domenica 7 dicembre 2025

"Il colibrì" Sandro Veronesi (2019)


 LA TRAMA:
Marco Carrera, il protagonista, è il colibrì. La sua è una vita di continue sospensioni ma anche di coincidenze fatali, di perdite atroci e amori assoluti. Non precipita mai fino in fondo: il suo è un movimento incessante per rimanere fermo, saldo, e quando questo non è possibile, per trovare il punto d’arresto della caduta – perché sopravvivere non significhi vivere di meno. Intorno a lui, altri personaggi indimenticabili, che abitano un’architettura romanzesca perfetta. Un mondo intero, in un tempo liquido che si estende dai primi anni settanta fino a un cupo futuro prossimo, quando all’improvviso splenderà il frutto della resilienza di Marco Carrera: è una bambina, si chiama Miraijin, e sarà l’uomo nuovo.


IL MIO GIUDIZIO:
"Il colibrì" è uno dei rari casi in cui ho prima visto la rappresentazione cinematografica e poi ho letto il libro. Non conoscevo nemmeno la trama, sapevo soltanto che ad interpretare il protagonista era Pierfrancesco Favino, e questo mi bastava come garanzia di qualità. 

Il film mi ha colpito molto, anche se l'ho trovato un po' troppo caotico, con tutti quei flashback non lineari, tanto è vero che, per comprenderlo appieno, ho dovuto sbirciare il riassunto su Google.  Ho avuto la netta percezione, però, che questo romanzo avesse un messaggio preciso da darmi, soprattutto in questo periodo della mia vita, così ho deciso di leggerlo. Le recensioni erano abbastanza discordanti a riguardo, un po' come mi era già accaduto con "Che tu sia per me il coltello": c'era chi lo considerava un piccolo capolavoro e chi una noia mortale, con le sue pedanti descrizioni. Causa trasloco, ci ho messo un bel po' per portarlo a termine, però non ha assolutamente deluso le mie aspettative, anzi è stato uno dei pochi casi in cui la rappresentazione cinematografica è totalmente attinente al romanzo.

 Il protagonista, che per ovvie ragioni ha il volto di Favino, è Marco Carrera, medico oculista fiorentino che si barcamena tra la sua Firenze, Roma e Bolgheri, in provincia di Livorno, dove la sua famiglia ha da anni una villa a ridosso fra il mare e la pineta. Gracile e mingherlino a causa un ritardo nello sviluppo (risolto poi con una cura sperimentale intorno ai 14 anni), viene soprannominato dalla madre "colibrì"...nomignolo che, tutto sommato, si adatta perfettamente anche al suo percorso esistenziale: il colibrì è un piccolo uccellino che vola restando fermo, riuscendo a mantenere un equilibrio costante.

Allo stesso modo Marco, a dispetto di tutte le avversità, gli imprevisti e i dolori che il destino gli metterà davanti, riuscirà a non soccombere e, anzi, volendo citare un verso della poesia di William Ernest Henley, sarà lui il "capitano della sua anima", tenendo il coltello dalla parte del manico, fino all'ultimo istante della sua vita.

Eccezion fatta per il fratello Giacomo, per il padre Probo e poi, più avanti nel tempo, per il dottor Carradori, Marco si relaziona prevalentemente con le donne: la frustrata madre Letizia, affermato architetto; Irene, la sorella depressa con tendenze suicide; Marina, l'ex moglie psicotica, Luisa Lattes, vicina di casa a Bolgheri e grande amore della sua vita; la figlia Adele, durante l'infanzia convinta di avere un filo invisibile attaccato alla schiena e, ultima ma non meno importante, la nipotina Miraijin.

Caratteristica che le accomuna è che, ognuna di loro, affida i suoi disagi a uno psicoanalista mentre Marco, per la psicoanalisi, ha una vera idiosincrasia.

In realtà, sarà proprio Marco la roccia a cui ognuna di queste donne si appoggerà. Per lui non è un peso essere il centro gravitazionale attorno a cui ruota tutta la sua famiglia...anzi! Essendo miracolosamente scampato, in gioventù, a un disastro aereo (era sceso prima del decollo a causa di un attacco di panico dell' amico che lo accompagnava), si è convinto che la sua vita dovesse avere uno scopo molto più alto di una semplice, normale, esistenza. In particolar modo, da un certo momento in poi (e il perché lo scoprirete leggendo il libro) la sua unica priorità sarà quella di crescere nel migliore dei modi sia nipote Miraijin, "l'Uomo del futuro". 

Marco Carrera, il colibrì che ha impiegato tutta la sua vita, e tutta la sua energia, cercando di rimanere fermo e stabile, nonostante le avversità, ad un certo punto, con un salto temporale nel futuro che ci proietterà nel 2030, e con la dignità che ha sempre dimostrato, deciderà di sfidare la morte (quella morte che, via via, gli ha strappato le persone più importanti) e deciderà di volare via, prima che l'orrore della malattia prenda il sopravvento. 


IL MIO VOTO:
Scritto in maniera magistrale, avvincente nonostante in alcuni punti pecchi di un eccesso di minuziosità, "Il colibrì" è un romanzo allo stesso tempo dolce e straziante, profondamente introspettivo e che affronta tematiche importanti e che offre spunti di riflessione. Sia che si legga il libro, sia che si guardi il film (ottimo sarebbe fare entrambi le cose), si uscirà d questa opera profondamente arricchiti. Assolutamente consigliato.


LO SCRITTORE:



Frasi dal libro "Il colibrì" di Sandro Veronesi

Rimarrà un sogno? Accadrà tutto? Accadrà qualcosa? Io sono qui e aspetto, non voglio fare niente, voglio che le cose accadono da sole.

Se alla mia vita togli tutte le cose superflue l'unica che rimane sei tu.

Si ritrovò con molto tempo libero e il tempo libero è una brutta bestia per le persone instabili.

Non essendo riuscito a fare le cose giuste, fece quella sbagliata.

Sono persone che hanno perso tutto, che sono rimaste sole al mondo...e devono vivere, perché così stabilisce il loro destino.

Lo psicologo viene rifiutato, specie da quelli che ne hanno più bisogno.

Proprio là dove si era illuso di indirizzare il suo futuro, il futuro non c'era.

Se una storia d'amore non finisce o nemmeno comincia essa continuerà a perseguitare la vita dei protagonisti con il suo nulla di cose non dette, azioni non compiute, baci non dati.

Lui l'aveva travolta con la favola che erano fatti l'uno per l'altra. Non erano fatti l'uno per l'altra. Nessuno è fatto per nessun altro, a dire il vero, e persone come lei non sono fatte nemmeno per se stesse. 

Lei gli aveva sempre mentito, ma lui aveva fatto di peggio: le aveva creduto.

L'infelicità rimane tale anche se diventa una scelta e se essa è l'unico vero prodotto di un matrimonio, è quella che ai figli si trasmette.

Di felicità non ce n'era mai stata nemmeno l'ombra: erano sempre stati infelici, anche prima di conoscersi. L'infelicità, loro due, l'avevano prodotta autonomamente, come certi organismi fanno col colesterolo.

Per l'ennesima volta si trovava dinanzi all' imprevisto e aveva imparato che l'imprevisto si doveva accettarlo.

Il liquido era l'habitat dal quale il bimbo proveniva e in quel liquido era immerso lui stesso, e provava sul proprio corpo in decadenza lo stesso sollievo che in quegli stessi istanti pervadeva quello sodo e muscoloso di sua figlia e quello tenero e nuovo di Miraijin. Era l'acqua a tenerli insieme, e a parlare, a rassicurare, a sapere.

Visto, papà? Si comincia bene: l'Uomo del Futuro è una donna.

Ho aperto il libro a caso ma , in realtà, non è stato a caso: l'ho aperto dove lui, il libro, voleva essere aperto.

Era brava, coscienziosa, affidabile, ce l'aveva fatta, e si trattava di un autentico miracolo, considerando quello che aveva passato da piccola, traumatizzata, con una madre pazza e un padre stupido che non aveva saputo proteggerla; col dolore che le grondava addosso da tutte le parti, roba da diventare disfunzionale per principio.

Poiché per colmare quel nulla nessuno fece nulla, nulla accade e nulla di risanò.

"È il mestiere mio, dopotutto, occuparmi delle fragilità nell'emergenza"
"In effetti l'emergenza c'è tutta"
"E, soprattutto, c'è la fragilità"

I bambini sono pazzeschi: percepiscono più quello che viene taciuto di quello che viene detto. Se lei si occupasse della bambina con il vuoto nel cuore, le trasmetterebbe quel vuoto. Se invece quel vuoto cerca di riempirlo, e non importa che ci riesca o no, allora le trasmetterebbe quello sforzo e, quello sforzo, semplicemente, è la vita.

Anche nella situazione più disastrosa, i desideri e i piaceri sopravvivono. Siamo noi che li censuriamo. Ti piace giocare a pallone? Giocaci. Ti piace camminare in riva al mare, mangiare la maionese, dipingerti le unghie, cantare? Fallo. Questo non risolverà nemmeno uno dei tuoi problemi, ma nemmeno li aggraverà e, nel frattempo, il tuo corpo si sarà sottratto alla dittatura del dolore.

Non dico che le tornerà la voglia di vivere. Probabilmente non le tornerà. Ma starà comunque vivendo.

Ormai riconosco al volo la voce degli psicoanalisti che mi parlano attraverso le persone che amo.

Così come una tragedia fa spesso saltare il patto che tiene insieme una famiglia unita, quella stessa tragedia può sortire l'effetto contrario se la famiglia è già esplosa, riavvicinando e i membri superstiti.

Questo stare sempre fermi, facendo tutta quella fatica, non è la cura, è la ferita.

Il fatto è che dietro al movimento è facile capire che c'è un motivo, mentre è più difficile capire che ce n'è uno anche dietro l'immobilità. Ma questo è perché il nostro tempo ha conferito sempre più valore al cambiamento, e il cambiamento è quello che vogliono tutti. Così, non c'è niente da fare, chi si muove è coraggioso e chi resta fermo è pavido, chi cambia è illuminato e chi non cambia è ottuso. Invece ci vogliono coraggio ed energia anche per restare fermi.

Tutti i cambiamenti che ho conosciuto, sono stati in peggio. Ognuno dei cambiamenti che ho subito, ha prodotto un urto tremendo, che mi ha spostato di peso, sbattendomi letteralmente un un'altra vita, e poi in un'altra, e poi in un'altra...vire alle quali ho dovuto adattarmi bruscamente. Capisci che io provi sollievo a trattenere quante più cose possibili?

Se io sono il colibrì, tu sei il leone o la gazzella di quel detto che sinceramente mi è sempre stato sui coglioni, quello dell'alzarsi ogni mattina e mettersi a correre, chiunque tu sia.

Il mio primo pensiero ora è per lei, il mio ultimo ora è ancora per lei, e in mezzo ci sono altri pensieri per lei. Solo così mi è possibile vivere ora.

Ormai era chiaro: la sua vita aveva uno scopo. Le dolorose vicissitudini che l'avevano segnata, avevano pure esse uno scopo, nulla gli era capitato per caso.

Solo al momento giusto, cioè in quello più buio, la sua mente si è illuminata.

Coltiva ciò che ti piace ma non fartene divorare.

Non farti mettere fretta dalla bellezza che erompe, dà tempo al tempo, abbi fiducia. Ti innamorerai, sarai insicura, dirai di no, sarai sicura, dirai di sì, sarai felice, sarai infelice, sarai di nuovo felice, tutto accadrà quando sarà tempo. 

Tutto il dolore provato non gli ha mai impedito di godere dei momenti come questo, in cui tutto sembra perfetto.

Quante persone sono seppellite dentro di noi?








giovedì 14 agosto 2025

"Ogni giorno un miracolo" Alberto Simone (2019)

 



LA TRAMA:
Quella che stai per leggere è una specie di storia d’amore, o meglio, la condivisione di un innamoramento. L’innamorato sono io e l’amata è la vita. Stiamo insieme ormai da qualche tempo e, a essere sinceri, tra noi non è stato sempre tutto rose e fiori. Abbiamo avuto i nostri contrasti e le nostre incomprensioni, ma in fondo la cosa più difficile è stata capire il modo, a volte incomprensibile, in cui la vita sceglie di amarti. Alla fine credo di avere compreso cosa volesse davvero da me: una resa incondizionata al suo amore, comunque scelga di manifestarlo, perché, contrariamente alle mie pretese, è sempre lei che conduce la danza, in totale autonomia. Tutti noi vorremmo evitare la sofferenza, la separazione e le molte cose spiacevoli che la vita potrebbe mettere sul nostro cammino, ma nulla e nessuno ci può garantire che questo accada. La sola libertà che la vita ci concede è quella di goderci comunque il viaggio, se ne siamo capaci. Quindi ti chiederò di provare a conoscerla più intimamente, e poi di lasciarti andare. L’idea della resa alla potenza della vita può fare paura, ma quando la capisci e la accetti, quello è il momento in cui togli il piede dal freno e cominci a vivere pienamente, in cui diventi capace di amare nello stesso modo i giorni di sole e quelli di tempesta. E finalmente comprendi che ogni giorno è un miracolo.


IL MIO GIUDIZIO:
Alberto Simone è noto ai più come regista e sceneggiatore televisivo ma è anche uno psicoterapeuta che si occupa di spiritualità. 

Qualche anno fa,  avevo letto un altro suo libro intitolato "La felicità sul comodino" ed era stato illuminante. Ciò che apprezzo particolarmente in Simone, oltre al suo modo di esporre chiaro e semplice (avvalendosi, talvolta, di storielle allegoriche) è che ben consapevole che ciò che riguarda il mondo spirituale non è scientificamente dimostrabile (anche se la fisica quantistica sta dando sempre più conferme a riguardo) e non ha la pretesa di voler convincere nessuno delle sue idee: lui le espone poi, chi vuole crederci deve compiere un atto di fede, altrimenti liberissimo di pensarla diversamente. 

Molte persone, per ateismo, perché in qualità di persone adulte siamo portate a usare la logica e ad essere iper razionali, o più semplicemente per egocentrismo, sono convinte che tutto ciò che gli accade, nel bene e nel male, sia merito o demerito loro. Invece, come spiega l'autore, sono sì importanti l'intenzione e l'impegno ma, a determinare la realizzazione di un obiettivo entrano in gioco altre energie sottili e invisibili che regolano l'Universo. 

Chi ha letto "I promessi sposi" ricorderà come Lucia e Agnese si affidino sempre alla Provvidenza...ecco, Provvidenza, o Dio, o Universo, Destino, Fato (ognuno può chiamarlo come preferisce) non sono altro che queste forze superiori che intervengo per farci realizzare qualcosa. Ma anche per non farlo realizzare: siamo portati a definire "fallimento" il non ottenere ciò che desideriamo ma, in realtà, questo succede perché quello che volevano non era bene per noi, avevamo un insegnamento da apprendere e, deviando il percorso, queste entità superiori ci conducono verso ciò che è davvero meglio per il nostro futuro. E lo capiremo solo col senno di poi. Però, in un caso o nell'altro, è importante una parola purtroppo ancora in disuso: la gratitudine.

Un'altro punto su cui Simone si focalizza, è che l'essere umano è creato da 3 parti (il corpo, l'anima e la mente) e a tutti e 3 deve essere riservata la stessa importanza. Spesso, al primo accenno di malessere fisico o emotivo, ricorriamo all' analgesico o al tranquillante quando, in realtà, il dolore è il modo che ha l'anima di farci comprendere che qualcosa non va. Le malattie non sono altro che la risposta fisica di un disagio interiore a cui va prestata attenzione e, anche quando proviamo ansia o angoscia in una determinata situazione, in un certo posto o con una specifica persona, dobbiamo comprendere cosa questa ansia voglia dirci. Il più delle volte sta a significare (e l'ho sperimentato su me stessa) che quella situazione, quel luogo o quelle persone non sono più per noi, non contribuiscono alla nostra crescita...magari lo erano fino al giorno prima ma, siccome tutto cambia, adesso non lo sono più e, per il nostro sviluppo evolutivo è bene per noi allontanarsi da esse. 

Si focalizza poi sulla potenza del pensiero: se puoi pensarlo puoi farlo. Ogni cosa, prima di essere realizzata (da andare sulla Luna, alla scoperta della teoria della relatività, alla creazione di Google, giusto per fare qualche esempio) è stata prima pensata, poi messa in pratica, quindi è il pensiero che crea la realtà non viceversa. E, per ottenere grandi risultati, è necessario scardinare le credenze limitanti di scarsità e sognare in grande. 

Affronta poi il tema dell' abbondanza che nell'Universo è a disposizione di tutti ma siamo noi, con i nostri limiti mentali a non crederlo possibile. Ci invita a vedere questi limiti e gli ostacoli che troviamo sul nostro cammino come dei punti di forza per attuare un cambiamento. 

Ci parla anche di Dio, non visto come il classico vecchio con la barba ma come Fonte Universale, quell'energia in cui siamo immersi e di cui facciamo parte. "Siamo i batteri di Dio", così ci definisce, facendo il paragone con i batteri che colonizzano il nostro corpo e che vedono in lui una sorta di "universo". Dio, l'energia che ha creato il meraviglioso mondo dove viviamo dove tutto è straordinariamente perfetto, concatenato ed in continua evoluzione, dove spirito e materia non sono due entità divise e separate ma sono indissolubilmente concatenate l'una all'altra, e dove la morte non è la fine di niente ma soltanto una sorta di passaggio, di upgrade, verso un'altra dimensione, quella da cui, come anime, proveniamo e che, da essere incarnati, non possiamo ancora comprendere ma soltanto immaginare.



IL MIO VOTO:
Un vademecum da portare sempre con sé, da leggere e rileggere, un inno alla gioia e alla positività che invita a guardare il mondo da un'altra prospettiva ma, soprattutto, che invita a guardare dentro se stessi perché è lì che si nascondono tutte le risposte ed è lì che possiamo trovare la vera felicità. Consigliato!


LO SCRITTORE:



Frasi dal libro "Ogni giorno un miracolo" di Alberto Simone

 Se vuoi liberarti dal buio non devi combatterlo, devi solo aumentare la luce e il buio si ritirerà. Aumenta l'amore nella tua vita e la paura, con tutte le emozioni e le convinzioni negative che crea, sparirà.

La sola libertà che la vita ci concede è quella di goderci comunque il viaggio, se ne siamo capaci.

Io me ne stavo al calduccio dentro mia mamma, ma quello era il massimo del comfort che mi era concesso: avrei capito molti anni dopo, nel corso dei miei studi sulla vita prenatale, che in quel momento improvvise scariche ormonali di adrenalina e cortisolo, dovute allo stato di ansia e stress che mia madre stava vivendo, inondavano il.mio rifugio sicuro, mettendo in allarme tutto il mio nascente sistema nervoso. Sperimentavo precocemente la biochimica della paura e dell'insicurezza con cui avrei imparato a convivere e a fare i conti nel corso della vita, ben oltre la mia nascita.

Creo in un sacco di cose che non sarà mai probabilmente possibile dimostrare: credo nell'anima, credo nella concreta influenza della nostra vita immateriale, credo nella mancanza di separazione tra noi, gli altri e il resto di questo incredibile, incomprensibile e meraviglioso Universo.

Per quanti guai possiamo avere intorno, non saranno mai il vittimismo, le lamentele e l'autocommiserazione a darci una mano a cambiare le cose. Una visione positiva, che può spingersi persino alla capacità di estrarre il bene dal male, è una scelta che ci permette di dare il nostro contributo in questa vita, finché abbiamo il privilegio di viverla e di onorare il dono che abbiamo ricevuto venendo al mondo.

L'anima si nutre di bellezza, di poesia, di musica, di amicizia, di preghiera, di contemplazione, di amore, di perdono, di gratitudine, di emozioni e di commozione. Tutte realtà prive di consistenza materiale, ma tutte nutrimenti molto potenti, di cui non puoi fare a meno. Se ci pensi, sono proprio quelle cose che arricchiscono la vita e la rendono degna di essere vissuta. Solo nutrendo tutte queste parti, tutte insieme, la vita ti ricambierà con ogni gioia. 

Abbiamo una parte marginale in tutto quello che facciamo.ci mettiamo l'intenzione e il nostro lavoro e questo ha un valore.  Ma quello che è importante capire è che ci sono miliardi di cause, visibili e invisibili, che si intrecciano fra loro, creando una misteriosa alchimia per cui ogni cosa accade in una determinata maniera in questo universo. Certo, sono solo credenze ma a me piace pensare a un mondo regolato da molte forze ed energie.

Faccio la mia parte al massimo delle mie capacità e affido il resto a qualcosa di più grande di me. Se poi quel progetto si realizza, come età nelle mie speranze, ringrazio me stesso, ma non trascuro di essere grato anche al concorso delle infinite concause che lo hanno reso possibile. Non do nulla per scontato e se qualcosa di buono accade, mi ritrovo immerso nella gratitudine. Se le cose non vanno invece come mi aspettavo, cerco di accettare che, forse, in quel fallimento c'è come un messaggio o un insegnamento per me, un motivo che io non conosco e non capisco e forse la sua intenzione non è malevola.

Smetti di pensarti da solo in qualcun cosa tu stia facendo: sei immerso in un tutto di cui fai parte.

La preghiera ha un effetto potentissimo sull'organismo e sulle emozioni. Nello stesso istante in cui viene pronunciata crea un ambiente molto più favorevole nell' organismo, abbassando i livelli di vigilanza e stress.

Da un bel po' di tempo ormai gli uomini vivono confinati all'interno della cultura scientifica, razionale e tecnologica. Tutto questo ci dà molte soddisfazioni ma si tratta, comunque, di uno spostamento di fede e credenze su un piano che potenzia solo alcune delle nostre risorse, escludendone altre molto importanti.

Il ricorso alle preghiere è parte della nostra umanità da quando siamo sulla Terra.

Ricorda che tu sei solo il giocatore di una squadra e il tuo successo come il tuo fallimento sono indissolubilmente legati alla benevolenza o al favore dei tuoi misteriosi e invisibili compagni di viaggio.

Quando, nostro malgrado, si presenta la sofferenza, invece di cercare ogni forma di analgesico, possiamo trasformarla in un'opportunità, cogliendone il messaggio evolutivo.

Può accadere di sentire che la situazione in cui ci troviamo, e che fino a un certo punto era stata utile e adeguata, cominci ad andarci stretta e non ci permette di crescere oltre. Questa situazione non è più funzionale alla nostra evoluzione o al progetto della nostra anima ma, se cerchiamo di spegnere il dolore senza comprenderne il messaggio, qualcosa in noi morirà. Ogni dolore, sintomo, malattia possono essere vissuti come mere avversità ma possono anche contenere un messaggio che ci chiede di cercare le cause del nostro malessere o semplicemente che è tempo di rimettersi in viaggio e cambiare qualcosa.

Il nostro comportamento ha un impatto non solo su noi stessi, ma su tutto l'ecosistema. Con le nostre scelte condizioniamo inevitabilmente la vita di qualcuno altro a migliaia di chilometri di distanza.

Ciò che chiamiamo vita è il risultato della congiunzione indissolubile tra una componente materiale e una spirituale. E ciò che chiamiamo morte si ha quando queste due parti si separano.

La rabbia ti illude di essere più forte proprio mentre ti rende più fragile e vulnerabile.

L'amore è in grado di guarire qualunque ferita e apprendimento sfavorevole.

Ognuno di noi, crescendo, sviluppa qualità funzionali come la logica e la razionalità, che teniamo costantemente allenate, molto di più di quanto non facciamo con le nostre capacità creative e immaginative, altrettanto potenti e funzionali. Sono proprio quelle qualità che ci consentono di concepire l'impossibile, anche ciò che non esiste ancora. Con queste capacità è stata scoperta la teoria della relatività, siamo atterrati sulla Luna, sappiamo come estrarre l'energia elettrica dal Sole e abbiamo creato Google. Queste grandi conquiste sembrano volerci dire che è la fantasia che crea la realtà e non il contrario. Tutte queste scoperte, prima di diventare realtà, sono esistite solo nella mente di qualcuno di noi.

In ogni momento, in qualunque situazione ti trovi, hai la possibilità di fare questa scelta: accettare la vita così com'è, magari limitandoti a lamentarti di tutto quello che non ti piace, affermando che questa è la realtà e non puoi che adattarti. Oppure darti il permesso di immaginare come vorresti che fosse. Quelle fantasie che la mente potrà considerare assurde, illogiche e irrealistiche, sono la sola possibilità per avviare ogni cambiamento e trasformazione. E solo se tieni duro potrai cominciare a portarle nella realtà. Provarci, in fondo, non costa niente.

La possibilità di scegliere è sempre disponibile.

In base a ciò che inconsciamente credi, modulerai il tuo agire e quali strategie mettere in atto per ricevere ciò che ti aspetti.

Le tue esperienze infantili hanno creato nella tua mente una vera mappa con cui ancora oggi ti orienti, seguendo automatismi di cui non sei consapevole. Senza rendertene conto riproponi quel modello nella tua realtà di oggi, inconsciamente attribuendole le stesse caratteristiche di scarsità o abbondanza di cui hai fatto esperienza. E finisci con ottenere solo quello che ritieni possibile o legittimo aspettarti, nei limiti del tuo modello di riferimento. Dalla scelta del partner, al lavoro, alle condizioni economiche, il mondo riflette la tua vita interiore e misteriosamente risponde all'idea che te ne sei fatto. Se sei cresciuto in una famiglia in cui l'amore veniva manifestato col contagocce è probabile che nella tua mente e nel tuo inconscio si sia formata una convinzione che non ci sia abbastanza amore nel modo. O che, se c'è, non sia per te o che tu debba lottare duramente per avere la tua parte. Se vi i in una convinzione di scarsità, questo ti porta ad accontentarti e a chiedere sempre meno. E il peggio è che, inconsciamente, te ne prendi anche la responsabilità o la colpa, nella convinzione di non avere abbastanza meriti per sognare o ricevere di più.

Il tuo modo di pensare crea la realtà in cui ti trovi adesso e in cui, forse inconsciamente, ti costringi. Ma se diventi consapevole del punto in cui ti trovi, dei limiti che senza volerlo hai imposto alla tua anima, puoi cambiare la mappa che hai utilizzato per descrivere la tua realtà e disegnare una più adatta ai tuoi sogni.

Nell'affrontare il mondo siamo limitati più dalle nostre idee e da quello che crediamo irraggiungibile per noi, che da una realtà che può dischiudere la sua generosità nei nostri confronti in ogni istante. Per quanta povertà, bruttezza e orrore che possa esserci nel mondo, siamo sempre in grado di trascenderlo, cominciando a modificare il nostro modo di vedere le cose. L'amore, per primo quello per noi stessi, è la materia prima che può sostenerci in questi passaggi evolutivi.

Credici oltre ogni evidenza e ti aiuterà a realizzare i tuoi miracoli.

Di fronte alla bellezza abbiamo tre possibilità: apprezzarla, essere indifferenti o rovinarla. La vera ricchezza e la felicità dipendono proprio dalle nostre capacità di apprezzamento della bellezza, che è un autentico miracolo per il quale non ci è stato chiesto di fare niente se non contemplarla e goderne il più possibile.

 Bisogna conoscere i limiti e gli ostacoli che sbarrano la strada al proprio progetto e trovare il modo di superarli. I limiti sono ingredienti irrinunciabili e indispensabili perché la bellezza possa essere creata. Quando desideriamo una vita senza ostacoli non ci rendiamo conto che in realtà stiamo augurandoci un'esistenza più povera. Stiamo chiedendo di vivere senza sfide che, mettendoci alla prova, ci invitano a scatenare la nostra creatività e a scoprire risorse nascoste e ad esprimere i nostri talenti. I tuoi limiti sono la materia prima necessaria a ogni creazione e trasformazione. Imparare a estrarre la tua grandezza da tutto ciò che vuole impedirtelo crea la bellezza nella tua vita.

Dio è un mistero che non sarà mai svelato, almeno non in questa dimensione.

La materia la vedi, l'energia no ma ne vedi gli effetti. Non esiste un solo angolo dell' Universo senza energia, neppure in noi. Quindi, se Dio è energia, è onnipresente nell' Universo ma anche in noi. Per questo ne percepiamo la presenza.

Dio possiamo immaginarlo come un mondo dove potenzialmente sussiste già tutto quello che potrebbe manifestarsi. Siamo immersi nel corpo stesso di Dio. Di quel corpo noi siamo come i batteri che vivono nel nostro. E chissà cosa pensano, se pensano, i batteri che abitano in noi quando cercano di immaginare in quale universo sono ospitati.

Dio è una forma di coscienza, una vibrazione che risuona in ogni cosa ed è costantemente in ascolto.

Il nostro rapporto con questa realtà senza forma assomiglia al rapporto di un genitore con un figlio, che ne eredita il patrimonio genetico e ne perpetua la sostanza.

Gli individui sono come gocce che si sono staccate dall'oceano e che restano gocce giusto per quell'istante che chiamiamo vita, destinato a ricadere nell'oceano dal quale siamo venuti per ricongiungerci alla sostanza che ci ha generati. Torneremo un giorno tutti da dove siamo venuti, recuperando quello stato divino di non separazione. Quella separazione che è un'illusione creata dalla mente ed è anche la causa prima della nostra condizione di sofferenza. Una sofferenza che finisce nello stesso istante in cui ci percepiamo come parte di qualcosa di grande che ci comprende.

Comprendere è un verbo bellissimo, che non a caso è sinonimo di capire: quando siamo compresi non siamo più soli e siamo anche capiti. E possiamo abbandonare lo stato di difesa e affidarci a un abbraccio che ci accoglie e ci protegge.

Dio non può essere una rappresentazione ma è una sensazione, un'intuizione, un sussurro amorevole nella tua testa. Dio è un'esperienza che provo e non mi serve altro per riconoscerlo, anche se non ho la minima idea di cosa e come sia.

Il principio maschile e quello femminile sono chiamati a incontrarsi e fondersi non solo nella coppia ma anche nella società, allo scopo di creare un'unità armoniosa e potente.

Vivere senza la consapevolezza di essere creature dotate di qualità trascendenti e spirituali, finisce per rappresentare una grave menomazione.

Il considerarsi una mera espressione biologica: da qui deriva il nostro sentirci perennemente incompleti e insoddisfatti. Qui ha origine una condizione di sofferenza che accompagna l'intero ciclo dell' esistenza.

Quella che comunemente chiamiamo la nostra identità è in gran parte il risultato di un insieme di eventi che abbiamo vissuto e ai quali abbiamo reagito in un certo modo, mettendoli in relazione con la nostra natura. Tutte quelle esperienze hanno prodotto nella nostra mente, in maniera involontaria, un insieme di storie che ci siamo raccontati negli anni, coniugandole con credenze e convinzioni con cui abbiamo orientato la nostra vita e le nostre scelte.

Una serie di ricerche ha rivelato che il nostro cervello, prima di immagazzinare i ricordi, tende a dargli un'aggiustatina, sistemandoli nel modo per noi più conveniente e accettabile.

Possiamo modificare non tanto i nostri ricordi bensì la modalità emozionale con cui abbiamo risposto a essi per decenni. Possiamo modificare le convinzioni e le credenze che quelle vecchie esperienze ci hanno lasciato. Il nostro cervello, grazie alla neuroplasticità, è pronto ad accogliere ogni nostra nuova indicazione. Possiamo sempre creare e trasformare la realtà, e soprattutto noi stessi.

L'anima non puoi vederla, come non vedi il vento, ma non diresti mai che il vento non esiste solo perché non lo vedi. Perché il vento lo vedi solo quando incontra una dimensione materiale (i capelli, il mare, la sabbia...). E così è l'anima quando incontra il corpo. Guardi una persona, come si muove, cosa pensa, il suo agire con gli altri.

Ogni anima ha una sua propria natura: può essere serena o tormentata, calma o inquieta, giovane o antica e, passando attraverso il tuo corpo, continuava trasformarsi, accelerando o ritardando il suo viaggio di ritorno definitivo verso la luce da cui è nata.

L'anima si nutre di bellezza, di amore, di gratitudine. E ogni volta che la avvicini a questo lei prova un piacere infinito ed evolve.E più evolve e più ti ricompensa con i tanti poteri soprannaturali che ha e con tutto il sapere che le viene dal suo essere sempre legata alla sua sorgente divina. Ma se tu la ignori sarai solo di fronte all' esperienza del mondo, come una barca senza nocchiero in balia del vento.


Tutto ciò che vedi, prima di esistere è stato solo una possibilità.

C'è stato un punto da cui tutto ha avuto inizio. Un punto dove non c'era apparentemente niente, uno stato di silenzio, di assenza di luce e materia, un nulla che conteneva già tutto. In quel nulla, tutto ciò che è accaduto dopo, esisteva evidentemente già come possibilità. Esisteva già come pura potenzialità.

Quello che sembra creare il passaggio dalla pura possibilità della vita alla sua manifestazione ed esistenza sembra rispondere alla potente legge del desiderio.

Il desiderio, l'aspettativa, l'attesa, il sogno, la speranza...non sono questi gli ingredienti che permettono all' invisibile di manifestarsi? All' impossibile di diventare possibile?

Nel progetto divino ognuno di noi è unico e indispensabile. E proprio da quelle che noi riteniamo le nostre fragilità, molto spesso nascono le cose migliori che possiamo offrire. Non darti pena per quelli che credi siano i tuoi difetti, le tue fragilità e le tue limitazioni. A volte sono proprio quelle che ti rendono speciale agli occhi di qualcuno altro.

La felicità è la più alta forma di salute.

Se vuoi evitare che il tuo corpo si ammali e se vuoi una qualità di vita migliore, non devi limitarti a curare il corpo e l'alimentazione. Puoi anche praticare una vera e propria ecologia dei tuoi pensieri e delle tue emozioni, cercando di non indulgere in tutto ciò che ti fa stare male e liberandoti delle emozioni negative.

Una delle attività della tua mente che attacca il tuo diritto all' unità, alla salute e alla pace è l'attività automatica del giudicare. Il giudicare non risponde ad alcun nobile scopo e non ha nessuna utilità.

Il giudicare ci pone in una situazione di superiorità e alterità nel momento stesso in cui emaniamo le nostre sentenze inappellabili nei confronti di qualcuno e, peggio che mai, di noi stessi. Nel giudicare ci sentiamo illusoriamente forti e immancabilmente dalla parte del giusto. I bersagli del nostro giudicare molto probabilmente non saranno mai raggiunti dalle nostre condanne ma noi sì. Così facendo, stabiliamo un confine e ci isoliamo al suo interno. Il giudizio è una spada che ti separa dal mondo. E più sei insicuro, più tendi a giudicare tutto.

Anche tu sai tutto questo inconsciamente. Sai di provenire da una dimensione di unità da cui ti sei separato, per la quale provi una nostalgia spesso inconsapevole e alla quale speri istintivamente di ricongiungerti. Ecco perché nel dolore e nella solitudine ti senti separato da qualcosa e incompleto.

La consapevolezza del tempo ha il suo aspetto positivo perché ci suggerisce di vivere pienamente ogni attimo che ci è concesso e di dargli tutto il valore che merita.

Provare rimpianto e rancore equivale a odiare te stesso, senza che le persone che ti hanno ferito se ne accorgano neppure. Quindi perdona e lascia andare. È nel tuo interesse e ti lascerà in regalo la pace, la salute e una nuova capacità di amare la tua vita.

Abbiamo certamente bisogno dei nostri sensi e della nostra capacità di raziocinio, della logica e del discernimento. Ma questo non comporta necessariamente l'esclusione di tutte le altre risorse che sono rappresentate da chi crede, arrivando alla conoscenza attraverso il cuore, l'intuizione, l'empatia, i sentimenti e le relazioni emozionali. Fede e ragione possono cooperare e condurci al medesimo risultato.

Ciò che ti impedisce di realizzarti in qualunque direzione o di raggiungere qualunque obiettivo tu desideri non sono le esperienze che hai assimilato ma le convinzioni negative che quelle esperienze hanno lasciato dentro di te.

Dentro due semplici polarità, amore e paura, è racchiusa la nostra intera esistenza. La buona notizia è che, per quanti semafori rossi tu abbia incontrato, la tua possibilità e libertà di amarti non ti hanno mai abbandonato. Puoi scegliere in qualsiasi momento di conoscere le tue risorse, dissolvere le paure e aprirti al miracolo della vita, accogliendo per primo i tuoi talenti, la tua natura e i tuoi desideri.

La nostra vita interiore è infinitamente più determinante su noi stessi di quanto lo possano essere le condizioni esterne.

Nella vita ci sono troppe cose che dai per scontate e che non lo sono affatto e te ne accorgeresti se le perdessi.

Il modo più semplice e diretto per interrompere uno stato depressivo è occuparsi degli altri.

Abbiamo un potere illimitato ovvero la trasformazione di idee, immagini, sogni in qualcosa che, improvvisamente, in seguito a una decisione che prendiamo, finisce per manifestarsi ed esistere nel mondo fisico.

La creatività è la risorsa he ci è stata data per realizzare le cose di cui abbiamo bisogno.

Colui che è consapevole dell' impermanenza di ogni cosa, non si esalta di fronte alla vittoria e non soccombe ad alcuna sconfitta.

Stiamo indagando la materia fuori di noi, ma la nostra interiorità resta ancora il più inesplorato dei paesaggi.

La dimensione spirituale ci appartiene come esseri umani ben prima di ogni appartenenza religiosa. 

Spirito e materia non devono più essere concepite come due istanze separate. Corpo e anima sono due manifestazioni della stessa sostanza a un livello diverso di appartenenza. Nell' una c'è l'altra e viceversa.




domenica 8 giugno 2025

"Eleanor Oliphant sta benissimo" Gail Honeyman (2017)


 LA TRAMA: 
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: benissimo. Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido, perché sto bene così. Ho quasi trent'anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate, la mia passione. Poi torno alla mia scrivania e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient'altro. Perché da sola sto bene. Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata dalla prigione. Da mia madre. Dopo, quando chiudo la chiamata, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto. E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo. O così credevo, fino a oggi. Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E questo ha cambiato ogni cosa. D'improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie stesse paure, e non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene.

IL MIO GIUDIZIO:
Ho scoperto questo romanzo, opera prima dell'autrice, grazie a un gruppo facebook di letture a cui sono iscritta: i commenti erano entusiastici e sono rimasta colpita dalla trama, in cui mi sono riconosciuta, la storia di una giovane donna estremamente riservata e solitaria, vittima di un passato familiare non proprio edificante. 

Siamo nel 2017; Eleaonor Oliphant, Eleonora Elefante in italiano, è una ragazza di 30 anni che vive a Glasgow e lavora come impiegata. Conduce la sua esistenza soltanto in compagnia di se stessa, bastandosi e facendo affidamento unicamente su di sé: in ufficio non ha legato con i suoi colleghi, che la considerano "strana", tanto che trascorrere le pause pranzo appartata per i fatti suoi e, nel tempo libero, sta a casa a leggere, ad ascoltare la radio, a guardare la TV, a fare i cruciverba e a bere grappa, palliativo che la aiuta a tenere a bada i fantasmi del passato.

Eleaonor è una sopravvissuta, la sua infanzia, infatti, è stata estremamente dolorosa: nata da uno stupro, non ha mai conosciuto suo padre ed è cresciuta in mezzo ad abusi fisici ed emotivi, nelle grinfie di una madre psicopatica, narcisista, manipolatrice, tossica e maligna. Dopo essere scampata, all'età di 10 anni, ad un incendio di natura dolosa che le ha minato l'anima ed il fisico (ha le mani ustionate e una cicatrice che le deturpa il volto), è stata affidata a varie famiglie che le hanno dato un sostentamento materiale ma non affettivo e, quel calore umano mai ricevuto, lei lo ricerca nell'abuso di alcool. 

Un'altra cosa che salta all'occhio riguardo Eleaonor, anche se nel testo non se ne fa menzione, è che, molto probabilmente, sia nello spettro autistico: è esasperatamente maniacale, piena di idiosincrasie, non sopporta la confusione ed i rumori troppo forti, non ha filtri e non riesce a non dire altro se non la verità, anche quando significa uscirsene con frasi imbarazzanti e fuori luogo, ignora le convenzioni sociali, non è capace di interpretare il linguaggio non verbale dei suoi interlocutori, non comprende i sottintesi delle conversazioni, e si fissa sulle cose. 

Una delle sue "fissazioni" è Johnnie, un cantante di una band della città. Eleaonor, pur non conoscendolo se non attraverso i social, lo idealizza al punto tale da vedere in lui l'uomo della sua vita, colui che la salverà dal suo passato, che farà di lei una donna nuova e felice. Immagina con lui un futuro di amore e una vita sociale ricca e piena, quella che non ha mai avuto, ma il suo castello di carte e illusioni è destinato miseramente a crollare, perché la realtà dei fatti è ben diversa dalla fantasia. 

Per fortuna, però, c'è Raymond, il nuovo tecnico dei computer della ditta in cui Eleaonor lavora, che accorre un giorno in suo soccorso per sistemarle il PC e, piano piano, per varie vicissitudini che scoprirete leggendo il libro, entra a fare parte della sua routine quotidiana. Raymond è un ragazzo semplice, un po' goffo e trasandato, ben diverso dal cantante di cui si è invaghita, ma è sensibile e buono e, con delicatezza e spontaneità, saprà fare breccia nel cuore della protagonista,dimostrandole che chi tiene veramente a te non ti abbandona né si lascia intimorire dai tuoi comportamenti bizzarri. Raymond saprà farle comprendere che con un supporto psicologico e guardando il mondo da un'altra prospettiva, aprendosi a nuovi orizzonti, tutto può cambiare, in quanto il mondo è pieno di infinite possibilità, i fantasmi del passato si possono affrontare, si può "risolvere l'enigma di se stessi" e magari, perché no, si può anche arrivare ad essere felici. Il finale aperto lascia infatti spazio a qualsiasi interpretazione e speranza.

"Eleonor Oliphant sta benissimo" è un'opera coinvolgente e delicata allo stesso tempo, ricca di suspance che tiene viva l'attenzione e con un colpo di scena finale che mi ha ricordato molto "La verità sul caso Harry Quebert" di Joel Dicker . 

Inoltre, a differenza dei suoi colleghi, che ne vedono solo la "facciata", il lettore ha una visione completa della protagonista, un mix fra Amelie Poulain e Bridget Jones, ne conosce l'excursus, i pensieri e le fragilità, cosicché è portato a provare tenerezza e simpatia nei suoi confronti, per la sua stravaganza, per le sue manie e quel suo eterno ottimismo nonostante tutte le difficoltà che ha dovuto superare.

La storia si può configurare come una sorta di "romanzo di formazione" in cui la protagonista, passo dopo passo, giorno dopo giorno, prende coscienza di sé e del suo potenziale, chiudendo i conti col passato.  Illuminante è il momento in cui la psicologa dice ad Eleonor che "non sa se debba perdonare sua madre per ciò che le ha fatto ma, senza dubbio, deve perdonare se stessa".



IL MIO VOTO:
Un romanzo solo a prima vista "leggero" ma che, in realtà, affronta tematiche assai delicate e importanti.  Eleaonor Oliphant sta benissimo e anche noi staremo altrettanto, dopo averlo letto. Consigliato!


LA SCRITTRICE: 



Frasi dal libro "Eleanor Oliphant sta benissimo" di Gail Honeyman

 A volte ho la sensazione di non trovarmi qui e di essere un frammento della mia immaginazione. Ci sono giorni in cui i miei legami con la terra mi sembrano così labili che i fili che mi tengono fissata al pianeta sono sottili come una ragnatela, come zucchero filato. Una violenta folata di vento potrebbe staccarmi del tutto, sollevandomi e facendomi volare via, come un seme di tarassaco.

La vita mi sorrideva attraverso le gocce di pioggia sul vetro e scintillava fragrante al di sopra del tanfo di vestiti zuppi e piedi bagnati. 

Sono sempre stata orgogliosa di cavarmela da sola nella vita. Sono l'unica sopravvissuta, sono Eleanor Oliphant. Non ho bisogno di nessun altro: non c'è una grande voragine nella mia esistenza, nel mio puzzle privato non manca alcun tassello. Sono un'entità autosufficiente.

La bellezza, dal momento in cui la possiedi, ti sfugge via, effimera. Deve essere difficile dover sempre dimostrare che c'è qualcosa in più, desiderare che la gente veda sotto la superficie, che ti ami per te stesso e non per il tuo corpo mozzafiato, per due occhi scintillanti o per una capigliatura volta e lucente.

Sono stata al centro di fin troppa attenzione in vita mia. Ignoratemi, passate oltre, non c'è nulla da vedere qui.

Di regola, non mi guardo spesso allo specchio. Questo non ha assolutamente nulla a che fare con le mie cicatrici. È per via del miscuglio genetico che risponde al mio sguardo. Ci vedo troppo del volto della mamma.

Non smettono mai di sorprendermi gli argomenti che trovano interessanti. L'unica cosa che mi viene da pensare è che abbiano vissuto vite molto protette.

Se sei il padrone di casa sei sicuramente responsabile delle libagioni dei tuoi ospiti, no? E' il principio basilare dell'ospitalità in tutte le società e in tutte le civiltà, e lo è dal tempo dei tempi.

Quando il silenzio e la solitudine gravano su di me e attorno a me, schiacciandomi, incidendo mi come ghiaccio, talvolta ho bisogno di parlare ad alta voce, se non altro per dimostrare a me stessa di essere viva.

Facebook, Twitter, Instagram: finestre aperte su un mondo di meraviglie.

Leggera, sfavillante, veloce: immaginai che ci si dovesse sentire così a essere felici.

Tutto sembra peggiore nelle ore più buie della notte.

Gli occhi sono sempre accesi, guardano sempre. Non è un pensiero consolante. In effetti, se ci pensassi abbastanza a lungo, probabilmente vorrei strapparmi gli occhi per smettere di guardare, per smettere di vedere tutto il tempo. Le cose che ho visto non possono essere "non viste" e le cose che ho fatto non possono essere disfatte.

Non sono bruciata, ho attraversato il fuoco e sono sopravvissuta. Sul mio cuore ci sono cicatrici altrettanto spesse e deturpanti di quelle che ho in viso. So che ci sono. Spero che resti un po' di tessuto integro, una chiazza attraverso la quale l'amore possa penetrare e defluire. Lo spero.

L'uomo perfetto appare quando meno te lo aspetti. Il destino lo butta sulla tua strada e poi la provvidenza fa in modo che vi mettiate insieme.

Alle elementari, la giornata dello sport era l'unico giorno in cui gli studenti con il minore talento accademico potevano trionfare. Come se una medaglia fosse una specie di compensazione per non sapere usare un apostrofo.

Ero abituata ad aspettare e la vita mi ha insegnato ad essere molto paziente.

Pur non essendo né elegante né alla moda, sono sempre pulita e così, almeno, posso tenere la testa alta quando, per quanto senza esaltazione, occupo il mio posto nel mondo.

Nella vita, quello che conta, è agire con decisione. Qualunque cosa tu voglia fare, falla. Qualunque cosa tu voglia prendere, allunga la mano e prendila. Qualunque cosa tu voglia fare finire, finiscila. E sopportane le conseguenze.

I deboli hanno paura della solitudine. Ciò che non riescono a comprendere è che una volta che ti rendi conto di non avere bisogno di nessuno, puoi prenderti cura di te stesso. Ed è meglio prendersi cura solo di se stessi. Non puoi proteggere gli altri, per quanto ci provi. Ci provi e fallisci, il tuo mondo ti crolla addosso, brucia e si riduce in cenere.

Trovo i ritardatari estremamente maleducati. Sono irrispettosi, perché sottintendono che considerano se stessi più preziosi dell'altro.

Ero felice di essere da sola. L'unica sopravvissuta: eccomi!

Parlare fa bene e aiuta a dare alle preoccupazioni la giusta prospettiva.

Rimpiangevo ancora tutti i soldi che ero stata costretta a versare negli anni per passare dei momenti orribili, in posti orribili, con gente orribile.

Gli amici li puoi scegliere, ma non puoi scegliere i parenti.

Lasciai che la mia mente vagasse. Questo è un modo molto efficace di passare il tempo: si prende una situazione o una persona e si incomincia a immaginare qualcosa di bello che potrebbe accadere. Si può fare succedere di tutto, quando si sogna ad occhi aperti.

Anche se è bello provare cose nuove e tenere la mente aperta, quello che conta è solo rimanere fedeli a ciò che si è veramente.

Sentii un calore dentro di me, una sensazione piacevole, come un the caldo in una mattina fredda.

Suppongo che una delle ragioni per cui siamo in grado di continuare a esistere nell'arco di tempo assegnatoci in questa valle verde e azzurra di lacrime è che c'è sempre la speranza di un cambiamento.

Mi sentivo come un uovo appena deposto, tutto scivoloso e viscoso all' interno, e così fragile che la minima pressione avrebbe potuto rompermi.

Il tempo non fa che smussare il dolore della perdita, ma non lo cancella.

Non ero brava a fingere, ecco qual era il punto. Spesso, il successo sociale si basa sulla finzione. A volte le persone devono ridere di cose che non trovano divertenti, devono fare cose a cui non tengono particolarmente, con gente di cui non apprezzano la compagnia. Io no. Anni prima avevo deciso che se la scelta fosse stata tra fare così o volare in solitaria, allora avrei volato in solitaria.

Il dolore è il prezzo che paghiamo per l'amore, dicono. E questo prezzo è troppo alto.

Avevo bevuto troppo perché soffrivo troppo e la mia sofferenza non poteva andare da nessuna parte, se non affogare nella vodka.

Ci deve essere qualche nesso cerebrale sopravvissuto dai nostri antenati, qualcosa che ci costringe a fissare un fuoco, a vederlo muoversi e danzare, per tenere lontani gli spiriti maligni e gli animali pericolosi. È questo che il fuoco deve fare, no? Anche se può fare altre cose.

Ero ben consapevole che le persone della mia età avevano almeno uno o due amici. Io non avevo tentato di evitarli, ma nemmeno ero andata a cercarmeli, solo che era sempre stato molto difficile conoscere gente con una mentalità affine alla mia.

Una volta che ci si abitua a stare soli, diventa normale. Come lo età diventato per me.

È bello e brutto allo stesso tempo il modo in cui gli esseri umani imparano a tollerare quasi tutto, se vi sono costretti.

Non amata, non voluta, irreparabilmente danneggiata.

Dovevo fare succedere qualcosa, qualsiasi cosa. Non potevo continuare a passare accanto alla vita, sopra, sotto, attorno. Non potevo continuare a vagare per il mondo come uno spettro.

La folla non riusciva a penetrare lo stato di solitudine che mi imprigionata e mi imprigiona.

Ero una donna adulta che si era presa una cotta adolescenziale per un uomo che non conosceva e che non avrebbe mai conosciuto. Mi ero convinta che fosse quello giusto, che mi avrebbe aiutato a diventare normale, ad aggiustare le cose sbagliate della mia vita. Qualcuno che mi avrebbe aiutato ad affrontare la mamma, a respingere la sua voce quando mi sussurrava all'orecchio che ero cattiva, che ero sbagliata, che non ero abbastanza brava. Perché l'avevo creduto? Chi era questo sconosciuto e perché avevo scelto lui, fra tutti gli uomini nel mondo, per fare di lui il mio redentore? Non conoscevo quest'uomo, non sapevo nulla su di lui. Era tutto solo una fantasia. Poteva esserci qualcosa di più patetico? Io, una donna adulta? Mi ero raccontata una favoletta triste, pensando di poter aggiustare tutto, disfare il passato. Credevo che lui e io saremmo vissuti felici e contenti e la mamma non si sarebbe più arrabbiata. Invece non c'è speranza, le cose non si potevano riparare. Io non potevo essere riparata. Al passato non si poteva sfuggire, né lo si poteva disfare. Un'illusione durata settimane, ecco la verità nuda e cruda.

Questa era la mia anima: un vuoto esistenziale dove un tempo c'era stata una persona.

A cosa servivo io? Non avevo dato nessun contributo al mondo e non ne avevo nemmeno ricavato nulla. Quando avessi smesso di esistere, non sarebbe cambiato nulla per nessuno. L'assenza della maggior parte della gente sarebbe stata avvertita da almeno una manciata di persone. Io, invece, non avevo nessuno. Non illumino una stanza quando entro. Nessuno spasima per vedermi o sentire la mia voce. Non provo la benché minima pena per me stessa. È semplicemente la constatazione di un dato di fatto.

Ci sono stati momenti in cui avevo l'impressione che sarei morta di solitudine. E non è un'iperbole. Quando mi sento così, mi si accascia la testa, mi cadono le spalle e soffro per il desiderio di un contatto umano. Mi sembra davvero che potrei crollare a terra e venire a mancare se qualcuno non mi tiene.

Se qualcuno ti chiede come stai, si aspetta che tu risponda "bene". Non devo dire che la sera prima ti sei addormentata piangendo perché erano giorni che non parlavi con un'altra persona. Devi dire "bene".

Ai giorni nostri, la solitudine è il nuovo cancro. Una cosa vergognosa e imbarazzante, così spaventosa che non si osa nominarla: gli altri non vogliono sentire pronunciare questa parola, per timore di esserne contagiati o che ciò possa indurre il destino a infliggere loro il medesimo orrore.

Mi resi conto che la mia vita era andata storta. Non era così che avrei dovuto vivere. Il problema era che semplicemente non sapevo come raddrizzarla. Nessuno mi aveva mai mostrato il modo corretto di vivere la vita e, sebbene nel corso degli anni avessi fatto del mio meglio, non sapevo proprio come migliorare le cose. Non ero in grado di risolvere l'enigma di me stessa.

Provavo un sollievo travolgente per il fatto che qualcuno si prendesse cura di me.

Com'è possibile che raccontare a qualcuno quanto stai male ti faccia stare meglio? Non è che gli altri possano aggiustare le cose...

Ci sono delle persone per cui un comportamento difficile non è una ragione per cui tagliare ogni rapporto con te. Se gli piaci, allora, pare che siano disposte a mantenere i contatti, anche se sei triste o agitata, o ti comporti in modo molto problematico. È una specie di rivelazione. Mi chiesi se era così che funzionava una famiglia: se ci sono dei genitori, o dei fratelli, che sarebbero stati presenti qualunque cosa fosse accaduta. Di regola, non sono incline all' invidia, ma devo confessare che avvertii una fitta, pensandoci. Tuttavia, l'invidia è un'emozione minore in confronto al dolore che provavo per non aver mai conosciuto questo amore incondizionato. Ma era inutile piangere sul latte versato. Raymond mi aveva in parte mostrato come doveva essere e mi ritenni fortunata di averne avuto l'opportunità.

Era bello notare i dettagli. Piccole schegge di vita che si sommavano e mi aiutavano a sentire che anche io potevo essere un frammento, un pezzetto di umanità che riempiva utilmente uno spazio, per quanto minuscolo.

Era difficile parlare di cose che stavano bene esattamente lì dove erano: nascoste e sepolte.

Non ti manca quello che non hai mai avuto.

Se finalmente entravo in contatto con la mia rabbia, allora cominciavo a compiere un lavoro importante, districando e affrontando cose che avevo seppellito troppo in profondità.

L'oscenità è il segno distintivo di un vocabolario tristemente limitato.

Sembrava che avesse una vita, non soltanto un'esistenza. Sembrava felice. Era possibile, quindi.

Mi resi conto di essere felice. Era una sensazione strana e insolita. Mi sentivo leggera e calma, come se avessi mangiato i raggi del sole.

Nella mia ansia di cambiare e di legarmi a qualcuno mi ero concentrata sulla cosa sbagliata e sulla persona sbagliata.

Sapere è sempre meglio di non sapere? Discutiamone.

"Che cosa faccio?", dissi, improvvisamente bramosa di andare avanti, di stare meglio, di vivere. "Come faccio a riparare a tutto questo? Come faccio a riparare me stessa?".

Quando fatichi a gestire le tue emozioni, diventa intollerabile essere testimone di quelle degli altri e cercare di gestire anche le loro.

Era un segno di pazzia anche il solo pensare di essere pazza?

La voce nella mia testa era in realtà molto ragionevole, iniziavo a rendermene conto. Era la voce della mamma a giudicare e a incoraggiarmi a fare lo stesso. La mia voce e i miei pensieri cominciavano a piacermi davvero. Ne volevo di più. Mi facevano sentire bene, calma, persino. Mi facevano sentire me stessa.

Posso dire con certezza che il mio nome non apparirà mai su un cartellone e neppure lo vorrei. Sono più felice sullo sfondo a farmi i fatti miei.

Mi sono resa conto che mia mamma è soltanto cattiva. È lei quella cattiva. Non sono io cattiva e non è colpa mia. Non l', ho,fatta diventare cattiva io e non sono cattiva perché non voglio avere niente a che fare con lei, perché mi sento triste e arrabbiata...anzi, furiosa...per quello che ha fatto.


Tu eri la bambina e lei l'adulta. Era responsabilità sua badare a te. Invece ci sono stati negligenza, violenza e abuso emotivo, con conseguenze terribili. Ma niente di tutto questo è colpa tua. Non so se devi perdonare tua madre, ma di una cosa sono certa: devi perdonare te stessa.


Sente il calore delicato di qualcosa che si apriva, nello stesso modo in cui o fiori si schiudono la mattina alla vista del sole. Sapevo che cosa stava accadendo. Era la parte priva di cicatrici del mio cuore. Era abbastanza estesa da lasciare entrare un po' di affetto. C'era ancora un minuscolo spazio libero.

"Sì, certo, se un po' pazza ma in senso buono. Mi fai ridere. Non te ne frega un cazzo di certe scemenze. Non so, essere fica, la politica dell'ufficio o quelle cacate che dovrebbero importare alla gente. Ti fai le tue cose e stop".

Il passato si nascondeva da me, o io da lui, eppure era ancora lì, immobile, in agguato nell'oscurità. Era ora di fare entrare un po' di luce.

La voce cambia quando si sorride e, in qualche modo, ne altera il suono.

Sprofondai nell'abbraccio. Lui non disse nulla, intuendo forse che ciò di cui avevo più bisogno in quel momento era ciò che mi stava già dando, niente di più.


"Addio, mamma". La mia voce era ferma, misurata, determinata. Non ero triste. Ero sicura. E, sotto tutto ciò, come un embrione che si stava formando, minuscolo, tanto minuscolo, a malapena un grappolo di cellule, il battito cardiaco piccolo come la capocchia di uno spillo, c'ero io.

A volte basta una persona gentile seduta al tuo fianco, mentre affronti le cose.

Alla fine, quel che importa è questo: sono sopravvissuta.








sabato 22 marzo 2025

"La simmetria dei desideri" Eshkol Nevo (2010)


 LA TRAMA:
Quattro amici guardano in televisione la finale dei Mondiali di calcio del 1998. Non hanno ancora trent’anni e hanno condiviso gli studi e l’esercito, le speranze e le disillusioni, gli amori e le avventure della giovinezza.
Amichai vende polizze mediche ai malati di cuore, è sposato con Liana la piagnona, ha due gemelli e riversa tutta la sua vitalità sugli amici. Ofir invece spreca talmente la sua inventiva per le agenzie pubblicitarie con cui lavora che, quando la compagnia si riunisce, tace e parla poco. Churchill è un avvocato brillante e di successo, capace di sedurre chiunque gli capiti a tiro. Yuval, il narratore, ha un’educazione umanistica ed è affascinato dalle parole. Durante la partita, Amichai ha un’idea: perché non scrivere i propri desideri, i propri sogni per il futuro su dei foglietti e poi nasconderli aspettando la prossima finale dei Mondiali per vedere se si sono realizzati?
Yuval ha da poco incontrato Yaara. L’ha vista alla mensa dell’università. Leggeva un libro e ogni volta che voltava pagina si toccava leggermente la lingua con un dito. Un gesto da bibliotecaria, ma irresistibilmente sexy. E poi uno scambio di chiacchiere, di numeri di telefono, una chiamata notturna e un bacio. Nel bigliettino Yuval scrive: “Ai prossimi Mondiali voglio stare ancora con Yaara. Ai prossimi Mondiali voglio essere sposato con Yaara. Ai prossimi Mondiali voglio avere un figlio con Yaara, magari una femmina”.
Qualche settimana dopo Yaara lo lascia, lo tradisce con Churchill, l’amico carismatico.
Ma la compagnia non si scioglierà, l’amicizia di Amichai, Ofir, Churchill e Yuval non finirà.
Sullo sfondo, Israele è alle prese con la seconda intifada, dopo aver rimosso la prima e aver fatto della repressione una norma. I quattro protagonisti non possono fare a meno di interrogarsi sul proprio futuro. In una società così tesa ed esausta, in una realtà simile, è davvero possibile realizzare i propri desideri?


IL MIO GIUDIZIO:
Ho scoperto questo libro per caso: tempo fa, vidi in televisione un film diretto da Nanni Moretti, interpretato da un bel caleidoscopio di attori italiani, intitolato "Tre piani", tratto dall'omonima opera di Eshkol Nevo. Andai così a cercare questo autore, di origine israeliana, e fui colpita da quest'altro romanzo sempre da lui scritto:"La simmetria dei desideri". 

Un gruppo di 4 amici, non ancora trentenni e molto affiatati fra di loro, durante la finale del campionato mondiale di calcio del 1998, decide di fare un gioco: scriveranno su un bigliettino dei desideri che vorrebbero vedere realizzati ai prossimi mondiali, quelli del 2002 e, soltanto in quella data, sveleranno agli altri cosa avevano scritto e se i desideri si sono realizzati. Uno di loro, Yuval, scrive che vorrebbe essere ancora insieme a Yaara, una ragazza che frequenta da poco e di cui è perdutamente innamorato, che vorrebbe averla sposata ed avere un figlio con lei. Poche settimane dopo, però, Yaara lo lascia per mettersi proprio con un altro ragazzo della compagnia, lo scaltro e affascinante Alimi, detto Churchill. 

Non sarà però una donna, a differenza dei Beatles, a porre fine all'amicizia dei ragazzi e il loro rapporto proseguirà, nonostante la delusione e il grave torto perpetrato da Churchill ai danni di Yuval, trovandoli uniti ad affrontare gli eventi non sempre gioiosi che la vita pone davanti; perché tutti e quattro sentono di appartenere a qualcosa solo quando sono insieme. E, siccome, "gli amici sono un'oasi nel deserto che ti fa dimenticare il deserto", tutto il resto sparisce di fronte alla loro amicizia, persino la seconda intifada a cui, nel romanzo, si fanno sporadicamente solo brevi, rari, accenni.

La storia, sottoforma di opera letteraria, è scritta e raccontata proprio da Yuval ma, essendo  impossibilitato a farlo (da come ne parlano, si ha l'impressione che sia morto), sarà proprio il suo "amico/rivale" Churchill a revisionarla, nonostante sia ben consapevole che, per ovvie ragioni, Yuval non ha sempre parlato bene di lui.

Oltre a Churchill, spregiudicato procuratore legale, e Yuval, ragazzo pessimista, malinconico e senza grosse ambizioni, ci sono Ofir, pubblicitario che, dopo l'incontro con Maria, si dedica alle pratiche olistiche ed Amichai, che vende polizze mediche, è sposato con Liana "la piagnona" ed è padre di due gemelli.

L'opera, inizialmente corale, si focalizza in seconda battuta proprio sulla figura di Yuval, il narratore,  come dicevo prima ragazzo molto fragile e insicuro, a partire dalla sua bassa statura che gli crea non pochi complessi, con una tendenza alla drammatizzazione e a somatizzare gli eventi, tanto è vero che soffre di asma psicosomatica, e che non ha veri scopi da realizzare. Il punto focale della sua vita è Yaara ma, dal momento in cui realizza di averla persa definitivamente e che, mentre i suoi amici hanno trovato il loro posto nel mondo, si stanno realizzando e  mettendo su famiglia, lui è irrimediabilmente solo, cade in uno stato di prostrazione profonda, in un imbuto cosmico da cui non riesce a riemergere, portandolo a meditare l'idea del suicidio. Non escludo che, anche lo stesso Nevo, abbia sofferto del male dell'anima perché descrive perfettamente lo stato di abbattimento ed il senso di inutilità in cui ti fa piombare la depressione, la stanchezza perenne e la fatica a svolgere anche le seppur basilari attività.

Nonostante sia a tratti un po' lento e non sempre sia facile immergersi in una realtà così diversa dalla nostra come quella israeliana, ho trovato questo libro intenso e delicato. Gli scrittori israeliani, c'è da riconoscerlo (e mi riferisco anche a David Grossman, di cui ho letto diverse opere), forse per il particolare contesto in cui si trovano a vivere, hanno un'introspezione e una sensibilità assai marcata, che non è alla portata di tutti; solamente chi ha un'indole profonda può apprezzarli come merita, altrimenti il rischio che questo romanzo venga abbandonato dopo poche pagine è alto.

Io, personalmente, ne sono rimasta entusiasta: mi è piaciuta la storia, mi sono affezionata ai protagonisti e, nonostante Yuval sia la persona a cui mi senta più affine, ho ritrovato qualcosa di mio anche in tutti gli altri personaggi. 

Mi sono piaciuti i riferimenti e gli agganci alla filosofia e, soprattutto, mi è piaciuta l'importanza che viene data alla scrittura. Le parole, vergate nero su bianco, infatti, hanno la capacità di cristallizzare gli eventi ma anche quella di rendere lo scrittore sceneggiatore e regista della propria realtà: Churchill, nelle sue note a margine, ci tiene a specificare come, molti dei dialoghi presenti nel libro, non siano mai avvenuti perché, di fatto, Yuval era un ragazzo estremamente silenzioso e taciturno e come, se ognuno di loro avesse potuto scrivere un suo libro sugli stessi eventi, sarebbero uscite 4 opere differenti, perché ognuno avrebbe raccontato gli episodi in base alla propria percezione.

L'unico appunto che mi sento di fare è a livello stilistico, ma non è colpa di  Nevo, bensì di chi si è occupato della traduzione, in quanto ci sono purtroppo molti errori ortografici e refusi, i nomi dei personaggi vengono confusi più volte, i dialoghi non sono virgolettati e, avendolo letto in formato Kindle, le note a margine sono poste in mezzo al capitolo, rendendo la lettura complicata.


*** SPOILER ALERT ***
Perché si intitola "La simmetria dei desideri"?
Perché nessuno riesce a realizzare il desiderio che ha scritto sui bigliettini ma, per ironia della sorte, ognuno realizzerà il desiderio di un amico:
- Yuval voleva sposare Yaara e avere una figlia con lei. Sarà Churchill a sposare Yaara e ad avere una figlia con lei
- Churchill voleva essere parte attiva in un importante cambiamento sociale. Sarà Amichai a dare vita alla significativa associazione in memoria di Liana.
- Amichai voleva aprire una scuola di massaggi shiatsu. Sarà Ofir a dedicarsi alle pratiche olistiche.
- Ofir voleva scrivere un libro sulle vicende dei suoi amici. Sarà Yuval a farlo.



IL MIO VOTO:
Opera intensa e originale, a tratti lenta ma coinvolgente. Soprattutto molto delicata e introspettiva, come gli autori israeliani sanno essere. A me è piaciuta tantissimo ma credo possa essere compresa e apprezzata solo da chi ha un animo sensibile e profondo.


LO SCRITTORE: