Non sei altro che il suo gioco.
E non sai resistergli.
Non passione ma pena d'amore.
Non era di casa.
Viveva in mondi paralleli nei quali un confine non delimitava,ma separava.
E a Hektor sembrava sempre di essere nel luogo sbagliato.
I frutti migliori non bisogna farli cadere oltre il muro del vicino,nella zona buia dove nulla ormai ti appartiene,e dove non saresti cosa tua.
"Lei non è la persona che cerco"
"Può darsi di sì,può darsi di no.Lei,piuttosto,è il cliente di cui ho bisogno?Questo di certo non se lo è chiesto!"
"Cos'è Luce per lei?"
"Al mattino è angoscia,alla sera sollievo.Nel mezzo,solo un artificioso legame di molecole"
Venne l'estate del '75,c'era chi cantava "Sabato pomeriggio" e chi tra le polemiche di "L'importante è finire",s'innamorava di un cielo sempre più blu di Rino.
Era la sua casa,il suo riparo,il suo posto al sicuro.
Ma sempre distante dagli altri,troppo.
Ogni anima cerca il suo limbo.
Un luogo dove svuotare le tasche prima di accedere alla zona riservata.
Inferno o Paradiso.
Poco importa.
E'necessario svuotare le tasche.
"Cosa ha deciso di lasciarmi,stavolta,signora Pierrot?"
"Il numero 15"
"Cosa ha fatto?"
"Ha mangiato la sua candela"
"Vuole che gliene faccia un'altra?"
"Voglio che ne faccia una in meno!"
"Lei quante ne ha mangiate,signora?"
"Ma cosa dici?"
"Nemmeno una!Lo immaginavo!Non ami chiamare le cose per nome,vero?Prova ad assaggiarne una. E capirai il numero 15.Capirai,magari,qual è il suo nome."
Non sei il frutto migliore.Sei un frutto unico.
Il tuo posto non è qui.
Il tuo posto è oltre ogni confine e pezzo di terra,perchè nessuno ti ha coltivato.
Della luce,aveva notato solo il buio,dunque,non era una buona candela.
Presto avrebbe trovato conforto in un'altra fiaccola,ma quella fonte di dolore sprigionava solo buio.
Di ritorno al casolare,stringendo le venose mani di nonna Marta,udì corde di chitarra vibrare.
Dalla sede del partito,un gruppo di capelloni faceva il coro a un solista che imbracciava una chitarra a tracolla.
E cantava con voce rauca e tirata.
Era il 1976,l'anno della confusione e dei "figli unici".
L'anno in cui,un giovane di nome Rino esplose definitivamente.
"...perchè è convinto che nell'amaro benedettino,non sta il segreto della felicità..."
Così scriveva,e a Hektor quelle note suonavano familiari.
L'avrebbe raccontato al suo amico.
Le dicerie,in paesi così piccoli,hanno vita breve,giusto il tempo che passi in rassegna ogni singola finestra ed elegga a "madre vergogna" la nuova vittima da sbranare.
Il tempo è breve e lo stoppino erode.
Il momento della cera dura quel che può,il passaggio al buio è eterno.
E il vuoto custodito non sarebbe più stato uno spazio da riempire un'altra volta.
Cercava nelle trame di quel vincolo il sapor di carne,l'eco di un ricordo.
Cercava sua madre.
E le figure che l'avrebbero seguita al di là degli anni.
Cercava quel fratello tanto diverso e mai nato.
Cercava l'olfatto di un rifiuto e il profumo di morte di un vecchio solitario.
Cercava la normalità del diverso e la follia nascosta in ogni essere.
Desiderava annusare le zone buie,quelle mai sfiorate,quelle zeppe di polvere.
Chissà quale dannato motivo ne governasse la ragione,ma la sua attitudine era quella di camminare a testa bassa.
Ripenso alle mie corse.
Ripenso ai miei vecchi sorrisi.
Corse e sorrisi spesso vanno nella stessa direzione.
E se non sorridi,allora fuggi.
Non ho tempo di correre,nè di fuggire.
Non ho voglia di ristabilire gli equilibri,bilanciare i passi.
Ho voglia di restare sospeso,ho voglia di dimenticare i passi e non sentire il peso della mia gamba.
Stettero a guardarsi per un pò,senza fiatare.
Infine Hektor gli porse l'uncino incerato.
"Aggrappati fin che puoi,o sgozzati se ti va.Anzi,impiccati!
Rendi merito ai tuoi piedi e togligli il terreno di sotto.
Per quel che mi riguarda,ho parti di me disseminate qua e là.
Ogni santo giorno piango la loro assenza.
Prova a guardarti davvero,senza alcuna pietà,o per lo meno,senza che i tuoi occhi vedano solo quella"
Hektor saggiò ancora una volta,negli incisi del fioraio,un profumo.
Il sapore della distanza.
La nausea che la solitudine rilascia.
Come l'esser sempre in cammino,come il pensiero di dover arrivare,come l'immagine di luoghi che tocchi su cartoline.
L'originale è per pochi,ma tutti si ostinano a scegliere l'artefatto.
Amelia è quel che si vede.
Lei è la tua Luce.
Ma cosa oscura questa donna?
Quale parte di te ombreggia?
Se è merda,è merda anche al buio:il fetore non tradisce.
Quella che ti sei portato qui è solo il ricordo di mia figlia,una fotografia,una lettera,una cosa del passato che non tornerà mai più.
Ho tanto di quel tempo sprecato che lo utilizzerei a gonfiar gomme.
Una ruota di scorta può sempre essere utile,lei che dice?
"E'tutto quel che le è rimasto di suo padre?"
"Esattamente.Ricordo di lui solo una ferita."
"Già.E'strano come i ricordi possano mostrarti quanta distanza ci sia dalle persone.
E'strano anche ingozzarsi sino a voler dimenticare qualcuno che è stato troppo presente."
"I ricordi sono come quella pala che alimenta il gran camino della vita:enormi quantità di carbone come ricordo scaldano il presente.
O lo incendiano,a seconda dei ricordi."
"Saggia riflessione,amico.Siamo un ricordo di carne forse,ma avrebbe poco senso..."
"Forse,siamo metà carne,metà ricordo"
Ektor era una stanza sottosopra,il ripostiglio nel quale sottacevano mille scuse e tante verità.
Pochi animi eletti scegli,e non è mai un caso.
La mia follia,la mia storia,mi hanno condotta sino a te.
Ed è come aver riavvolto un filo sottile che ci teneva legati.
Vi era una fessura,tra gli occhi di Hektor,nella quale s'alternava una bicromia di stati d'animo.
Un succedersi di colori.
Monotoni.
Bianco e nero.
"La sera è del cuore,il giorno della testa.
Quando confondi le acque e inverti il paradigma sei un cadavere ambulante."
"Il giorno e la sera son fatti per i piedi.Io cammino e basta.O mi nascondo.Perchè nessuno sfiori la mia testa di giorno e minacci il cuore di notte"
E'quando sei muto che parli.
Ma sei solo un folle,costruttore di ideali che t'inventi al riparo della taverna.
Hai visioni e brami di continuo un elemento che ti liberi.
Colui che ami ha sempre uno spazio vuoto accanto a sè.
Và a dormire.Riposa la testa e coccola il cuore.
Era propriamente questo che desideravano entrambi:
un pezzo di stoffa grezza nel quale raggomitolarsi e tenersi caldi.
Ma era necessario che qualcuno avesse saputo usare i ferri per loro.
Era ossessionato dall'idea del diverso,del dubbio che vi fosse un nuovo frutto da cogliere,altrove.
"I frutti migliori devono essere colti al di qua del parete" ripeteva spesso nonna Marta.
E più l'ascoltava,più si faceva forte la convinzione che bisognava oltrepassare il recinto:come prova che il vicino non coltivasse frutti migliori.Voleva saperlo.
Pochi compresero che l'ossessione di Santino era amore.
Ogni metro quadro del suo campo era un pezzo di cuore,un respiro in più che gli offriva occasioni di gioia vera e dolore puro.
Adesso sapeva che la terra del vicino produceva frutti nuovi.
Non migliori.
Diversi,semplicemente.
Ciò che guardava non si poteva definire un bello spettacolo.
Dietro le pupille,il bisogno di non sentirsi solo,la paura d'osservare un vuoto di silenzi,ancora una volta.
Essere nel mezzo di un temporale fa sempre un certo effetto.
Una sensazione d'impotenza.
A volte,di attesa.
Devi sperare che smetta presto.
O desiderare che ti sciolga,assemblandoti a sè con la sua forza.
Hektor ammirava.
Stava a guardare.
Più volte gli era capitato d'esser rapito:una qualunque situazione innocua o strana,assurda o consueta.
Non l'evento,ma l'atteggiamento.
S'incantava nell'essere di fronte all'umano e il suo destino.
Sceglieva di godersi la scena e magari applaudire con un sorriso.
O anche biasimare scrollando la testa.
...l'indifferenza altrui contro la sua estrema diffidenza....
Più volte s'era sentito come quel vecchio maiale.
Inutile per tanti versi.insoddisfatto di sè.
Gli anni si distinguevano per il bagaglio di conoscenze che era stato in grado di rubare qua e là.
Polvere e ricordo e amarezza come pezza per coprirci le ossa.
Non sei clemente mai,Sara.
Il mondo intero deve chiederti scusa,deve inchinarsi per chissà quale colpa,fosse anche per il semplice fatto d'esistere.
La verità è che hai qualcuno da perdonare,e non te ne sarà mai data la possibilità.
Non l'assenza ,ma la presenza del vuoto.
Non la solitudine ma la compagnia di se stessa.
Era quello il trauma.
Sara era incompetente a vivere,ad accettare se stessa e l'assenza di una famiglia.
"Ritorna nel luogo del disastro.Raccogli i cocci e studiane le forme.Troverai le risposte che hai sempre cercato."
Partì dall'inizio,lì dove la vita aveva segnato la deviazione importante.
Per tentare una via di fuga.
O un'entrata.
Sara tendeva a esaminare ogni singola parola,nel disperato tentativo di cogliere il seme che generava quelle allucinazioni.
Benchè non si definisse instabile,avvertiva il flaccido senso di dispersione.
Se era in un luogo,avrebbe preferito essere altrove e se muoveva i passi per cambiare aria,tentennava in preda alla sfiducia.
Le leggende sono del popolo,ma la realtà spesso è più fantasiosa di ogni possibilità.
Intanto,era ora che un pò di carne riempisse il piatto dell'esistenza,perchè troppi ricordi s'erano affacciati ,e la tavola sembrava così colma di nulla.
Non sopportava a lungo la gente che l'osservava.
Non riusciva a reggere l'attenzione di pupille sconosciute.
Sin da piccola odiava quando,suonata la campanella,doveva sfilare mano nella mano dinanzi a tutte le mamme radunate all'uscita.
Era una tortura che l'angosciava al punto da costringerla a farle chinare il capo.
In fila indiana,si notava eccome:
tutti gli alunni con la testa all'insù in cerca di braccia familiari e lei curvata con la faccia rivolta all'asfalto.
Se cammini scalzo,non senti il terreno pesante,ma quanta massa hai nei piedi.
Quanta potenza e quanta forza.
Prenditi tutto senza permesso perchè questa è la lezione che Signora Vita ti ha insegnato.
Non sono quel che credi e vorrei non essere ciò in cui mi trasformi.
"Smettila di prendermi in giro!"
"Smettila di prenderti sul serio!"
"Quanto può infastidire un soffio?Nulla.E'solo una frazione di fiato.Ma se sei candela t'uccide."
"Sono una candela?"
"Tutti siete candele.Chiunque venga da me è candela.Io vi offro colore,forma,profumo di incenso o vaniglia.
Bisognosi di luce e portatori sani di buio:basta un fiammifero per darvi vita o un soffio per farvi lacrimare cera"
Una corazza di silenzi e sguardi.
Osservava qualunque cosa.
Anche una semplice pietra che rotolava.
"Cosa ti hanno fatto,Hektor? Non ti è mai riuscito di confessarlo"
"Come confessare un peccato del quale non si conosce il nome?Cosa confessare se non sei certo che si tratti di peccato?"
Chiuso in 4 mura,mi dici che vita è?
Perchè ti ostini a non voler accettare semplicemente la realtà.
Hai crepe irrisolte?
Lasciale correre.
Stai perdendoti il meglio!
Siamo satelliti e nessuno ci bada.
Potremmo cadere e nessuno ci raccoglierebbe.
"E sua madre?"
"Era una santa.Mai amata da nessuno.Nemmeno da suo figlio."
"Non amava sua madre?"
"Non potevo"
"Perchè?"
"Ero troppo impegnato a nascondermi"
"Da cosa?"
"Da mio padre"
"Quante relazioni ha avuto nella sua vita?"
"Nessuna"
"Non ha mai trovato,o non ha mai cercato?"
"Non ero mai all'altezza"
"E cosa le faceva pensare di non essere all'altezza?"
"Lo sapevo e basta"
Non fare mai domande alle quali tu stesso potresti scoprirti.
Impara a soccombere al silenzio e devia al momento giusto.
In tanti ti crederanno pazzo,ma solo io,fratello mio,so che lo sei davvero.
Sei morto per affiorare in una vita perfetta,nella quale solo tu puoi decidere il limite,il confine:o buio,o luce.
Bagnava le labbra e saggiava amarezza.
Non esiste posto peggiore di quello in cui non vuoi cercare.
"Quante ferite hai accumulato finora?"
"Non tante,ma profonde"
La illuminerò col mio Buio,se prima lei mi racconterà quanto nero è il suo.
2 piatti identici,sui quale pesare le nostre esistenze.
Abbandono e fragilità.
Mistero.
Lei conserva in sè dolore per qualcosa di misterioso.
Non l'aspetto da una vita perchè nessuno ha voluto aspettare me.
Ignorava se quell'incontro fosse un'occasione o semplicemente un vano tentativo.
Non voglio guarirti,non ne ho voglia,non ho le forze per farlo.
Sai perchè?
Perchè sono malata anche io.
Sto cercando la mia cura e questa,inevitabilmente,passa da te.
Perchè dei vuoti altrui,Hektor non faceva che cibarsene.
Quel che sono lo devo grazie a me,e quel che sarò riguarda sempre e solo me.
Se t'ho amato di profondo pensiero è solo perchè t'ho amato davvero.
Lo spazio che mi sono creato accanto a te è mio,non puoi cancellarlo.
Non devi sollevarmi dal tuo fianco,perchè solo in quel luogo sono felice.
Quel che amore sarà,amore è.
E'già amore.
T'amo in segreto e nessun altro luogo è felice accanto a te.
Perciò non salvarmi.
Condannami al tuo fianco.
Sai cos'è amore,Ignazio?
E' il male.
Il più sofisticato sentiero che l'uomo possa percorrere.
La più dolce essenza dell'egoismo.
Che male c'è,allora?
Non sei felice accanto a me,perchè felicità non proviene da amore.
Illusoria bellezza dell'anima,sentirsi amati.
Sconfinata dolcezza è amare.
Per questo non c'è mai un mai.
Ci si ostina a credere,a cercare,a indovinare il pezzo di carne che può fare al caso nostro.
L'unico vero sollievo dell'uomo è la ricerca.
Cercare e basta.
Senza raggiungere nulla perchè percorrere è la vera meta.
Illuminati sempre e solo da quest'illusione che è l'amore.
Il suo autolesionismo vinceva persino le volontà.
Non ha accettato che Amelia si allontanasse,no.
Ha fatto di più.
Ha cercato la punizione standole vicino,amandola,pur sapendo che non era più affare suo.
Ha accumulato mortificazione fin da piccolo,ne sono certo.
Altrimenti non cercherebbe continue mortificazioni.
La verità,dottoressa,è che la vita non è altro che un mettersi tutto dietro le spalle.
Quel che è andato ha seguito il corso e nessuna corrente contraria riporterà in vita cose o persone.
Niente del passato ci può travolgere,perchè la vita stessa è travolgente.
Vita è spostare e buttare nell'immondizia i mali.
Superarli non è affrontarli con la testa,ma con le braccia.
La poesia è l'unica figlia che riesco a partorire.
Le capita mai di voler fotografare un'emozione?
Renderla,per così dire,reale e concreta,da poterla ammirare anche in seguito,in un'altra circostanza,nel buio della sua camera?
A me capita spesso,forse perchè non sono capace di esprimermi con suoni della voce,ho bisogno del mio tempo e della mia calma.
Ecco,seduto alla mia scrivania,per esempio,ho avuto l'ardire d'impegnarmi con la stesura di questa storia.
Come avrei potuto rivelargliela a voce?
E' un difetto congenito il mio:osservare.
Durante le pause,mentre sorseggio il caffè sotto la pensilina in giardino.
Non sono affari miei ma una cosa è certa:nessuno scampa agli accidenti,nessuno segue una via dritta.
E'la vita.
Ed è proprio questa la verità.
Liberare i dolori e scioglierli nella vita.
Lasciarsi trasportare dai suoi flutti,bagnarsi di volta in volta in correnti nuove,perchè non c'è appiglio al quale ci si possa aggrappare.
Non ci si può accampare,in questa vita.
Non siamo che di passaggio,piuttosto turisti.
E se non visiti ogni paesaggio,museo,nuovo lido che ti si prospetta,a che vale questo viaggio?
A che vale essere nati?
In effetti,la nascita non è che una delle 2 possibilità.
Essere o non essere.
C'è chi viene fuori da solo,chi necessita di aiuto,chi non nasce mai.
Quel che mi chiedo,dottoressa è:perchè io?
Si tratta di un caso?
Perchè il mio gemello non ha visto la luce e perchè è toccato a me subire una madre così poco materna?
La mia rabbia è d'incomprensione.
Fin quando non ho compreso il dolore.
Cerchiamo amore perchè siamo soli,dottoressa.
Desideriamo amore per colmare le nostre debolezze e sentirci utili per qualcuno.
Non è egoismo questo?
E'tanto malvagio essere egoisti,dunque?
A questo vale la mia solitudine:come coscienza che non posso sentirmi utile per qualcuno,nè voglio.
Pretendo d'esser buono per me stesso.
Perchè prima o poi l'amore si disperde nelle acque,influenzato dalle correnti,mosso da forze insite nelle vita stessa.
La pratica essenziale per restare in vita:respirare.
E mi creda,non è da tutti.
Perchè molti forse cercano nel luogo sbagliato,dimenando le narici,ostruendo le cavità da polveri.
Non polline,dottoressa.
Polvere.
Esattamente ciò che siamo e saremo.
E non sai resistergli.
Non passione ma pena d'amore.
Non era di casa.
Viveva in mondi paralleli nei quali un confine non delimitava,ma separava.
E a Hektor sembrava sempre di essere nel luogo sbagliato.
I frutti migliori non bisogna farli cadere oltre il muro del vicino,nella zona buia dove nulla ormai ti appartiene,e dove non saresti cosa tua.
"Lei non è la persona che cerco"
"Può darsi di sì,può darsi di no.Lei,piuttosto,è il cliente di cui ho bisogno?Questo di certo non se lo è chiesto!"
"Cos'è Luce per lei?"
"Al mattino è angoscia,alla sera sollievo.Nel mezzo,solo un artificioso legame di molecole"
Venne l'estate del '75,c'era chi cantava "Sabato pomeriggio" e chi tra le polemiche di "L'importante è finire",s'innamorava di un cielo sempre più blu di Rino.
Era la sua casa,il suo riparo,il suo posto al sicuro.
Ma sempre distante dagli altri,troppo.
Ogni anima cerca il suo limbo.
Un luogo dove svuotare le tasche prima di accedere alla zona riservata.
Inferno o Paradiso.
Poco importa.
E'necessario svuotare le tasche.
"Cosa ha deciso di lasciarmi,stavolta,signora Pierrot?"
"Il numero 15"
"Cosa ha fatto?"
"Ha mangiato la sua candela"
"Vuole che gliene faccia un'altra?"
"Voglio che ne faccia una in meno!"
"Lei quante ne ha mangiate,signora?"
"Ma cosa dici?"
"Nemmeno una!Lo immaginavo!Non ami chiamare le cose per nome,vero?Prova ad assaggiarne una. E capirai il numero 15.Capirai,magari,qual è il suo nome."
Non sei il frutto migliore.Sei un frutto unico.
Il tuo posto non è qui.
Il tuo posto è oltre ogni confine e pezzo di terra,perchè nessuno ti ha coltivato.
Della luce,aveva notato solo il buio,dunque,non era una buona candela.
Presto avrebbe trovato conforto in un'altra fiaccola,ma quella fonte di dolore sprigionava solo buio.
Di ritorno al casolare,stringendo le venose mani di nonna Marta,udì corde di chitarra vibrare.
Dalla sede del partito,un gruppo di capelloni faceva il coro a un solista che imbracciava una chitarra a tracolla.
E cantava con voce rauca e tirata.
Era il 1976,l'anno della confusione e dei "figli unici".
L'anno in cui,un giovane di nome Rino esplose definitivamente.
"...perchè è convinto che nell'amaro benedettino,non sta il segreto della felicità..."
Così scriveva,e a Hektor quelle note suonavano familiari.
L'avrebbe raccontato al suo amico.
Le dicerie,in paesi così piccoli,hanno vita breve,giusto il tempo che passi in rassegna ogni singola finestra ed elegga a "madre vergogna" la nuova vittima da sbranare.
Il tempo è breve e lo stoppino erode.
Il momento della cera dura quel che può,il passaggio al buio è eterno.
E il vuoto custodito non sarebbe più stato uno spazio da riempire un'altra volta.
Cercava nelle trame di quel vincolo il sapor di carne,l'eco di un ricordo.
Cercava sua madre.
E le figure che l'avrebbero seguita al di là degli anni.
Cercava quel fratello tanto diverso e mai nato.
Cercava l'olfatto di un rifiuto e il profumo di morte di un vecchio solitario.
Cercava la normalità del diverso e la follia nascosta in ogni essere.
Desiderava annusare le zone buie,quelle mai sfiorate,quelle zeppe di polvere.
Chissà quale dannato motivo ne governasse la ragione,ma la sua attitudine era quella di camminare a testa bassa.
Ripenso alle mie corse.
Ripenso ai miei vecchi sorrisi.
Corse e sorrisi spesso vanno nella stessa direzione.
E se non sorridi,allora fuggi.
Non ho tempo di correre,nè di fuggire.
Non ho voglia di ristabilire gli equilibri,bilanciare i passi.
Ho voglia di restare sospeso,ho voglia di dimenticare i passi e non sentire il peso della mia gamba.
Stettero a guardarsi per un pò,senza fiatare.
Infine Hektor gli porse l'uncino incerato.
"Aggrappati fin che puoi,o sgozzati se ti va.Anzi,impiccati!
Rendi merito ai tuoi piedi e togligli il terreno di sotto.
Per quel che mi riguarda,ho parti di me disseminate qua e là.
Ogni santo giorno piango la loro assenza.
Prova a guardarti davvero,senza alcuna pietà,o per lo meno,senza che i tuoi occhi vedano solo quella"
Hektor saggiò ancora una volta,negli incisi del fioraio,un profumo.
Il sapore della distanza.
La nausea che la solitudine rilascia.
Come l'esser sempre in cammino,come il pensiero di dover arrivare,come l'immagine di luoghi che tocchi su cartoline.
L'originale è per pochi,ma tutti si ostinano a scegliere l'artefatto.
Amelia è quel che si vede.
Lei è la tua Luce.
Ma cosa oscura questa donna?
Quale parte di te ombreggia?
Se è merda,è merda anche al buio:il fetore non tradisce.
Quella che ti sei portato qui è solo il ricordo di mia figlia,una fotografia,una lettera,una cosa del passato che non tornerà mai più.
Ho tanto di quel tempo sprecato che lo utilizzerei a gonfiar gomme.
Una ruota di scorta può sempre essere utile,lei che dice?
"E'tutto quel che le è rimasto di suo padre?"
"Esattamente.Ricordo di lui solo una ferita."
"Già.E'strano come i ricordi possano mostrarti quanta distanza ci sia dalle persone.
E'strano anche ingozzarsi sino a voler dimenticare qualcuno che è stato troppo presente."
"I ricordi sono come quella pala che alimenta il gran camino della vita:enormi quantità di carbone come ricordo scaldano il presente.
O lo incendiano,a seconda dei ricordi."
"Saggia riflessione,amico.Siamo un ricordo di carne forse,ma avrebbe poco senso..."
"Forse,siamo metà carne,metà ricordo"
Ektor era una stanza sottosopra,il ripostiglio nel quale sottacevano mille scuse e tante verità.
Pochi animi eletti scegli,e non è mai un caso.
La mia follia,la mia storia,mi hanno condotta sino a te.
Ed è come aver riavvolto un filo sottile che ci teneva legati.
Vi era una fessura,tra gli occhi di Hektor,nella quale s'alternava una bicromia di stati d'animo.
Un succedersi di colori.
Monotoni.
Bianco e nero.
"La sera è del cuore,il giorno della testa.
Quando confondi le acque e inverti il paradigma sei un cadavere ambulante."
"Il giorno e la sera son fatti per i piedi.Io cammino e basta.O mi nascondo.Perchè nessuno sfiori la mia testa di giorno e minacci il cuore di notte"
E'quando sei muto che parli.
Ma sei solo un folle,costruttore di ideali che t'inventi al riparo della taverna.
Hai visioni e brami di continuo un elemento che ti liberi.
Colui che ami ha sempre uno spazio vuoto accanto a sè.
Và a dormire.Riposa la testa e coccola il cuore.
Era propriamente questo che desideravano entrambi:
un pezzo di stoffa grezza nel quale raggomitolarsi e tenersi caldi.
Ma era necessario che qualcuno avesse saputo usare i ferri per loro.
Era ossessionato dall'idea del diverso,del dubbio che vi fosse un nuovo frutto da cogliere,altrove.
"I frutti migliori devono essere colti al di qua del parete" ripeteva spesso nonna Marta.
E più l'ascoltava,più si faceva forte la convinzione che bisognava oltrepassare il recinto:come prova che il vicino non coltivasse frutti migliori.Voleva saperlo.
Pochi compresero che l'ossessione di Santino era amore.
Ogni metro quadro del suo campo era un pezzo di cuore,un respiro in più che gli offriva occasioni di gioia vera e dolore puro.
Adesso sapeva che la terra del vicino produceva frutti nuovi.
Non migliori.
Diversi,semplicemente.
Ciò che guardava non si poteva definire un bello spettacolo.
Dietro le pupille,il bisogno di non sentirsi solo,la paura d'osservare un vuoto di silenzi,ancora una volta.
Essere nel mezzo di un temporale fa sempre un certo effetto.
Una sensazione d'impotenza.
A volte,di attesa.
Devi sperare che smetta presto.
O desiderare che ti sciolga,assemblandoti a sè con la sua forza.
Hektor ammirava.
Stava a guardare.
Più volte gli era capitato d'esser rapito:una qualunque situazione innocua o strana,assurda o consueta.
Non l'evento,ma l'atteggiamento.
S'incantava nell'essere di fronte all'umano e il suo destino.
Sceglieva di godersi la scena e magari applaudire con un sorriso.
O anche biasimare scrollando la testa.
...l'indifferenza altrui contro la sua estrema diffidenza....
Più volte s'era sentito come quel vecchio maiale.
Inutile per tanti versi.insoddisfatto di sè.
Gli anni si distinguevano per il bagaglio di conoscenze che era stato in grado di rubare qua e là.
Polvere e ricordo e amarezza come pezza per coprirci le ossa.
Non sei clemente mai,Sara.
Il mondo intero deve chiederti scusa,deve inchinarsi per chissà quale colpa,fosse anche per il semplice fatto d'esistere.
La verità è che hai qualcuno da perdonare,e non te ne sarà mai data la possibilità.
Non l'assenza ,ma la presenza del vuoto.
Non la solitudine ma la compagnia di se stessa.
Era quello il trauma.
Sara era incompetente a vivere,ad accettare se stessa e l'assenza di una famiglia.
"Ritorna nel luogo del disastro.Raccogli i cocci e studiane le forme.Troverai le risposte che hai sempre cercato."
Partì dall'inizio,lì dove la vita aveva segnato la deviazione importante.
Per tentare una via di fuga.
O un'entrata.
Sara tendeva a esaminare ogni singola parola,nel disperato tentativo di cogliere il seme che generava quelle allucinazioni.
Benchè non si definisse instabile,avvertiva il flaccido senso di dispersione.
Se era in un luogo,avrebbe preferito essere altrove e se muoveva i passi per cambiare aria,tentennava in preda alla sfiducia.
Le leggende sono del popolo,ma la realtà spesso è più fantasiosa di ogni possibilità.
Intanto,era ora che un pò di carne riempisse il piatto dell'esistenza,perchè troppi ricordi s'erano affacciati ,e la tavola sembrava così colma di nulla.
Non sopportava a lungo la gente che l'osservava.
Non riusciva a reggere l'attenzione di pupille sconosciute.
Sin da piccola odiava quando,suonata la campanella,doveva sfilare mano nella mano dinanzi a tutte le mamme radunate all'uscita.
Era una tortura che l'angosciava al punto da costringerla a farle chinare il capo.
In fila indiana,si notava eccome:
tutti gli alunni con la testa all'insù in cerca di braccia familiari e lei curvata con la faccia rivolta all'asfalto.
Se cammini scalzo,non senti il terreno pesante,ma quanta massa hai nei piedi.
Quanta potenza e quanta forza.
Prenditi tutto senza permesso perchè questa è la lezione che Signora Vita ti ha insegnato.
Non sono quel che credi e vorrei non essere ciò in cui mi trasformi.
"Smettila di prendermi in giro!"
"Smettila di prenderti sul serio!"
"Quanto può infastidire un soffio?Nulla.E'solo una frazione di fiato.Ma se sei candela t'uccide."
"Sono una candela?"
"Tutti siete candele.Chiunque venga da me è candela.Io vi offro colore,forma,profumo di incenso o vaniglia.
Bisognosi di luce e portatori sani di buio:basta un fiammifero per darvi vita o un soffio per farvi lacrimare cera"
Una corazza di silenzi e sguardi.
Osservava qualunque cosa.
Anche una semplice pietra che rotolava.
"Cosa ti hanno fatto,Hektor? Non ti è mai riuscito di confessarlo"
"Come confessare un peccato del quale non si conosce il nome?Cosa confessare se non sei certo che si tratti di peccato?"
Chiuso in 4 mura,mi dici che vita è?
Perchè ti ostini a non voler accettare semplicemente la realtà.
Hai crepe irrisolte?
Lasciale correre.
Stai perdendoti il meglio!
Siamo satelliti e nessuno ci bada.
Potremmo cadere e nessuno ci raccoglierebbe.
"E sua madre?"
"Era una santa.Mai amata da nessuno.Nemmeno da suo figlio."
"Non amava sua madre?"
"Non potevo"
"Perchè?"
"Ero troppo impegnato a nascondermi"
"Da cosa?"
"Da mio padre"
"Quante relazioni ha avuto nella sua vita?"
"Nessuna"
"Non ha mai trovato,o non ha mai cercato?"
"Non ero mai all'altezza"
"E cosa le faceva pensare di non essere all'altezza?"
"Lo sapevo e basta"
Non fare mai domande alle quali tu stesso potresti scoprirti.
Impara a soccombere al silenzio e devia al momento giusto.
In tanti ti crederanno pazzo,ma solo io,fratello mio,so che lo sei davvero.
Sei morto per affiorare in una vita perfetta,nella quale solo tu puoi decidere il limite,il confine:o buio,o luce.
Bagnava le labbra e saggiava amarezza.
Non esiste posto peggiore di quello in cui non vuoi cercare.
"Quante ferite hai accumulato finora?"
"Non tante,ma profonde"
La illuminerò col mio Buio,se prima lei mi racconterà quanto nero è il suo.
2 piatti identici,sui quale pesare le nostre esistenze.
Abbandono e fragilità.
Mistero.
Lei conserva in sè dolore per qualcosa di misterioso.
Non l'aspetto da una vita perchè nessuno ha voluto aspettare me.
Ignorava se quell'incontro fosse un'occasione o semplicemente un vano tentativo.
Non voglio guarirti,non ne ho voglia,non ho le forze per farlo.
Sai perchè?
Perchè sono malata anche io.
Sto cercando la mia cura e questa,inevitabilmente,passa da te.
Perchè dei vuoti altrui,Hektor non faceva che cibarsene.
Quel che sono lo devo grazie a me,e quel che sarò riguarda sempre e solo me.
Se t'ho amato di profondo pensiero è solo perchè t'ho amato davvero.
Lo spazio che mi sono creato accanto a te è mio,non puoi cancellarlo.
Non devi sollevarmi dal tuo fianco,perchè solo in quel luogo sono felice.
Quel che amore sarà,amore è.
E'già amore.
T'amo in segreto e nessun altro luogo è felice accanto a te.
Perciò non salvarmi.
Condannami al tuo fianco.
Sai cos'è amore,Ignazio?
E' il male.
Il più sofisticato sentiero che l'uomo possa percorrere.
La più dolce essenza dell'egoismo.
Che male c'è,allora?
Non sei felice accanto a me,perchè felicità non proviene da amore.
Illusoria bellezza dell'anima,sentirsi amati.
Sconfinata dolcezza è amare.
Per questo non c'è mai un mai.
Ci si ostina a credere,a cercare,a indovinare il pezzo di carne che può fare al caso nostro.
L'unico vero sollievo dell'uomo è la ricerca.
Cercare e basta.
Senza raggiungere nulla perchè percorrere è la vera meta.
Illuminati sempre e solo da quest'illusione che è l'amore.
Il suo autolesionismo vinceva persino le volontà.
Non ha accettato che Amelia si allontanasse,no.
Ha fatto di più.
Ha cercato la punizione standole vicino,amandola,pur sapendo che non era più affare suo.
Ha accumulato mortificazione fin da piccolo,ne sono certo.
Altrimenti non cercherebbe continue mortificazioni.
La verità,dottoressa,è che la vita non è altro che un mettersi tutto dietro le spalle.
Quel che è andato ha seguito il corso e nessuna corrente contraria riporterà in vita cose o persone.
Niente del passato ci può travolgere,perchè la vita stessa è travolgente.
Vita è spostare e buttare nell'immondizia i mali.
Superarli non è affrontarli con la testa,ma con le braccia.
La poesia è l'unica figlia che riesco a partorire.
Le capita mai di voler fotografare un'emozione?
Renderla,per così dire,reale e concreta,da poterla ammirare anche in seguito,in un'altra circostanza,nel buio della sua camera?
A me capita spesso,forse perchè non sono capace di esprimermi con suoni della voce,ho bisogno del mio tempo e della mia calma.
Ecco,seduto alla mia scrivania,per esempio,ho avuto l'ardire d'impegnarmi con la stesura di questa storia.
Come avrei potuto rivelargliela a voce?
E' un difetto congenito il mio:osservare.
Durante le pause,mentre sorseggio il caffè sotto la pensilina in giardino.
Non sono affari miei ma una cosa è certa:nessuno scampa agli accidenti,nessuno segue una via dritta.
E'la vita.
Ed è proprio questa la verità.
Liberare i dolori e scioglierli nella vita.
Lasciarsi trasportare dai suoi flutti,bagnarsi di volta in volta in correnti nuove,perchè non c'è appiglio al quale ci si possa aggrappare.
Non ci si può accampare,in questa vita.
Non siamo che di passaggio,piuttosto turisti.
E se non visiti ogni paesaggio,museo,nuovo lido che ti si prospetta,a che vale questo viaggio?
A che vale essere nati?
In effetti,la nascita non è che una delle 2 possibilità.
Essere o non essere.
C'è chi viene fuori da solo,chi necessita di aiuto,chi non nasce mai.
Quel che mi chiedo,dottoressa è:perchè io?
Si tratta di un caso?
Perchè il mio gemello non ha visto la luce e perchè è toccato a me subire una madre così poco materna?
La mia rabbia è d'incomprensione.
Fin quando non ho compreso il dolore.
Cerchiamo amore perchè siamo soli,dottoressa.
Desideriamo amore per colmare le nostre debolezze e sentirci utili per qualcuno.
Non è egoismo questo?
E'tanto malvagio essere egoisti,dunque?
A questo vale la mia solitudine:come coscienza che non posso sentirmi utile per qualcuno,nè voglio.
Pretendo d'esser buono per me stesso.
Perchè prima o poi l'amore si disperde nelle acque,influenzato dalle correnti,mosso da forze insite nelle vita stessa.
La pratica essenziale per restare in vita:respirare.
E mi creda,non è da tutti.
Perchè molti forse cercano nel luogo sbagliato,dimenando le narici,ostruendo le cavità da polveri.
Non polline,dottoressa.
Polvere.
Esattamente ciò che siamo e saremo.
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