lunedì 2 novembre 2020

"I leoni di Sicilia - La sagra dei Florio" Stefania Auci (2019)




LA TRAMA:
C'è stata una famiglia che ha sfidato il mondo.
Una famiglia che ha conquistato tutto.
Una famiglia che è diventata leggenda.
Questa è la sua storia.
Dal momento in cui sbarcano a Palermo da Bagnara Calabra, nel 1799, i Florio guardano avanti, irrequieti e ambiziosi, decisi ad arrivare più in alto di tutti.
A essere i più ricchi, i più potenti.
E ci riescono: in breve tempo, i fratelli Paolo e Ignazio rendono la loro bottega di spezie la migliore della città, poi avviano il commercio di zolfo, acquistano case e terreni dagli spiantati nobili palermitani, creano una loro compagnia di navigazione.
E quando Vincenzo, figlio di Paolo, prende in mano Casa Florio, lo slancio continua inarrestabile: nelle cantine Florio, un vino da poveri, il marsala, viene trasformato in un nettare degno della tavola di un re; a Favignana, un metodo rivoluzionario per conservare il tonno, sott'olio e in lattina, ne rilancia il consumo.
In tutto ciò, Palermo osserva con stupore l'espansione dei Florio, ma l'orgoglio si stempera nell'invidia e nel disprezzo: quegli uomini di successo rimangono comunque "stranieri", "facchini", il cui sangue puzza di sudore.
Non sa Palermo, che proprio un bruciante desiderio di riscatto sociale sta alla base dell'ambizione dei Florio e segna, nel bene e nel male, la loro vita; che gli uomini della famiglia sono individui eccezionali ma anche fragili e, sebbene non lo possano ammettere, hanno bisogno di avere accanto donne altrettanto eccezionali: come Giuseppina, la moglie di Paolo, che sacrifica tutto, compreso l'amore, per la stabilità della famiglia, oppure Giulia, la giovane milanese che entra come un vortice nella vita di Vincenzo e ne diventa il porto sicuro, la roccia inattaccabile.
Intrecciando il percorso dell'ascesa commerciale e sociale dei Florio con le loro tumultuose vicende private, sullo sfondo degli anni più inquieti della Storia Italiana, dai moti del 1818 allo sbarco di Garibaldi in Sicilia, Stefania Auci dipana una saga familiare d'incredibile forza, così viva e pulsante da sembrare contemporanea.



IL MIO GIUDIZIO:
Mi sono appropinquata a questo romanzo, bestseller nel 2019, con titubanza:
da un lato mi incuriosiva per il grande successo ottenuto e per i commenti entusiastici che sentivo a riguardo, dall'altro temevo fosse una sorta di polpettone noioso da cui trarre poi la solita fiction Mediaset.

In realtà, già dalle prime pagine (quelle a mio avviso più importanti, perchè è da lì che ci si gioca il coinvolgimento del lettore), mi ha appassionato, trasportandomi nella realtà della Sicilia dell'800, mescolando la finzione narrativa delle vicende dei Florio, con i reali eventi storici dell'epoca.
Ci ho messo un bel pò per portarlo a termine, quasi due mesi, ma soltanto perchè, fra il lavoro e le sessioni di scrittura del mio nuovo libro, gli ho dedicato poco tempo: in pratica ne leggevo qualche pagina soltanto la notte, prima di addormentarmi.

C'è una cosa che mi fa sorridere, riguardo a quest'opera: io, un Florio, lo conosco veramente.
E' stato un mio responsabile in un'azienda in cui ho lavorato 20 anni fa.
Onestamente non ne ho propriamente nè un bel ricordo nè una buona opinione, in quanto lo ritenevo abbastanza subdolo, falso e leccapiedi.
Nemmeno io gli ero particolarmente simpatica ma, a non piacere a gente del genere, c'è solo di che essere contenti.
Fatto sta che, volente o nolente, se mi dici Florio io penso a lui e così, uno dei protagonisti, me lo sono immaginata con il suo volto...è toccato a Ignazio senior, che non me ne voglia, il buon vecchio Ignazio!

Tornando al romanzo in sè, cercherò di parlarvene soffermandomi più sui personaggi che sugli eventi, in modo da non spoilerare e togliervi il gusto della lettura.

Il plot narrativo è incentrato sulle vicende di questa famiglia di origine calabrese, trapiantata in Sicilia, nell'arco di quasi un secolo; anche se possiamo dire che il personaggio chiave è Vincenzo, che seguiremo dalla nascita fino al giorno della morte.

La storia inizia a Bagnara Calabra, nel 1799, quando, in seguito a un violento terremoto che ha quasi distrutto la loro abitazione, Paolo Florio decide di trasferirsi a Palermo, con la moglie Giuseppina, e il  figlio neonato Vincenzo.
Insieme a loro partono anche suo fratello minore Ignazio e Vittoria, la loro nipotina, figlia di un altro fratello morto prematuramente insieme alla madre della bambina.
A Palermo, Paolo ed Ignazio, che si occupano di commercio via mare, hanno aperto una piccola bottega, una "putia" che è più un sottoscala umido, sporco e pieno di ragnatele che un negozio vero e proprio, dove vendono spezie ed aromi.

Qui, giorno dopo giorno, lavorando senza risparmiarsi  mai, con il sudore della fronte, la volontà e l'arrivismo ( inteso nella sua accezione positiva, ovvero come voglia di riscatto), nel tempo, riescono a trasformare la loro botteguccia in uno dei negozi più prestigiosi della città, sulla porta del quale capeggia lo stemma familiare: un leone che si abbevera a un ruscello (da qui il titolo "I leoni di Sicilia").
Oltre a ciò, con la scaltrezza che li contraddistingue, riescono anche ad ampliare il loro giro d'affari ad altre attività assai renumerative.
Però, nonostante abbiano ottenuto un lodevole successo e il benessere economico, per i loro concittadini isolani, sono e restano dei "putiari", dei bottegai, dei facchini arricchiti dal sangue povero, i cui soldi puzzano di sudore, quasi come se lavorare alacremente ed onestamente sia una vergogna.

In questo contesto, si contraddistinguono le differenti personalità dei protagonisti:
Paolo è un uomo tutto d'un pezzo, duro e orgoglioso ma onesto, dall'indole irascibile che mette la carriera prima di ogni altra cosa.
A suo modo, tiene a sua moglie Giuseppina, anche se il loro è stato un matrimonio di convenienza, concordato dalle loro rispettive famiglie e non certo d'amore, ma non è capace di dimostrarlo nè a parole nè con i gesti e, in ogni caso, nella sua lista delle priorità, lei è all'ultimo posto.

Ignazio, invece, da sempre profondamente innamorato silenziosamente della cognata, è di indole dolce, pacata e gentile.
Un uomo che si dà da fare ma senza pestare i piedi a nessuno e, soprattutto, senza nuocere a nessuno.
Sarà proprio lui, per varie vicissitudini che si scopriranno in corso di lettura, a crescere Vincenzo, non tanto come uno zio ma proprio come un padre e a introdurlo, sin dalla giovane età, nel mondo degli affari della famiglia Florio.

Vincenzo, però, nonostante la rassicurante e placida presenza di Ignazio al suo fianco, cresce con dentro di sè una rabbia, una smania di successo e di rivalsa sociale anche maggiori di quelle di suo padre e di suo zio.
Questo rancore gli viene dal fatto che non ha vissuto gli "anni poveri", aveva solo pochi mesi di vita quando è sbarcato in Sicilia, lui è cresciuto nell'agiatezza, vedendo intorno a sè un negozio bene avviato.
Non ha mai provato cosa significhi la povertà e per questo gli è difficile essere additato come un facchino e un pezzente.
Per lui, questi appellativi sono fonte di grande umiliazione che gli brucia nelle viscere, corrodendogli fegato e stomaco.
Perciò, nonostante l'esempio di onestà, calma e rettitudine dello zio Ignazio, tende ad avere i tratti irascibili e scostanti del padre ma, a differenza sua, non ne ha la stessa rettitudine morale.
Vincenzo non ha peli sullo stomaco e, per arrivare a raggiungere i suoi scopi, non guarda in faccia veramente nessuno, arrivando ad inimicarsi ancora di più i palermitani che già non lo vedevano di buon occhio.
Solo una persona gli sarà vicina e fedele per tutta la vita, nonostante il suo carattere difficile e le molteplici intemperanze e questa donna è Giulia, milanese trapiantata in Sicilia e figlia di un socio in affari di Vincenzo.
Giulia che, anche se tenuta in disparte e bistrattata, sarà la colonna portante della sua vita.
Un amore che lui riconosce e su cui, inconsapevolmente, fa affidamento ma fa fatica ad ammettere.
Giulia, che con la sua ferma dolcezza, con la sua caparbia determinazione ma, soprattutto, con uno sconfinato amore, gli resterà accanto fino alla morte e oltre.
Vincenzo, con la sua smania di grandezza e di successo, non tiene conto dei desideri e dei bisogni dei suoi familiari, lui decide per sè e per tutti; traccia un percorso che gli altri sono obbligati a seguire e, se questo per Giulia non è un problema perchè ne è follemente innamorata e accetta tutte le sue stranezze, lo stesso non si può dire per i figli di Vincenzo che sono costretti, loro malgrado, a vivere una vita che non è quella che avrebbero voluto.

Altri personaggi di spicco nella narrazione, sono due figure femminili: Giuseppina e, come accennavo prima Giulia.
Giuseppina, nata in una famiglia benestante e praticamente "venduta" a Paolo per interesse, non è mai stata innamorata del marito.
Prova per lui una forte attrazione fisica, quello sì, ma il suo cuore è sempre stato per il fratello di Paolo, Ignazio, che silenziosamente la ricambia.
Donna profondamente cattolica, nutre dei grossi sensi colpa sia per il fatto di non amare il marito, sia per il sentimento che prova per il cognato e perciò, come se volesse redimersi, si condanna all'infelicità.
Anche una volta rimasta vedova e a quel punto libera di vivere il suo amore per Ignazio, gli si nega, arrivando a inasprirsi e inaridirsi sempre di più.
Vivrà a lungo ma, la sua, sarà una vita sprecata perchè non ha mai conosciuto, ma più che altro non ha mai voluto conoscere, l'amore.

Giulia, al contrario, è a mio avviso il personaggio in assoluto più bello di tutto il romanzo: una donna fragile ma forte al tempo stesso, pronta a subire oltraggi e umiliazioni, pronta a restare ai margini per amore del suo Vincenzo.
In contrapposizione a Giuseppina, che si lascia vivere e che lascia che siano gli altri o il destino a decidere per lei, Giulia lotta con le unghie e con i denti per ciò che vuole e non scende a compromessi con niente e con nessuno.
L'unica cosa che accetta, ma perchè non può fare altrimenti, è quella di vivere nell'ombra, con la speranza che, prima o poi, Vincenzo si decida a farla diventare sua moglie e non soltanto l'amante mantenuta.
Giulia, a differenza di Giuseppina, che morirà fra le lacrime e i rimpianti di ciò che poteva essere e  non è stato (e non è stato perchè lei non ha voluto che lo fosse), arrivata al tramonto della sua vita, guardandosi indietro, non potrà fare altro che constatare che, nonostante tutti i bocconi amari ingoiati, rifarebbe quello che ha fatto altre mille e mille volte.

Dolcissimo il finale che mi ha ricordato molto quello del film "Una gita scolastica" di Pupi Avati.




IL MIO VOTO:
Un'avvincente saga famigliare che ci porta nella Palermo dell'800, facendoci da un lato evadere dalla realtà e, dall'altro, ripercorrere i fatti storici di quel periodo.
Un libro che consiglio assolutamente di leggere.
L'unico appunto che mi sento di fare, visto che ci sono diversi dialoghi in siciliano, è quello di mettere le note con la traduzione a piè pagina: personalmente, io che sono toscana, mi sono trovata più volte in difficoltà perchè non riuscivo a comprendere cosa stessero dicendo i vari personaggi.


LA SCRITTRICE:


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