giovedì 21 novembre 2024

"Tutta la vita che resta" Roberta Recchia (2024)


 

LA TRAMA:
Marisa e Stelvio Ansaldo, nella Roma degli anni Cinquanta si innamorano nella bottega del sor Ettore, il padre di lei. La loro è una di quelle famiglie dei film d'amore in bianco e nero, fino a quando, anni dopo, l'adorata figlia sedicenne Betta - bellissima e intraprendente - viene uccisa sul litorale laziale, e tutti perdono il proprio centro. Quell'affetto e quella complicità reciproca non ci sono più, solo la pena per la figlia persa per sempre. Nessuno sa, però, che insieme a Betta sulla spiaggia c'era sua cugina Miriam, al contrario timida e introversa, anche lei vittima di un'indicibile violenza. Sullo sfondo di un'indagine rallentata da omissioni e pregiudizi verso un'adolescente che affrontava la vita con tutta l'esuberanza della sua età, Marisa e Miriam devono confrontarsi con il peso quotidiano della propria tragedia. Il segreto di quella notte diventa un macigno per Miriam fin quando - ormai al limite - l'incontro con Leo, un giovane di borgata, porta una luce inaspettata: l'inizio di un amore che fa breccia dove nessuno ha osato guardare.


IL MIO GIUDIZIO:
"Tutta la vita che resta", opera prima dell'autrice Roberta Recchia, uscito in Italia nel Marzo del 2024 e già pubblicato anche in altri 15 paesi, è il successo editoriale del momento. Un po' per spocchia, un po' per partito preso, non amo leggere best seller troppo commerciali ma, avendone sentito parlare così bene e con così tanto entusiasmo in un gruppo su cui sono iscritta su Facebook, ho deciso di fare uno strappo alla regola e direi di aver fatto bene. 

Questo romanzo ammalia e avvince sin dalle prime pagine. È una storia dolcissima ma dura e straziante allo stesso tempo, suddivisa in un prima e in un dopo. Il prima va dal 1956 al 1980 e racconta dell'amore semplice e pulito fra Marisa Balestrieri, figlia di un rinomato bottegaio di Roma, e Stelvio Ansaldo. Un rapporto che, inizialmente, doveva essere di convenienza ma che, in poco tempo, si trasforma in un sentimento sincero e profondo. La seconda parte, invece , comincia il 10 Agosto del 1980, giusto una settimana dopo la strage di Bologna quando, durante la notte delle stelle cadenti, sulle spiagge del litorale laziale, perde la vita Betta, la bellissima figlia sedicenne di Marisa e Stelvio, aggredita, stuprata e uccisa da un gruppo di balordi, mentre si sta recando, di nascosto dai genitori, al falò di San Lorenzo.
Questa tragica notizia sconquassa gli animi di tutto il paese, soprattutto, quelli di Marisa e Stelvio che affrontano la sofferenza ognuno a modo proprio ma, di fatto, allontanandosi l'uno dall'altro.

Il dolore più atroce, però, è costretta a provarlo Miriam, cugina di Betta e sua coetanea, figlia di Emma, l'altezzosa e algida sorella di Marisa. Nessuno lo sa ma, quella notte, in spiaggia c'era anche lei e, come la cugina, aveva subito un abuso, pur avendo salva la vita. Alle prime luci dell'alba aveva fatto rientro a casa e si era rimessa a letto, facendo finta di nulla ma portandosi dentro un orrore che avrebbe rivissuto senza soluzione di continuità per le ore, i giorni, le settimane e gli anni a venire e che avrebbe stravolto il suo carattere e il suo aspetto fisico. 
"Un fragile equilibrio fra vivere e morire", la definisce l'autrice, anche se Miriam, più che morire, vorrebbe semplicemente dissolversi, sparire. Perché teme che anche nella morte vi sia dolore e lei, di dolore, non ne vuole provare più. 

Fino all'incontro con due meravigliosi angeli dall'animo buono e dal cuore grande che, con il loro amore e il loro affetto, cercheranno di farla riemergere dall'abisso in cui è sprofondata.

Cosa vuole trasmetterci questo libro? Innanzitutto che, talvolta, la seppur giustificata sofferenza per la morte di una persona cara, può distoglierci da quella che sta provando chi è ancora vivo (nessuno nota il disagio di Miriam perché tutti troppo incentrati sulla pena per la scomparsa di Betta).

L'altro messaggio, invece, è un inno alla positività: in questa vita, tutto ciò che accade, persino gli eventi più brutti, hanno un loro senso, il quale fa parte di un disegno divino che, da esseri umani, non ci è dato comprendere, o non almeno nell' immediato. Ciò che possiamo fare per andare avanti, è fare i conti con le proprie ferite, accettarsi per quello che si è e, soprattutto, amare. Perché è soltanto l'amore che può salvarci dalle brutture del mondo. 
Il passato, ciò che è stato, non può essere in nessun modo modificato, ma si può forgiare un nuovo futuro, riempiendolo di fiducia e di speranza per poter vivere al meglio, appunto, tutta la vita che resta.

Riguardo al finale, avevo letto pareri discordanti: per quanto il libro in sé sia stato apprezzato, in molti avevano criticato all'autrice un finale un po'  "cinematografico" oppure frettoloso. In ogni caso non all'altezza del resto della narrazione. Si sa che, in un romanzo, il finale è quasi sempre la parte più difficile e un finale rabberciato può compromettere anche la storia più appassionante. In realtà a me non è sembrato male: ho trovato originale la specularità con l'inizio del libro, in una sorta di "continuità generazionale". Mi è dispiaciuto solo per la sorte che ha riservato a uno dei personaggi. Onestamente non ho compreso il motivo per cui abbia assegnato un così triste destino a una delle figure più dolci di tutta l'opera.


IL MIO VOTO:
Romanzo avvincente e ben scritto, a tratti duro, a tratti toccante, che appassiona sin dalle prime pagine. Un debutto letterario di tutto rispetto. Consigliato!


LA SCRITTRICE:




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