Io stavo sprofondando nel buco nero dentro me stessa.
Smise di piangere,di parlare,di urlare,ma fu peggio.
Fu come se volesse:non vale più la pena.
Mi voltò le spalle.
Non mi guardò più.
Perchè il mio mondo è come un giornale quotidiano.
Chi ha la storia migliore sta in prima pagina,
ma solo per quel giorno,pronto a essere rimpiazzato 24 ore dopo.
A certa gente piace fare l'eco e rimbombarti in testa.
E io seguivo i suoni come un cieco senza cane,
portata dall'istinto,ma non vedevo con chiarezza dove mi avrebbero condotto.
In realtà non mi dispiaceva affatto scrivere.
Era il mio modo per sciogliere quel groviglio di pensieri che tendevo a soffocare.
Chi ero io,in quella giungla?
Ero un topo fra le serpi o una serpe fra i topi?
Li osservò affrettarsi con distacco,come si può osservare il mondo,sapendo di non farne parte,
di appartenere a qualche altrove.
Gli altri parlavano,noi 2 non ascoltavamo.
Noi 2 eravamo solo sguardi.
Innamorata.
Perdutamente innamorata.
Il cuore a palla.
Un palpito leggero a scuotermi il petto.
Le mani tremanti.
Lo stomaco che sussulta.
Ero un merluzzo morto di fame che si imbatte in una briciola di pane in mezzo al mare.
Si sente fortunato,quel merluzzo.
Mica si chiede se in mezzo a quello strato soffice nel quale ora sprofonda i denti,
potrebbe essere nascosto qualche amo,
E perchè mai dovrebbe?
Quegli occhi pieni di speranza.
Colmi di delusione.
Le amicizie si costruiscono nel tempo e il tempo ci aveva divise,che vuoi fare.
O forse il tempo aveva diviso me da me stessa e basta.
Mi aveva frantumata in tanti pezzi che adesso non si potevano incollare.
Fu per non deludere gli altri,per essere della partita,per non sentirmi diversa,
per non sentirmi diversa.
Diversa e basta,
Senza neppure chiedermi se diversa volesse dire migliore o peggiore.
L'attesa del dolore è peggio del dolore stesso.
...l'incredulità nel vedere senza vita l'uomo che la vita l'aveva data a me.
Solo vuoto.
Ero invasa dal vuoto.
Perchè?
Non esisteva nessun'altra parola.
Perchè.
"Respira"mi ripetevo.
"Respira..puoi farcela...sai farlo!"
Troppo difficile.
L'aria restava fuori.
L'aria si teneva lontana da me.
Fu allora che,nel buio,salutai per sempre una parte di me stessa.
Erano passate 3 settimane,diceva il calendario.
Ma per me era un tempo astratto.
Un unico interminabile istante di dolore.
Mi rifiutavo di uscire dal mio letto,come se fuori di lì ci fosse il nulla.
La forza se n'era andata via.
Mi sembrava di impazzire,prigioniera dei miei stessi pensieri.
Ti voglio bene.
Sarebbe stato facile.
Eppure non ero mai riuscita a dirglielo.
Lui sedette sul bordo del mio letto.
Occupò un angolino,quasi avesse paura di irritarmi nell'avvicinarsi troppo.
Avrei voluto dirgli che a irritarmi era il contrario:
il fatto che non avesse mai fatto niente di diverso...osservarmi dal bordo di qualcosa,
da un angolino,senza avvicinarsi.
"Da quando esiste un io e te?"
"Da un mese. E da ora in poi"
Mi sembrò di non avere più niente da dirgli per il resto della vita.
Un mondo falso.
Un mondo superficiale.
Un mondo senz'anima.
Non diventare così!
Tu sei diversa!
Mi osservai allo specchio e non mi riconobbi.
Chi sono diventata?
No!
Non volevo più sentirmi una di loro.
E adesso con me non c'era nessuno.
Nessuno che fosse in grado di sorreggermi.
Nessuno che fosse in grado di camminare accanto a me.
Nessuno che io volessi.
Forse è questo che fa la rabbia.
Quella ruggine soffocata nello stomaco.
Esplodeva.
Le prese di posizione non sono mai invalicabili.
Sono muri a cui basta una parola,spesso,per crollare.
Nel mio caso,la parola Rodrigo era dinamite.
Faceva crollare le mie fortezze.
Tutto sembrava tornato alla normalità.
Anche se io ero morta dentro.
Come sempre.
Come ogni volta,in una situazione complicata.
Scappavano via.
Romania.
Dunque,la Romania non era solo un nome sentito distrattamente al telegiornale.
La Romania era anche questo ragazzo sperduto con un sogno distante,
una forte nostalgia e una bicicletta rotta,che adesso ascoltava incantato le sue musiche e guardava i suoi colori dentro un piccolo schermo sfocato.
Lo guardai negli occhi attentamente.
Quegli occhi avevano già visto la miseria,la sua terra che si allontanava.la sua vita disperdersi e finire tra le sbarre dell'incertezza.
Quegli occhi avevano pianto la morte,avevano raccolto la sofferenza e il dolore,
eppure ora mi fissavano trasparenti,sorridenti,sereni.
Mentre mi specchiavo,incantata,pensai che i miei,al confronto erano occhi vuoti.
Eppure,immersi com'erano nei suoi,si andavano colmando di qualcosa.
Rubavano un pò della sua vita.
Le urla escono solo con i sentimenti.
Solo quando ti sta a cuore qualcosa.
Altrimenti guardi scorrere la vita come una guerra in un paese distante.
E,riguardo a quella sera,forse mi sono ammaccato,ma tanto te ne sei andata comunque.
Ma sappi che io no,non me ne vado.
Per te ci sarò sempre.
Ragazzini vestiti da grandi.
Grandi vestiti da ragazzini.
Ci si perdeva in quella massa uniforme che sembrava riprodotta in serie.
"Non te la prendere per quello...sai com'è fatto!"
"Sì,è fatto così. Solo che io...non so più come sono fatta io"
Finalmente sola.
Sorrisi,nel guardare come estranei quei bicchieri.
Mi sentivo svuotata come loro.
La mia vita era un pozzo senz'acqua:niente madre,niente amici,niente scuola.
Scavavo.
Una talpa.
Da un baratro all'altro,più fondo ancora.
Colpa mia.
Di tutto.
Colpa mia.
Troppo dolore sulle spalle.
Il mondo senza più suoni nè colori.
E il desiderio di distruggere tutto attorno a me.
Attorno a me grigio,grigio e ancora grigio.
Il colore del vuoto.
Il colore della mia nuova vita.
Il mio colore.
Eravamo cavalli che giravano a vuoto con il paraocchi,capaci di fissare un punto solo.
Sarebbe bastato allentare un pò quella visiera per capire quanto fosse ottuso quel campo visivo.
E adesso mi pareva che il dolore,scorticandomi la pelle,l'avesse resa vulnerabile a tutte le emozioni che sentivo intorno a me.
Un oceano infinito di emozioni.
E ognuno era un granello di sabbia che saliva dal fondo e rotolava proprio su di me.
facendomi bruciare la pelle e sobbalzare.
Non so quello che vuoi fare tu ma so quello che farò io.
Del resto,cos'è la vita se non un foglio bianco da riempire?
Si appoggiò di nuovo le cuffie alle orecchie e si rinchiuse nella sua musica.
Come se da una porta che aveva spalancato troppo in fretta fosse entrato un eccesso di corrente e ora,
per ripararsi,l'avesse nuovamente chiusa.
Troppo gelo.
Troppo rumore.
Troppi pericoli.
Le cuffie rappresentavano la sua armatura per difendersi dal mondo.
E così quella sera,mentre lui tornava in una stanza non sua,
in una casa famiglia che di casa e di famiglia non aveva niente,
io mi sentii viziata e sconfitta.
Tornavo sotto il mio tetto accogliente,nella mia camera bella ed elegante.
Eppure non riuscivo a sentirmi più fortunata di lui.
Ecco perchè mamma mi aveva mandata lì.
Tanto lo sapevo.
Sapevo che stava ancora lì a guardarmi e non avrebbe mai smesso.
Speravo che da qualche parte,dove si trovava ora,avrebbe ancora potuto essere fiera di me.
Forse c'è per tutti quel momento in cui,tra un passo e l'altro,ci rendiamo conto di essere in equilibrio su di un filo.
E ci viene paura di cadere,finchè il passo successivo non ha la certezza di appoggiarsi a qualcosa di concreto.
Loro di pensieri ne avevano pochi,per quello riuscivano per osmosi a trasmettermi il nulla.
Coprire il modo di essere col modo di fare.
Un pò m'inteneriva.
Un pò mi faceva pena.
Ma come avrei potuto mai salvarla da se stessa?
"Secondo te,se 2 fratelli per tanto tempo non si vedono.Poi si vedono dopo tipo 40 anni,si possono riconoscere?"
"Ne sono sicura!2 fratelli si riconosceranno sempre!"
"La Romania non è così lontana.Chi ti ha detto che non ci tornerai prima di 40 anni?"
"Se hai i soldi non è lontana.Ma se non ne hai,credimi,può sembrare irraggiungibile"
In quel momento pensai che una cosa che avevo dato sempre per scontata,i soldi,poteva cambiare anche i confini del mondo.
"Io voglio una famiglia con lei.
Lei è l'unica con cui posso immaginare una famiglia mia.
Il mio futuro."
"La ami?"
"Più della mia vita"
Non puoi mai dire nella vita:
da tutto hai niente e da niente hai tutto.
"Perchè non vai a casa?"
"Perchè non ho una casa"
"Non scherzare su queste cose,ragazzina,non con me!"
"Hai ragione,ce l'ho una casa.E'una famiglia che non ho più.Se l'avessi starei qui,adesso?"
Mi aveva aiutato a capire che nel mio nulla c'erano cose che non ero riuscita a vedere.
Capii che per aiutarlo,per aiutarci,sarebbe bastato parlare.
La gente,quando piove,tira fuori il peggio di sè.
Tutti irritati,frustrati,ostili,ansiosi,frettolosi.
Ad affidare ai clacsono striduli e aggressivi le loro voci,i loro umori.
Radici così aggrovigliate che districarle,pensai,sarebbe stato impossibile per me.
Ma ci avrei provato.
Non torno perchè sono sola.
Sola lo sono sempre stata.
Torno perchè mi sono resa conto di quanto sia sola tu.
I "non posso" si trasformarono lentamente in "come".
"Mi spiace che tua mamma se ne sia andata"
"Mamma non se n'è andata da nessuna parte.Mamma è morta!"
Mia madre era morta.
E non l'avrei rivista mai più.
Eppure non se n'era andata.
Lei non lo avrebbe mai fatto.
Mia madre era con me.
Mi sono trasformata in una palla che sarebbe rimbalzata su tutti.
O che tutti avrebbero fatto rimbalzare altrove.
Devi smettere ci circondarti di persone così vuote,così distanti da te.
Parole come punte di coltello.
Entrarono.
Scavarono.
Ferirono.
Rimasero a risuonarmi dentro come un grido di dolore.
Mi stava sempre accanto.
Appiccicata addosso come e non esistesse porto sicuro al di fuori di me.
Ci alzammo e piano piano ,ondeggiando,cominciammo a camminare.
A fissare i palazzi,le finestre con i vasi di fiori.
Tutto,tranne che gli occhi dell'altro.
Quel bacio stava là,tra i momenti che dovevano accadere prima o poi.
"Ciao,piccolo mostro!"
Rimasi sotto casa a godermi quegli attimi.
Era dalle medie che nessuno mi chiamava così.
E avevo sofferto da morire.
Che stupida che ero stata:
di fatto,i veri mostri,non sempre sono brutti.
Il mio tempo lo passavo diversamente ora.
Aveva valore,ora.
Guardai il vuoto e mi parve di toccarlo con le mani.
Rimasero a fissarsi senza dire niente.
Occhi negli occhi.
Estranei al mondo.
Incantati l'uno dall'altro.
Poi si abbracciarono.
Senza respiro.
Stretti fin quasi a rimuovere in un istante tutto lo spazio che fino ad allora li aveva separati.
Si fusero l'uno dell'altro.
Diventarono una sagoma sola.
Te l'avevo promesso,no?
Di dirti tutto quello che non ti avevo mai detto.
Di spiegarti il mio dolore muto.
Beh,eccole qui: sono le mie parole del silenzio.
Parlano per te.
Ogni persona ha dentro un abisso.
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