre.

Conoscevo ogni dettaglio minimo delle mie vite immaginate:
non mi abbandonavano mai.
Si accumulavano dentro di me come monete d'oro sotterrate nel Giardino delle 3 Melarance,
come pietre in fondo a un pozzo.
E mi tiravano giù,con loro,dentro la spirale opaca di quello che sarebbe potuto essere e non era.
Mi svegliavo con loro e andavo a letto con loro.
Camminavo con loro e andavo in vacanza con loro.
Erano con me mentre facevo la spesa al supermercato,
mentre guardavo la televisione,
mentre ero a cena a casa di amici.
Agguantavo ogni appiglio per avventarmi contro me stessa che ero stata:
la stupida,l'arrogante,l'ingenua.

E adesso hai imparato a nuotare.
O forse no.
Forse non si impara mai.

Non dirmi quello che è già successo,lascia che accada il futuro.
Lasciami cambiare la tua vita.

Non fare finta di essere contenta:non ti devi scusare di nulla.

Un caleidoscopio:
un tubo di cartone da appoggiare contro l'occhio,strizzando l'altro.
Una rondella da girare.
E dentro il tubo,schegge di vetro colorato prive di senso che,mentre giravi la rondella,si decidevano ad averlo e correvano a sistemarsi in combinazioni meravigliose di arabeschi fatati.
E se fosse questo,la vita?

Non si pensa mai a prendere l'ombrello quando si esce con il sole.
Non si pensa mai che di garantito non c'è nulla.

E'ridicolo come si diventa uguali a chi ci ha preceduto.
Un giorno dici qualcosa e senti che è la voce di tua madre,o di tuo padre,o di tua zia,o del tuo insegnante di matematica,che la sta dicendo.
Tutto quello che ti raccontano e che da ragazzo ti sembra una idiozia da rimbambiti,
diventa una verità quando ti capita di avere l'età di coloro che te la infliggevano.

Bisogna credere ai propri sogni.
Ma i miei,dove erano?

C'era,in quelle pagine,tutto il mio passato.
C'erano i miei sbagli e c'era la misteriosa e magnifica possibilità di correggerli.
C'era la vita che avevo vissuto,la catena imprescindibile di centinaia di cause e di centinaia di effetti che avevano,di fatto,me stessa.

Accadde perchè c'è un momento in tutte le vite in cui la gioia ti benedice.
Sollevai la testa.
Lo guardai.
Sentii i suoi occhi dolci su di me.
E poichè lui guardava me,io mi vidi.
Ero niente,brina sui vetri nel gelo del mattino.
Ero la pena infinita di vivere meno peggio possibile.
Ma sentii alzarsi il sole dentro di me.
Sentivo le schegge ghiacce sciogliersi,lentamente,una a una e rigare di lacrime il vetro della mia anima stanca.
"Vieni" mi disse "Tu mi hai preso l'anima".

Ci sono uomini...come me.
Uomini a cui non riesce di essere vivi.
Uomini che non hanno il coraggio di accettare di essere deboli.

Qualcosa brilla dentro di me.
Si accende,
E'una forza che non conosco.
Nasce dal centro del mio essere:è dura e lucida.
Non ha compassione di me e non si monta la testa.
Non è gentile.
Non è educata.
Non è come deve essere.
Non è come gli altri pretendono che debba essere.
Non rivendica.
E'.

Lui mi tiene stretta.
Mi allaccia la vita con il suo braccio e io mi abbandono.
So che non mi lascerà cadere.

Ci conosciamo dalla tenacia con cui abbiamo combattuto ciascuno la nostra battaglia nel mondo.
Per fare.
Per essere.
Per diventare.
Per ottenere.
Per riuscire.
Per dimostrare.
Per spendere.
Per acquistare.
Per sopravvivere.
Da quando sapevamo che c'era una fenditura nella nostra corazza e avevamo paura a guardarci dentro.
Da quando siamo caduti in 1000 pezzi e li abbiamo riattaccati uno a uno,stringendo i denti,cacciando indietro le lacrime,indossando la nostra faccia da adulti.
Da quando ci siamo addormentati accanto a un corpo che non conoscevamo,a un respiro che ci soffocava.
Da quando abbiamo perso le speranze.
Da quando ci siamo rassegnati.
Da quando abbiamo creduto che non potesse più succedere qualcosa di bello nella nostra vita.
Da quando,con le gambe che ci facevano male,le caviglie gonfie,le mani graffiate,siamo saliti per i ghiacciai delle amicizie fasulle,degli amori inventati.

I nostri corpi nudi suonano la stessa nota,ballano insieme e il cielo è dentro questa stanza.



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