domenica 17 dicembre 2017

"Io ho ucciso" Emanuele Cislaghi (2012)



LA TRAMA:
Storie di uomini e di donne del nostro passato e del nostro presente che hanno commesso qualcosa di malvagio,qualcosa di oscuro e indecifrabile.
Persone che hanno lasciato una ferita inguaribile nella storia e nella coscienza dell'essere umano.


IL MIO GIUDIZIO:
Per una come me,fedele e appassionata spettatrice di "Chi l'ha visto?" e "Quarto Grado" da illo tempore,leggere "Io ho ucciso" è stato come un invito a nozze.
(Oddio,avendo un'idiosincrasia per le cerimonie non è decisamente il paragone appropriato,me è un modo di dire comune per rendere l'idea).

Inoltre,Emanuele è un mio amico su fb già da diverso tempo e non avevo ancora mai letto niente di suo e questo mi è sembrato il libro giusto con cui iniziare.

L'opera ricorda "Assassine" di Cinzia Tani ma,mentre lì ci si limitava alla descrizione fredda e puntuale dei fatti,
qui l'autore scrive in prima persona,entrando quindi nella psiche del criminale,
per far sì che il lettore possa immedesimarsi con lui,tramite il suo punto di vista,creando una sorta di empatia che però non vuol dire giustificazione.
E c'è da dire che Emanuele è stato bravo e ha fatto davvero un buon lavoro di studio e ricerca perchè ha saputo riportare fedelmente i pensieri,talvolta proprio i vaneggiamenti deliranti,dei protagonisti.
Protagonisti che,in alcuni rari casi,per assurdo,arrivano a sembrare quasi simpatici e spiritosi.
Poi uno ripensa a ciò che hanno combinato e la simpatia passa in un attimo.

Solo in un secondo momento viene fatto un breve e sintetico riepilogo della vicenda appena narrata.

I racconti sono in totale 24 di cui solo uno,l'ultimo (che è quello che mi ha coinvolto di meno), totalmente inventato.
Tutti gli altri sono eventi (purtroppo) realmente accaduti.

Si va da casi internazionali "storici" quali Jack Lo Squartatore (di cui ad oggi si ignora ancora l'identità e c'è il dubbio che possa essere stata persino una donna),
Maria Tudor detta "Maria la Sanguinaria" oppure Erzsebet Bathory,
la "Contessa Dracula",quella che sgozzava giovani vergini,dopo averle torturate,
e si immergeva nel loro sangue per mantenere l'eterna giovinezza.

Vi sono,poi,casi dei giorni nostri,di cui,più o meno,abbiamo tutti sentito parlare:
da Luigi Chiatti (il mostro di Foligno) a Donato Bilancia (quello che uccideva le donne nelle toilette dei treni),
da Erich Priebke a Vallanzasca,
passando per il mostri di Rostov e Marcinelle,
fino alla Saponificatrice di Correggio.

Vi sono,infine,dei casi di cui,personalmente,non avevo mai sentito parlare...
tipo quello di Edward Theodore Gain,che ha ispirato il film "Psyco" di Hitchcock,oltretutto.

C'è chi ammazza per vendetta,per riscattare un passato triste e doloroso.
Chi per obbedire a un ordine superiore a cui non poteva opporsi.
Chi spinto da un raptus improvviso,senza un vero motivo apparente;
chi premedita tutto nei minini dettagli.
C'è la donna che,pur di non perdere l'amore del proprio uomo,
arriva ad affogare la figlia avuta da una precedente relazione (e devo ammettere che è una delle storie che più mi ha nauseato) e l'uomo che,invece,la figlia la sequestra in un bunker per 24 anni e la sottopone a violenze fisiche,psichiche e sessuali di ogni tipo,arrivando a farla partorire ben 7 volte.
Certo,in questo caso non vi è omicidio,ma le torture psicologiche subite da questa povera donna vanno ben oltre qualsiasi delitto,io credo.

Molteplici,anche,le reazioni,dei vari protagonisti,una volta catturati e processati:
c'è chi,per non scontare la pena, preferisce suicidarsi;
chi si sente una vittima di un meccanismo più grande di lui,
chi,nonostante tutto,non si pente e va fiero di ciò che ha fatto e chi,invece,
si rende conto della gravità delle sue azioni,si pente e rinasce a nuova vita.

La cosa che,comunque,più di tutte mi ha colpito e inquietato è come,
per quasi tutti i protagonisti delle vicende,
l'atto di uccidere,rappresentasse una sorta di sublimazione e supremazia,
un qualcosa che,una volta sperimentato,si volesse ripetere sempre più spesso,fino a non smettere più.
Motivo per cui,alcuni di loro (i più "umani",diciamo) arrivano a farsi scoprire e arrestare proprio per mettere fine a questo macabro gioco al massacro che non riescono più a controllare.

Leggendo questo libro viene da chiedersi cosa passi nella testa di queste persone per arrivare a fare ciò che hanno fatto.
Ed è un quesito che sempre mi pongo,ogni volta che avviene un omicidio o una strage.
Molte di loro vengono ritenute incapaci di intendere e di volere (e grazie a questo ottengono,spesso anche uno sconto di pena).
Ma è davvero così?
Certo,chi arriva a compiere certi riprovevoli atti,come si dice dalle mie parti "tanto a 100 non è".
Una mente equilibrata,anche se in preda all'ira più feroce,si fermerebbe un attimo prima di compiere l'irreparabile.

Qui parliamo di gente che arriva a commettere atti davvero raccapriccianti, al limite fra il macabro e il surreale.
Menti perverse e malate,senza ombra di dubbio.
Però poi le senti parlare e noti in loro una calma e una lucidità spiazzanti.
Quello che ho sempre pensato è che,di fronte a certe situazioni,l'incapacità di intendere e di volere non dovrebbe comunque essere una scusante nè tanto meno un'attenuante.
Chi ha fatto del male è giusto che paghi in toto per quel che ha fatto,che il cervello gli funzioni o meno.

Scritto in maniera chiara,precisa e scorrevole, talvolta in stile colloquiale,appropriato allo stato sociale e psicologico del protagonista di turno (vi sono infatti alcuni refusi grammaticali,come mi ha confermato lo stesso Emanuele,totalmente voluti,atti a sottolineare l'ignoranza lessicale del personaggio),
"Io ho ucciso" si configura come una lettura avvincente,coinvolgente e ricca di spunti di riflessione.


IL MIO VOTO:
Assolutamente consigliato,soprattutto a chi,come me,ha una (insana?) passione per i fatti di cronaca nera.


LO SCRITTORE:







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