Io che ci faccio qui?
Quando ci si fa queste domande e si è da soli e non si è Chatwin, le risposte rischiano di essere un po' imbarazzanti.
Ero triste, me ne andavo in giro cercando affetto e mentre lo cercavo ne regalavo molto, di affetto.
Mi sentivo talmente sola, intimamente e continuamente, che il viaggio in solitaria non era altro che il prolungamento di uno stato d'animo che sospettavo immutabile.
Forse è meglio mangiare le ostriche in due invece che da soli, ma non mangiarle del tutto è ancora peggio.
La solitudine non è uno stato d'animo da cercare o da fuggire, è banalmente uno stato di famiglia.
Lo so che il tramonto sul Bosforo sarebbe una delle cose più romantiche al mondo e pertanto andrebbe visto mano nella mano. E so anche che sarebbe opportuno che le suddette mani non fossero la vostra destra e la vostra sinistra perché, in quel caso, non sapreste come tenere il bicchiere.
Intanto quell' aperitivo l'ho preso, respirato, inghiottito. Può darsi che mi capiti, un giorno, di tornarci con l'amore della mia vita. Così come può darsi che l'amore della mia vita soffra di vertigini e non ci voglia salire su quella terrazza e può darsi anche che non ci sarà più un amore della mia vita. Ma quell' esperienza c'è, e resta.
Viaggiare da soli può risultare un vantaggio: si può esercitare il libero arbitrio e non dover rendere conto a nessuno di come andranno le cose.
Le persone simpatiche tengono più caldo di un golfino di cachemire.
Le città sono come gli uomini: il miglior modo per sedurle è farle parlare di sé.
Una tuta infilata giusto perché "tanto non mi vede nessuno"...e i vostri occhi, quelli non contano?
Mi piace mettere le persone a loro agio perché in quell'agio ci abito anche io.
I pensieri cupi, basta vivere e ce li danno in omaggio. La malinconia, come la tristezza, l'ansia e tutte quelle robe lì, hanno la cattiva abitudine di farti delle improvvisate. Si comportano come ospiti invadenti e poco educati, che suonano alla porta mentre sei nella vasca da bagno, stai per finire un giallo o sei sul punto di scolare la pasta. Entrano, si mettono comodi e non capiscono, anzi forse capiscono ma fanno finta di niente, che sarebbe meglio se tornassero da dove sono venuti. E va a finire che siccome sei di animo gentile, alla fine li accogli, esci dalla vasca, chiudi il giallo senza sapere chi è l'assassino, e gli offri pure metà della tua pasta. Ecco, questo è proprio quello che non si dovrebbe fare: essere gentili. La visita delle emozioni può e deve essere pianificata e, prima ancora, preparata. Credere di poterla scansare è da ingenui. I sentimenti fanno capolino e, come si sa, buttarlo fuori dalla porta non servirebbe che a farli rientrare dalla finestra.
Date un nome alle sensazioni che provate: le cose iniziano ad esistere quando le nominiamo, e combattere qualcosa che esiste è più facile che combattere contro i fantasmi. Quello che voglio dire è che se riuscite a trasformare quel borbottio interiore, fatto di parole sconclusionate, in una frase di forma compiuta, soggetto, verbo e complemento, significa che avete trasformato uno stato d'animo in un oggetto, che dunque può essere maneggiato, accarezzato, messo dentro una borsa e portato a spasso, oppure lasciato chiuso in camera. Insomma, vuol dire che avete imparato a dare del tu al vostro malessere e siete pronte a elaborare una strategia per tenerlo a bada.
Imparate a farvi compagnia. Inviatevi a cena, accompagnatevi a fare shopping o un massaggio; offritevi un aperitivo al tavolino di un bar dove poter imbastire un bel monologo interiore. E prima di uscire, vestitevi, truccatevi, ingioiellatevi: non dimenticatevi che state andando a un appuntamento con una persona di riguardo.
Per quanto il vostro umore possa essere tetro, evitate di portare al guinzaglio la vostra malinconia, esibendola come se fosse un cagnolino di razza (che, tra l'altro, stanno antipatici quasi a tutti).
È solo impadronendosi di un luogo che ci si può permettere di buttare tutto all'aria e ricominciare da capo.
Ho una fede incrollabile, non in Dio, ma nell' esistenza di una alternativa.
Amo i treni perché lì non si è da soli ma si può stare da soli.
I viaggiatori depositano nelle stazioni il viaggio che stanno per fare o da cui sono appena tornati e ne lasciano lì in pezzettino, che si impila su quelli lasciati da chi è venuto prima. Le stazioni, un fondo, sono ripostigli in cui si accatastano i viaggi.
Quando si incontra una persona nuova, le possibilità che quella persona ci faccia del bene o ci faccia del male sono equamente divise al 50%. Tanto vale scommettere sulla prima opzione, perché altrimenti magari ci si protegge ma ci si priva di un'infinità serie di possibilità.
Sta incominciando a capire che deve imparare a farsi compagnia, a diventare la compagna di se stessa.
Ho intenzione di godermelo, questo viaggio, non voglio che la paura mi tolga il divertimento. Ho imparato a viaggiare, a leggere, a lavorare. A spendere e a guadagnare. A non avere paura. O almeno a non lasciarmi governare dalla paura. E poi ho imparato a congedare e a incontrare.
Anticoncezionali per non abortire, aborto libero per non morire. Non siamo macchine da riproduzione, ma donne libere per la rivoluzione. La liberazione non è un'utopia: donna, gridalo, io sono mia. Si iamo violenza quotidianamente, lo stupro è solo la forma più evidente.
Il fatto di non essere mai stata sfiorata dal pensiero di appartenere a un sesso debole. Forte di una certezza che non ho mai sentito il bisogno di rinegoziare, ho vissuto, e viaggiato, senza mai pensare che ci fossero delle cose che, in quanto donna, non potevo fare, o non avrei dovuto fare. E non ho mai sentito neanche il bisogno di dimostralo: è stato semplicemente, naturalmente, così.
Ci vuole un coraggio immenso per smettere di soffrire.
Per costruire esperienza è necessario toccare il dolore. Attraversare il dolore per costruire vita, e quanta vita.
Il dolore non fa bene, il dolore fa male. E fa perdere: luoghi, persone, tempo.
Se stare al mondo non è che un dettaglio, stare nel mondo, per me, è una questione di dettagli.
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