E quel silenzio lo rassicurava.
Nessuna voce,nessun volto.
Nessuno lo avrebbe messo in imbarazzo,costringendolo a spiegare i perchè della sua vita solitaria.
Era solo.
E quindi al sicuro.
La mamma gli racconta che gli antichi guerrieri andavano fieri delle loro ferite.
E che mostravano le cicatrici in battaglia,
così gli avversari potevano capire che quei guerrieri avevano combattuto mille altre guerre,
ma non si erano mai arresi.
E poi la mamma lo invita a essere come un guerriero.
A non nascondere le ferite e a non arrendersi mai alla vita.
Si arrese,sperando che lei andasse via il prima possibile.
Prima che lui cominciasse a sperare nella possibilità di un ritorno.
Perchè nessuno ritorna,anche se lo promette.
Soprattutto se lo promette.
Si era aperta una crepa,all'improvviso,nel muro delle sicurezze che aveva costruito durante gli anni,con pazienza e determinazione.
Non sono in grado di distinguere il vero dal falso.
Non riesco a distinguere una storia inventata dalla vita reale.
Mica potevo immaginare che tu sei così...così...speciale.Ecco.
Avrebbe voluto dirle che era lei a piacergli,in particolare.
E che proprio per questo gli faceva paura.
Una paura che non riusciva a vincere,nè a sopportare.
"A proposito,tu di che colore sei? Voglio dire...ognuno di noi,se ci pensa bene,si sente di un colore.
Che poi magari cambia a seconda delle giornate o dei momenti.
Insomma,è importante sapere di che colore sei,così ti accosti solo ai colori che si intonano al tuo.
Ora,il fatto è che non riesco a capire di che colore sei tu,per questo te lo chiedo.
E questa cosa è strana,perchè in genere mi riesce facile di vedere i colori delle persone.
Quindi,dimmelo tu di che colore sei..."
...non erano altro che sigilli apposti sopra le serrature della vita che,una volta aperte,
avrebbero dato accesso al dolore:
piccole barricate che lui stesso aveva eretto intorno alla sua solitudine per renderla sopportabile e quindi più sicura.
La presenza di Elena l'avrebbe lasciato di nuovo senza difese,come quando era bambino.
Perchè l'amore fa sperare.
E la speranza,come diceva suo padre,rende deboli,vulnerabili.
Era il timore che non sarebbe più tornata.
Che già quella sera stessa,o comunque prima o poi,lei l'avrebbe lasciato lì,ad aspettare invano che tornasse.
Giorno dopo giorno.
Notte dopo notte.
"Forse è un segno"pensò.
"Forse il perno incastrato,che non si era mai incastrato prima,mannaggia della miseria,vuole farmi capire che non devo chiudere questo cancello e aspettarla.
Forse tutto questo vuol dire che devo darmi una possibilità.
E magari darla anche a lei,una possibilità".
Michele,con la sua timidezza e il suo riserbo,riusciva a farla sentire al sicuro come non le era mai accaduto prima.
Forse lo amavi tanto che hai smesso di cercarlo...
"Ti sei innamorata di lui?"
"Cioè..lui a stento parla...dice 2 parole e poi sta zitto.Però sai cosa c'è di strano? E'che ho la sensazione che riesca a dire più cose lui col suo silenzio di tutti quegli stronzi che conosco e che mi riempiono di chiacchiere senza dire niente...parole inutili..,scontate"
"Non hai risposto alla mia domanda..."
"Non lo so se mi sono innamorata. Piacere mi piace.Ha qualcosa che non riesco ancora a inquadrare,però quel qualcosa mi attira"
"Sei proprio timido,vero?Ancora più di me..."
"Tu...tu non sei timida!"
"Ma sì che sono timida!Solo che io combatto la timidezza parlando a raffica,al contrario di te.Per questo poi mi dicono che sono strana...cioè,non è che me lo dicono proprio,ma io me ne accorgo che mi guardano strano,quando parlo.Però,chi se ne frega,no?"
Sai cos'è la timidezza?
Non è la paura di fare brutte figure.
Non è la paura di perdere.
La timidezza è la paura di vincere.
Pazzesco,no?
Ma se ci pensi bene,quando sei triste,quella tristezza è tutta tua.
E'come una corazza:
te la tieni addosso e speri che prima o poi qualcuno te la tolga.
Insomma,non vedi l'ora di liberartene.
Invece,quando sei felice hai paura del contrario.
Perchè la felicità non riesci a mettertela addosso come una corazza.
Mica la puoi afferrare come la tristezza,la felicità.
E quindi sai che la puoi perdere da un momento all'altro.
Ecco,la felicità fa paura perchè la puoi perdere da un momento all'altro.
Quindi,chi è timido ha solo paura di essere felice.
Incrociò le mani sul petto e indossò la corazza di una tristezza improvvisa.
Era la prima volta che parlava di sè,
che raccontava la storia del suo dolore.
Lo aveva fatto in un sussurro,con gli occhi bassi,come chi ammette una colpa.
Vide che la osservava in modo strano,fingendo di non guardarla,gli occhi puntati altrove verso un rifugio immaginario,ma in realtà attenti a lei,alla sua reazione.
Lo vide come un bambino nel corpo di un adulto e in quel momento lo sentì entrare nel suo cuore.
E ora mi dici come faccio,io,a non pensarti più?
Mi dici cosa ne faccio,io,di questa voglia di starti accanto e di curare le tue ferite?
Mi spieghi come farò a non regalarti mari e cieli di baci e carezze,
per ogni bacio e per ogni carezza che ti è stata negata?
Mi spieghi come farò,io,se non mi consentirai di starti accanto,
a non sentirmi un oggetto smarrito?
Anche se non dovessi trovarla,almeno l'avrai cercata.
Almeno non avrai niente da rimproverarti.
Comprese cosa cercasse suo padre,sera dopo sera,all'interno di quei bicchieri che riempiva e svuotava nella sua gola,l'uno dopo l'altro,seduto al tavolo della cucina,davanti a un piatto fondo pieno di avanzi del suo dolore silenzioso.
Ora ti vedo.
Vedo il colore che ti ostini a nascondere:
sei rosso.
Rosso come le ferite che avevi sulle dita da bambino.
Come il sangue che hai appena versato.
Come il colorito che ti sta tornando sulle guance.
Rosso.
Fu solo un attimo.
Ma gli sembrò che lo guardasse con amore.
Le abitudini fissano il mondo e la vita in un fermo immagine.
Ripensò alla memoria dell'arto fantasma.
A quelle dita che facevano sentire ancora la loro presenza.
E capì che,in fondo,funzionava così anche con le persone.
Spariscono.
Muoiono.
O,semplicemente,vanno via.
Eppure la memoria,molte volte,le rende ancora presenti,come fantasmi.
Prima di conoscerla,i suoi passi si replicavano sempre uguali,all'interno del recinto che aveva eretto attorno alla sua vita e scavavano solchi di dolore.
Ora,invece,percorrevano strade impreviste.
Lei aveva disteso davanti al suo cammino un tappeto colorato che forse l'avrebbe accompagnato verso una nuova vita.
Capì di aver considerato "niente di speciale" ciò che per lui era un sogno infranto.
Sentì la rassegnazione a non poterlo amare.
Sentì di appartenergli e si domandò se,un giorno o l'altro,sarebbe riuscita a fare breccia nel suo cuore blindato.
Sentirsi in pericolo e,nello stesso tempo,sentirsi libero.
Come se libertà e pericolo coincidessero per qualche motivo che gli era oscuro.
Era abituata a quel gesto:
a essere considerata fuori dalle righe.
Eppure,anche stavolta,sentì riaprirsi una ferita antica.
Quando lo aveva incontrato,aveva intuito il dolore che si annidava nei suoi occhi e riconosciuto in lui un altro passero dalle ali spezzate che doveva spiccare il volo.
Forse la fonte dell'amore che provava per lui dipendeva proprio da questo:
due dolori che si incontrano,si riconoscono e cercano,insieme,di diventare un'unica speranza.
Un volo verso il cielo di due passeri dalle ali spezzate.
E cosa le importava se la gente la considerava un pò svitata?
Le ferite inferte ai bambini sono visibili,a occhio nudo,per tutta la vita.
Perchè i bambini sono teneri e indifesi.
Se ci si pianta un'unghia,rimane l'impronta e cresce insieme a loro.
Se invece pianti un'unghia su un tronco antico,non resta alcun segno apparente.
E hai l'impressione di non averlo neanche scalfito,quel tronco,perchè continui a vederlo forte e robusto.Intatto.
Ma non è così,
Quell'unghia lascia comunque una ferita.
Una ferita che all'esterno non si vede.
Ma che fa invecchiare prima del tempo le radici.
"Non ti va mai bene niente"
"Mi vai bene solo tu"
Allora esistono amori così forti.
Legami che non si sciolgono mai.
Allora non è follia fidarsi,credere in un'altra persona.
In una vita migliore.
In qualcosa che non cambia anche se non dipende solo da te.
Le pare mai possibile che una madre si metta d'impegno per fare di suo figlio un infelice?
Eppure è così,le assicuro.
Perchè le madri smettono di sognare per sè e si mettono a programmare il futuro dei loro figli.
Però coi sogni loro,lo programmano,mica con quelli dei figli.
E allora,lei che ha avuto la fortuna di rimanere libero di fare quello che le pare,senza le rotture di coglioni delle aspettative di sua madre,che mi fa?
Viene qua e mi chiede notizie di mammà?
Ma si goda la vita,mi stia a sentire!
Sono rosso.
Sono rosso e vorrei dirtelo.
Ma non voglio interrompere questo sogno che la musica mi sta regalando.
Questa sensazione di riuscire a rimettere in sesto la mia vita.
Di trovare una risposta alle mie domande,anche se risposte,ancora adesso,mi mettono paura.
Ma,quando uscirò da questo bar,ti chiamerò per dirtelo,che sono rosso.
E ti dirò che spero che il mio colore,che tutti i colori che assumerò,da ora in poi,nel corso della mia vita,si possano intonare sempre ai tuoi.
Anche se questa speranza mi fa un pò tremare.
Anche se non ho ancora la forza di affidarmi all'imprevisto e al sogno.
Ma forse,col tuo aiuto,un giorno o l'altro,ci potrò riuscire.
Si sentiva di nuovo sbagliato.
Un errore da sottolineare in rosso.
Un refuso sulla pagina strappata di un racconto che aveva appena cominciato a scrivere e che.per un solo attimo,aveva sognato a lieto fine.
Capì che le stanze d'albergo hanno qualcosa in comune con i vagoni dei treni:
sono parentesi della vita concesse in prestito,luoghi di transizione per identità diverse e sconosciute che si danno il cambio tra una partenza e un ritorno,giorno per giorno,in attesa di un risveglio o di un arrivo.
Appartengono a tutti e a nessuno,come il caso.
O il destino.
La speranza e la fiducia avevano ceduto il posto,ancora una volta,all'esigenza di proteggere e diffidare delle illusioni.
Si ha paura delle cose solo fino a quando non le si osserva per conoscerle e capirle.
Io sto bene da solo,lo capisci o no?
Come te lo devo dire?
Devi starmi lontano.
E'meglio per te.
Era diviso tra il sentimento e la razionalità.
Tra la voglia di tenerla accanto a sè e la necessità di allontanarla.
La rassegnazione prendeva il sopravvento sulla speranza.
Si era preoccupato solo delle sue paure.
Aveva seguito solo i suoi percorsi.
Senza pensare a cosa potesse provare lei.
Capì di non sapere nulla di lei.
Nulla del suo dolore che si era rivelato all'improvviso.
Nulla del suo passato,dei suoi sogni,delle sue speranze,delle sue delusioni.
Eppure negli ultimi giorni aveva sentito e temuto di amarla.
E,nonostante tutto,forse sentiva e sperava e temeva ancora che l'avrebbe amata in futuro.
E allora capì che,in qualche modo e per qualche strana magia,
nel profondo del suo cuore,senza neanche rendersene conto,le aveva giurato di esserle fedele sin dal primo istante in cui l'aveva vista.
Il viso non è come un braccio o un torace,che li tocchi e riesci a farti un'idea di come sono fatti.
Il viso è fatto di espressioni,di modi di guardare,di mille pieghe e muscoli che si muovono in continuazione.
C'è la vita vissuta,sul viso di una persona.
C'è la sua anima.
E l'anima non la becchi con il tatto,purtroppo.
Capì quanto fosse difficile per lui rapportarsi con le persone,
entrare nel mondo degli altri senza esserne sopraffatto o sentirsi confuso;
senza uscirne con quella sensazione di inadeguatezza che si alternava ai momenti di sicurezza e fiducia.
Quando noi nasciamo,siamo piccoli e sembriamo indifesi.
Però,se si nasce in una famiglia normale,noi non siamo indifesi,neanche un poco,amico mio.
E sai perchè?
Perchè tutti sono intorno a noi:mamma,papà,nonni,parenti...tutti intorno a noi a proteggere e dire "che bel bambino","che bella bambina" e a fare una grande risata quando facciamo un rutto dopo la poppata;oppure a fare un applauso quando diciamo una prima parola che non significa un cazzo.
Siamo al centro del mondo,amico mio,tu pensaci.
Tutti intorno a noi come a un miracolo,tutti a fare complimenti e quando noi facciamo i primi passi,tutti a dire:
"Meraviglia,cammina!".
Amico,noi da piccoli possiamo fare anche una puttanata che tutti ci dicono "bravo".
Risultato?
Il risultato è che ci sentiamo imbattibili come un eroe greco.
Pensiamo che tutti è possibile per il futuro perchè intorno al bambino c'è amore.
Amore e ammirazione.
Quello è il Paradiso Terrestre,amico mio.
Ma cosa succede poi?
Succede che poi,dopo i primi passi cadiamo e che nostra testa si spacca,amico mio.
Succede che arriva una giornata strana e papà,invece di fare l'applauso,ci dà uno schiaffo forte perchè è nervoso per i cazzi suoi.
Oppure succede che mamma parte con il treno e non torna più.
E allora tutte le certezze di essere un eroe greco vanno a farsi fottere e noi capiamo che ci hanno imbrogliato,
che il Paradiso Terrestre non esiste più e che siamo cacciati via e illusi come Adamo ed Eva.
Da quel momento,amico mio,tutta la nostra vita è speranza.
Speranza di tornare al Paradiso Terrestre.
Tutte le nostre azioni,tutti i nostri pensieri,le scelte,le decisioni...tutto quello che noi facciamo è per provare a tornare al nostro Paradiso di infanzia.
Quanto tutti intorno a noi fanno un applauso per un nostro rutto.
Tu cerchi tua madre,amico mio,perchè tu credi che tua madre sia il tuo Paradiso Terrestre perduto.
Forse è vero.
Forse no.
Forse non lo saprai mai.
Ma certo,io ti faccio grandi auguri di riuscirci.
Non riusciva a capire se era in pericolo oppure era al sicuro.
Tu credi che io sia pazzo? Non ti preoccupare:tutti credono pazzo chi cerca di essere felice.
Ricordarsi che la vita è bella.
Una promessa infantile,all'apparenza.
Ma forse la più terribile e impegnativa delle promesse.
Perchè poi è la vita a ricordarti,giorno dopo giorno,quanto riesce a essere dura,difficile,imprevedibile.
A volte spietata.
Ma lei voleva amarla ugualmente.
"E allora perchè non amarlo,anche se ti fa soffrire?" le aveva chiesto,spiazzandola,proprio come riesce a spiazzarti la vita.
Sentì che il mondo delle parole,poichè il troppo può coincidere con il nulla,si era improvvisamente esaurito.
"Come fai a camminare sui vetri?"
"E'una questione di testa...e di allenamento. Cioè,ti spiego:da dove parte il dolore?Dal cervello.
E'il cervello che attiva i centri nervosi,no? Ecco:spegni il cervello dalla parte del dolore e cammini su qualunque cosa che fa male. Finchè non ci fai il callo e diventa tutto normale"
"E come fai a spegnere il cervello?"
"Con un click!"
Se continuavo in questo modo sarei morto nel modo peggiore,cioè rimanendo vivo.
"E quando sarai vecchio che cosa farai?"
"Quando sarò vecchio,sempre che ci arrivo,ci penserò.La vita è oggi,no?Ieri è già passato e domani non esiste ancora.Quando passerà,domani diventerà ieri e così via."
Caspita,amico!Hai più coraggio di me!
Ti sei iscritto a un corso accelerato di salto nel vuoto e hai lasciato a casa il paracadute.
Non è facile mettersi in gioco dopo aver fatto una vita come la tua,lo sai?
La vita è sempre un rischio,per chiunque.
E mentre urlavano si accorsero che piangevano di gioia.
Perchè,a volte,il tempo fa il miracolo di tornare indietro come un nastro impazzito e ti regala attimi già vissuti,che ormai ti sembravano sepolti nell'oblio.
Cosa si nascondeva dietro il dolore che riusciva a leggere in quegli occhi così simili ai suoi?
E perchè quel dolore gli ricordava il dolore provato da bambino?
Non poter pianger fa male,sai?
Perchè il dolore non sa più da quale parte uscire e ti rimane dentro,incatenato.
Ti cammina nel sangue,il dolore,come una bestia in gabbia che va avanti e indietro.
Per tutto il giorno.
Giorno dopo giorno.
E tu vorresti farlo uscire.
Vorresti liberarlo.
Ma non sai più come si fa.
Mi aiuti a piangere?
Di tanto in tanto sollevava lo sguardo e lo puntava verso di lui come a voler condividere le emozioni.
Come a volergli scavare dalla profondità degli occhi i ricordi e farli propri.
Come a dirgli:
"Sono con te.Ti capisco.Ti vedo.Ti chiedo scusa.Ti ringrazio.Ti assomiglio."
I suoi occhi esprimevano l'abisso e Michele sentiva il peso delle mille domande che avrebbe voluto rivolgerle,pesare su quello stesso abisso.
Cos'altro gli rimaneva?
Starle vicino e respirare,comunque,la sua assenza?
Casa nostra sembrava non avesse più un riparo:
tirava vento anche con le finestre chiuse.
Mi dicevi che le partenze e i ritorni si assomigliano.
Che si alternano e si scambiano i ruoli come la vita e la morte.
Ma ora so la tua partenza non ha avuto alternanza col ritorno.
Ha scambiato il suo ruolo solo con la morte.
Nei miei occhi,cercavo i tuoi.
Sentì che forse era possibile scrollarsi di dosso il peso della sua strana vita.
Quel senso di continua penitenza alla quale si era sottoposto,senza rendersene conto,nel corso degli anni.
Forse la fiducia negli altri,prima o poi,non gli sarebbe più apparsa come una soglia invalicabile.
Forse avrebbe potuto ricominciare a vivere.
A rischiare il dolore e la delusione,se avesse smesso di difendere la propria anima,di erigerle intorno confini immaginari e di scavare trincee per preservarla dall'imprevedibile.
So che non riesco a non amarla.
Ce l'ho messa tutta,a non amarla.
Sono stato duro con lei.
Ho serrato porte,finestre,cancelli e perfino il mio cuore.
Ma lei ha spalancato ogni porta,ogni finestra,ogni cancello.
Poi ha trovato un varco segreto che nemmeno io conoscevo.
E mi è entrata ugualmente in quel cuore che avevo serrato.
Ora dovrò capire cosa darle in cambio,perchè non voglio perderla.
Dovrò capire come fare per essere sicuro che non mi lascerà,da un giorno all'altro,senza una spiegazione.
Devo imparare.
Perchè comunque è questa la mia paura.
La diga che trattiene l'amore.
Il nodo che mi serra il cuore.
Voglio imparare a fidarmi di lei e a non avere più timore.
Voglio imparare a crederle.
Le voglio credere e sento che ci riuscirò.
Mi ricordo la sua risata...rideva spesso quando stavamo insieme.
Ma,forse,ridere non vuol dire essere felici.
Era dolce sia con me che con te.
Però con te era felice ma piangeva.
Con me non era felice ma rideva.
Voglio dire:
tornare è difficile,quando sei stato via molto tempo,quando hai ferito le persone che amavi.
Hai una faccia per partire...ma la faccia per tornare rischi di non trovarla mai.
La vita non finisce mai di regalarci qualcosa.
A volte ci ha portato dolori di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Altre volte ci ha fatto assaporare gioie immense e momenti di felicità.
"Cosa amavi di lui?"
"Amavo il modo in cui mi prendeva.Aveva qualcosa negli occhi,mentre facevamo l'amore...
qualcosa che era a metà tra una minaccia e una promessa.
Come se avesse deciso di farmi male con le sue carezze.
Come se dovessi accettare il dolore prima di provare il piacere.
Per capire se l'ami devi rispondere a qualche domanda che tu stesso ti devi fare.
La prima è se riesci a immaginare la tua vita senza di lei.
La seconda è se te la scoperesti.
Ma sappi che,per ora,devi solo avere voglia di scoparla.
Poi,se hai scopato o se hai fatto l'amore,te ne accorgi solo dopo che ci sei stato a letto.
E infine c'è la terza domanda...se ti fidi di lei.
Fidarsi era il suo grande problema.
Però dovette ammettere che cominciava a fidarsi di lei.
Voleva fidarsi di lei.
Cosa amavo di lui?
Non riuscivo a immaginare la mia vita senza di lui.
Volevo scoparlo e volevo che mi scopasse.
Perchè mi piaceva.
Mi piaceva il suo sguardo.
Mi piaceva il suo odore.
Mi piaceva la sua pelle.
Mi eccitava da morire.
E poi...mi fidavo di lui.
Quando ti fregano,quando ti ingannano o ti tradiscono,sei tu che perdi qualcosa di importante.
Perchè credi di perdere la fiducia negli altri,ma invece la perdi in te stessa.
Pensi che te lo sei meritata,perchè ti sei fidata come una scema.
Perchè non sei riuscita a capire chi avevi accanto.
Non sei riuscita a vedere le cose per come erano davvero.
E se avevi un pò di autostima si sgretola.
Risultato?
Sei tu che non vali niente.
Lei gli prese una mano e in silenzio continuarono a parlarsi.
Gli occhi puntati verso il cielo,continuarono a considerare le loro vite come se leggessero insieme il racconto degli anni vissuti separatamente per farlo diventare,infine,un unico racconto,un'unica vita.
Che se ne andasse al diavolo lui e la sua voglia di stare solo.
Lui e la sua paura di tutto.
Lui e la sua solitudine ostinata.
Lui e l'amore che le negava.
Lui e i suoi occhi come una pozza di petrolio.
Lui e le sue labbra carnose che le mettevano i brividi.
Lui e la sua timidezza.
Lui..e lei stessa.
Che non riusciva a dimenticarlo.
A non amarlo.
A non desiderarlo.
...il vuoto e l'angoscia del non essere riconosciuti.
Con gli occhi lucidi ascoltò il racconto dell'amore.
Era l'amore silenzioso e segreto che provava per lei e che ora aveva rivestito di coraggio per riuscire a dichiararglielo.
E gli giurò che avrebbe spazzato via quelle paure nel corso della sua vita.
E che l'avrebbero strappata a morsi,la loro vita.
Insieme,giorno dopo giorno,da quella notte in poi.
Era un uomo smarrito,più di qualunque oggetto avesse mai raccolto dal treno.
Certe cose,una volta che le dici,non ti lasciano più.
Dentro,ti restano,dentro,come la malerba.
S'attaccano a lu core e l'ammarciscono.
E sarebbe stata domenica per sempre,da quel giorno in poi e per tutta la vita.
Perchè lui era la sua domenica.
Era un giorno di festa senza fine.
Il sogno realizzato.
La felicità perfetta.
Non c'era più spazio per altro che non fosse l'amore dichiarato di Michele.
Lei era la sua domenica.
L'unico rifugio nel quale rannicchiarsi.
L'unica speranza di un conforto.
Metro dopo metro,procedeva all'interno di una sconfitta che sentiva di meritare fino in fondo,
come se fosse nato per subirla,
Come se il suo unico compito,nel corso della vita,fosse stato prepararsi al peggio e affrontarlo giorno dopo giorno,senza un'alternativa.
Sentirsi dimenticati è un pò come morire.
A quel punto non ti ribelli più.
Ti rassegni all'idea,perchè tanto non ci puoi fare più niente.
Ma questo ti permette di sopravvivere,di tirare avanti.
Sentirmi dimenticato era la spiegazione della tua assenza e anche la fine di ogni speranza.
In fondo è bello non avere speranze.
E'come spegnere l'interruttore del dolore.
Però penso che nessuna bugia avrebbe dovuto fermarti.
Avresti dovuto trovare la faccia adatta per tornare.
Avresti dovuto piazzarti davanti alla porta di casa.
Braccare come un segugio ogni mio passo.
Appostarti nel buio.
Nasconderti nell'ombra accanto ai miei respiri,per poi rivelarti all'improvviso.
Avresti dovuto trovare un modo,un modo qualunque per farmi sapere che ero ancora nei tuoi pensieri.
Ma non l'hai fatto.
E ora so il perchè.
E' perchè non merito niente.
Io non merito nemmeno di essere dimenticato.
Invece io ho molte cose da dirti.
E tu ora mi stai a sentire.
Poi puoi decidere di non parlarmi più.
Ma prima mi fai parlare.
Sai qual è il guaio?
Il guaio è quando senti che sei morta e poi invece ti accorgi che respiri.
E maledici pure il fatto che lo fai.
Ti senti una ladra perchè stai guardando un tramonto che invece dovrebbe guardare anche lei con te,
perchè lo sai che quel tramonto è anche suo.
Fino a quel momento non avevo fatto altro che tradirla,lei e il suo ricordo.
Perchè voler morire significava rinunciare a quello che le era stato tolto.
Mentre invece avevo il dovere di andare avanti anche per lei.
Insomma,io dovevo vivere e dovevo farlo per due.
Per lei e per me.
Dovevo caricarmi addosso i suoi sogni,le sue speranze,tutti i progetti che aveva lasciato in sospeso e trascinarli con me,come un bagaglio,come...come una missione,ecco.
E'questo quello che cerco di fare ogni giorno.
Mi trascino appresso la sua vita e non è mai un peso.
Ho imparato ad amare la vita in ogni momento,qualunque cosa accada.
Ho imparato che mi posso incazzare come una bestia ma che non ho il diritto di essere triste,
perchè se sono viva,non posso essere anche triste.
Io la penso così.
Anzi,sai un'altra cosa?
Credo che quando sarò vecchia non mi lamenterò mai per i capelli che diventano bianchi,per le rughe che troverò sul mio viso e per tutte quelle cazzate.
Perchè invecchiare è un privilegio.
Avevamo fatto un patto,
Lo chiamavamo "patto della felicità" ed era il nostro impegno a essere felici,qualunque cosa dovesse accadere.
Tu ti devi rendere conto che le persone sbagliano.
Non è che siamo tutti macchine perfette.
Mica possiamo agire tutti come ti aspetti tu solo perchè hai sofferto,sai?
Mica sei l'unico al mondo che ha sofferto per qualcosa.
La vita è così:
è difficile.
Ma la tua vita deve dipendere da te,non da quello che fanno o non fanno gli altri.
Sarebbe bastato un "sì" per recuperare almeno una parte di quella serenità che aveva assaporato.
Ma ormai era piombato nel suo baratro e non trovava più il modo per risalire.
Il suo sguardo era carico di assenza e le sembrò una persona completamente diversa da quella che aveva conosciuto.
Lui uscì e lei capì che aveva deciso di tornare alla sua vita di sempre.
Capì che non avrebbe mai trovato la strada per raggiungerlo e rinunciò a seguirlo.
E per lei non sarebbe stata mai più domenica.
Era stato fermo per tutti quegli anni ad aspettare un ritorno.
Invece lui aveva avuto il coraggio di uscire dal guscio e affrontare i ghiacciai,pur di trovare suo padre.
Capì che era stata la speranza a dare al bambino la forza per arrivare fin lassù,
mentre lui era stato spinto dalla rabbia.
E allora comprese che quella rabbia senza nome era in realtà rivolta verso se stesso,
verso la sua rinuncia e il suo piangersi addosso messi a confronto con l'intraprendenza del bambino.
Perchè quando respiri non pensi a farlo.
Il respiro è come il pensiero:accade.
E accade mentre sei distratto e stai vivendo.
Sulla sua testa c'erano le stelle.
Vide anche quelle che erano già cadute,migliaia e migliaia di anni prima.
Il cielo,in fondo,non le aveva smarrite perchè ne conservava la luce e la memoria.
Tutti hanno diritto a seguire un orso bianco.
Perchè rinunciare a farlo vuol dire,semplicemente,rinunciare a vivere.
E la vita non è una bilancia che pesa i torti e le ragioni,ma un fluire di eventi che molto spesso non hanno spiegazione.
Oppure ne hanno troppe perchè si possa individuare,alla fine,quella vera.
Nessuno avrebbe mai saputo dare la risposta giusta.
Ed è questo,forse,il bello della vita.
Ciò che aveva capito è che qualunque fosse la spiegazione,giusta o sbagliata,di un evento o di un'azione,ciò che contava davvero era il risultato finale.
Aveva capito,inoltre,che quel risultato è sempre in bilico,fino all'ultimo respiro.
E che per quanto ci riguarda,anche se a volte può sembrare il contrario,sono le nostre azioni a deciderlo,non quelle degli altri.
Sei tu che mi cambi i colori alla vita.
Lui le prese una mano tra le sue,senza rispondere.
E lei poggiò la testa sulla sua spalla.
Poi le loro dita intrecciate,con mille piccole carezze,lasciarono che il desiderio lievitasse nel silenzio.
Aveva mille emozioni nello sguardo e teneva per mano una ragazza che illuminò con la sua presenza la stanza,ancora prima che le luci si accendessero e proiettassero le ombre degli oggetti sulle pareti.
Immobili e schierati in fila sembravano osservarli mentre si guardavano negli occhi,immersi in un silenzio che sapeva di buono e di felicità pura.
Non commentarono nè mostrarono segni di stupore quando la donna avvicinò le sue labbra a quelle dell'uomo.
In quel momento i due scoprirono che anche i loro baci avevano un colore e che il colore di ogni bacio aveva,a sua volta,un sapore.
Non accennarono alcuna protesta quando la luce delle lampadine si spense di nuovo e si sentì il fruscio degli abiti che atterravano sul pavimento,uno dopo l'altro.
Restarono muti e privi di ombra,mentre l'uomo e la donna dischiudevano i loro corpi al centro del letto.
Poi accadde qualcosa di magico.
Nel cielo apparve la luna calante,con la sua falce luminosa e sottile.
In quello stesso istante,lui vide la schiena di lei arcuarsi all'indietro e disegnare,sopra di lui,un'altra falce,che combaciava perfettamente con quella della luna e che si illuminò all'improvviso,come un arcobaleno.
Chiusero gli occhi nel timore di dissolversi entrambi dentro l'abbaglio accecante di quella luce.
"Se dopo che siete stati a letto hai voglia di essere altrove,ci hai solo scopato".
Si voltò a guardarla,ma capì subito che non esisteva un altro posto in cui volesse stare,da quel momento in poi,che non fossero i suoi occhi.
Chi poteva saperlo?
Questa è la vita....
La destinazione è un debito,una promessa da mantenere,la speranza di un perdono.
Grazie ai miei genitori per avermi insegnato,sin da piccolo,che dopo l'amore,il piatto caldo e il lavoro che ti ha permesso di ottenerlo,sono i libri la cosa più essenziale della vita.
Era solo.
E quindi al sicuro.
La mamma gli racconta che gli antichi guerrieri andavano fieri delle loro ferite.
E che mostravano le cicatrici in battaglia,
così gli avversari potevano capire che quei guerrieri avevano combattuto mille altre guerre,
ma non si erano mai arresi.
E poi la mamma lo invita a essere come un guerriero.
A non nascondere le ferite e a non arrendersi mai alla vita.
Si arrese,sperando che lei andasse via il prima possibile.
Prima che lui cominciasse a sperare nella possibilità di un ritorno.
Perchè nessuno ritorna,anche se lo promette.
Soprattutto se lo promette.
Si era aperta una crepa,all'improvviso,nel muro delle sicurezze che aveva costruito durante gli anni,con pazienza e determinazione.
Non sono in grado di distinguere il vero dal falso.
Non riesco a distinguere una storia inventata dalla vita reale.
Mica potevo immaginare che tu sei così...così...speciale.Ecco.
Avrebbe voluto dirle che era lei a piacergli,in particolare.
E che proprio per questo gli faceva paura.
Una paura che non riusciva a vincere,nè a sopportare.
"A proposito,tu di che colore sei? Voglio dire...ognuno di noi,se ci pensa bene,si sente di un colore.
Che poi magari cambia a seconda delle giornate o dei momenti.
Insomma,è importante sapere di che colore sei,così ti accosti solo ai colori che si intonano al tuo.
Ora,il fatto è che non riesco a capire di che colore sei tu,per questo te lo chiedo.
E questa cosa è strana,perchè in genere mi riesce facile di vedere i colori delle persone.
Quindi,dimmelo tu di che colore sei..."
...non erano altro che sigilli apposti sopra le serrature della vita che,una volta aperte,
avrebbero dato accesso al dolore:
piccole barricate che lui stesso aveva eretto intorno alla sua solitudine per renderla sopportabile e quindi più sicura.
La presenza di Elena l'avrebbe lasciato di nuovo senza difese,come quando era bambino.
Perchè l'amore fa sperare.
E la speranza,come diceva suo padre,rende deboli,vulnerabili.
Era il timore che non sarebbe più tornata.
Che già quella sera stessa,o comunque prima o poi,lei l'avrebbe lasciato lì,ad aspettare invano che tornasse.
Giorno dopo giorno.
Notte dopo notte.
"Forse è un segno"pensò.
"Forse il perno incastrato,che non si era mai incastrato prima,mannaggia della miseria,vuole farmi capire che non devo chiudere questo cancello e aspettarla.
Forse tutto questo vuol dire che devo darmi una possibilità.
E magari darla anche a lei,una possibilità".
Michele,con la sua timidezza e il suo riserbo,riusciva a farla sentire al sicuro come non le era mai accaduto prima.
Forse lo amavi tanto che hai smesso di cercarlo...
"Ti sei innamorata di lui?"
"Cioè..lui a stento parla...dice 2 parole e poi sta zitto.Però sai cosa c'è di strano? E'che ho la sensazione che riesca a dire più cose lui col suo silenzio di tutti quegli stronzi che conosco e che mi riempiono di chiacchiere senza dire niente...parole inutili..,scontate"
"Non hai risposto alla mia domanda..."
"Non lo so se mi sono innamorata. Piacere mi piace.Ha qualcosa che non riesco ancora a inquadrare,però quel qualcosa mi attira"
"Sei proprio timido,vero?Ancora più di me..."
"Tu...tu non sei timida!"
"Ma sì che sono timida!Solo che io combatto la timidezza parlando a raffica,al contrario di te.Per questo poi mi dicono che sono strana...cioè,non è che me lo dicono proprio,ma io me ne accorgo che mi guardano strano,quando parlo.Però,chi se ne frega,no?"
Sai cos'è la timidezza?
Non è la paura di fare brutte figure.
Non è la paura di perdere.
La timidezza è la paura di vincere.
Pazzesco,no?
Ma se ci pensi bene,quando sei triste,quella tristezza è tutta tua.
E'come una corazza:
te la tieni addosso e speri che prima o poi qualcuno te la tolga.
Insomma,non vedi l'ora di liberartene.
Invece,quando sei felice hai paura del contrario.
Perchè la felicità non riesci a mettertela addosso come una corazza.
Mica la puoi afferrare come la tristezza,la felicità.
E quindi sai che la puoi perdere da un momento all'altro.
Ecco,la felicità fa paura perchè la puoi perdere da un momento all'altro.
Quindi,chi è timido ha solo paura di essere felice.
Incrociò le mani sul petto e indossò la corazza di una tristezza improvvisa.
Era la prima volta che parlava di sè,
che raccontava la storia del suo dolore.
Lo aveva fatto in un sussurro,con gli occhi bassi,come chi ammette una colpa.
Vide che la osservava in modo strano,fingendo di non guardarla,gli occhi puntati altrove verso un rifugio immaginario,ma in realtà attenti a lei,alla sua reazione.
Lo vide come un bambino nel corpo di un adulto e in quel momento lo sentì entrare nel suo cuore.
E ora mi dici come faccio,io,a non pensarti più?
Mi dici cosa ne faccio,io,di questa voglia di starti accanto e di curare le tue ferite?
Mi spieghi come farò a non regalarti mari e cieli di baci e carezze,
per ogni bacio e per ogni carezza che ti è stata negata?
Mi spieghi come farò,io,se non mi consentirai di starti accanto,
a non sentirmi un oggetto smarrito?
Anche se non dovessi trovarla,almeno l'avrai cercata.
Almeno non avrai niente da rimproverarti.
Comprese cosa cercasse suo padre,sera dopo sera,all'interno di quei bicchieri che riempiva e svuotava nella sua gola,l'uno dopo l'altro,seduto al tavolo della cucina,davanti a un piatto fondo pieno di avanzi del suo dolore silenzioso.
Ora ti vedo.
Vedo il colore che ti ostini a nascondere:
sei rosso.
Rosso come le ferite che avevi sulle dita da bambino.
Come il sangue che hai appena versato.
Come il colorito che ti sta tornando sulle guance.
Rosso.
Fu solo un attimo.
Ma gli sembrò che lo guardasse con amore.
Le abitudini fissano il mondo e la vita in un fermo immagine.
Ripensò alla memoria dell'arto fantasma.
A quelle dita che facevano sentire ancora la loro presenza.
E capì che,in fondo,funzionava così anche con le persone.
Spariscono.
Muoiono.
O,semplicemente,vanno via.
Eppure la memoria,molte volte,le rende ancora presenti,come fantasmi.
Prima di conoscerla,i suoi passi si replicavano sempre uguali,all'interno del recinto che aveva eretto attorno alla sua vita e scavavano solchi di dolore.
Ora,invece,percorrevano strade impreviste.
Lei aveva disteso davanti al suo cammino un tappeto colorato che forse l'avrebbe accompagnato verso una nuova vita.
Capì di aver considerato "niente di speciale" ciò che per lui era un sogno infranto.
Sentì la rassegnazione a non poterlo amare.
Sentì di appartenergli e si domandò se,un giorno o l'altro,sarebbe riuscita a fare breccia nel suo cuore blindato.
Sentirsi in pericolo e,nello stesso tempo,sentirsi libero.
Come se libertà e pericolo coincidessero per qualche motivo che gli era oscuro.
Era abituata a quel gesto:
a essere considerata fuori dalle righe.
Eppure,anche stavolta,sentì riaprirsi una ferita antica.
Quando lo aveva incontrato,aveva intuito il dolore che si annidava nei suoi occhi e riconosciuto in lui un altro passero dalle ali spezzate che doveva spiccare il volo.
Forse la fonte dell'amore che provava per lui dipendeva proprio da questo:
due dolori che si incontrano,si riconoscono e cercano,insieme,di diventare un'unica speranza.
Un volo verso il cielo di due passeri dalle ali spezzate.
E cosa le importava se la gente la considerava un pò svitata?
Le ferite inferte ai bambini sono visibili,a occhio nudo,per tutta la vita.
Perchè i bambini sono teneri e indifesi.
Se ci si pianta un'unghia,rimane l'impronta e cresce insieme a loro.
Se invece pianti un'unghia su un tronco antico,non resta alcun segno apparente.
E hai l'impressione di non averlo neanche scalfito,quel tronco,perchè continui a vederlo forte e robusto.Intatto.
Ma non è così,
Quell'unghia lascia comunque una ferita.
Una ferita che all'esterno non si vede.
Ma che fa invecchiare prima del tempo le radici.
"Non ti va mai bene niente"
"Mi vai bene solo tu"
Allora esistono amori così forti.
Legami che non si sciolgono mai.
Allora non è follia fidarsi,credere in un'altra persona.
In una vita migliore.
In qualcosa che non cambia anche se non dipende solo da te.
Le pare mai possibile che una madre si metta d'impegno per fare di suo figlio un infelice?
Eppure è così,le assicuro.
Perchè le madri smettono di sognare per sè e si mettono a programmare il futuro dei loro figli.
Però coi sogni loro,lo programmano,mica con quelli dei figli.
E allora,lei che ha avuto la fortuna di rimanere libero di fare quello che le pare,senza le rotture di coglioni delle aspettative di sua madre,che mi fa?
Viene qua e mi chiede notizie di mammà?
Ma si goda la vita,mi stia a sentire!
Sono rosso.
Sono rosso e vorrei dirtelo.
Ma non voglio interrompere questo sogno che la musica mi sta regalando.
Questa sensazione di riuscire a rimettere in sesto la mia vita.
Di trovare una risposta alle mie domande,anche se risposte,ancora adesso,mi mettono paura.
Ma,quando uscirò da questo bar,ti chiamerò per dirtelo,che sono rosso.
E ti dirò che spero che il mio colore,che tutti i colori che assumerò,da ora in poi,nel corso della mia vita,si possano intonare sempre ai tuoi.
Anche se questa speranza mi fa un pò tremare.
Anche se non ho ancora la forza di affidarmi all'imprevisto e al sogno.
Ma forse,col tuo aiuto,un giorno o l'altro,ci potrò riuscire.
Si sentiva di nuovo sbagliato.
Un errore da sottolineare in rosso.
Un refuso sulla pagina strappata di un racconto che aveva appena cominciato a scrivere e che.per un solo attimo,aveva sognato a lieto fine.
Capì che le stanze d'albergo hanno qualcosa in comune con i vagoni dei treni:
sono parentesi della vita concesse in prestito,luoghi di transizione per identità diverse e sconosciute che si danno il cambio tra una partenza e un ritorno,giorno per giorno,in attesa di un risveglio o di un arrivo.
Appartengono a tutti e a nessuno,come il caso.
O il destino.
La speranza e la fiducia avevano ceduto il posto,ancora una volta,all'esigenza di proteggere e diffidare delle illusioni.
Si ha paura delle cose solo fino a quando non le si osserva per conoscerle e capirle.
Io sto bene da solo,lo capisci o no?
Come te lo devo dire?
Devi starmi lontano.
E'meglio per te.
Era diviso tra il sentimento e la razionalità.
Tra la voglia di tenerla accanto a sè e la necessità di allontanarla.
La rassegnazione prendeva il sopravvento sulla speranza.
Si era preoccupato solo delle sue paure.
Aveva seguito solo i suoi percorsi.
Senza pensare a cosa potesse provare lei.
Capì di non sapere nulla di lei.
Nulla del suo dolore che si era rivelato all'improvviso.
Nulla del suo passato,dei suoi sogni,delle sue speranze,delle sue delusioni.
Eppure negli ultimi giorni aveva sentito e temuto di amarla.
E,nonostante tutto,forse sentiva e sperava e temeva ancora che l'avrebbe amata in futuro.
E allora capì che,in qualche modo e per qualche strana magia,
nel profondo del suo cuore,senza neanche rendersene conto,le aveva giurato di esserle fedele sin dal primo istante in cui l'aveva vista.
Il viso non è come un braccio o un torace,che li tocchi e riesci a farti un'idea di come sono fatti.
Il viso è fatto di espressioni,di modi di guardare,di mille pieghe e muscoli che si muovono in continuazione.
C'è la vita vissuta,sul viso di una persona.
C'è la sua anima.
E l'anima non la becchi con il tatto,purtroppo.
Capì quanto fosse difficile per lui rapportarsi con le persone,
entrare nel mondo degli altri senza esserne sopraffatto o sentirsi confuso;
senza uscirne con quella sensazione di inadeguatezza che si alternava ai momenti di sicurezza e fiducia.
Quando noi nasciamo,siamo piccoli e sembriamo indifesi.
Però,se si nasce in una famiglia normale,noi non siamo indifesi,neanche un poco,amico mio.
E sai perchè?
Perchè tutti sono intorno a noi:mamma,papà,nonni,parenti...tutti intorno a noi a proteggere e dire "che bel bambino","che bella bambina" e a fare una grande risata quando facciamo un rutto dopo la poppata;oppure a fare un applauso quando diciamo una prima parola che non significa un cazzo.
Siamo al centro del mondo,amico mio,tu pensaci.
Tutti intorno a noi come a un miracolo,tutti a fare complimenti e quando noi facciamo i primi passi,tutti a dire:
"Meraviglia,cammina!".
Amico,noi da piccoli possiamo fare anche una puttanata che tutti ci dicono "bravo".
Risultato?
Il risultato è che ci sentiamo imbattibili come un eroe greco.
Pensiamo che tutti è possibile per il futuro perchè intorno al bambino c'è amore.
Amore e ammirazione.
Quello è il Paradiso Terrestre,amico mio.
Ma cosa succede poi?
Succede che poi,dopo i primi passi cadiamo e che nostra testa si spacca,amico mio.
Succede che arriva una giornata strana e papà,invece di fare l'applauso,ci dà uno schiaffo forte perchè è nervoso per i cazzi suoi.
Oppure succede che mamma parte con il treno e non torna più.
E allora tutte le certezze di essere un eroe greco vanno a farsi fottere e noi capiamo che ci hanno imbrogliato,
che il Paradiso Terrestre non esiste più e che siamo cacciati via e illusi come Adamo ed Eva.
Da quel momento,amico mio,tutta la nostra vita è speranza.
Speranza di tornare al Paradiso Terrestre.
Tutte le nostre azioni,tutti i nostri pensieri,le scelte,le decisioni...tutto quello che noi facciamo è per provare a tornare al nostro Paradiso di infanzia.
Quanto tutti intorno a noi fanno un applauso per un nostro rutto.
Tu cerchi tua madre,amico mio,perchè tu credi che tua madre sia il tuo Paradiso Terrestre perduto.
Forse è vero.
Forse no.
Forse non lo saprai mai.
Ma certo,io ti faccio grandi auguri di riuscirci.
Non riusciva a capire se era in pericolo oppure era al sicuro.
Tu credi che io sia pazzo? Non ti preoccupare:tutti credono pazzo chi cerca di essere felice.
Ricordarsi che la vita è bella.
Una promessa infantile,all'apparenza.
Ma forse la più terribile e impegnativa delle promesse.
Perchè poi è la vita a ricordarti,giorno dopo giorno,quanto riesce a essere dura,difficile,imprevedibile.
A volte spietata.
Ma lei voleva amarla ugualmente.
"E allora perchè non amarlo,anche se ti fa soffrire?" le aveva chiesto,spiazzandola,proprio come riesce a spiazzarti la vita.
Sentì che il mondo delle parole,poichè il troppo può coincidere con il nulla,si era improvvisamente esaurito.
"Come fai a camminare sui vetri?"
"E'una questione di testa...e di allenamento. Cioè,ti spiego:da dove parte il dolore?Dal cervello.
E'il cervello che attiva i centri nervosi,no? Ecco:spegni il cervello dalla parte del dolore e cammini su qualunque cosa che fa male. Finchè non ci fai il callo e diventa tutto normale"
"E come fai a spegnere il cervello?"
"Con un click!"
Se continuavo in questo modo sarei morto nel modo peggiore,cioè rimanendo vivo.
"E quando sarai vecchio che cosa farai?"
"Quando sarò vecchio,sempre che ci arrivo,ci penserò.La vita è oggi,no?Ieri è già passato e domani non esiste ancora.Quando passerà,domani diventerà ieri e così via."
Caspita,amico!Hai più coraggio di me!
Ti sei iscritto a un corso accelerato di salto nel vuoto e hai lasciato a casa il paracadute.
Non è facile mettersi in gioco dopo aver fatto una vita come la tua,lo sai?
La vita è sempre un rischio,per chiunque.
E mentre urlavano si accorsero che piangevano di gioia.
Perchè,a volte,il tempo fa il miracolo di tornare indietro come un nastro impazzito e ti regala attimi già vissuti,che ormai ti sembravano sepolti nell'oblio.
Cosa si nascondeva dietro il dolore che riusciva a leggere in quegli occhi così simili ai suoi?
E perchè quel dolore gli ricordava il dolore provato da bambino?
Non poter pianger fa male,sai?
Perchè il dolore non sa più da quale parte uscire e ti rimane dentro,incatenato.
Ti cammina nel sangue,il dolore,come una bestia in gabbia che va avanti e indietro.
Per tutto il giorno.
Giorno dopo giorno.
E tu vorresti farlo uscire.
Vorresti liberarlo.
Ma non sai più come si fa.
Mi aiuti a piangere?
Di tanto in tanto sollevava lo sguardo e lo puntava verso di lui come a voler condividere le emozioni.
Come a volergli scavare dalla profondità degli occhi i ricordi e farli propri.
Come a dirgli:
"Sono con te.Ti capisco.Ti vedo.Ti chiedo scusa.Ti ringrazio.Ti assomiglio."
I suoi occhi esprimevano l'abisso e Michele sentiva il peso delle mille domande che avrebbe voluto rivolgerle,pesare su quello stesso abisso.
Cos'altro gli rimaneva?
Starle vicino e respirare,comunque,la sua assenza?
Casa nostra sembrava non avesse più un riparo:
tirava vento anche con le finestre chiuse.
Mi dicevi che le partenze e i ritorni si assomigliano.
Che si alternano e si scambiano i ruoli come la vita e la morte.
Ma ora so la tua partenza non ha avuto alternanza col ritorno.
Ha scambiato il suo ruolo solo con la morte.
Nei miei occhi,cercavo i tuoi.
Sentì che forse era possibile scrollarsi di dosso il peso della sua strana vita.
Quel senso di continua penitenza alla quale si era sottoposto,senza rendersene conto,nel corso degli anni.
Forse la fiducia negli altri,prima o poi,non gli sarebbe più apparsa come una soglia invalicabile.
Forse avrebbe potuto ricominciare a vivere.
A rischiare il dolore e la delusione,se avesse smesso di difendere la propria anima,di erigerle intorno confini immaginari e di scavare trincee per preservarla dall'imprevedibile.
So che non riesco a non amarla.
Ce l'ho messa tutta,a non amarla.
Sono stato duro con lei.
Ho serrato porte,finestre,cancelli e perfino il mio cuore.
Ma lei ha spalancato ogni porta,ogni finestra,ogni cancello.
Poi ha trovato un varco segreto che nemmeno io conoscevo.
E mi è entrata ugualmente in quel cuore che avevo serrato.
Ora dovrò capire cosa darle in cambio,perchè non voglio perderla.
Dovrò capire come fare per essere sicuro che non mi lascerà,da un giorno all'altro,senza una spiegazione.
Devo imparare.
Perchè comunque è questa la mia paura.
La diga che trattiene l'amore.
Il nodo che mi serra il cuore.
Voglio imparare a fidarmi di lei e a non avere più timore.
Voglio imparare a crederle.
Le voglio credere e sento che ci riuscirò.
Mi ricordo la sua risata...rideva spesso quando stavamo insieme.
Ma,forse,ridere non vuol dire essere felici.
Era dolce sia con me che con te.
Però con te era felice ma piangeva.
Con me non era felice ma rideva.
Voglio dire:
tornare è difficile,quando sei stato via molto tempo,quando hai ferito le persone che amavi.
Hai una faccia per partire...ma la faccia per tornare rischi di non trovarla mai.
La vita non finisce mai di regalarci qualcosa.
A volte ci ha portato dolori di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Altre volte ci ha fatto assaporare gioie immense e momenti di felicità.
"Cosa amavi di lui?"
"Amavo il modo in cui mi prendeva.Aveva qualcosa negli occhi,mentre facevamo l'amore...
qualcosa che era a metà tra una minaccia e una promessa.
Come se avesse deciso di farmi male con le sue carezze.
Come se dovessi accettare il dolore prima di provare il piacere.
Per capire se l'ami devi rispondere a qualche domanda che tu stesso ti devi fare.
La prima è se riesci a immaginare la tua vita senza di lei.
La seconda è se te la scoperesti.
Ma sappi che,per ora,devi solo avere voglia di scoparla.
Poi,se hai scopato o se hai fatto l'amore,te ne accorgi solo dopo che ci sei stato a letto.
E infine c'è la terza domanda...se ti fidi di lei.
Fidarsi era il suo grande problema.
Però dovette ammettere che cominciava a fidarsi di lei.
Voleva fidarsi di lei.
Cosa amavo di lui?
Non riuscivo a immaginare la mia vita senza di lui.
Volevo scoparlo e volevo che mi scopasse.
Perchè mi piaceva.
Mi piaceva il suo sguardo.
Mi piaceva il suo odore.
Mi piaceva la sua pelle.
Mi eccitava da morire.
E poi...mi fidavo di lui.
Quando ti fregano,quando ti ingannano o ti tradiscono,sei tu che perdi qualcosa di importante.
Perchè credi di perdere la fiducia negli altri,ma invece la perdi in te stessa.
Pensi che te lo sei meritata,perchè ti sei fidata come una scema.
Perchè non sei riuscita a capire chi avevi accanto.
Non sei riuscita a vedere le cose per come erano davvero.
E se avevi un pò di autostima si sgretola.
Risultato?
Sei tu che non vali niente.
Lei gli prese una mano e in silenzio continuarono a parlarsi.
Gli occhi puntati verso il cielo,continuarono a considerare le loro vite come se leggessero insieme il racconto degli anni vissuti separatamente per farlo diventare,infine,un unico racconto,un'unica vita.
Che se ne andasse al diavolo lui e la sua voglia di stare solo.
Lui e la sua paura di tutto.
Lui e la sua solitudine ostinata.
Lui e l'amore che le negava.
Lui e i suoi occhi come una pozza di petrolio.
Lui e le sue labbra carnose che le mettevano i brividi.
Lui e la sua timidezza.
Lui..e lei stessa.
Che non riusciva a dimenticarlo.
A non amarlo.
A non desiderarlo.
...il vuoto e l'angoscia del non essere riconosciuti.
Con gli occhi lucidi ascoltò il racconto dell'amore.
Era l'amore silenzioso e segreto che provava per lei e che ora aveva rivestito di coraggio per riuscire a dichiararglielo.
E gli giurò che avrebbe spazzato via quelle paure nel corso della sua vita.
E che l'avrebbero strappata a morsi,la loro vita.
Insieme,giorno dopo giorno,da quella notte in poi.
Era un uomo smarrito,più di qualunque oggetto avesse mai raccolto dal treno.
Certe cose,una volta che le dici,non ti lasciano più.
Dentro,ti restano,dentro,come la malerba.
S'attaccano a lu core e l'ammarciscono.
E sarebbe stata domenica per sempre,da quel giorno in poi e per tutta la vita.
Perchè lui era la sua domenica.
Era un giorno di festa senza fine.
Il sogno realizzato.
La felicità perfetta.
Non c'era più spazio per altro che non fosse l'amore dichiarato di Michele.
Lei era la sua domenica.
L'unico rifugio nel quale rannicchiarsi.
L'unica speranza di un conforto.
Metro dopo metro,procedeva all'interno di una sconfitta che sentiva di meritare fino in fondo,
come se fosse nato per subirla,
Come se il suo unico compito,nel corso della vita,fosse stato prepararsi al peggio e affrontarlo giorno dopo giorno,senza un'alternativa.
Sentirsi dimenticati è un pò come morire.
A quel punto non ti ribelli più.
Ti rassegni all'idea,perchè tanto non ci puoi fare più niente.
Ma questo ti permette di sopravvivere,di tirare avanti.
Sentirmi dimenticato era la spiegazione della tua assenza e anche la fine di ogni speranza.
In fondo è bello non avere speranze.
E'come spegnere l'interruttore del dolore.
Però penso che nessuna bugia avrebbe dovuto fermarti.
Avresti dovuto trovare la faccia adatta per tornare.
Avresti dovuto piazzarti davanti alla porta di casa.
Braccare come un segugio ogni mio passo.
Appostarti nel buio.
Nasconderti nell'ombra accanto ai miei respiri,per poi rivelarti all'improvviso.
Avresti dovuto trovare un modo,un modo qualunque per farmi sapere che ero ancora nei tuoi pensieri.
Ma non l'hai fatto.
E ora so il perchè.
E' perchè non merito niente.
Io non merito nemmeno di essere dimenticato.
Invece io ho molte cose da dirti.
E tu ora mi stai a sentire.
Poi puoi decidere di non parlarmi più.
Ma prima mi fai parlare.
Sai qual è il guaio?
Il guaio è quando senti che sei morta e poi invece ti accorgi che respiri.
E maledici pure il fatto che lo fai.
Ti senti una ladra perchè stai guardando un tramonto che invece dovrebbe guardare anche lei con te,
perchè lo sai che quel tramonto è anche suo.
Fino a quel momento non avevo fatto altro che tradirla,lei e il suo ricordo.
Perchè voler morire significava rinunciare a quello che le era stato tolto.
Mentre invece avevo il dovere di andare avanti anche per lei.
Insomma,io dovevo vivere e dovevo farlo per due.
Per lei e per me.
Dovevo caricarmi addosso i suoi sogni,le sue speranze,tutti i progetti che aveva lasciato in sospeso e trascinarli con me,come un bagaglio,come...come una missione,ecco.
E'questo quello che cerco di fare ogni giorno.
Mi trascino appresso la sua vita e non è mai un peso.
Ho imparato ad amare la vita in ogni momento,qualunque cosa accada.
Ho imparato che mi posso incazzare come una bestia ma che non ho il diritto di essere triste,
perchè se sono viva,non posso essere anche triste.
Io la penso così.
Anzi,sai un'altra cosa?
Credo che quando sarò vecchia non mi lamenterò mai per i capelli che diventano bianchi,per le rughe che troverò sul mio viso e per tutte quelle cazzate.
Perchè invecchiare è un privilegio.
Avevamo fatto un patto,
Lo chiamavamo "patto della felicità" ed era il nostro impegno a essere felici,qualunque cosa dovesse accadere.
Tu ti devi rendere conto che le persone sbagliano.
Non è che siamo tutti macchine perfette.
Mica possiamo agire tutti come ti aspetti tu solo perchè hai sofferto,sai?
Mica sei l'unico al mondo che ha sofferto per qualcosa.
La vita è così:
è difficile.
Ma la tua vita deve dipendere da te,non da quello che fanno o non fanno gli altri.
Sarebbe bastato un "sì" per recuperare almeno una parte di quella serenità che aveva assaporato.
Ma ormai era piombato nel suo baratro e non trovava più il modo per risalire.
Il suo sguardo era carico di assenza e le sembrò una persona completamente diversa da quella che aveva conosciuto.
Lui uscì e lei capì che aveva deciso di tornare alla sua vita di sempre.
Capì che non avrebbe mai trovato la strada per raggiungerlo e rinunciò a seguirlo.
E per lei non sarebbe stata mai più domenica.
Era stato fermo per tutti quegli anni ad aspettare un ritorno.
Invece lui aveva avuto il coraggio di uscire dal guscio e affrontare i ghiacciai,pur di trovare suo padre.
Capì che era stata la speranza a dare al bambino la forza per arrivare fin lassù,
mentre lui era stato spinto dalla rabbia.
E allora comprese che quella rabbia senza nome era in realtà rivolta verso se stesso,
verso la sua rinuncia e il suo piangersi addosso messi a confronto con l'intraprendenza del bambino.
Perchè quando respiri non pensi a farlo.
Il respiro è come il pensiero:accade.
E accade mentre sei distratto e stai vivendo.
Sulla sua testa c'erano le stelle.
Vide anche quelle che erano già cadute,migliaia e migliaia di anni prima.
Il cielo,in fondo,non le aveva smarrite perchè ne conservava la luce e la memoria.
Tutti hanno diritto a seguire un orso bianco.
Perchè rinunciare a farlo vuol dire,semplicemente,rinunciare a vivere.
E la vita non è una bilancia che pesa i torti e le ragioni,ma un fluire di eventi che molto spesso non hanno spiegazione.
Oppure ne hanno troppe perchè si possa individuare,alla fine,quella vera.
Nessuno avrebbe mai saputo dare la risposta giusta.
Ed è questo,forse,il bello della vita.
Ciò che aveva capito è che qualunque fosse la spiegazione,giusta o sbagliata,di un evento o di un'azione,ciò che contava davvero era il risultato finale.
Aveva capito,inoltre,che quel risultato è sempre in bilico,fino all'ultimo respiro.
E che per quanto ci riguarda,anche se a volte può sembrare il contrario,sono le nostre azioni a deciderlo,non quelle degli altri.
Sei tu che mi cambi i colori alla vita.
Lui le prese una mano tra le sue,senza rispondere.
E lei poggiò la testa sulla sua spalla.
Poi le loro dita intrecciate,con mille piccole carezze,lasciarono che il desiderio lievitasse nel silenzio.
Aveva mille emozioni nello sguardo e teneva per mano una ragazza che illuminò con la sua presenza la stanza,ancora prima che le luci si accendessero e proiettassero le ombre degli oggetti sulle pareti.
Immobili e schierati in fila sembravano osservarli mentre si guardavano negli occhi,immersi in un silenzio che sapeva di buono e di felicità pura.
Non commentarono nè mostrarono segni di stupore quando la donna avvicinò le sue labbra a quelle dell'uomo.
In quel momento i due scoprirono che anche i loro baci avevano un colore e che il colore di ogni bacio aveva,a sua volta,un sapore.
Non accennarono alcuna protesta quando la luce delle lampadine si spense di nuovo e si sentì il fruscio degli abiti che atterravano sul pavimento,uno dopo l'altro.
Restarono muti e privi di ombra,mentre l'uomo e la donna dischiudevano i loro corpi al centro del letto.
Poi accadde qualcosa di magico.
Nel cielo apparve la luna calante,con la sua falce luminosa e sottile.
In quello stesso istante,lui vide la schiena di lei arcuarsi all'indietro e disegnare,sopra di lui,un'altra falce,che combaciava perfettamente con quella della luna e che si illuminò all'improvviso,come un arcobaleno.
Chiusero gli occhi nel timore di dissolversi entrambi dentro l'abbaglio accecante di quella luce.
"Se dopo che siete stati a letto hai voglia di essere altrove,ci hai solo scopato".
Si voltò a guardarla,ma capì subito che non esisteva un altro posto in cui volesse stare,da quel momento in poi,che non fossero i suoi occhi.
Chi poteva saperlo?
Questa è la vita....
La destinazione è un debito,una promessa da mantenere,la speranza di un perdono.
Grazie ai miei genitori per avermi insegnato,sin da piccolo,che dopo l'amore,il piatto caldo e il lavoro che ti ha permesso di ottenerlo,sono i libri la cosa più essenziale della vita.
2 commenti:
Il libro più emozionante e commovente che abbia mai letto
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