LA TRAMA:
La lingua batte dove il dente duole, e il dente che duole alla fin fine è sempre lo stesso. L'unica rivoluzione possibile è smettere di piangerci su. In questo romanzo esilarante e feroce, Veronica Raimo apre una strada nuova. Racconta del sesso, dei legami, delle perdite, del diventare grandi. E nella sua voce buffa, caustica, disincantata, esplode il ritratto finalmente sincero e libero di una giovane donna di oggi. "Niente di vero" è la scommessa, riuscita, rarissima, di curare le ferite ridendo.
IL MIO GIUDIZIO:
Mi sento un po' in difficoltà, in quanto, solitamente, recensisco solo libri che mi abbiano appassionato veramente, mentre quelli che non mi coinvolgono fino in fondo, li abbandono al loro destino e mi dedico ad altre letture. Quest'opera non è che mi abbia annoiata, anzi... è scritta in maniera scorrevole e con uno stile ironico, solo che dice tanto ma, di fatto, non racconta niente; è molto fumo e poco arrosto...giunta all'ultima pagina mi sono trovata a domandarmi:"E quindi?".
Mi ha lasciato in bocca un senso di incompiuto...vengono narrati una serie di eventi senza un apparente filo logico che danno un senso di caotico e di inconcludenza.
Sono sincera: non conoscevo né l'autrice né l'opera. Me ne aveva parlato un'ospite che ha soggiornato nella struttura dove lavoro e che, dopo aver letto i miei libri, mi aveva confessato che i miei racconti di vita vissuta le avevano ricordato questo romanzo, vincitore del Premio Strega 2022. La cosa mi ha incuriosito e ho deciso di leggerlo.
È vero, stilisticamente e per i contenuti autobiografici, forse un po' ci assomigliamo ma, per tutto il resto, mi sento di dissentire. Io, nella mia esposizione, sono assai ironica e autoironica, a tratti dissacrante, a tratti esilarante ma tendo sempre a sdrammatizzare ogni situazione per fare scaturire un sorriso in chi legge; la Raimo, invece, nello sviscerare le ossessioni della sua famiglia disfunzionale tende al parossismo, lasciandoti addosso una sensazione di malessere e disagio: un petulante fratello maggiore genio incompreso, due nonni un po' naif, dei genitori ansiosi, apprensivi,iperprotettivi, oltremodo assillanti e ipercontrollanti che stanno insieme tutta la vita senza amore né passione, tediandole l'esistenza tanto che, la stessa autrice, sembra vivere in un mondo tutto suo, disconnessa dalla realtà.
Come si evince anche dal titolo "Niente di vero", ciò che viene narrato in queste pagine, non si sa nemmeno se corrisponda alla realtà oppure no: quando era bambina, Veronica scriveva un diario segreto, inventando di sana pianta per depistare sua madre, che sapeva che lo avrebbe letto. In quei diari non c'era, appunto, "niente di vero". Ma anche in tutta la sua famiglia, come ci spiega, c'è sempre stata l'abitudine ad inventare, ad alterare una realtà non gradita, a proprio piacimento, tanto è vero che i ricordi comuni sono tutti differenti, in quanto ognuno di loro si è creato la propria versione dei fatti nella sua testa. Quindi, c'è da chiedersi se le pagine di questo libro siano realmente autobiografiche o se siano una sorta di fiction.
Onestamente e senza falsa modestia, penso che se quest'opera si è aggiudicata il Premio Strega, allora potrei benissimo vincerlo pure io. Non dico "Ho sbloggato" che è ancora un po' "immaturo" ma gli altri due non vedo cosa possano avere in meno di "Niente di vero", se non che lei pubblica con Einaudi e io mi devo arrabattare ad autopromuoverni con Youcanprint.
Al di là di tutto, comunque, mi sento di consigliarne la lettura: da scrittrice so quanto lavoro, passione e fatica ci siano dietro la stesura di un libro e ciò va sempre rispettati: il fatto che non sia "arrivato" a me non significa che sia un'opera mediocre, ma semplicemente che non si confà ai miei gusti che sono strettamente personali. A me non ha entusiasmato ma ciò non vuole dire che, invece, non possa piacere e pure molto, ad altre persone.
IL MIO VOTO:
L'intento è quello di fare sorridere, portando al parossismo le ossessioni di una famiglia un po' disfunzionale ma, in realtà, ciò che mi ha trasmesso è una sensazione di disagio e, soprattutto, di inconcluso. Scritto bene ma, personalmente non mi ha entusiasmato (ovviamente è il mio modesto parere, non certo un imperativo categorico!)
LA SCRITTRICE:
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