domenica 19 dicembre 2021

Frasi dal libro "Tre gocce d'acqua" di Valentina D'Urbano

 "Quando è che dovrò iniziare a preoccuparmi?"
 "Mai. Non dovrai iniziare a preoccuparti mai"

Non siamo mai stati una famiglia molto solida però adesso stiamo proprio cadendo a pezzi.

Ero io che gli facevo quell'effetto, che lo rendevo peggiore.

Era una scelta facile e naturale ma a Pietro le cose facili e naturali risultavano indigeste.

Quegli occhi lì ce li aveva solo lui.

Non volevo accorgermi di niente e invece, abituata com'ero a stare in disparte e a osservare, m'accorgevo di tutto.

Io non avevo freddo. Volevo solo stare così,a provare la sensazione di essere di nuovo bambina, di poter fare ed essere quello che volevo senza dover dimostrare niente a nessuno.

Ero contenta di non vederli più: me li ero fatti andare a genio semplicemente perchè mi avevano dato attenzione.

A forza di stare vicini, pur senza parlare, lo avevo osservato così tanto e lui aveva osservato così tanto me che avevamo finito per sapere tutto l'uno dell'altro. Voce, sguardo, linguaggio del corpo. Era una mappa che conoscevo.

Non era il caso di dargli troppo spago, altrimenti lo avrebbe usato per strozzarmi.

Le parole creano recinti, corde, un cappio che non stringe ma resta lì a segarti il collo per tutta la vita.

Era fatto così: attraversava le cose senza lasciarsi attraversare.

A forza di cercare la sorgente delle cose finisci per trovarla e se sei costretto a bere non è detto che ti piaccia. O che non possa avvelenarti.

Ero così stanca, così demoralizzata e rassegnata, che non trovai neanche la forza di incazzarmi. Mi sentivo così sola, così gonfia di solitudine, la raschiavo come una patina, come il sudore dalla pelle.

Se mi metto a piangere adesso è finita. Se piango ora, viene giù tutto questo enorme esoscheletro da stronza che mi sono messa addosso per non crollare.

"Sono stanca, sono esausta. Non c'ho manco vent'anni e già cado a pezzi. Come sarò a trenta o a quaranta?!
"Forse devi solo imparare a non guardare troppo in là"

Certo che mi era mancato. Mi aveva fatto così male non avercelo vicino che non ero nemmeno riuscita a isolare quella sensazione dal resto. Ero rimasta sullo sfondo a scavarmi.

Non potevamo farlo, dovevamo lasciar perdere adesso, subito, prima che diventasse irreparabile.
Ma era già irreparabile. Il limite lo avevamo passato da un pezzo.

Era una storia marcia: non ci si sposa con uno con una famiglia del genere.

Adesso può solo andare avanti perchè non sa come tornare indietro.

"Capisci una sacco di cose attraverso il corpo di una persona: sofferenze, fragilità, bisogni, paure, speranza. E' di quello che mi voglio appropriare. E la fotografia è un buon metodo per farlo, anche se non il migliore."
"E quale è il migliore?"
"Viverci insieme"

Non ti ho cancellato, sono semplicemente andata avanti.

Tu pensi che io sia sparito ma ci sono sempre stato. So tutto di te, di quello che hai fatto. So che stavi bene e l'importante era quello.

Era un pezzo di me, non ci potevo fare niente. Anche amputandolo avrei continuato a sentirlo, un arto fantasma che mi avrebbe dato il tormento.

Era andato avanti, di nuovo. Dovevo andare avanti pure io.

Restai zitta: mi volevo ancora un pò di bene.

A quel tizio non fregava niente di lei: uno che ti vuole veramente resta, e lui non aveva nessuna intenzione di farlo.

Nessuno sottrae niente agli altri. Le persone non si rubano nè si direzionano, decidono da sole dove andare.

Non ne parlo ma non vuol dire che non ci penso.

Non so quanto rimasi sveglia, non ricordo cosa pensai. Ricordo solo l'impressione di avere qualcosa di acceso nella cassa toracica, un cannello che squagliava tutto dall'interno.

E' la sua volontà che piega tutto, è il suo modo di affermare se stesso: deve privarti di qualcosa, sempre. Gioca sull'assenza, procede per sottrazione. Voleva tutto e non restituiva un cazzo.


Mi sembrò di strapparmi, di sfogliarmi abbandonando strati di pelle uno dopo l'altro, di perdermi i pezzi per strada, Era un trambusto interno di cui nessuno si rese conto.

In fondo non era così che si sposava la gente? Senza bisogno di farlo.

Non mi sarebbe venuto da piangere nemmeno a sforzarmi: ero secca, arida, desertificata.

Non so se si chiama amore questa stringa che ci tiene insieme ma qualunque cosa sia ci ha reso tutti ciechi, egoisti, vulnerabili. Chè le famiglie sbagliano sempre, che se ami qualcuno e lo ami troppo non ne fai una giusta. 

Vorrei dirgli che sto bene, che non c'è bisogno che si infili nei sogni degli altri per tenermi d'occhio.

Era convinta di aver ceduto qualcosa di prezioso e insostituibile e di aver ricevuto in cambio una fregatura epocale.

E'scemo, è completamente scemo e ce lo dobbiamo tenere così.

Capii cosa voleva dire quando mi spiegava che si sentiva rassicurata dalla bruttezza. Era proprio così che mi sentivo con lui: al sicuro.

Ho la mia vita, non posso stare appresso alla tua. Sono anni che ti rincorro cercando di risolvere i tuoi casini, ora basta, cavatela da solo!

Non ti sposare mai: non sai quanto è pazza la gente finchè non le metti un anello al dito.

Era bello in quel modo sfacciato e feroce tipico di quelli che della bellezza non se ne fanno nulla.

Le parole mettono in ordine cose che per loro natura ordinate non sono. Il sangue, le mazzate, il sudore, la paura, la rabbia, quelli li devi vedere, li devi trattenere.

Ho pensato che sarei potuto morire, che non ti avrei più vista. Di tutte le cose che avrebbero potuto spaventarmi, ho avuto paura di quello, di non vederti più.

La materia umana è questa: ti preoccupi solo di quello che conosci, delle cose che ami. Sono pochi quelli capaci di slanci più grandi, di sentire nel profondo la lotta di qualcun altro.

"Siamo già piuttosto lontani"
"No, voi due siete sempre uno dentro l'altro. Lo siete sempre stati"

Eccolo lì, un altro pezzo della mia vita che se ne andava. Una nuova mancanza che veniva a sommarsi.

Nascondeva la delusione e la gelosia nella speranza che si dissolvessero da sole. Ma quella roba non passa mai, i cattivi sentimenti ti avvelenano la vita.

Sembrare innocui è solo un gioco di luci.

Noi due di amore non ne sappiamo niente ma di ossessioni sì.

Eravamo già troppo adulti, avevamo più da perdere che da guadagnare. Avevamo saltato il momento e ora dovevamo accontentarci.

E'questo che fanno gli scrittori: interpretano le crepe degli altri, frugano nei loro nascondigli, anche senza conoscerli.

Mi aveva parlato alla pancia invece che alla testa, e la pancia era sempre stato il mio punto debole.

Per compensare quel sentirmi da meno mi venne da odiarla.

E' orrendo quando detesti qualcuno che ti ha dato tanto.

Ti spezza le ossa e te le rimette insieme e tu di ossa spezzate ne sai parecchio.

Lo capisco adesso come mi vedi, cosa sono per te: la tua malattia. Ce l'hai e non ci puoi fare niente. La odi, ti distrugge, ti deforma, non t'ha mai permesso di fare una vita normale. L'hai sempre invidiata la normalità degli altri ma c'hai questo tarlo che ti scava dentro e te lo devi tenere.

Mi ha sempre fatto paura la sua determinazione, la sua parte nera. Ferirsi per ferire anche me.

"Era un nostro amico"
"Lo è ancora, la morte non è niente"

"Non puoi costringere la gente a fare ciò che vuoi te. Accetta le sue scelte. Appoggia la sua visione del mondo, non puoi fare nient'altro"
"Lo stai giustificando"
"No, lo sto rispettando"

La memoria funziona così, rispedisce indietro l'attimo esatto, l'ultimo particolare. Succede che ricordi perfettamente dove sono state le sue mani, l'ultima volta che hai toccato qualcuno che se n'è andato, che t'ha lasciato solo un cratere.

Mi cerca sempre quando le cose si mettono male. E'capacissimo di essere felice senza di me ma non riesce a non inglobarmi nella sua infelicità.

Ignori le cose nella speranza di salvarle, nella speranza che ti lascino in pace ma cercare di proteggersi non serve a niente, ci sono cose molto più forti di noi.

Sa che lo so già ma se lo dice poi diventa vero e poi non possiamo tornare più indietro.

Siamo gli ultimi figli di due famiglie che convergono in un solo punto che non esiste più.

Non sai quanto sia distruttivo, deflagrante il senso di colpa, il rimorso dell'essere ancora vivi. Dell'essere rimasti vivi, dell'aver vissuto un giorno intero senza sapere nulla. La vita che continua, un'esplosione troppo lontana per poterla avvertire. Tornare indietro a esaminare ogni cosa, ogni gesto fatto e mi mancava già un pezzo e mi ero già persa e non mi sarei più ritrovata e non lo sapevo ancora.

Non lo vedrò mai più. Me ne rendo conto davvero solo in quel momento. Non ci potrò più parlare, non mi risponderà più.

Con lui non dovevo essere niente di diverso da quello che sono.

Sfugge a tutti, non appartiene a nessuno.

Ce la possiamo fare. Ce la faremo, non abbiamo scelta.

Siamo due che hanno sbagliato strada ma che non sanno come tornare indietro.
Da adesso in poi, per tutta la vita, ci sarà un prima e un dopo, quello che siamo stati e quello che saremo. Ci guarderemo come due estranei e si sommeranno le mancanze, avremo perso più di quanto riusciremo a dire.

Perdonami. Perdonatemi tutti per questo silenzio, per questo dolore, per questo logorarci.

Arriva un momento in cui è necessario prendere una posizione, concretizzare il pensiero, tradurlo in azione. Ci sono uomini e donne a cui questa occasione non capita mai. A me è capitata, e ho deciso di sfruttarla. La maggior parte delle persone vive la propria vita facendosi attraversare. Questo è l'unico modo che avevo per attraversarla.

Alcuni ce l'hanno nel sangue, la resistenza, la rivoluzione, la coscienza civile e politica, il desiderio di cambiare le cose, di non arrendersi, di raccontarle a chi sta fuori, lì dove sembra che non stia succedendo nulla. E' una questione di sangue, quindi. E io ho quel sangue lì.

Su quelle lapidi non ho sentito niente perchè loro non erano lì.

Sono sempre stata dalla sua parte e ho capito che per farlo bisogna lasciare libere le persone. In questa vita niente e nessuno ci appartiene davvero, e arriva il momento in cui ognuno di noi deve restituire qualcosa al mondo.




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