LA TRAMA:
Dopo aver perso il padre in quello che ha tutta l’aria di essere stato un doppio suicidio d’amore,
Yoshie si trasferisce dalla sua casa di Meguro a un minuscolo e vecchio appartamento a Shimokitazawa,un quartiere di Tokio famoso per le sue stradine chiuse al traffico,
i ristoranti,i negozietti,nonché meta degli alternativi della capitale.
Qui Yoshie spera,aiutata dall’atmosfera vivace,di superare il dolore e dare una nuova direzione alla sua vita.
Un giorno,però,sua madre le si presenta a casa all’improvviso con una borsa Birkin di Hermes e qualche sacchetto.
Inizia così una bizzarra convivenza che unisce le 2 donne lungo il percorso di elaborazione del lutto che le ha colpite,le pone di fronte a verità inaspettate,le aiuta a scorgere fiochi lumi di speranza nel buio di una quotidianità ferita.
“Moshi-moshi” (“pronto” al telefono) è il racconto di una rinascita,la favola delicata e struggente della vita di un quartiere,la storia di una madre,di una figlia,di un grande dolore e di qualche piccola felicità inattesa.
IL MIO GIUDIZIO:
Finalmente,dopo tanti libri decisamente scadenti (che io ho comunque comprato e letto “a scatola chiusa”,per la stima che ho sempre nutrito per la scrittrice),
è tornata a splendere la Yoshimoto dei vecchi tempi,quella del periodo fra “Kitchen” e “Amrita”,per intendersi.
I temi trattati in questo romanzo sono quelli da sempre cari all’autrice:
personaggi dalla vita interiore travagliata e controversa,
la morte di una persona cara e il vuoto che essa lascia in chi resta,
il sovrannaturale,vissuto però in maniera del tutto normale e non come qualcosa che fa paura (la mamma della protagonista,vede il fantasma del marito defunto nella casa doveva avevano vissuto insieme,e ne parla con naturalezza alla figlia),
la passione per la cucina,
l’amore e il sesso.
La scrittura è scorrevole,semplice ma ricca di pathos e struggentemente poetica.
La storia racconta l’elaborazione del lutto e il percorso di rinascita messo in atto dalla protagonista che,grazie alle cose semplici della vita (lavorare come cameriera in un piccolo ristorante,uscire a cena con la propria madre,vivere il quartiere dove si è trasferita e le sue atmosfere,frequentare un coetaneo,programmare un viaggio insieme a un’amica e progettare con lei un nuovo futuro lavorativo).
Il dolore lancinante dei primi tempi,viene piano piano,passo dopo passo,giorno dopo giorno,
lentamente sostituito dalla speranza e da un barlume di ritrovata serenità.
Il percorso di rinascita, è però ostacolato da un incubo ricorrente:
suo padre cerca disperatamente e senza riuscirci,di chiamarla al telefono (da qui il titolo del romanzo: “Moshi moshi” in giapponese vuol dire “pronto?”).
L’origine di questo sogno è dovuta probabilmente al fatto che il giorno in cui suo padre si è suicidato, aveva dimenticato (o volutamente lasciato) il cellulare a casa e Yoshi è convinta che,in punto di morte, avrebbe voluto mettersi in contatto con lei e,se avesse avuto il cellulare con sé,forse ci sarebbe riuscito e si sarebbe salvato.
Sarà soltanto recandosi sul luogo dove egli ha perso la vita, per una sorta di “rituale purificatore”,
che Yoshie riuscirà a liberarsi definitivamente del fantasma del genitore,a cominciare una nuova vita e,forse,anche un nuovo amore.
IL MIO VOTO: * DISCRETO *
LA SCRITTRICE:
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