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LA TRAMA:
"Dopo aver visto ciò che la gente vuol mostrare,credo sia giusto andare oltre a interrogare,in qualche modo,chi non può mostrare più nulla".
E' racchiuso in questa frase il significato vero di questo romanzo.
Alfredo è un becchino,divorziato ed egoista,a detta degli altri.
Prima era un fotografo,uno che immortalava la "vita,nascosta nella rabbia o in una lacrima,quella che non interessa a nessuno,perchè troppo preoccupati a vestire i panni della perfezione.
Il suo mestiere è ora quello di vestire i cadaveri e gli impone di non pensare alla vita che è sfuggita da quei corpi ormai inerti.
Ma quella suora morta nel convento nasconde qualcosa e sente il bisogno di osservare da vicino quel "pezzo d'anima" che resta "incollato sul viso",perchè è quello che racchiude la nostra vera essenza.
Così varrà la pena tornare nel convento di nascosto,perchè forse non tutto è perduto,c'è ancora qualcosa da salvare,è soltanto un'attesa.
IL MIO GIUDIZIO:
Può sembrare un thriller,a prima vista,questo lungo racconto:
perchè la giovane suora è morta?
Come mai le sue consorelle sono così restie nel fare entrare in convento il becchino che deve vestirla per il suo ultimo viaggio?
Cos'è tutto quel sangue rappreso che ha sul bacino?
E qual è il misterioso messaggio che è impresso sulle sue ormai cadaveriche labbra e che il protagonista non riesce a decifrare?
In realtà è molto di più.
E' una sorta di viaggio all'interno della psiche di Alfredo,il becchino (nonchè il protagonista di cui sopra).
Ex fotografo,è passato da una vita di feste e cerimonie,all'insegna della superficialità e dell'ostentazione,a quella di addetto alla vestizione dei cadaveri,dove,solo con se stesso e con il corpo inerte di un'anima ormai trapassata,si trova,forse per la prima volta,a navigare nell'introspezione.
Forse può apparire blasfemo,ma,mentre leggevo,mi è venuto da paragonarlo,in un certo senso,a San Francesco d'Assisi, che scambiò i suoi sfarzosi abiti con quelli di un mendicante e rinunciò a ogni sua ricchezza per vivere umilmente e in povertà.
E sono proprio i vestiti che l'autore usa come metafora dell'apparenza:
siamo portati a dare troppo valore e importanza alla forma e al giudizio che gli altri possono dare su di essa e tutto ciò ci porta a perdere di vista i veri valori della vita:
"Ormai ho i polsini consumati e maniche mangiate dal tempo.
Il tempo in cui continuavo a fotografare impressioni di sguardi sinceri e annichiliti,
occhi ignari di essere guardati,come uno specchio che riflette un attimo di luce,nel quale riesci a cogliere la vita di nascosto.
Questa vita è quella che ci manca,perchè sperperiamo minuti preziosi a preoccuparci di quanto valore possano dare occhi di estranei alle nostre camicie".
Sarà a causa (oppure grazie) alla morte di una giovane suora e alla caparbietà di Alfredo di volere a tutti i costi comprendere l'impenetrabile messaggio,che a suo dire,aveva scritto sul pallido volto,
che il protagonista riuscirà a ritrovare se stesso e,forse,anche l'amore.
IL MIO VOTO: Da leggere per fare un salto dentro la parte più profonda di noi stessi. * BUONO *
LO SCRITTORE:
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