domenica 3 maggio 2020

"Pranzi di famiglia" Romana Petri (2019)



LA TRAMA: 
A fine Novembre, con il cielo di Lisbona carico di pioggia, Vasco Dos Santos chiude la sua galleria sempre più tardi.
Non ha alcuna voglia di tornare a casa da sua sorella Rita, divenuta ormai intrattabile.
Nata deforme e, grazie al coraggio e alla tenacia della madre Maria do Ceu, "ricostruita" attraverso una lunga e dolorosa serie di operazioni, Rita è ormai costantemente in preda all'ira.
La morte di sua madre, dell'unica persona capace di preservare l'armonia familiare, ha inasprito oltre ogni misura i suoi rapporti non soltanto con Vasco, ma anche con la sorella Joana, la cui bellezza è così abbagliante da risultare dolorosa, e con il padre Tiago, che anni prima, per sfuggire alla tragedia della figlia, ha abbandonato la famiglia e si è legato a Marta, una donna rancorosa che lo spinge a recidere ogni legame con il suo passato.
Tuttavia, da uomo pragmatico qual è, Tiago ha trovato un modo per mantenere un seppur fragile contatto con i figli: la domenica, ogni domenica della sua vita, la dedica al pranzo con loro.
Una cosa frettolosa, niente di troppo familiare.
Un flebile omaggio alla volontà di Maria di tenere uniti i figli.
E'in uno di questi pranzi che i tre fratelli si ritrovano a condividere una scoperta sorprendente: 
nessuno di loro conserva ricordi del passato.
Perchè hanno rimosso tutto?
La loro vita è stata infelice al punto da volerla dimenticare quasi completamente?
Spetterà a Rita ricostruire la storia della famiglia attraverso i documenti ufficiali emersi dagli archivi di Stato, scoprendo una realtà ben diversa da quella che Maria aveva raccontato.
Nel frattempo, a turbare ulteriormente gli "squilibri" di questa complicata famiglia portoghese sarà l'arrivo di Luciana Albertini, un'eccentrica, visionaria, pittrice italiana che farà breccia nel cuore di Vasco.






IL MIO GIUDIZIO:
Conoscevo già Romana Petri, grazie ad alcuni suoi racconti brevi, ma non mi ero mai cimentata con un suo romanzo.

"Pranzi di famiglia", in realtà, è il sequel di "Ovunque io sia" ma la storia è comprensibile pur non avendo letto l'opera precedente.

Sin dalle prime pagine mi ha fatto pensare all'incipit di "Anna Karenina":
"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo", in quanto l'atmosfera che si respira è proprio questa, di infelicità, tristezza e soffocante angoscia.

La narrazione ha inizio in una Lisbona di fine 2002, un mese e mezzo dopo la dipartita di Maria do Ceu, in seguito a una lunga malattia, e copre un arco di tempo di svariati anni.

Maria muore, abbandonando a se stessi tre figli ormai trentenni: Rita, nata con gravi deformità fisiche, che ha dovuto subire numerosi interventi chirurgici i quali le hanno lasciato cicatrici non solo nel fisico ma anche nell'animo, rendendola aggressiva e fragile di nervi, soggetta a frequenti sbalzi d'umore al limite della bipolarità; e i gemelli Vasco e Joana, quest'ultima tanto bella quanto insoddisfatta, insofferente e in perenne conflitto con la sorella maggiore.

Tiago, il padre, adesso Ministro della Salute, ha abbandonato la famiglia quando i figli erano piccoli e si è rifatto una vita con Marta, donna di quasi venti anni più giovane di lui, egoista, cinica e anaffettiva, che gli ha imposto di rompere i legami col passato.
Egli però, per tacitarsi la coscienza, ogni domenica e solo ogni domenica, pranza con i figli in un ristorante della zona, credendo così di adempiere al suo ruolo di genitore.

Questa usanza del pranzo domenicale continua anche adesso che i figli sono adulti e, alla comitiva, si sono aggiunti Humberto, fratello schizofrenico di Tiago (che, come se l'autrice avesse avuto un lampo di veggenza, morirà a causa di uno "strano virus respiratorio" contratto in ospedale) e Manuel, patrigno di Maria, un vecchietto stravagante, bugiardo, manipolatore e piagnucolone  che vive in una casa di riposo ma che ogni tanto scappa per andare in ospedale, millantare un blocco intestinale, e finire sotto i ferri.

L'aria che si respira sul finire del 2002 non è delle migliori: la tristezza per la morte di Maria viene esacerbata dei forti attriti fra i fratelli, che mai sono andati d'accordo fra di loro, a causa della casa di famiglia: Joana vorrebbe venderla, mentre Rita è assolutamente contraria e vuole continuare ad abitarci da sola.
Vasco, perno della narrazione, sfugge agli alterchi familiari instaurando una relazione con Luciana Albertini, eccentrica ed ironica pittrice italiana, poco più grande di lui, che ha conosciuto per lavoro (è titolare di una galleria d'arte) e che, per amor suo, decide di trasferirsi in Portogallo, portando, con la sua sana follia, una ventata di freschezza nella vita del ragazzo.


Una notte, Maria appare in sogno a Vasco e gli parla dell'importanza dei ricordi.
Al risveglio, Vasco si rende conto che lui, di ricordi, ne ha ben pochi e, confrontandosi con Rita e Joana, realizza che anche le sue sorelle non ne hanno.
Come sostiene Rita, hanno avuto una vita talmente triste che "hanno preferito bere alla fonte dell'oblio piuttosto che a quella della memoria".
Da qui la necessità di Vasco di provare a fare riemergere il passato e, piano piano, i ricordi affiorano.
Magari sfocati e poco nitidi, ma riaffiorano e il giovane li annota su un quaderno, in una sorta di diario.
Così vediamo una Maria intenta a preparare i dolci, mentre un Vasco bambino la osserva curioso, in ginocchio su una sedia; o l'arrivo in casa del gattino Zaca, che resterà con loro per tanti anni e si lascerà morire di fame, dopo la perdita dell'amata padrona.
Facciamo la conoscenza con una donna forte e dolce allo stesso tempo, combattiva e amorevole che, nonostante le oggettive difficoltà, si è rimboccata le maniche per crescere da sola i figli nel miglior modo possibile.


Di contro, ci sono i pranzi della domenica col padre, dove formalità, freddezza e disagio la fanno da padroni.
Tiago, che basa la sua vita solo sulla materialità e sul lusso, che spende e spande con i soldi dello Stato, ma è avaro quando si tratta di pagare in prima persona, osserva i figli con malcelato disprezzo: Rita per la sua deformità, Vasco perché, invece di fare carriera, è diventato un "inutile" artista, Joana perché, bella come è, avrebbe potuto avere il più affascinante degli uomini ma ha preferito sposarsi con un buono a nulla insignificante, pieno di fobie e paletti mentali.


Questi pranzi non hanno niente di un convivio familiare: il suono della posate è interrotto solo da qualche parola formale e poi nient'altro che lunghi silenzi, carichi di pensieri personali.
Un'agonia a cui ognuno di loro anela a porre presto fine ma a cui,allo stesso tempo, non riesce a sottrarsi.


Aldilà dei pranzi, se da un lato assistiamo alla vita anticonformista e stravagante, ma tutto sommato felice e ricca di passione, allegria e spensieratezza di Vasco e della Albertini, dall'altra c'è l'incommensursbile desolatezza di Joana e Nuno che vivono di apparenza e non di sostanza, che portano avanti un matrimonio basato sulla mera ripetizione di atti meccanici e non su una reale condivisione di intenti, che hanno messo al mondo dei figli più perché "è così che si fa" che non per reale desiderio di formare una famiglia.
Lei, vittima di se stessa e di una forte depressione post partum, lui che, di rimando, ritiene di essere vittima delle paturnie della moglie ma, in realtà, è vittima della sua inettitudine e incapacità di prendere posizione.


Mentre Joana combatte con i fantasmi, quelli del suo passato e del suo presente, Rita, invece, riesce finalmente a fare pace con se stessa e con il suo aspetto fisico e rinasce dalle sue ceneri.
È proprio questa ritrovata serenità che la spinge a scavare nel passato della vita di sua madre, alla ricerca di una verità che, né lei né i suoi fratelli, hanno mai saputo.


Al contempo, la Albertini, pervasa da un folle fuoco artistico, si mette a dipingere tutti i componenti della famiglia di Vasco, rappresentandoli esattamente come lei li vede: grotteschi e tragicomici.

Fino ad un ultimo, catartico pranzo domenicale, dove si arriverà finalmente alla tanto agognata resa dei conti.


Scritto con stile aulico e coinvolgente, "Pranzi di famiglia" è un romanzo che, sullo sfondo di un'affascinante Lisbona, con chirurgico realismo, seziona e dissacra il mito della famiglia, mettendone argutamente in risalto le pecche e le ipocrisie.
I personaggi, di cui viene fatta un'accurata introspezione psicologica, avvincono il lettore e lo accompagnano, pagina dopo pagina, in una storia di forte impatto emotivo.

IL MIO VOTO:
Un romanzo di forte impatto emotivo che avvince, fa riflettere e dissacra il falso mito della famiglia vista come nodo d'amore e porto sicuro.
Consigliato!

LA SCRITTRICE:



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