domenica 19 dicembre 2021

"Tre gocce d'acqua" Valentina D'Urbano (2021)


 


LA TRAMA:
Celeste e Nadir non sono fratelli, non sono nemmeno parenti, non hanno una goccia di sangue in comune, eppure sono i due punti estremi di un'equazione che li lega indissolubilmente.
A tenerli uniti è Pietro, fratello dell'una da parte di padre e dell'altro da parte di madre.
Pietro, più grande di loro di quasi dieci anni, si divide tra le due famiglie ed entrambi i fratelli stravedono per lui.
Celeste è con lui quando cade per la prima volte e, con un innocuo saltello dallo scivolo, si frattura un piede. Pochi mesi dopo è la volta di due dita, e poi di un polso. A otto anni scopre così di avere una rara malattia genetica che rende le sue ossa fragili come vetro: un piccolo urto, uno spigolo, persino un abbraccio troppo stretto sono sufficienti a spezzarla.
Ma a sconvolgere la sua infanzia sta per arrivare una seconda calamità: l'incontro con Nadir, il fratello di suo fratello, che finora per lei è stato solo un nome, uno sconociuto.
Nadir è brutto, ruvido, indomabile, ha durezze che sembrano fatte apposta per ferirla.
Tra i due bambini si scatena una gelosia feroce, una gara selvaggia per conquistare l'amore del fratello, che preso com'è dai suoi studi e dalla politica, riserva loro un affetto distratto.
Celeste capisce subito che Nadir è una minaccia, ma non può immaginare che quell'ostilità, crescendo, si trasformerà in una strana forma di attrazione e dipendenza reciproca, un legame vischioso e inconfessabile che dominerà le loro vite per i venticinque anni successivi.
E quando Pietro, il loro primo amore, l'asse attorno a cui le loro vite continuano a ruotare, parte per uno dei suoi viaggi in Siria e scompare, la precaria architettura del loro rapporto rischia di crollare una volta per tutte.



IL MIO GIUDIZIO:
Pietro, Celeste e Nadir.
Tre fratelli che proprio fratelli non sono.
Il punto cardine è Pietro, che condivide la madre con Nadir e il padre con Celeste, fra di loro coetanei e di dieci anni più piccoli del comune fratello maggiore.
Celeste è fragile, forse più fuori che dentro, in quanto soffre di una osteogenesi imperfetta che le rende le "ossa di cristallo" un po' come "l'uomo di vetro" del film "Il favoloso mondo di Amelie", costringendola a un'andatura claudicante e a vivere in ambienti "imbottiti", perché per lei, anche un piccolo, innocuo, colpo può significare un'importante frattura.
Nadir, con un occhio azzurro e uno marrone, attraversa invece la vita senza esserne attraversato, al contrario di Pietro, dalla folta criniera rossa, che arde di passione, di senso della giustizia e si infervora per cause civili che, seppur lontane dal suo mondo, lui sente sue.

Nadir è convinto che Celeste assomigli a Pietro, la quale, a sua volta, non ha dubbi sul fatto che sia Nadir a essere identico a Pietro.
In realtà, i tre, a modo loro sono "Tre gocce d'acqua" e sono legati da una connessione simbiotica e profonda.

Diverso è il rapporto tra Celeste e Nadir: loro fratelli non sono, non hanno un neppur minimo legame di sangue a dirla tutta, ma c'è un qualcosa di indomabile, viscerale e carnale che li tiene avvinti in una dipendenza tossica e malsana, una sorta di affamato mostro interno che li fa prigionieri.
Da bambini si odiano e si fanno i dispetti poi, crescendo, si rincorrono lungo il corso degli anni, nonostante i due matrimoni di lui e il fidanzamento di lei.
Non riescono, o forse più semplicemente non vogliono ammettere l'amore che provano l'uno per l'altra.
Nadir, orgoglioso, egocentrico e narcisista mai potrebbe abbassarsi a confessare il suo sentimento mentre Celeste è piena di paure, reputa ciò che sente peccaminoso, al limite dell'incestuoso, e pensa inoltre di mancare di rispetto a Pietro, da sempre così geloso e protettivo nei suoi confronti.
Quindi, un po'per ripicca e un pò per fatalità, finiscono entrambi nelle braccia di amori sbagliati.
Sarà solo la tragica scomparsa di Pietro, avvenuta in circostanze drammatiche durante un viaggio in Siria, a scombinare le carte, trasportandoli di colpo nell'età adulta e mettendoli davanti alla realtà dei fatti.

Valentina D'Urbano, con il suo inconfondibile stile semplice e diretto, si conferma ancora una volta, insieme a Silvia Avallone, una delle migliori scrittrici contemporanee, capace di giostrarsi, con estrema facilità, fra romanzi d'amore, thriller, noir ed argomenti più impegnativi e spinosi come, in questo caso, la Primavera Araba e la questione curdo siriana.
Mai banale ma sempre profonda e introspettiva, l'autrice sa tenere alta l'attenzione del lettore, invogliandolo a proseguire senza sosta la lettura e sa mostrare i suoi protagonisti a tutto tondo facendoteli conoscere a trecentosessanta gradi, così che si arrivi a fine libro considerandoli degli amici e non personaggi di finzione.

In "Tre gocce d'acqua", inoltre, ha saputo descrivere perfettamente la sensazione di alienazione che si prova nell'apprendere che una persona cara se n'è andata improvvisamente, senza che tu ne sapessi niente: come tutti i gesti compiuti in quei momenti di inconsapevolezza assumano, di punto in bianco, un altro significato. Come ci si senta in colpa per aver continuato a vivere ignari mentre qualcuno di importante non c'era già più. L'ineluttabilità di un ieri che non potrà mai più essere domani.
"Non sai quanto sia distruttivo, deflagrante il senso di colpa, il rimorso dell'essere ancora vivi. Dell'essere rimasti vivi, dell'aver vissuto un giorno intero senza sapere nulla. La vita che continua, un'esplosione troppo lontana per poterla avvertire. Tornare indietro a esaminare ogni cosa, ogni gesto fatto e mi mancava già un pezzo e mi ero già persa e non mi sarei più ritrovata e non lo sapevo ancora.
Non lo vedrò mai più. Me ne rendo conto davvero solo in quel momento. Non ci potrò più parlare, non mi risponderà più".

In una sorta di romanzo di formazione, Celeste e Nadir, che da bambini si trasformano in adulti, ci mostrano come i legami del cuore vadano oltre quelli di sangue e di quanto sia importante lasciare agli altri libertà di azione. 
Perché è soprattutto nel lasciare la libertà di scegliere e magari anche di sbagliare, sospendendo il giudizio ma cercando, se non di capire quantomeno di rispettare, che si dimostra il vero amore, quello incondizionato.



IL MIO VOTO:
Un'autrice che non delude mai e che compro a scatola chiusa.
Nonostante i miei preferiti restino "Acquanera" e "Isola di Neve" che hanno quella suspense che tanto mi piace, anche "Tre gocce d'acqua" lo consiglio assolutamente. 
Un romanzo introspettivo che resta nel cuore, come tutti gli altri, del resto.
Mi sono sempre chiesta come mai non abbiano ancora tratto un film dalle opere della D'Urbano ma poi penso a come siano riusciti a devastare il bellissimo "Acciaio" della Avallone e allora mi dico che è meglio che restino storie solo nero su bianco...tutto di guadagnato!


LA SCRITTRICE:




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