Perchè,in realtà,non sappiamo sognare davvero:vestiamo i bisogni di sogni,e molto spesso ci stanno stretti.
Dunque,siamo materia organica.
Peggio,siamo materia vivente.
E,sino alla fine,senza vergogna,rivestiamo persino le ossa.
Perchè,alla fine,non saremo nemmeno quelle.
Solo un abito chiuso,vuoto,impolverato e seppellito.
Spesso ho l'impressione di vivere in continua attesa che succeda qualcosa,dunque stringo i denti e conto i pensieri,il tempo,la gente che mi sfiora.
Poi non succede un bel niente e il motivo per cui ero fermo mi sfugge.
Mi passa tutto,ogni entusiasmo e forma d'interazione.
Nello spazio bianco che mi separa dalle cose fatte,a quelle che farò a breve (spero),ristagnano pensieri e impressioni.
Le maledette immagini.
Ho sempre ritenuto di essere una "pellicola per negativi",
di quelle classiche che hanno bisogno di essere trasferite per diventare positivi e quindi stampe fotografiche.
Il problema è che ho sempre saltato l'ultimo passaggio:
le esposizioni negative delle immagini sono rimaste incastrate nella mia testa di spugna come visioni di panorami distorti.
Ecco perchè di tutto ciò che osservo,prediligo gli inestetismi,brevi e indefinite macchie che ci portiamo dietro.
Provo a immaginare una vita linda,spazzata,lustrata sino all'ultima mattonella:
praticamente un'esistenza asettica.
Più ci penso e più mi concentro sul desiderio di continuare a sporcarmi,mettere le mani nella spazzatura per vedere ciò che è stato,ciò che ho trascurato,perchè nella quotidianità dei giorni,spesso mi perdo.
Devo ritrovarmi nell'immondizia.
Se devo dire la verità,non credo di aver goduto così tanto come nell'occassione di quel bacio.
I corpi schiacciati,il respiro denso e profondo da sentire come un continuo boato nelle orecchie,il suo profumo che cambiava intensità e sapore man mano che i minuti si consumavano.
E poi,c'era quella cosa che al momento di staccarsi,uno dei due mordeva il labbro di fronte tirando a sè in preda a un raptus sessuale.
E ricominciavamo.
Attorno ai sepolcri dei defunti abbandonati c'è soltanto puzza di morte.
Essi sono morti per davvero.
Niente è più triste di un defunto morto per davvero.
Stare da solo e riempire il tempo con la compagnia di me stesso mi arricchisce.
Vale per tutte quelle volte in cui sono costretto a perdere tempo con gli altri.
Lasciare spazio e minuti alla gente,in certe situazioni,ti ruba vita:
come se ti scucissero pezzi di anni di dosso,apprezzando la fattura e la durata,ritornando alle loro faccende con tasche piene di te,dei tuoi anni migliori.
Per non parlare,poi,di chi preferisce strapparti solo un capo del filo e legarselo al posto:
cammina nelle sue cose,per strade poco attendibili,continuamente legato alla tua vita.
E' davvero una bella seccatura!
Quando posso,dunque,mi ritaglio ore in segreto pari a un clandestino,cercando un nascondiglio dietro il primo angolo e ingurgitando lembi di esistenza a tradimento,per avvertire la pienezza del tempo che vivo,quasi stessi commettendo un sacrilegio,rifuggendo la condivisione e a compagnia altrui.
Per questo motivo,spesso,mi chiamano anche egoista.
Ed è vero,lo sono.
Si sappia,tuttavia,quanto ci ho impiegato e cosa mi è costato.
L'essere umano è appesantito dai bisogni.
Molti credono,erroneamente,che siano i doveri a infestare l'esistenza dell'uomo.
In verità a procurare maggiori danni e soprattutto sofferenze sono proprio i bisogni.
Tutti cercano qualcosa,perchè chiedere è una di quelle attività che non ha un vero prezzo.
Chiedere non costa nulla.
Donare,al contrario,comporta impegno.
I bisogni ci ingannano.
Rendono la vita insopportabile.
In fondo,le suore sono anche donne.
Anzi,prima di tutto donne e della peggior specie.
Perchè la gente non vuol vestire i morti,ma veste volentieri i vivi con gli abiti più sporchi.
In certi giorni prego la gente di non morire,ma vivere.
Vivere sul serio.
Questo piatto speciale è un composto al veleno,preparato con un getto di parole rancide e iniettato attraverso la maldicenza.
La comanda è servita e mi piove addosso penetrando le carni.
Non c'è ombrello o riparo che possa salvarmi,anche perchè,come spesso accade,quanto più sei allergico a una pietanza,tanto più continuano a servirtela per errore.
Adesso riemerge il mio cadavere,quel pezzo osceno da non mostrare,quella creatura che tento di nascondere agli occhi degli altri,perchè troppo debole.
E'questo il mio abito migliore.
Un vestito costoso prende valore dagli occhi.
Magari al tatto si manifesta,ma ha poca voce in capitolo,perchè tutti per strada,al lavoro,in chiesa,in fila agli sportelli postali,si fermeranno a guardarti.
A squadrare il tuo abito.
Di contro,sotto l'abito,ci sei tu:
il manichino che veste un tessuto più o meno pregiato,più o meno scarso.
Ridicolo è constatare il valore di un manichino.
Come nelle vetrine.
Ci sono manichini super e manichini sfigati.
Hanno persino belle acconciature,una postura autoritaria,lo sguardo duro e deciso,ma senza abito,in vetrina,sono solo pezzi di legno.
Questo la gente lo avverte,conosce la differenza tra un manichino spoglio e uno sazio di un tailleur costosissimo.
Nota soprattutto la marca,ma non coglie la differenza nel momento in cui a indossare quel tailleur c'è una donna in carne e ossa.
Se merita un apprezzamento dice solo:
"Voglio vedere il prossimo anno come le starà.Di sicuro ingrasserà!".
Se al contrario è degna di biasimo,finisce anche che sforni una giustificazione:
"Poverina,nessuno le ha detto che è ingrassata dal'anno scorso??!!"
Così,degli abiti che non ci fanno bella figura,finisce che ne facciamo cadaveri,li impicchiamo nel fondo dell'armadio,vicino al gancio che incastra il bastone metallico che sostiene altri abiti più dignitosi.
Ogni volta che sgancio un abito,questo,quasi rassegnato,s'incolla al mio corpo già conscio di dover superare la prova.
Altro che prova costume!
La prova degli occhi.
Un abito prende valore dagli occhi di coloro che ti osservano,c'è poco da fare.
E' inutile,battiamo tutte le strade affinchè quel maledetto abito possa renderci più "me stesso" di quanto siamo,perchè ciò che indossiamo,riteniamo possa accrescere il valore in noi stessi.
Le mie camicie piangono miseria,per quante volte hanno subito umiliazioni e,dietro di esse,le mie spalle,il mio petto,il mio stomaco.
Ormai ho i polsini consumati e maniche mangiate dal tempo.
Il tempo in cui continuavo a fotografare impressioni di sguardi sinceri e annichiliti,
occhi ignari di essere guardati,come uno specchio che riflette un attimo di luce,nel quale riesci a cogliere la vita di nascosto.
Questa vita è quella che ci manca,perchè sperperiamo minuti preziosi a preoccuparci di quanto valore possano dare occhi di estranei alle nostre camicie.
Resto in silenzio,perchè ha ragione.
E'stupido parlare quando si è nel torto.
"E santo iddio,dimmi qualcosa!"
Ecco,appunto,quanto è strana la gente...
"Metti in una busta tutta quella merda che è avanzata,che la porto via.
Sono bravo a digerire merda,specie oggi che c'è la Sagra del lancio di sterco gratuito"
Terry esegue e batte lo scontrino.
Non fa nemmeno lo sconto.
La merda la paghi a caro prezzo.
Ci si spoglia facilmente di colpe,lasciando indossare ad altri stracci dei quali disfarsi.
Non sono pazzo.
Forse depresso,ma solo perchè,fortunatamente,vivo ancora.
E'davvero incredibile quante possibilità riesca a offrire a chi,forse,non le merita.
A volte,mi chiedo se un pò tutti ragionino a mio modo,cioè mettendo sotto esame ogni cosa e attribuendo una votazione come idoneità o contrarietà.
Sono davvero tanto assurdo,me ne rendo conto.
Ho bisogno di reagire e trovare il punto di non ritorno di questa situazione.
Avverto un vuoto nel mezzo del petto,proprio al centro,poco sotto la gabbia toracica.
E'di quelle sensazioni che ti prendono quando vivi in sospensione o trepidazione.
C'è qualcosa che devi fare,ma ti sfugge.
Rincorri i pensieri acchiappandoli al volo,ti mordi le labbra per non lasciarti scappare una bestemmia,percorri a vuoto le stesse stanze con passi persi.
E così,che mi prende l'angoscia:
una poltrona sulla quale non riesco a sedere perchè pare abbia il sedere sensibile,eppure sono stanco di starmene in piedi come un idiota.
Più mi fisso,più mi viene voglia di sedermi.
Senza risultato.
Non credo di essere pazzo.
Dal passato c'è da imparare ma credo che a me piaccia essere ripetente a vita.
A volte,anche gli esseri umani assumono le sembianze di scarti,di cose abbandonate e non scelte da nessuno.
La prigione ti toglie gli anni,te li ruba,perchè i minuti scorrono addosso,divorandoti le carni e l'anima.
Quando scatti una foto,vedi solo quel che la gente vuole mostrarti.
Un sorriso,un abbraccio,un bacio,il bisogno di sentirsi perfetti.
E,questo,a me non bastava.
Non avevo bisogno di manichini in posa.
Avevo bisogno di fotografare la vita.
Quando cogli l'istante di rabbia,quando lo proietti e lo imprigioni su una pellicola,credimi,lì ci passa una vita.
Può bastare anche quello.
Quando rubi una lacrima,quando affondi l'obiettivo in un cattivo pensiero,puoi applaudirti.
Quella è la vita,ma nessuno la vuole.
Quel costume che non tiriamo mai fuori,quel segreto che non riusciamo a confessare,quel peccato che non riusciamo a perdonarci,quella è vita.
Abbiamo il bisogno di sentirci sempre in vetrina,perchè nessuno abbia nulla da ridire.
Piuttosto,scegliamo un palcoscenico nel quale poter puntare sempre il dito.
Questa non è umanità.
Sfortunatamente,però,respiriamo grazie anche alle nostre debolezze.
Mi piace la follia perchè forse,un giorno,questa mi resterà sul viso.
Vestire cadaveri non è follia.
Spogliare i vivi è malattia.
Non chiedere sempre perdono delle tue azioni.
A volte,anche sbagliare è il modo giusto per arrivare a destinazione.
Tra un pò arriva Novembre e i cimiteri si riempiranno di fiori.
Petali sui vestiti,attorno alle camicie,adagiati sulle scarpe.
Profumi per coprire la vegogna.
Ad Aprile ho visto vasi vuoti,solo fiori di plastica,senza vita.
Perchè i morti,forse,meritano quelli e i vivi l'applauso a Novembre,per aver mostrato tanta devozione ai loro cari.
Dopo aver visto ciò che la gente vuole mostrare,credo sia giusto andare oltre e interrogare,in qualche modo,chi non può mostrare più nulla.
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