giovedì 29 gennaio 2015

Frasi dal libro "L'uomo senza specchio e cravatta" di Tommaso Occhiogrosso

Le distanze sono sempre state un problema per me.

"Mi verrebbe da chiedere,a chi sei figlio?Da chi hai preso? Da me no di certo!Altrimenti non starei qui a rosicarmi per il poppante che sei!"
Questo è stato il più bel complimento che mio padre abbia potuto regalarmi e lo ammetto,
ricordarlo non mi fa un gran bene,perchè tutte le volte avrei voglia di chiedergli perdono se sono venuto al mondo,e che se dipendesse da me,toglierei volentieri il disturbo.

“I figli non si possono scegliere!” ripeteva scherzosamente davanti ai parenti, il caro babbo.
“Figuriamoci un padre!” avrei risposto. 

Trovo nell'unicità di essere la mia vera forza.

Piangere non è da bambini, ma nemmeno far finta che tutto va bene è da grandi.


Di tanto in tanto, mi chiudo nella mia stanza e assecondo l’opprimente necessità di abbandonarmi in pensieri che mi allontanano dalla realtà, quasi a volerla scrutare da un punto lontano, da un osservatorio al di fuori dell’orbita terrestre.
Metto in pausa la vita, le mie vicende, la mia storia e volo via.

Cipolla Marcia è il nome che do a tutto ciò che non è vero.
La verità è una cipolla, che sfoglia dopo sfoglia, 

riga le guance di lacrime senza nemmeno che tu ne sappia il motivo.
Tanta non sincerità, fa piangere. 
Il cuore della cipolla è il fulcro della verità, la verità per eccellenza. 
Di solito mostriamo la nostra cipolla intatta, lucente, perfetta e, strato dopo strato, 
sveliamo la parte più vera a chi veramente la merita. 
Chi decide di lasciarla integra, a lungo andare muore nelle sue stesse verità, 
affoga propriamente nell’acidità delle sue sfoglie:
patine d’ipocrisia che seccano pian piano, sino a far marcire il cuore. 
E la cipolla si butta.
Sfogliare cipolle ancora intatte, mi rattrista.
Per questo il mio linguaggio pare incomprensibile,
di parole senza spazi, senza pause, perché troppi vuoti formano distanze ed io,
cerco di tenermi stretta ogni cosa, specie pensieri vitali, essenziali per distinguermi dalla massa.
Così facendo, son certo resterò solo, appunto,
ma questi vuoti, queste distanze, non mi fanno per nulla paura.
Sono tutto di un pezzo, anch’io.
E camminerò da solo.


Piuttosto che crescere col tempo,
preferisco che il tempo cresca me, 
sfruttando le occasioni favorevoli che di tanto in tanto mi capitano.


Prerogativa di mio padre è annullare la bozza di quel che sono.
Già perché, secondo lui, sono ancora un progetto, un’idea, uno schizzo.
Vorrebbe tante cose belle per me, le vorrebbe incollare sulla mia figura come cartapesta,
come di un carro allegorico da esibire per le vie della città, nella più rilevante manifestazione cittadina.
“Questo è mio figlio, l’ho fatto io!”.


Questo vivere ammirando cartoline della realtà, mi ha fatto davvero girare a vuoto.
Assorbivo le immagini della vita e le proiettavo nella mia testolina,
ma in verità non sapevo che farmene, erano un accumulo di roba senza senso.

Mi accorgo quanto vagamente mi faccia coinvolgere dagli eventi e quanto viva in realtà di vignette a forma di nuvola, come continui pensieri o ipotesi.

Cos’era l’uomo come si deve?!
Quale ente supremo poteva definire tale individuo e soprattutto cosa distingueva un uomo come si deve dall’uomo come non si deve?
In tutta sincerità, non so se sarò mai un uomo come si deve, perché in fondo non m’importa. 
Ciò che è da tenere in considerazione è il fatto di avere qualcuno dalla mia parte, una volta tanto.

Il mio vero interesse era Loredana e il suo mondo.
Non so spiegare in quale misura, ma sapere che era lì per me ed io per lei,
sempre, secondo le stagioni e gli amori l’uno e dell’altra, era fondamentale.

La comunicazione tra me e mio padre è una zona senza segnale,
siamo così isolati che non val la pena nemmeno provarci.
Se solo riuscissimo a uscire da quel luogo senza campo, sarebbe tutto più semplice.


Un ragazzo se ti prende, ti prende e basta. 
In qualche modo la vita, te la sconvolge.

Il vero problema è che vediamo l’egoismo come qualcosa di sbagliato, 
ma in fondo non è altro se non amore per se stessi, rispetto per la propria persona, 
perché per noi stessi cerchiamo sempre il meglio.
Se volere il meglio per se stessi, è egoismo, allora sono egoista,lo ammetto!

Sorrisi e pensai a quanto fosse pazza e stupida allo stesso tempo.
Io la amavo per questo.
Sentivo qualcosa di forte che urtava contro il petto e rifletteva espressioni come di un sorriso,
ma più bello, nei miei occhi.
Sentivo i miei occhi brillare.
E abbassavo la testa.

Anche Loredana è la mia valvola di sfogo, ma questo non lo ammetterò mai, 
perché non mi piace far capire che anch’io ho bisogno di qualcuno.

...decide di affogare le sue seghe mentali nel pozzo del "ma chi se ne frega".

Investiamo il nostro futuro in qualcosa di così banale, da restare al verde per tutta una vita.

Loredana di tanto in tanto si allontana e invia cartoline dai luoghi che sta visitando.
Il posto più bello resta comunque vicino a me.

Il presente non è il mio luogo ideale e forse per questo motivo,vivo di ritardi,
continue posticipazioni del contemporaneo, malinconici attraversamenti da un recente passato a una corrente realtà disagevole.

"Ai miei tempi, tutti questi discorsi non si facevano. La cosa importante era volersi bene!”.
“Oggi pare che non basti nemmeno amarsi, purtroppo!”.


Ogni volta che la mia mente ritorna sull’avvenimento, avverto una fitta al centro dello stomaco:
un senso di colpa difficile da digerire e da superare con la classica tecnica de “Ormai è acqua passata!”.

Credo che questi siano sono solo vestiti che ciascuno di noi decida di indossare. 
Quasi fosse una moda da seguire.
La società ci insegna che si vive, si cresce, si nasce soprattutto (!) per metter su famiglia.
E' scontato e addirittura naturale che un ragazzo, giunto all’età di trent’anni debba sposarsi per procreare.
Dar vita al nucleo familiare per il quale è stato costantemente istruito.
Non ho mai voluto frequentare questo tipo di “scuola”.

Le lezioni le seguivo da ‘privatista’, non perché fossi snob,
piuttosto perché non c’era nessun insegnante in grado di comprendermi,
dunque “studiavo” solo le materie che erano di mio gradimento.
Tutte le altre le ritenevo una prodigiosa perdita di tempo.

Dover crescere da solo,
credo sia l’opera più difficile che un ‘ometto’ possa compiere e tu questo non l’hai mai capito.


Vivo dei momenti che passiamo insieme, nonostante siano pieni di silenzi.
Se c’è una cosa della quale ho bisogno, è il continuo confronto a distanza con te. 

Se solo credessi a me in questo momento, sarebbe meraviglioso,perché forse inizieresti conoscermi davvero. 

Vivo di un passato reale, nel quale spero sempre che il calendario ruoti al contrario,
togliendoci giorni inutili e restituendoci gli anni migliori, nei quali purtroppo abbiamo vissuto troppo poco.

Padre ho peccato.
Mi confessi.
Ho peccato perché desideravo peccare, a priori, pur sapendo di sbagliare.

Riconosco l’errore, e me ne pento solo per metà.
Mi chiedo se le è concesso redimermi solo in parte, graziare quella zona franca nella quale accumulo insolvenze e banalità,
perché dell’altra parte, sono fin troppo geloso e non importa quanto sia dannata,
fosse anche per la vita eterna, ma preferisco lasciarla intatta e incontaminata.
Voglio che resti intatto e incontaminato per il resto dei miei giorni.
È la mia parte preziosa, quella che coltivo con fatica, quella ancora non violata da falci e rastrelli mondani,
(dove per mondani, intendo tutto ciò che non mi è mai stato consono),
 intatta da mani nemiche, che cercano di accaparrarsi un bene raro,
infettando con belle facciate e colori sgargianti, le mura che mi proteggono.
Vivo la presunzione di resistere nel rozzo mondo, ma sarebbe più preciso dire grezzo.
Il mio grezzo mondo.
Troppo spesso mi isolo nel mio grezzo mondo.
È questo che le chiedo.
Perdonare la presunzione di essere fuori le mura, forse perché estraneo alla città e alla sua vita.
Non ho peccato contro di lei, padre, continuo a trasgredire alle leggi dei miei vicini:
quelli che pensano di sapere "come si faccia";
quelli che t’invitano a cena solo per presentargli un’amica;
quelli che pretendono di essere ascoltati ma non sono mai disponibili per le tue confessioni; 
quelli che un rapporto duraturo si definisce tale,ma sempre per una durata temporanea;
quelli che dell’usa e getta;
quelli del passaggio quando serve e vado a piedi quando mi gira, lasciandoti solo;
quelli del cosa pensa lei se indosso questi jeans o sarò alla sua altezza, altrimenti mi piego;
quelli del basta apparire e quelli che hanno attenzioni per abiti ambulanti, firmati ovviamente;
quelli che i figli crescano e si guadagnino la vita come abbiamo noi;
quelli che riescono ad essere qualcuno solo avendo qualcosa …
Spazi enormi da colmare, vuoti abissali nei quali ci si perde.
Io non sono così e non voglio essere uno dei tanti "quelli".

La dignità è solo una bella parola accentata, lo sa, padre.
Ai suoi tempi, forse era un valore, ma oggi persino il valore è svalutato.


Vedo spettri che vagano assetati, ma di una sete così stupida: se si comprendesse l’importanza dell’acqua e delle sue qualità, sarebbe tutto più semplice.

In questo mio passato vissuto nel presente,mi creda,non è per niente semplice abitare.

Loredana è un angelo.
La adoro perché solo standole vicino, mi sembra di guadagnarmi un pezzo di paradiso alla volta.
Ha la capacità di rallentare il mio bioritmo a tal punto da provocarmi sorrisi e carezze al cuore e tutte le volte penso sia posseduta da qualche spirito guida, giunto lì apposta per me.

Credo che essere integerrimi, risulti anche negativo.
Si hanno dei momenti di calo.
Non mi piace essere vulnerabile.
Davvero non ho bisogno di niente, ma sono un essere umano anch’io e a volte, per non rattristarmi troppo, mollo la presa.

In verità, ciò che continua a parlarmi di lui, sono i silenzi. 
La sua assenza.

Ho vissuto una vita senza un pezzo di me, come se fossi stata menomata di qualcosa.
Quest’uomo che manca, continuo a cercarlo ogni giorno, nelle persone che mi sono vicine.
Solo a tratti avverto la sua presenza, ma non è la stessa cosa.
Ecco perché continuo a essere mediocre nei rapporti con gli uomini che incontro.

Confronto non sempre è sinonimo di competizione.

Ho sentito che dicevi a mamma che tutto quello che fai con me si ‘perde nel vento’.
Non è vero, papà.
Se solo mi guardassi meglio, sono il frutto dei tuoi ripetuti no.
Ho paura per qualsiasi cosa e questo, non credo sia normale.

Il primo appellativo che mi viene in mente per definire quest’individuo è "Non Individuo":
ombra, sagoma, bozza, qualcosa che potrebbe essere ma viene cestinata perché è una cazzata.

In certe situazioni il silenzio vale come oro e soprattutto come miglior deterrente per le cazzate.

“Perché l’amore è un dogma.
Non gli puoi dare spiegazione né tantomeno racchiuderlo in una definizione.
È la chimica dei sensi e delle intese.
L’amore è il miglior esperimento riuscito privo ancora però del premio Nobel, perché non c’è legge che possa determinarlo.

Ti senti così inutile, che spegni persino l’ipod con i tuoi mp3 preferiti, perché quella musica,
è solo rumore.
Definire Rino, un rumore, è dunque la quinta stagione.

Loredana era la corrente che alimentava i miei meccanismi.
Senza di lei, era tutto spento, mi sentivo un rottame in attesa di esser ceduto al miglior offerente,
o al più stupido (che in molti casi è la stessa cosa).
Avevo timore di perderla e rimaner solo, senza di lei. 
Il mondo intorno era solo una cornice: 
mancava il dipinto che ne desse motivo di esistere. 

Le mezze vittorie per me, erano peggio dei pareggi. 
Non era una sconfitta, ma nemmeno una vittoria. 
Non era niente. 

Se fossi nei miei panni e vedessi con i miei occhi ciò che vedo io,
indosseresti anche tu una t-shirt con un dito medio bell’impresso,
al cospetto di tante polo o cardigan ben stirate,
tanti mocassini lucidati con pezze di lana per farli brillare e due gocce di chanel che persino uomini si spruzzano per apparire kitch. 
È solo apparenza papà. 
Ci sono impermeabili ambulanti, doppio petto con cravatta e camicia dai gemelli d’oro, 
che nascondono l’immondizia accumulata da anni,
cattiveria e stravaganza di costumi,
abitudini, vizi, false cortesie e ricatti ben sistemati sotto cappotti da mille euro, 
borse in pelle straripanti di ricette fasulle e raccomandazioni scritte col sangue per via di un patto sigillato in uno studio segreto in via Vattelapesca numero settordici.
È questo ciò che vedo.


Io non ho una bella faccia, tanto meno sono falso. 
Voglio mostrare i miei limiti e tu devi accettarli. 
Per il semplice fatto che la mia somma opera, il mio capolavoro architettonico, si chiama Verità. 
Voglio essere vero.

Che cazzo ci parlo a fare con un sordo?!?

A volte vorrei essere l’uomo che mio padre vorrebbe che sia, solo per un motivo: 
non procurargli il dispiacere di un figlio inutile.

Ho vissuto in perfetta solitudine la mia infanzia, senza un fratello. 
Non ho provato la complicità dei bambini che nascondono marachelle.
Io, da piccolo, le compagnie dovevo inventarmele con la fantasia, 

dovevo crearmi un fratellino immaginario e fantasticare di passar con lui i miei pomeriggi, 
dovevo assumermi le apparenti responsabilità del fratello maggiore, 
perché volevo dimostrare ai miei genitori che sapevo prendermi cura di qualcuno. 
Solamente questo rimprovero a mio padre: 
aver permesso che vivessi di fantasie per tutto il giorno, mentre la notte mi accorgevo della solitudine che riempiva la mia stanza.
Ecco il mio biglietto da visita.
Ho vissuto per tutti questi anni, in compagnia di me stesso a tal punto da essermi addestrato alla solitudine.


Mio padre è presbite, io miope.
È esattamente questo: continuiamo a scambiarci le lenti.
Quando indosso i suoi grossi occhiali, ho l’impressione di vivere in un grosso acquario, 

tutto è così ingigantito. 
Quando mio padre indossa i miei occhialini, scuote la testa perché ogni cosa gli sembra piccola, sminuita, perdendo così di vista l’obiettivo. 
Eppure la verità ,l’obiettivo ,è sempre lo stesso.
A volte guardiamo la realtà l’uno con le lenti dell’altro, nella speranza di poter comprendere e giungere a un’intesa, a un accordo, all’ammissione di colpevolezza spontanea, 

ma tutto è vano perché inforcando gli occhiali giusti, continuiamo a fissare quella verità che finalmente appare limpida e chiara: entrambi siamo certi di aver la vista migliore, l’uno rispetto all’altro così che continuiamo ostinati a pensare di aver ragione.
In realtà, abbiamo ragione entrambi: la verità è una, ma vista con due paia di occhiali diversi, può anche sembrare un’enorme oscenità.




L’uno di fronte all’altra, assorbivamo gli odori emanati dalla trepidazione di un incontro che non aveva nulla a che vedere con quelli fino a quel momento vissuti.

Vi era paura, soprattutto.

Il timore d’aver perso qualcosa durante il viaggio,

la sensazione che si vive per l’interruzione di un film, ripreso nonostante la pellicola proceda inesorabile,ma ignari di ciò che sia capitato nel frattempo.


Non si ringrazia un amico che ha voglia di ascoltarti.
Nemmeno quando non ne ha voglia.
Un amico è lì sempre dove vuoi che sia, appunto.
Non è mai un favore, anche quando un amico vien buttato giù dal letto alle due di notte e deve ascoltare un piagnisteo lungo due ore.
Un amico non chiede scusa, né ringrazia.
Gli estranei e i compagni si ringraziano.
È come ringraziare il semaforo quando diventa verde.
È un diritto attraversare la strada e ingranare la prima.
È un diritto essere ascoltati e essere sopportati da un amico.
Altrimenti non è quell’amico che pensi che sia.

L’odio è una forma distorta di amore, dunque la stavo amando in modo sbagliato.
Il contrario di amore non è odio, è indifferenza.

Per ogni cosa esiste un motivo e quando non lo comprendo, me ne fotto, 
perché preferisco vivere e godermi i minuti che corrono piuttosto che sprecarli per quelli ormai già andati.

Spesso noto che a furia di allontanare persone ingiuste e letali per il mio stile di vita,
finisco per passare giornate in completa compagnia di me stesso.

Il mio fantasma preferito, una figura che ancora non sapevo cosa stesse a rappresentare nella mia vita,
ma la quale assenza mi rendeva un contorno, una cornice.

Ci sono circostanze nelle quali lascio fare al caso.
Come va, va. 
Nulla si sistema come desidero, tanto vale far scegliere alla sorte.
Ci sono buone possibilità che una volta tanto,opti per una situazione favorevole!

Avevo come la sensazione di non essere in ritardo, 
piuttosto di girare a vuoto, una sorta di attesa perché non vi era nessun appuntamento al quale esser puntuale.

Non desiderava far sesso, desiderava me e basta.

Loredana era l’incognita.
Le avevo messo un asterisco e l’avevo relegata in fondo alla pagina bianca che ero pronto a riempire.
Non sapevo con esattezza cosa pensasse di me, cosa era cambiato e quanto soprattutto, lei fosse cambiata. 
Vivevo con la speranza che un Giorno Ics, in un Momento Ypsilon, cercasse la figura di quell’amico che per tanto tempo le era stato vicino. 
Mi auguravo che scattasse quell’Elemento Zeta in lei, che le facesse venir voglia di me,
dello spazio che avevamo occupato per tanto tempo insieme,
delle parole che così distrattamente e disincantate eran venute fuori e avevamo scambiato in nome di una sacra amicizia.
Loredana, tra tutta quella matematica fatta di incognite, era decisamente un bel grosso punto interrogativo.

Il mondo è davvero come uno se lo fa, o forse come il tempo glielo crea.

"Sento che qualcosa sta cambiando, ma non vorrei fosse solo un’illusione.”
“Le cose non cambiano da sole.Ci possono essere dei segnali che ti indichino la direzione, ma la strada devi decidere di percorrerla...”

In tutto questo tempo, ti ho odiato.
Sai perché?
Hai permesso che qualcuno mi portasse via.
Mi hai lasciato andar via.
Perciò ti domando:cosa sono per te?
A volte non so più chi sei per me:
in certi momenti sei tutto, in altri non sei nessuno, non sei più niente.

E'questo è il problema:
non fai succedere mai nulla.
Cerca di combinare qualcosa, invece!

Le mie giornate in piscina erano un divertirsi a distanza:
quando i bambini andavano in acqua, io distante da loro, facevo il mio bel bagnetto;
quando giocavano alle biglie, anch’io giocavo con le mie biglie sotto l’ombrellone (con entrambe le mani, per simulare un ipotetico avversario); 
quando i bambini s’ingozzavano di focaccine, chiedevo a mia madre dei crackers .
Per questo motivo credo d’essere cresciuto sempre a distanza, 
forse per tutelarmi da eventuali delusioni o semplicemente perché fossi solo.
Vivevo ogni cosa con la dovuta distanza, senza accostarmi troppo.

Troppe aspettative mi fanno scappare, piuttosto offro ciò che viene.
Come va’, va’,insomma.

E così erano passati gli anni, guardando dinanzi a noi e mai nella stessa direzione.

In questo tipo di micro-storie ero perfetto, passionale, amorevole, comprensivo.
Ma a breve scadenza.
Come i latticini: hanno vita breve ma sono gustosissimi. 
Ero così anch’io, tenero, bianco come il latte, succoso, fresco e nutriente. 
Se mi beccavi nel momento giusto non avresti chiesto altro. 
Tenermi invece in frigo, avrebbe causato la disgregazione dei principi nutrienti dei quali ero composto, 
sarei andato a male, avrei sprigionato la mia acidità dopo non molto tempo e sarei diventato indigesto e pericoloso per qualsiasi stomaco, anche il più temerario.
Nessuna ne è mai uscita viva. 
Sono tutte morte dentro di me, soppresse e macinate, archiviate e impacchettate in piccole scatole,
l’una affianco all’altra, quasi a comporre la meravigliosa collezione delle mie itineranti avventure.

Non vive di sorprese, piuttosto di attese.

Odio la moda, lo sai, perché la moda è per chi non ha personalità.
Questo è il mio stile, non deve piacere a tutti.

Il lato interessante di essere sul cornicione di un grattacielo, 
è data dalla soddisfazione di esprimersi in una bella caduta.
Uno schianto senza precedenti.
Oppure la consolazione di qualcuno che ti tenda una mano.


Non ho bisogno che qualcuno mi ricordi chi sia.
Sono quel che so.
E so quel che sono.


 




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