LA TRAMA:
C'è un quartiere vicino alla città ma lontano dal centro,con molte strade e nessuna via d'uscita.
C'è una ragazzina di nome Adele che non si aspettava nulla dalla vita e invece la vita le regala una decisione irreparabile.
C'è Manuel,che per un pezzetto di mondo placcato oro è disposto a tutto ma sembra nato per perdere.
Ci sono Dora e Fabio,che si amano quasi da sempre ma quel "quasi" è una frattura divaricata dal desiderio di un figlio.
E poi c'è Zeno,che dei desideri ha già imparato a fare a meno e ha solo 17 anni.
Questa è la loro storia:d'amore e di abbandono,di genitori visti dai figli che poi è l'unico modo di guardarli.
Un intreccio di attese,scelte e rinunce che si sfiorano e illuminano il senso più profondo dell'essere madri,padri e figli.
Eternamente in lotta.
Eternamente in cerca di un luogo sicuro dove basta stare fermi per essere altrove.
E allora sedetevi su una panchina e guardate lontano,per scoprire che un posto da "dove la vita è perfetta",forse,esiste.
IL MIO GIUDIZIO:
Conoscevo Silvia Avallone solo di nome,per la sua opera più
famosa, "Acciaio,"
ma non avevo mai letto niente
di suo.
Poi,qualche settimana
fa,parlavo di libri (strano!!!) con un'ospite dell'agriturismo dove lavoro e
me l'ha consigliata,anzi,mi
ha pure regalato il suo ultimo romanzo,che lei aveva letto proprio durante la
permanenza qui in Maremma.
Appena l'ho cominciato,ho capito di essere di fronte a una giovane scrittrice davvero in gamba e che,questo 2017,si sta proprio configurando come un'annata di letture superlative.
La trama avvince e coinvolge sin dalle prime pagine,
in un alternarsi di crudeltà
e dolcezza che non possono non arrivare dritti al cuore.
I protagonisti,tutti molto
"veraci" e in qualche modo concatenati fra loro,
diventano presto come degli
amici di lunga data ed è impossibile non affezionarcisi ed entrare subito in
empatia con i loro stati d'animo.
Il finale,poi,è esattamente quello che mi ero immaginata e non c'è cosa che più mi galvanizzi di un finale che coincida in tutto e per tutto con le mie aspettative.
Da un lato abbiamo la Bologna bene,
caratterizzata dai
borghesissimi Fabio e Dora che da anni cercano in tutti i modi possibili,ma
senza risultati,di avere un figlio...prima in maniera naturale,poi con
ripetuti,quanto inutili,tentativi di fecondazione assistita ed infine con la
trafila per l'adozione.
Dall'altro la banlieue della periferia,dove fra miseria,omertà,delinquenza ed emarginazione,
una giovanissima Adele,in un
momento di leggerezza,
si fa mettere incinta dal
grande amore della sua vita,con la vana speranza di legarlo a lei per
sempre...per poi rendersi conto,non solo di aver ottenuto l'effetto
contrario,ma di non sapere come fare a crescere,da sola,senza soldi e con una
famiglia pressoché disastrata,la nuova creatura che sta per arrivare.
Una storia che potrebbe cadere nel cliché della ragazzina disadattata che resta incinta con una facilità disarmante vs la signora benestante che si strugge nel desiderio di una maternità negata e,invece, non vi è nulla di banale né di scontato.
Tanti gli spunti di riflessione che si susseguono nel corso della narrazione:
quanto può essere presente ed
ingombrante un'assenza?
Fino a che punto può fare
male non riuscire ad ottenere,malgrado gli sforzi,ciò che tanto ardentemente si
desidera?
Fin dove è lecito spingersi
per appagare il proprio desiderio di maternità?
E ancora,la maternità è davvero un diritto che ogni donna può sentirsi in dovere di rivendicare?
E ancora,la maternità è davvero un diritto che ogni donna può sentirsi in dovere di rivendicare?
È meglio dare un figlio in
adozione,non avendo i mezzi per sostenentarlo,e offrirgli così un futuro
migliore,oppure tenerlo con sé,condannandolo a una vita di stenti e privazioni?
Ed è meglio per chi?
Per lui o per il genitore?
Quale delle 2 scelte coincide
con un vero atto d'amore?
Molte anche le frasi che ho sottolineato e in cui mi sono riconosciuta.
Una su tutte:
"Non riusciva più a
sostenerla la felicità degli altri".
Quante volte mi sono
vergognata di me stessa,reputandomi una brutta persona,quando,fra invidia e
malcontento,non sono riuscita a gioire come avrei dovuto per la felicità
altrui?
Quante volte mi sono trovata
a dire,fra me e me,come succede anche a Dora nel romanzo:
"Ma perché a lei sì e a
me no?".
E vederla scritta lì,questa
frase,nero su bianco,mi ha fatto sentire un po'meno sola,un po'meno meschina.
Forse semplicemente
soltanto,come tutti,difettosamente umana.
E perchè,fondamentalmente,c'è un pò di Dora,un pò di Fabio,un pò di Adele,un pò di Manuel e un pò di Zeno in ognuno di noi.
E perchè,fondamentalmente,c'è un pò di Dora,un pò di Fabio,un pò di Adele,un pò di Manuel e un pò di Zeno in ognuno di noi.
IL MIO VOTO:
Bello.
Realistico,dolce e commovente.
Da leggere.
LA SCRITTRICE:
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