martedì 21 aprile 2020

Frasi dal libro "Ehi,prof!" di Frank McCourt

Se sapessi qualcosa di Freud e della psicanalisi potrei fare risalire tutti i miei guai alla mia infelice infanzia irlandese,che mi ha privato dell'autostima,mi ha procurato spasmi di autocommiserazione,mi ha paralizzato le emozioni,mi ha reso bisbetico,invidioso e irrispettoso dell'autorità,mi ha ritardato lo sviluppo,mi ha bloccato nelle attività con l'altro sesso,mi ha impedito di elevarmi socialmente e mi ha quasi incapacitato a vivere nel consorzio umano.
E'un miracolo se sono riuscito a fare l'insegnante e a rimanere tale.
E non posso che promuovermi a pieni voti per essere sopravvissuto a tutti quegli anni nelle aule di New York.

Riesco a perdonarmi eppure,se ripenso a vari periodi della mia vita,mi cascano le braccia.
Che fesso. Quanta insicurezza,quanta stupidità,quanti tentennamenti.
E adesso mi sembra che sia ora di riconoscermi almeno una virtù:la caparbietà.
Niente di eclatante come l'ambizione,il talento,l'intelligenza o il fascino.
Ma è pur sempre quel qualcosa che mi ha permesso di tirare avanti.

Francis Scott Fitzgerald ha detto che nella vita americana non c'è mai un secondo atto.
Il problema è che Fitzgerald non è campato abbastanza,perché io il secondo atto l'ho vissuto.
Nei miei 30 anni di insegnamento nelle scuole superiori di New York nessuno, tranne i miei alunni,mi ha mai degnato di un briciolo d'attenzione.
Fuori dalla scuola ero invisibile.
Poi ho scritto un libro sulla mia infanzia e sono diventato l'autore più richiesto al momento.
Speravo che quel libro spiegasse la storia della famiglia ai figli e ai nipoti McCourt e che vendesse qualche centinaio di copie.
Invece,con mio assoluto sbalordimento, è volato in testa alle classifiche ed è stato tradotto in 30 lingue.
Quel libro è stato il mio secondo atto.
Nel mondo dell'editoria,il sottoscritto è un principiante a scoppio ritardato,un maturo novellino, l'ultimo arrivato.
L'ho scritto che avevo 66 anni, è già un miracolo che riuscissi a tenere la penna in mano.
Non mi aspettavo che "Le ceneri di Angela" attirasse l'attenzione di qualcuno,ma quando è arrivato in classifica sono diventato beniamino dei media.
La novità geriatrica con accento irlandese.
Dal libro è stato tratto un film.
In America, qualunque cosa uno scriva, prima o poi si ventila l'idea del film.
Uno potrebbe scrivere l'elenco del telefono e la gente direbbe:
"Allora,il film quand'è che esce?"
Se non avessi scritto "Le ceneri di Angela" sarei morto supplicando:
"Dio,dammi ancora un anno,perché questo libro è l'unica cosa che voglio fare nella vita...cioè,nella vita che m'è rimasta".
Ma non sognavo neppur lontanamente che sarebbe diventato un bestseller. 

L'insegnamento è la Cenerentola delle professioni.

Il sangue è sempre rosso,a prescindere di chi l'ha versato.

Loro erano convinti che stessi insegnando.
Ne ero convinto anche io.
In realtà stavo imparando.

E ti definivi un professore?
Io non mi definivo niente.
Ero più che un professore,e meno.
Nell'aula di una scuola superiore uno diventa un sergente,un instruttore,un rabbino,una spalla su cui piangere,un cerbero,un cantante,uno studioso,un impiegato,un arbitro,un pagliaccio,un consulente,un censore dell'abbigliamento,una guida,un filosofo,un collaboratore,un ballerino di tip tap,un politico,un medico,un fesso,un vigile urbano,un prete,un padre/madre/fratello/sorella/zio/zia,un ragioniere,un critico,uno psicologo,l'ultima goccia che fa traboccare il vaso.

Non potrai mai riprenderti gli scampoli della tua vita che restano impressi nelle loro testoline.
E'la tua vita,bello!
L'unica cosa che hai,
Non raccontargli niente!

I miei alunni non sapevano che in cattedra c'era un irlandese evaso dal suo bozzolo di cattolicesimo e storia d'Irlanda,che andava seminando brandelli di quel bozzolo ovunque.
Basta una spintarella e torno indietro,in quel passato che è la materia prima della mia esistenza.

"Ehi,prof!"
"Ti ho detto di chiamarmi professor McCourt:professor McCourt!"
"Sì,vabbè.Capo,ma in Irlanda andavate fuori con le ragazze?"
"No,con le pecore.Andavamo con le pecore.Scusa,secondo te con chi cacchio andavamo?"
In classe c'è un boato.
I ragazzi ridono,si tengono la pancia,si danno spintarelle e gomitate,fanno finta di cadere dal banco.
"Che professore!"
"Un matto,giuro!"
"Parla che fa ridere e va con le pecore!Occhio alle vostre pecore!"
L'indomani il preside mi convoca.
Sta seduto dietro la scrivania e parla al telefono,fumando una sigaretta.
Continua a dire:"Sono mortificato.Non si ripeterà.Parlerò con l'interessato...sa,è un insegnante nuovo".
Poi riattacca.
"Le pecore.Cos'è sta storia delle pecore?Io non so proprio cosa devo fare con lei.Qualcuno si è lamentato perchè ha detto "cacchio" in classe.Quel telefono maledetto non smette di squillare.I genitori sono inferociti e io devo pararmi il culo.Lei sta qui da due giorni e sono due giorni che si ficca nei guai.Come fa?Se mi perdona l'espressione,direi che ha un pò la tendenza a fare cazzate."

Per tutto c'è un tempo e un luogo.
Quando lei dice qualcosa in classe,i ragazzi la prendono sul serio.
Lei è l'insegnante.
Se lei dice che è andato con le pecore,quelli la bevono.
Che ne sanno delle abitudini degli irlandesi in fatto di accoppiamento?

Noi professori non contavamo niente mentre io sognavo una scuola in cui gli insegnanti fossero ispiratori e mentori,non negrieri.

"Dovresti insegnare e invece ti metti a raccontare storie"
"Ma io sto insegnando.Raccontare storie è una forma di insegnamento"

Smettila di mortificarti.
Stai sicuro che a questo provvederà il mondo.

Era meglio fare il poliziotto.
Se non altro avresti una pistola o un manganello per difenderti.
Un professore ha solo la bocca.

Questa è la tua realtà e tu sei uno di loro:un teenager.
Vivi in due mondi.
Passi un giorno con loro dopo l'altro e non capisci che effetto ha questa convivenza sulla tua testa.
Teenager per sempre.
La classe ti mantiene attento,ti tiene la mente fresca.
Non invecchierai mai.
L'unico pericolo è che potresti avere per sempre la testa di un adolescente.
Passare giorno dopo giorno in aula significa vivere in un altro mondo.

Mi chiedevo perchè la gente non la finisse mai di rompere le scatole.
Questa domanda me le facevo anche prima,quando avevo otto o nove anni e,la stessa domanda,continuo a farmela tutt'ora.

Ero una mezza sega in tutto ma giurai a me stesso che un giorno avrei affrontato la realtà,avrei fatto mente locale,avrei focalizzato il problema,pianificato le mosse,preso in mano il mio destino e avrei dato la scalata al successo.

Se l'umanità non impara dalla storia sarà destinata a ripetere i suoi errori.

Mi chiedevo perchè certa gente sia così sgarbata da farti sentire una nullità.
Fossi stato al posto loro,pensavo,avrei cercato di aiutare il candidato a vincere il suo nervosismo.
Se un giovane aspira a diventare insegnante bisogna incoraggiarlo,non intimidirlo.
Questo era il mio stato d'animo,ma allora non sapevo come era fatto il mondo.
Non sapevo che chi sta in alto deve proteggersi da chi sta in basso,che i più maturi devono proteggersi dai giovani pronti a cacciarli via dalla faccia della terra.

Che gran tristezza non volersi più guardare allo specchio per paura di vedere quello che c'è,o quello che non c'è.

Tua madre dovrebbe volerti bene e essere solidale con te in ogni caso,sennò che fine fai?Sennò che vivi a fare?

Secondo i miei calcoli,circa in 12000 si sono seduti in un banco ad ascoltare me che spiegavo,ripetevo,incoraggiavo,sproloquiavo,cantavo,declamavo,recitavo,predicavo,esaurivo gli argomenti.
Penso a queste 12000 persone e mi chiedo che cosa ho fatto per loro.
Poi penso a che cosa hanno fatto loro per me.

Nelle scuole cattoliche si faceva solo storia e si pregava,che per l'altro mondo andava bene,ma i loro figli,con rispetto parlando,dovevano pensare a questo mondo qua.

Se qualcuno si comporta da matto,lo psicologo lo studia per capire cosa ha che non va.
Se qualcuno parla in un modo strano e voi non lo capite,entra in gioco la grammatica.
C'è un vecchio canuto lì in cattedra,sarà pure un pò curvo,ma non lo sottovalutate:basterà una domanda sulla struttura della frase e vedrete come raddrizzerà la schiena e racconterà la storia di quel giorno lontano di metà 900 in cui sposò la grammatica con la psicologia.

Quel giorno,durante un compito in classe,cominciai a leggere alcune delle giustificazioni degli studenti a cui avevo solo dato un'occhiata.
Feci due pile,una con le giustificazioni vere scritte dalle mamme,l'altra con quelle fasulle.
La seconda pila era la più alta e raccoglieva testi che spaziavano dall'ingegnoso al folle.
Ci si poteva fare un'antologia: "Le grandi giustificazioni americane" o "Le grandi balle americane".
Un tesoro,dei gioielli di inventiva,fantasia,creatività,santarellismo,autocommiserazione,problemi familiari,caldaie esplose,soffitti crollati,incendi che radono al suolo interi isolati,poppanti e animali che fanno pipì sui compiti,attacchi di cuore,ictus,aborti spontanei,rapine a mano armata...
Il meglio della prosa scolastica americana:cruda,concreta,incalzante,lucida e menzognera.
La stufa ha preso fuoco,la tappezzeria si è incendiata e i pompieri ci hanno fatto restare fuori casa tutta la notte.
Siccome il gabinetto era otturato siamo dovuti andare giù al bar ma anche lì il gabinetto era otturato e,fra tutte queste difficoltà,Ronnie non ce l'ha fatta a prepararsi per l'interrogazione.
Oggi Arnold non ha portato i compiti perchè ieri le porte del treno si sono chiuse nel momento in cui stava scendendo,la cartella è rimasta dentro e il treno se l'è portata via.
Il cane gli ha mangiato il compito,guardi io spero proprio che ci si strozza.
Stamattina suo fratello piccolo ha fatto la pipì sul racconto.
Al piano di sopra un tizio è morto nella vasca,l'acqua è straboccata e ha rovinato i compiti di Roberta.
Suo fratello grande si è arrabbiato con lei e ha buttato il tema dalla finestra e il quaderno è volato via.
Siamo stati sfrattati e quell'infame dello sceriffo ha detto che se mio figlio continuava a strillare per farsi ridare il quaderno ci arrestava tutti.
In realtà i ragazzi non sapevano che le giustificazioni vere,di solito,sono molto banali:Peter è arrivato in ritardo perchè non è suonata la sveglia.
Alla fine del quadrimestre copiai a macchina e ciclostilai le giustificazioni e poi le distribuii alle mie due classi dell'ultimo anno.
"Ehi prof, e queste che sono?"
"Giustificazioni"
"E chi le ha scritte?"
"Voi,o perlomeno qualcuno di voi.Le giustificazioni dovrebbero scriverle i genitori,ma sia voi che io sappiamo chi sono i veri autori"
"E con queste giustificazioni che ci dovremmo fare?"
"Le leggiamo ad alta voce. Sarete la prima classe al mondo a studiare l'arte della giustificazione.Per vostra fortuna avete un insegnante come me che ha preso le vostre composizioni e le ha trasformate in una materia degna di essere studiata.Tanto,continuerete a giustificarvi per tutta la vita,che almeno le vostre scuse siano credibili."
Loro sorridono. Sanno.In questa cosa siamo complici.Peccatori tutti quanti.
Andai alla lavagna e scrissi:"Una giustificazione per Dio da parte di Adamo,oppure di Eva".
Le teste si chinarono.
Le penne saettarono sulla carta.
Ah,gente,questa è bella!
Chissà cosa verrà fuori!
Adamo dà la colpa a Eva.
Eva dà la colpa ad Adamo.
Tutti e due danno la colpa a Lucifero.
Però Dio ha il coltello dalla parte del manico e li butta fuori dal Paradiso Terrestre così i loro discendenti finiscono all'istituto tecnico a inventarsi giustificazioni per il primo uomo e la prima donna.
E chissà che anche a Dio non serva una giustificazione per qualcuno dei grandi errori che ha commesso.

Mi ero reso conto che nella storia dell'umanità c'era abbastanza materiale per milioni di giustificazioni.
Prima o poi tutti hanno bisogno di una scusa.

Se cantavamo oggi potevamo cantare anche domani, perché no?
Per cantare non c'è mica bisogno di una scusa.

I professori che ti mandano dal preside o che chiamano i genitori non meritano rispetto.
Se non te la sai cavare da solo non dovresti neanche fare il professore.

Non si può giudicare un intero popolo per il gesto di un buzzurro.

Avessi tentato di parlare mi sarei impappinato, già lo sapevo.
Meglio non fare niente,che tanto era l'unica cosa che mi riusciva.

Vorrei tanto poterlo prendere da una parte e farci una chiacchierata,ma so di non essere bravo.
È più facile parlare a una classe intera che a un ragazzo solo: non di crea intimità.

Mi era sembrato un'anima persa che cercava invano un approdo ma non ne sapevo abbastanza, oppure ero troppo timido per dimostrargli affetto.

Mi chiedevo perché si fosse comportato così.
Dove a per forza umiliare uno sconosciuto?
E io, perché l'avevo tollerato?
Perchè mi sentivo fragile come un guscio d'uovo.

Gli invidiavo la vita da scrittore,un sogno che la mia pavidità mi impediva di realizzare.
Ammiravo lui e chiunque avesse il coraggio di seguire la propria strada.

"E io,mio illustre amico irlandese,cosa dovrei farne delle vettovaglie che ho acquistato?"
"Se le mangi, tanto ormai non fa altro".

Nell'aula devi farti strada a modo tuo,devi trovare te stesso.

Scusa la parolaccia ma o cachi o ti levi dalla tazza.

"Perchè mai qualcuno doveva voler scrivere come un bambino?"
"Perchè chi ti legge potrebbe apprezzare la chiarezza.Perché stai facendo una cosa fasulla, forzata e artificiosa".

"Se sei nero,la società non ti rende la vita facile"
"La società non ti rende mai la vita facile".

Le persone che avevo in classe erano convinte che le loro opinioni non contassero.
Le loro idee venivano tutte dalla valanga di mezzi di informazione a cui erano esposti.
Nessuno gli aveva mai detto che potevano pensare con la propria testa.

Alberta mi disse che non stavo concludendo niente e mi complimentai con lei per la sua sagacia.

La vita era un'avventura e forse il sottoscritto era capitato nel secolo sbagliato.

Mi venne voglia di dirgli di ficcarselo nel culo,ma così avrei davvero concluso la mia carriera d'insegnante.

"Questo è il tubicino di plastica che contiene l'inchiostro. Cosa succederebbe se lo togliessimo dalla penna?"
"Non si potrebbe scrivere"
"Una frase è come una penna: perché funzioni ci vuole qualcosa.Ci vuole un'azione,un verbo."

"Perchè non se ne tornano al quartiere loro,che non sanno nemmeno comportarsi come esseri umani?"
"Provaci tu, signor Cittadino Indignato a portare in metropolitana 29 ragazzine elettrizzate dai loro 15 anni e dalla libera uscita e in più tutte cariche di zuccheri per i biscotti,le caramelle e la limonata che hanno ingurgitato.Provaci tu a fargli lezione tutti i giorni mentre ti guardano come se fossi un pupazzo di neve che è lì lì per sciogliersi."

Ovvio che viene dopo.
Tutto quanto viene dopo.
Se viene tutto all'inizio poi dopo non resta niente.

Devi sgobbare più degli altri,ma alla fine questo ti rende più forte e quando devi spingere e fare scalate,non ti ferma più nessuno.

Ho 38 anni,10 di insegnamento alle spalle e,se dovessi darmi un giudizio,direi: ce la stai proprio mettendo tutta.
Ci sono professori che se ne fregano dell'opinione che gli alunni hanno di loro.
A me,gli sguardi d'approvazione degli alunni scaldano il cuore sulla metropolitana del ritorno.

Mi viene voglia di togliermi la maschera dell'insegnante assennato e di dire quello che penso:
"Senti,cretinetti,metti bene questa sedia, sennò ti butto fuori dalla finestra e ti do in pasto ai piccioni".
Ma queste cose non si possono dire:ti denuncerebbero alle autorità scolastiche.
La tua parte la conosci:se ogni tanto ti fanno incazzare,soffri,compare,soffri.
Mica te l'ha ordinato il dottore di continuare a fare questo mestiere ingrato e sottopagato e niente ti impedisce di prendere la porta e andartene nel rutilante mondo dei potenti,delle donne bellissime,delle lenzuola di raso e dei cocktail party nei quartieri alti.
Sì,Ciccio,come no!
Ma tu che c'entri col gran mondo dei potenti, eccetera eccetera?
Torna a insegnare,va!

Certo che avrei voluto parlarci. Ci avrei parlato in eterno!

Per un attimo mi domandavo se dovevo lasciare andare via così il passato.

Non minacciare mai una classe o un alunno se non puoi corroborare la minaccia.

"Scusa,hai il permesso? Dopo un'assenza non si può rientrare senza il permesso della segreteria".
Qui ha parlato l'insegnante.
L'insegnante rappresenta l'autorità ma non è questo il ruolo che vorrei.
Io sono qui per insegnare non per chiedere permessi.

Feci "ciao" con la mano senza sapere cosa stavo salutando.
Ecco la mia vita,pensai:fare "ciao,ciao" senza sapere a cosa.

Lascialo stare, sennò sotto sotto ti sentirai sempre la mezza seghetta dei vicoli di Limerick.
Piuttosto scopri chi cavolo sei.
Sali sulla croce di e soffri le tue pene senza mandarci un altro.
Tu non sei lui,sei tu, è chiaro?

Mi scuso per aver interrotto le sue preghiere ma lui mi rispose che era impossibile interromperlo perché tutta la sua vita era una preghiera.

Non c'è bisogno della messa,non c'è bisogno di un prete:basta la tua fede,due ginocchia e un pavimento su cui inginocchiarsi.

Gli orizzonti erano meglio degli esseri umani:mica scocciavano altri orizzonti!

Quando gironzoli per una nave senza altro da fare che incrociare un'infermiera con cui hai passato tre giorni e lei sta insieme a un vecchio in doppiopetto,tendi a considerarti una nullità.
Fossi zompato giù nell'Atlantico magari le avrei fatto venire dei rimborsi,ma tanto non lo avrei mai saputo.

Dal momento in cui ero arrivato a New York non avevo fatto altro che girare a vuoto, cioè emigrare, accettare lavori senza futuro,bere,correre dietro alle donne,passare da una cattedra all'altra,sposarmi col desiderio di restare scapolo,bere ancora,finire in un vicolo cieco come insegnante e infine partire per l'Irlanda con la speranza che la vita,una volta tanto,si comportasse bene.
Avrei voluto fare parte di una di quelle allegre comitive che giocano a ping pong o a carte e poi vanno insieme a prendere l'aperitivo,ma non ci ero portato.

Se avessi avuto anche solo un barlume di intelligenza,oltre al mio mero e piagnucoloso istinto di sopravvivenza,avrei tentato una dolorosa rivalutazione della mia vita.
Cominciavo a capire che non ci capivo niente,ma scavare dentro me stesso e dentro i miei affanni mi faceva venire il mal di testa.
Un trentottenne incasinato che non sapeva come venirne fuori.
Ora so che veniamo incoraggiati a scaricare ogni colpa su tutti tranne che su noi stessi.
Gli altri,e specie Alberta,mi dicevano:"Hai bisogno di aiuto".
Ma sapevo che intendevano:
"È chiaro che sei disturbato,dovresti andare a farti vedere".

A un certo punto mi chiesi perché continuavo a pagare cifre che potevo permettermi a stento per stare seduto davanti a quell'uomo che continuava a scribacchiare sul suo taccuino, fermandosi ogni tanto a osservarmi come se fossi un animale da laboratorio.
Quando chiudeva il taccuino capivo che la seduta era finita e che dovevo aprire il portafoglio.
Dopo qualche seduta avrei voluto mollare e andarmene in un bar per farmi una bella birra.
Perchè continuo a pagarlo?
Perchè non vado a sedermi su una panchina del Central Park a guardare gli alberi e gli scoiattoli, aspettando che i miei guai salgano in superficie?
Sennò al pub:mi faccio qualche birra e nel frattempo mi guardo dentro,mi esamino la coscienza.
Sai quante centinaia di dollari risparmierei!
Mi misi d'impegno per essere vivace e spassoso,per assicurargli che andava tutto bene.
Ma se andava tutto bene,che ci facevo nel suo studio?

Fuori dalla classe ero un timido.
Quando mi trovavo in compagnia,se non bevevo qualche bicchiere, quasi non spiccicato parola,a differenza di mia moglie o di mio fratello che attaccavano discorso con tutti.

In quel gruppo se ne dicevano di tutti i colori.

Amplessi con padri,madri,fratelli, sorelle e zii in visita,con la moglie di un rabbino,con un setter irlandese,con un vasetto di fegatini di pollo,con il tecnico che doveva riparare il frigo e poi si era trattenuto vari giorni senza raccogliere mai i vestiti dal pavimento.
Cose così uno le confidava solo al prete,ma ai componenti del gruppo non dispiaceva rivelare i propri segreti a tutti.
Se avessero partecipato alle riunioni di quel gruppo, D,H.Lawrence e perfino il Marchese De Sade sarebbero rimasti scioccati.

Lo Stuyvesant,antica scuola di vari premi Nobel,aveva fama di essere il top dei licei di Manhattan,l'Harvard delle superiori.
All'esame di ammissione si presentavano ogni anno 13000 candidati e di questi venivano scremati i 700 più in gamba.
Avrei insegnato in una scuola che non mi avrebbe mai accettato come allievo.

Alla fine di una giornata di scuola esci che nelle orecchie ti ronzano ancora il chiasso dei ragazzi,le loro preoccupazioni,i loro sogni.
Che ti seguono a cena,al cinema,al bagno,a letto.
Tu cerchi di scacciarli via: via,via,che sto leggendo un libro,un giornale,una terribile profezia,andate via!

Non mi viene mai fa dire che insegno scrittura creativa o poesia o letteratura,visto che io stesso non ho ancora finito di imparare.

Scoprii che non sapevano i 7 vizi capitali.
Se non li conoscete,come fate a divertirvi?

La vittoria era una vittoria ma la sconfitta ti faceva scavare nel profondo.

In questa impresa siamo coinvolti insieme.
Non so voi,ma questo corso io lo prendo sul serio e di una cosa sono sicuro:che alla fine,una persona presente in questa aula avrà imparato qualcosa e quella persona, miei piccoli amici, sarò io.

Ogni tanto qualche studente riesci a farlo fesso,ma loro sanno quando porti la maschera,e tu sai che lo sanno.
La verità è d'obbligo.
Se ti contraddici sbottano:
"Ehi,una settimana fa mica ci hai detto così!"
Devi vedertela con la loro esperienza pluriennale e se insisti a nasconderti  dietro la maschera del professore,te li giochi.
Anche quando mentono con se stessi e con tutti, nell'insegnante i ragazzi cercano la sincerità.

Pozzo di scienza,guarda che vita fai quando non sei a scuola.
Non hai un posto nel mondo.
Sei un uomo ai margini.
Non hai moglie.
Tua figlia la vedi di rado.
Non hai un'idea,un progetto,un obiettivo.
Su, comincia ad avviarti verso la fossa.
Sparisci.
Di te resterà solo il ricordo di un uomo che trasformò la classe in un campo da gioco,in una seduta di terapia di gruppo.
Ma perché no? E che cavolo!
La scuola in fin dei conti a che serve?
Ditemi voi:il compito di un insegnante è fornire materiale all'apparato militare industriale?
Stiamo confezionando colli per la catena di montaggio delle grandi aziende?
L'accusa è che ho una doppia vita.
Vale a dire:in classe mi diverto, negando ai miei alunni un'istruzione come si deve,mentre di notte mi rigiro nella mia branda da scapolo, pensando: signoriddio,che vita!
Tra parentesi,debbo congratularmi con me stesso per non aver mai perso la capacità di farmi un bell'esamino di coscienza.
Ho il dono di sentirmi inadeguato e in difetto.
Perchè temere le critiche quando il primo a sparare a zero sono io?
Vinco la gara a mani basse.
Raccogliete le scommesse!
Che sia paura?
Risposta esatta,Francis!
Il piccolo pezzente ha ancora paura di perdere, di ritrovarsi al buio,assordato dai pianti,dai gemiti e dal digrignar di denti.
Insegnante inventivo e ardito,incoraggia adolescenti a cantare ricette ma si chiede quando calerà la scure.
E se cala la scure? In malora lei e il boia.

Lo scrittore è colui che si chiede sempre:cosa sta succedendo?
Questo è lo scrittore.
Siete uno scrittore:cosa succede quando sentite una musica? O quando vedete per strada una coppia che litiga? O guardate un bambino che si ribella alla madre? O vedete un barbone che chiede l'elemosina? O Vedete un politico che tiene un discorso?
Oppure quando chiedete a qualcuno di uscire con voi.
Osservate la reazione che ha questa persona.
E siccome siete uno scrittore,vi domandate sempre,sempre,sempre:cosa sta succedendo?

Professore,perchè non dovremmo leggere ricette?
La ricetta del polpettone non è importante come tutte quelle poesie che fra l'altro non capisce nessuno?
Senza poesia si può vivere,senza mangiare no.O sì?


"Il piccolo Nello ha perso l'agnello e dove trovarlo non sa.
 Se lo lasci in pace vedrai che vivace a casa tornerà".
Questa poesiola mi piace per la semplicità del suo messaggio.
E sarebbe?
Che la gente dovrebbe smetterla di rompere le scatole agli altri.
Il piccolo Nello fa marcia indietro:potrebbe stare alzato tutta la notte a piagnucolare vicino alla porta aspettando l'agnello,ma sa che non ce n'è bisogno.
Lui si fida dell'agnello,lo lascia in pace.
E quello torna a casa.

Non ce lo immaginiamo nemmeno quante cose oscure e profonde ci sono nei pensieri dei bambini.

Riguardate un attimo la poesia,fatela sedimentare.
Allora,cosa è successo?
Avete letto la poesia ed è successo qualcosa,qualcosa si è mosso dentro di voi,nella mente,nel corpo,nello stomaco.
Oppure non è successo niente.
Non è mica obbligatorio reagire a tutti gli stimoli dell'universo.
Non siete mica delle cartine di tornasole.
Non siete obbligati ad avere una reazione di fronte a tutto ciò che vi viene proposto.

Una parola può cambiare tutta l'atmosfera di una frase o di un paragrafo.

Gli scombinati c'hanno sempre qualcosa che ci attira.

Quando uno non c'ha soldi non c'è via di fuga.

A forza di parlare vengono fuori tante cose.
Ma perchè invece non prendiamo la poesia così com'è?
Guardiamo solo la storia senza analizzare tutto fino alla morte.

Signori e signore,questo è un corso di scrittura e per noi tutto fa brodo.

Mimi Sheraton è una critica di ristoranti.
Immaginate che situazione:un marito che non può mai portare la moglie a cena fuori per il semplice gusto di cenare fuori,senza dover capire quali spezie hanno usato o cosa c'era nella salsa.
E chi ha voglia di mangiare con una che sa tutto di cucina e di vini?
No,sarà pure un lavoro affascinante ma alla fine uno si stufa di dover sempre mangiare il meglio di tutto. E poi pensa a come ti si riduce lo stomaco.

Era fantastico che un professore col cognome irlandese incoraggiasse i suoi alunni ad apprezzare le cose belle della vita.

Infognatevi in un lavoro senza futuro e poi vediamo quanto sorridete.

Siete scrittori,che ne dite di alzare un pò il livello del vostro vocabolario?

"Allora,che intendete con -fa schifo -?"
"Che la roba è immangiabile"
"E perchè?"
"Perchè c'ha un sapore di cacca"
"E come fate a sapere che sapore ha la cacca?"
"Professore,lei è uno simpatico ma lo sa che certe volte diventa esasperante?"

E'il linguaggio a svelare l'uomo:parla così che io possa vederti

Un solo genitore,una madre,una volta mi ha chiesto,durante i colloqui,se il figlio a scuola si divertiva.
Io le ho risposto che mi sembrava di sì.
Lei ha fatto un sorriso,si è alzata,ha detto grazie e se n'è andata.
Solo lei in tutti questi anni.
Madri e padri pensano solo al successo e ai soldi.
Per i figli hanno grandi aspettative,grandi speranze e noi siamo come gli operai di una catena di montaggio che ficcano un pezzetto qui e un altro lì finchè non viene fuori il prodotto finito,pronto a soddisfare mamma,papà e l'azienda.

Nel bar entrò un gruppo di genitori.
Una madre venne da me:
"Complimenti!A un genitore che ha aspettato mezz'ora per parlare con lei non può dedicare neanche un minuto,però il tempo per trincare birra lo trova!"
Le chiesi scusa.
"Sì,come no" ribattè.
Ero così demoralizzato che alzai troppo il gomito e la mattina dopo restai a letto.
Perchè non le avevo detto che con le sue lamentele mi ci pulivo il mio regal culo irlandese?

Mi disse che mi stava spuntando la neve sulla testa e che dovevo godermi gli anni che mi restavano.
Aggiunse che,tempo un anno,avrei ripensato a quel momento e mi sarei chiesto perchè avevo sprecato tempo ed emozioni a preoccuparmi del fatto che un mio alunno non avesse carta e penna.

Sei anni dopo incontrai per caso un mio vecchio alunno.
"Io non le sono mai stato simpatico,vero?"
"Non mi sei mai stato simpatico?Ma scherzi?Era una gioia averti in classe.Johathan diceva che scacciavi il malumore a tutte le ore..."
Diglielo,McCourt,digli la verità.
Digli che ti ha rallegrato le giornate.
Che parlavi di lui ai tuoi amici.
Che parlavi di questo tipo originale e ammiravi il suo modo di fare,il suo buonumore,la sua sinceritàe il suo coraggio.
Diglielo che avresti dato l'anima per avere un figlio come lui.
Digli che bel ragazzo era ed è tutt'ora,sotto tutti i punti di vista.
Diglielo che gli volevi bene allora come gliene vuoi adesso.
Diglielo.
Così feci.
Lui restò senza parole e io me ne fregai altamente di quello che avrebbero pensato i passanti vedendoci stretti in lungo e caloroso abbraccio.
Noi due,il professore di liceo e il grande e grosso futuro Agricoltore Ebreo d' America.

Al mondo non c'è nulla di più pericoloso che lasciar liberi due vecchi rompicoglioni di starsene al sole.
C'è il rischio che si mettano a pensare.
Stessa cosa con i ragazzi.
I ragazzi bisogna tenerli occupati,sennò c'è il rischio che si mettano a pensare.

Mi spazientisce sentire i problemi dei ceti agiati: "che caldo che fa!","che freddo che fa!".
Discorsi da privilegiati.
Io,dopo 30 anni vissuti in America,ancora mi rallegro di avere la luce elettrica o di prendere un asciugamano dopo aver fatto la doccia.

Alla lunga,caro mio,puoi fare conto solo su te stesso.

Phyllis scrisse un tema sulla sera in cui Neil Armstrong era atterrato sulla Luna.
A casa sua tutti i parenti avevano fatto la spola tra il soggiorno,dove c'era il televisore,e la camera da letto in cui suo padre stava morendo.
Mentre era con suo padre,la mamma l'aveva chiamata per andare a vedere Armstrong che metteva piede sulla Luna.
Lei era corsa in soggiorno,tutti quanti si erano abbracciati esultanti ma quando era tornata in camera aveva trovato il padre morto.
Non aveva gridato,non aveva pianto,il problema era che non sapeva come tornare dall'allegra compagnia in soggiorno e annunciare che papà se n'era andato.
Pyliis pianse lì,davanti ai compagni.
Mi avvicinai..
Le misi un braccio intorno alle spalle.
Troppo poco.
Allora la abbracciai e la lasciai piangere sulla mia spalla.
Quando poi l'accompagnai al banco,mi accarezzò la guancia.
Questa carezza non è niente di trascendentale ma non la dimenticherò mai e neanche Phyllis,il padre morto e Armstrong sulla Luna.

Voi scrivete ogni momento della vostra vita.
Scrivete perfino mentre sognate.
Camminando per i corridoi di questa scuola incrociate varie persone e dentro di voi scrivete come forsennati
Sognare,desiderare,fare progetti,tutto equivale a scrivere ma la differenza fra voi e gli altri è che voi,amici miei,guardate tutto,lo imprimete nella memoria,comprendete il significato dell'insignificante e lo mettete su carta.
Magari siete innamorati o in lutto ma come osservatori siete implacabili.
Il vostro materiale siete voi.
Voi siete scrittori e una cosa è certa:a prescindere da come andrà a finire,non vi annoierete mai più.
Mai più.
Non c'è cosa umana che vi sia estranea.

Sedetevi accanto ai vostri nonni.
Fatevi raccontare la loro storia.
Tutti i nonni e le nonne ne hanno una e se li lasciate morire senza metterla per iscritto siete dei criminali.

"Perchè mi fai tutte queste domande? E' ancora quel professore che ricomincia a ficcare il naso?"
"No,nonna.Pensavo solo che ti avrebbe fatto piacere raccontarmi la tua vita,così la potrò raccontare ai miei figli e loro potranno raccontarla ai loro figli e nessuno ti dimenticherà"
"Dì a quel professore di farsi gli affari suoi!In vita mia ho fatto quel che ho fatto e sono affari miei!"

Scrivi nell'inglese che ti pare,basta che scrivi.

Valutatevi da soli.
In fondo lo fate di continuo.
Lo facciamo tutti,il nostro è un processo costante di autovalutazione.
Trattasi di esame di coscienza,ragazzi miei.
Chiedetevi sinceramente:ho imparato qualcosa durante le lezioni?
Ebbene,se non avete imparato niente vuol dire che stavate dormendo oppure che il sottoscritto è un pessimo insegnante.

Paura e Libertà.
Non credo sia possibile raggiungere la libertà assoluta,ma quello che sto tentando di fare io con voi è mettere la paura alle strette.

Scopri cos'è che ti piace e fallo.
Alla fin fine il succo è questo.

Ammetto che insegnare non mi è sempre piaciuto.
Mi sentivo inadeguato.
In aula sei da solo,sei una persona sola che ogni giorno deve affrontare cinque classi di teenagers.
Una unità contro 175 bombe a orologeria.
Devi vendere cara la pelle.
Magari gli sei simpatico,magari ti vogliono addirittura bene,ma loro sono giovani e il mestiere dei giovani è cacciare via i vecchi dal pianeta.

La classe è un teatro di intense vicende.
Li vedi uscire dall'aula trasognati,abbattuti,strafottenti,entusiasti,sorridenti,perplessi.
Dopo qualche anno ti crescono le antenne.
Capisci quando hai fatto breccia o te li sei alienati.

Era Aprile,fuori c'era il sole e chissà quanti mesi d'Aprile,chissà quante giornate di sole mi restavano.
Mi sembrava di avere sempre meno da dire agli studenti.
La mia voce cominciava ad affievolirsi.
Ma prima di lasciarci le penne volevo lasciare un segno.
Chi ero io per parlare di scrittura se non avevo mai pubblicato e tanto meno scritto un libro?
Tutti i miei discorsi,tutti i miei appunti scribacchiati sui quaderni non rappresentavano niente.
Possibile che a loro non venisse il dubbio?
Possibile che i ragazzi non si chiedessero:com'è che ciancia tanto se non ha mai scritto un rigo?

Aveva imparato a vedere il suo incidente in un'ottica diversa.
Aveva imparato a vedere le cose da fuori.

"Ehi,professore,lei dovrebbe proprio scrivere un libro,lo sa?"
"Ci proverò".






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