martedì 2 luglio 2013

Frasi dal libro "L'eleganza del riccio" di Muriel Barbery




La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia.
Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda.
Questo toglierebbe all’infanzia alcuni momenti felici,ma farebbe guadagnare un bel po’ di tempo all’adulto,senza contare che si eviterebbero almeno un trauma,quello della boccia.


Nessuno ha pensato che,se l’esistenza è assurda,una brillante riuscita non vale di più di un fallimento.

Morire deve essere un passaggio delicato,una morbida discesa verso il riposo.
C’è gente che si suicida buttandosi dalla finestra del quarto piano,oppure ingoiando della varechina o addirittura impiccandosi!
Non ha senso!
Lo trovo perfino osceno.
A cosa serve morire se non a evitare la sofferenza?

Perché se esiste una cosa che i ricchi,loro malgrado,condividono con i poveri,sono gli intestini nauseabondi che da qualche parte finiscono sempre per liberarsi di ciò che li ammorba.

Che cos’è un’aristocratica?
E’una donna che,sebbene circondata dalla volgarità,non ne viene sfiorata.

Mi mantenevo in vita solo perché ignoravo l’esistenza di altre vite.

…attingere dalla carta morta qualcosa che sembra vivo.

Ho battuto in ritirata,rifiutando lo scontro.
Ma,nel chiuso della mia mente,non esiste sfida che io non possa accettare.
Umile per nome,posizione e aspetto,nell’intelletto sono una dea invitta.

Visto che non può invadere nient’altro,perché umanamente sono del tutto inaccessibile,invade il mio spazio sonoro e mi rompe l’anima dalla mattina alla sera.
Notate che bisogna avere una concezione del territorio molto limitata per arrivare a questi livelli:io me ne frego del posto in cui mi trovo,mi basta poter stare nel mio mondo senza essere disturbata.

Dove si trova la bellezza?
Nelle grandi cose che,come le altre,sono destinate a morire,oppure nelle piccole che,senza nessuna pretesa,sanno incastonare nell’attimo una gemma di infinito?

Perché quelli cattivi sul serio odiano tutti quanti,ovvio,ma soprattutto se stessi.
Voi non lo percepite quando qualcuno odia se stesso?
Diventa un morto pur essendo vivo,anestetizza cattivi sentimenti,ma anche quelli buoni,per non provare disgusto di sé.

E’questo il movimento del mondo?
Un infimo sfasamento che rovina per sempre la possibilità della perfezione?
Poi all’improvviso mi sono chiesta:perché si sta così male quando il movimento non è sincrono?
Non è molto difficile da capire:tutte queste cose che passano,che ci sfuggono per un’inezia e che perdiamo per l’eternità…tutte le parole che avremmo voluto dire,i gesti che avremmo dovuto fare,i kairos folgoranti che un giorno sono apparsi ma che non abbiamo saputo cogliere,e che sono sprofondati per sempre nel nulla...

I favori della sorte hanno un prezzo.
Per chi beneficia dell’indulgenza della vita,l’obbligo del rigore nella considerazione della bellezza non è negoziabile.
La lingua,ricchezza dell’uomo,e i suoi usi,elaborazione della comunità sociale,sono opere sacre.
Che con il tempo evolvano,si trasformino,si dimentichino e rinascano,che talora la loro trasgressione divenga fonte di una maggiore fecondità,non esclude affatto che prima di prendersi la libertà del gioco e del cambiamento occorra aver dichiarato loro piena sudditanza.
Pertanto gli eletti della società,coloro che la sorte esclude da quelle servitù destinate al povero,hanno la duplice missione di adorare e rispettare lo splendore della lingua.
In definitiva,che una Sabine Pallierès usi la punteggiatura a sproposito è una bestemmia tanto più grave in quanto al contempo,poeti meravigliosi nati in caravan puzzolenti o in baraccopoli nutrono per essa il santo rispetto che è dovuto alla bellezza.

Quando sono angosciata,mi ritiro nel mio rifugio.
Non c’è nessun bisogno di viaggiare,mi basta raggiungere le sfere della mia memoria letteraria e il gioco è fatto.
Quale distrazione più nobile,quale compagnia più amena,quale trance più deliziosa di quella letteraria?

Quale altro motivo potrei avere io per scrivere questo,il ridicolo diario di una portinaia che invecchia,se non che la scrittura somiglia all’arte del falciare?
Quando le righe divengono demiurghe di se stesse,quando assisto,come un miracoloso insaputo,alla nascita sulla carta di frasi che sfuggono alla mia volontà e che si imprimono sul foglio mio malgrado,esse mi fanno conoscere quello che non sapevo né credevo di volere,gioisco di questo parto indolore,di questa evidenza non calcolata,e del fatto che seguo senza fatica né certezza,con la felicità delle meraviglie sincere,una penna che mi guida e mi porta.
Allora accedo,nella piena padronanza di me stessa,a un oblio che confina nell’estasi e assaporo la beata quiete di una coscienza spettatrice.

Così sono io,povera portinaia rassegnata alla mancanza di fasti,ma anomalia di un sistema che per questo si rivela grottesco e del quale,ogni giorno,mi burlo sottovoce nella mia interiorità inaccessibile a chiunque.

E’forse questo il prezzo da pagare per l’amore,una vita che termina senza speranze in una sordida promiscuità?
E’questa la ricompensa per degli affetti anoressici,una vasca di marmo in una costosissima bomboniera?

Al contrario,non bisogna affatto dimenticare.
Non bisogna dimenticare i vecchi con i corpi putrefatti,i vecchi vicinissimi a quella morte a cui i giovani non vogliono pensare (e così affidano alla casa di riposo il compito di accompagnare i genitori alla morte per evitare scenate o seccature),la gioia inesistente di quelle ultime ore che bisognerebbe gustare fino in fondo,e che invece subisci rimuginando nella noia e nell’amarezza.
Non bisogna dimenticare che il corpo deperisce,che gli amici muoiono,che tutti ti dimenticano e che la fine è solitudine.
E neppure bisogna dimenticare che quei vecchi sono stati giovani,che il tempo di una vita è irrisorio,che un giorno hai 20 anni e il giorno dopo 80.
Io ho capito molto presto che la vita passa in un baleno guardando gli adulti intorno a me,sempre di fretta,stressati dalle scadenze,così avidi dell’oggi per non pensare al domani.
In realtà temiamo il domani solo perché non sappiamo costruire il presente,e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani,e rimaniamo fregati perché domani finisce sempre per diventare oggi,non so se ho reso l’idea.
Quindi non bisogna affatto dimenticare.
Occorre vivere con la certezza che invecchieremo e che non sarà né bello,né piacevole,né allegro.
E ripetersi che ciò che conta è adesso:costruire ora qualcosa,a ogni costo,con tutte le nostre forze.
Avere sempre in testa la casa di riposo per superarsi continuamente e rendere ogni giorno imperituro.
Scalare passo dopo passo il proprio Everest personale,e farlo in modo tale che ogni passo sia un pezzetto di eternità.
Ecco a cosa serve il futuro:a costruire il presente con veri progetti di vita.

Madame Michel ha l’eleganza del riccio:fuori è protetta da aculei,una vera e propria fortezza,ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci,animaletti fintamente indolenti,risolutamente solitari e terribilmente eleganti.

Non vediamo mai aldilà delle nostre certezze e,cosa ancora più grave,abbiamo rinunciato all’incontro,non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci.
Se ci accorgessimo,se prendessimo coscienza del fatto che nell’altro guardiamo solo noi stessi,che siamo soli nel deserto,potremmo impazzire.
Io invece supplico il destino di darmi la possibilità di vedere aldilà di me stessa e di incontrare qualcuno.

Ecco cosa volevo dire con la parola gentilezza:questo modo di fare che dà all’altro la sensazione di esserci.

Qualcosa in me sta traslocando.
Sì non so spiegarlo in altro modo,ho la strampalata sensazione che un modulo interno vada a prendere il posto di un altro.
Non vi capita mai?
Si tratta di avvertire  riorganizzazioni interiori di cui non riuscireste affatto a descrivere la natura,è una cosa mentale e spaziale allo stesso tempo,come un trasloco.

Non ho figli,non guardo la televisione e non credo in Dio,
tutti sentieri che gli uomini calpestano per rendere la loro vita più semplice.
I figli aiutano a rimandare l'angoscioso dovere di affrontare se stessi,compito a cui,in seguito,provvedono i nipoti.
La televisione distrae dalla massacrante necessità di fare progetti a partire dal nulla delle nostre frivole esistenze e,ingannando gli occhi,solleva la mente dalla grande opera del senso.
E infine Dio mitiga i nostri timori di mammiferi e l'insopportabile prospettiva che i nostri piaceri un giorno abbiano fine.
Quindi io,senza futuro,nè prole,senza pixel per stordire la cosmica consapevolezza dell'assurdo,certa,invece,della fine e della previsione del vuoto,credo di poter affermare che non ho scelto la via della semplicità.

Ha un’incredibile capacità di rispondere per le rime.
E’ un dono.
Mi piacerebbe moltissimo essere come lei,io trovo sempre la risposta giusta 5 minuti dopo e poi mi rifaccio il dialogo da sola.

Ma se nel nostro universo esiste la possibilità di diventare quello che ancora non siamo…saprò coglierla e trasformare la mia vita in un giardino diverso da quello dei miei padri?

Non possiamo smettere di desiderare,e questo ci esalta e ci uccide al contempo.
Il desiderio!
Ci sostiene e ci crocifigge,portandoci ogni giorno sul campo di battaglia dove ieri abbiamo perso ma,nel sole di un’altra giornata,ci sembra nuovamente un terreno di conquista.

Non mi sono mai sentita così bene in tutta la mia vita.
Come posso spiegarvi?
Per la prima volta,pur non essendo da sola,mi sento perfettamente a mio agio.

Mi affascina sempre molto l’abnegazione con cui noi umani siamo capaci di consacrare una grande energia alla ricerca del nulla e alla formulazione di pensieri inutili e assurdi.

Il bello è ciò che cogliamo mentre sta passando.
E’ l’effimera configurazione delle cose nel momento in cui ne vedi insieme la bellezza e la morte.
Ahi ahi ahi,ho pensato,questo significa che è così che dobbiamo vivere?
Sempre in equilibrio tra la bellezza e la morte,tra  il movimento e la sua scomparsa?
Forse essere vivi è proprio questo:andare alla ricerca degli istanti che muoiono.

Sono guarito,o almeno,mi pare di essere guarito…se mai si può guarire davvero.

Qual è la guerra che combattiamo,certi della disfatta?
Un mattino dopo l’altro,già stremati da tutte le battaglie che sopraggiungono,
rinnoviamo lo spavento della vita quotidiana,un corridoio infinito che nelle ultime ore sarà valsa la pena aver così a lungo percorso.
Ecco la vita quotidiana:tetra,vuota e sommersa di fatica.
Le vie dell’inferno non le sono affatto estrenee,ci cadiamo un giorno per essere rimasti troppo tempo qui.
Da un corridoio alle vie:allora avviene la caduta,senza urti né sorprese.
Ogni giorno ritroviamo la tristezza del corridoio e,passo dopo passo,proseguiamo il cammino della nostra oscura condanna.
Dopo la caduta,come si rinasce?
Quali nuove pupille negli occhi bruciati?
Dove comincia la guerra e dove finisce?
 Possiamo essere tanto simili e vivere in universi così distanti? 
Bisogna che qualcosa finisca perché qualcosa cominci. 
Mi sono passata sulle labbra 1 strato di di rossetto “Carminio intenso” comprato 20 anni fa per il matrimonio di una cugina.
La longevità di queste cose insulse,quando ogni giorno periscono vite valorose,non smetterà mai di stupirmi.

 Lo sguardo è come una mano che tenta inutilmente di afferrare ’acqua che scorre.
L’occhio percepisce ma non scruta,crede ma non interroga,recepisce ma non indaga,è privo di desiderio e non persegue nessuna crociata.
 Prima di morire,quello che dobbiamo vivere è una pioggia battente che si trasforma in luce. 
Ora,per la prima volta,sono stata male,tanto male.
Un pugno nello stomaco,senza respiro,il cuore in poltiglia,lo stomaco completamente spappolato.
Un dolore fisico insopportabile.
Mi sono chiesta se mai un giorno potrò rimettermi da questo dolore.
Volevo urlare dal dolore,ma non ho urlato.
Adesso la sofferenza c’è ancora,ma non mi impedisce più di camminare o di parlare,mentre provo una sensazione di impotenza e assurdità totali.

Allora è proprio così?
Di colpo svanisono tutte le possibilità?
Una vita piena di progetti,di discussioni appena abbozzate,di desideri ancora non esauriti,si spegne in un secondo e non rimane più niente,non c’è più niente da fare,non si può più tornare indietro?
Per la prima volta in vita mia ho sperimentato il senso delle parole “mai più”.
Beh,è una cosa terribile.
Le pronunciamo 100 volte al giorno,ma non sappiamo cosa stiamo dicendo se non ci siamo ancora confrontati con un vero e proprio “mai più”.
In fondo ci illudiamo sempre di poter controllare ciò che accade,nulla ci sembra definitivo.
Ma quando qualcuno a cui vuoi bene muore…allora posso dire che capisci cosa significa,ed è una cosa che fa molto molto male.
E’ come un fuoco d’artificio che si spegne di colpo e tutto diventa nero.

Stasera,ripensandoci,con il cuore e lo stomaco in subbuglio,mi dico che forse,in fondo,la vita è così:molta disperazione,ma anche qualche istante di bellezza dove il tempo non è più lo stesso.
D’ora in poi,per te,andrò alla ricerca dei sempre nel mai.
La bellezza qui,in questo mondo.

Nessun commento: