domenica 7 dicembre 2025

"Il colibrì" Sandro Veronesi (2019)


 LA TRAMA:
Marco Carrera, il protagonista, è il colibrì. La sua è una vita di continue sospensioni ma anche di coincidenze fatali, di perdite atroci e amori assoluti. Non precipita mai fino in fondo: il suo è un movimento incessante per rimanere fermo, saldo, e quando questo non è possibile, per trovare il punto d’arresto della caduta – perché sopravvivere non significhi vivere di meno. Intorno a lui, altri personaggi indimenticabili, che abitano un’architettura romanzesca perfetta. Un mondo intero, in un tempo liquido che si estende dai primi anni settanta fino a un cupo futuro prossimo, quando all’improvviso splenderà il frutto della resilienza di Marco Carrera: è una bambina, si chiama Miraijin, e sarà l’uomo nuovo.


IL MIO GIUDIZIO:
"Il colibrì" è uno dei rari casi in cui ho prima visto la rappresentazione cinematografica e poi ho letto il libro. Non conoscevo nemmeno la trama, sapevo soltanto che ad interpretare il protagonista era Pierfrancesco Favino, e questo mi bastava come garanzia di qualità. 

Il film mi ha colpito molto, anche se l'ho trovato un po' troppo caotico, con tutti quei flashback non lineari, tanto è vero che, per comprenderlo appieno, ho dovuto sbirciare il riassunto su Google.  Ho avuto la netta percezione, però, che questo romanzo avesse un messaggio preciso da darmi, soprattutto in questo periodo della mia vita, così ho deciso di leggerlo. Le recensioni erano abbastanza discordanti a riguardo, un po' come mi era già accaduto con "Che tu sia per me il coltello": c'era chi lo considerava un piccolo capolavoro e chi una noia mortale, con le sue pedanti descrizioni. Causa trasloco, ci ho messo un bel po' per portarlo a termine, però non ha assolutamente deluso le mie aspettative, anzi è stato uno dei pochi casi in cui la rappresentazione cinematografica è totalmente attinente al romanzo.

 Il protagonista, che per ovvie ragioni ha il volto di Favino, è Marco Carrera, medico oculista fiorentino che si barcamena tra la sua Firenze, Roma e Bolgheri, in provincia di Livorno, dove la sua famiglia ha da anni una villa a ridosso fra il mare e la pineta. Gracile e mingherlino a causa un ritardo nello sviluppo (risolto poi con una cura sperimentale intorno ai 14 anni), viene soprannominato dalla madre "colibrì"...nomignolo che, tutto sommato, si adatta perfettamente anche al suo percorso esistenziale: il colibrì è un piccolo uccellino che vola restando fermo, riuscendo a mantenere un equilibrio costante.

Allo stesso modo Marco, a dispetto di tutte le avversità, gli imprevisti e i dolori che il destino gli metterà davanti, riuscirà a non soccombere e, anzi, volendo citare un verso della poesia di William Ernest Henley, sarà lui il "capitano della sua anima", tenendo il coltello dalla parte del manico, fino all'ultimo istante della sua vita.

Eccezion fatta per il fratello Giacomo, per il padre Probo e poi, più avanti nel tempo, per il dottor Carradori, Marco si relaziona prevalentemente con le donne: la frustrata madre Letizia, affermato architetto; Irene, la sorella depressa con tendenze suicide; Marina, l'ex moglie psicotica, Luisa Lattes, vicina di casa a Bolgheri e grande amore della sua vita; la figlia Adele, durante l'infanzia convinta di avere un filo invisibile attaccato alla schiena e, ultima ma non meno importante, la nipotina Miraijin.

Caratteristica che le accomuna è che, ognuna di loro, affida i suoi disagi a uno psicoanalista mentre Marco, per la psicoanalisi, ha una vera idiosincrasia.

In realtà, sarà proprio Marco la roccia a cui ognuna di queste donne si appoggerà. Per lui non è un peso essere il centro gravitazionale attorno a cui ruota tutta la sua famiglia...anzi! Essendo miracolosamente scampato, in gioventù, a un disastro aereo (era sceso prima del decollo a causa di un attacco di panico dell' amico che lo accompagnava), si è convinto che la sua vita dovesse avere uno scopo molto più alto di una semplice, normale, esistenza. In particolar modo, da un certo momento in poi (e il perché lo scoprirete leggendo il libro) la sua unica priorità sarà quella di crescere nel migliore dei modi sia nipote Miraijin, "l'Uomo del futuro". 

Marco Carrera, il colibrì che ha impiegato tutta la sua vita, e tutta la sua energia, cercando di rimanere fermo e stabile, nonostante le avversità, ad un certo punto, con un salto temporale nel futuro che ci proietterà nel 2030, e con la dignità che ha sempre dimostrato, deciderà di sfidare la morte (quella morte che, via via, gli ha strappato le persone più importanti) e deciderà di volare via, prima che l'orrore della malattia prenda il sopravvento. 


IL MIO VOTO:
Scritto in maniera magistrale, avvincente nonostante in alcuni punti pecchi di un eccesso di minuziosità, "Il colibrì" è un romanzo allo stesso tempo dolce e straziante, profondamente introspettivo e che affronta tematiche importanti e che offre spunti di riflessione. Sia che si legga il libro, sia che si guardi il film (ottimo sarebbe fare entrambi le cose), si uscirà d questa opera profondamente arricchiti. Assolutamente consigliato.


LO SCRITTORE:



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