venerdì 14 aprile 2017

Frasi dal libro "Io non mi chiamo Miriam" di Majgull Axelsson

Si sporge in avanti e immerge il cervello nell'acqua cristallina,lasciandola penetrare in ogni cavità,
riempire ogni spazio,scorrere e lavare ogni cellula fino a liberarlo prima da tutti i vecchi odori disgustosi,poi da tutti i ricordi sgradevoli e infine da tutti i cattivi pensieri.
Dopodichè lo strizza come una spugna e riporta la mano sulla testa.
Preme e lascia che il cranio si apra.
Rimette delicatamente il cervello lavato al suo posto e con uno scatto del collo fa richiudere il coperchio.
Si guarda intorno e inspira a fondo.
Ora il mondo ha un buon odore.

Una persona felice può esserlo anche nella morte.
Una persona sorridente può continuare a sorridere anche nella morte.

Non ce la faceva a stare in mezzo alle persone,ma non riusciva neanche a stare sola.
Doveva esserci qualcosa che non funzionava in lei.

Era sola.
Non apparteneva che a se stessa.

Poi chiuse gli occhi e decise di non esistere.
Sarebbe rimasta lì,nel suo angolo,a tacere e respirare.
Evitare di esistere era l'unica via d'uscita.

Per una volta voleva solo essere lì e in quel momento.

Bisogna preoccuparsi solo di quello che si può fare,le avevano detto.
E sicuramente era un buon consiglio.

Se solo avesse capito!
Se solo avesse intuito!
Invece era stupida,cretina e sprovveduta!
Totalmente ingenua e ottusa.

Dimentica.
E sopravvivi.
Vietato impazzire.

Il suo sorriso non si era ancora spento.
Splendeva su di lei,riscaldandola.

Ero poi davvero una rom,ormai?
E lo sono adesso?
Oppure non sono niente?
Nè rom,nè ebrea,nè tedesca,nè svedese?

Una risposta gentile calma la collera,come sai.

Mi sembrava di essere arrivata in Paradiso.Ed era stato lui a portarmici.

Il suo era un muto cordoglio per il passato unito a un'altrettanto muta gioia nei confronti del futuro.

Così miti!
Così devoti!
Così pii!
Mica si astenevano dal voler decidere come dovevano vivere la loro vita gli altri,però.

Quella non era indifferenza.
Era dolore.Solo dolore.

"Ricordare è faticosissimo"
"Lo so.Ma è l'unico modo per alleviare quella fatica!

Avere a che fare con chi si sente in colpa non è sempre il massimo.

E'terribilmente stancante avere sempre la paura dentro.

L'esperienza mi ha insegnato che in questo posto non bisogna rinunciare a niente.

"E com'è? Com'è in realtà Aushwitz?"
Com'era in realtà Auschwitz?
Che domanda.
Come si faceva a rispondere^
Le immagini le balenarono davanti.
Fango.
Melma.
Non un filo d'erba.
Terra senza alberi.
Un'infinità di baracche.
Corpi emaciati.
Denti sporgenti.
Occhi infossati.
Latrati di cani.
Mengele.
Sorveglianti ucraine.
Impiccagioni.
Appello all'alba.
Esperimenti Noma.
E poi morti,naturalmente.
Cadaveri a centinaia.
A migliaia. A centinaia di migliaia.
Cataste di corpi.
E fiamme eternamente alte dai camini del forno crematorio.

Erano sempre stati odiati e disprezzati e per questo bisognava stare attenti a non cominciare a disprezzare se stessi.

Eppure era esausta.
Sfinita da anni di fame.
Annientata dalla propria rassegnazione.
Fatta a pezzi dallo sconforto.
Non riusciva neppure a fantasticare.

Non le importava.
Ormai non le importava più di niente e di nessuno.
Desiderava solo la beatitudine del nulla.

La colpa non è genetica.
Non si trasmette di padre in figlio,di madre in figlia,di connazionale in connazionale.
Ciascuno risponda solo delle proprie azioni o inazioni.

Il mondo era un posto così strano che non ci avrebbe mai capito niente.
E non voleva più starci.

No.Non ricordare.
Dimentica e guarda avanti.

Erano arrivate al lavandino.
Sopra c'era un piccolo specchio.
Miriam battè le palpebre e si preparò a vedere il riflesso del proprio viso per la prima volta da molti anni.
Ma era davvero lei?
Quello scheletrino?
Senza capelli.
Il cranio completamente calvo,così pelato che luccicava.
E i denti? Perchè aveva tutti quei denti?
E quelle guance così incavate?
E perchè dove avrebbero dovuto esserci gli occhi c'erano solo 2 buchi neri?
Tirò su col naso e vide con orrore che lo spettro nello specchio faceva la stessa cosa.
Senza pensarci si girò di fianco e gettò le braccia al collo dell'infermiera,nascondendo gli occhi contro la sua spalla.
Per poco non cedette alle lacrime,ma nello stesso istante le si aprì dentro il buco gelido,
quello che ricordava così bene dal giorno in cui il mondo si era capovolto,e che ora le permise di osservarsi sprezzante dall'esterno.
Quanto era stupida?
Pensava davvero che quella creatura inamidata le avrebbe permesso di insudiciarla con le sue lacrime e il suo moccio?
Credeva sul serio che l'infermiera non l'avrebbe spinta via trasformandosi in una nuova Irma Lunz,se non peggio?
La cosa strana fu che non accadde.
L'infermiera le passò soltanto una mano sulla schiena in un gesto muto di consolazione.
Rimasero immobili per qualche attimo,ciascuna immersa nei propri pensieri.
Alla fine Miriam si raddrizzò e si schiarì la voce.
"Perchè?Perchè l'hanno fatto?"
La donna si morse il labbro inferiore e poi scosse la testa.
"Non lo so.Non lo capisco nemmeno io"

Forse stava solo cercando di capire l'incomprensibile:come quei relitti umani potessero essere ancora vivi.

Pace.Futuro.
2 parole.
Non aveva altro.
Niente marito e niente figli.
Niente genitori e niente fratelli.
Nemmeno un'amica.
Ma cosa significavano quelle parole,in concreto?
Cosa comportava vivere in pace e avere un futuro?

"Ma fino a quando ci si potrà sentire al sicuro qui? Non lo sappiamo..."
"Questo però non si può sapere da nessuna parte"

Avevano intuito che non volevano sapere,che semplicemente non avrebbero retto nel venire a conoscenza di quelle cose,che in quel paese era praticamente proibito ricordare.
Quindi forse era più sicuro non pensare mai più a Ravensbruck e Auschwitz.
Cercare di dimenticare.
Rimuovere e seppellire quello che nonostante tutto si ricordava.
Negare a se stessi il diritto alla propria storia.

Lui credeva nel futuro e credeva in noi.

No,non doveva ricordare.
Ma ricordava.
E per questo si chinò e vomitò nei cespugli di mirtillo rosso.

"Era una persona saggia e buona e mi ha insegnato quasi tutto.A vivere bene,per esempio"
"Mica poco,cazzo!Avrei bisogno di impararlo anche io!"

Gli svedesi apprezzavano gli sguardi diretti perhè non venivano considerati impertinenti ma sinceri.

E'stata costretta a rendersi conto di non essere più una rom.
Lo è stata,una vita fa,ma non lo è più.
Adesso non è niente:nè rom,nè ebrea,nè tedesca,nè svedese.
E'solo Miriam.
Oppure Malika,
Oppure nessuna delle 2.

Come sarebbe andata se la Kripo non fosse mai arrivata a casa del nonno?
Se non fossero mai stati costruiti dei campi di concentramento?
No,questo non si può proprio immaginare.
Ma se il dottor Mengele fosse rimasto vittima di una più che meritata emorragia cerebrale prima di essere nominato medico capo ad Auschwitz?
Sì!Questo può immaginarlo,anche se è solo una fantasia di vendetta da quattro soldi.
Gli farebbe venire una bella emorragia cerebrale che gli inonda il cervello di sangue,privandolo di tutto.
Della capacità di stare eretto.
Dell'abitudine di corrugare minacciosamente le sopracciglia.
Dell'espressione di superiorità.
Del piacere perverso nel lasciare andare in putrefazione certi bambini affamati fino a farli morire e nell'iniettare veleno ad altri per poi cavare loro gli occhi in nome della sacra scienza.
Glielo augura,senza alcuna utilità.
Perchè a quanto pare Mengele è sopravvissuto ed è riuscito a lasciarsi alle spalle la Germania in rovina per raggiungere l'America Latina e vivere lì un decennio dopo l'altro,rinchiuso e protetto dalle sue bugie.

Siamo destinati a perdere tutto,anche le persone che hanno più importanza per noi.

Le fantasie di rivincita hanno i loro vantaggi,ma vendicarsi nella vita reale non va bene.
Fa solo peggiorare le cose.

Sono stata ad Auschwitz e sono stata a Ravensbruck e ho vissuto esperienze che spero nessun essere umano debba mai più subire.

A forza di critiche e recriminazioni la scintilla si è spenta.

"Devi capire..."
"No,non devo affatto capire.Al contrario.Sono esentata dal dover capire.Sono passata per l'inferno,so cosa significa vivere all'inferno e per questo non concedo niente a chi si crea il proprio inferno amatoriale per poi fingere di non poterne uscire"

"Io non voglio restare sola..."
"Ah no?Perchè,adesso cosa sei?"

Sono passati quasi 70 anni dalla sua morte.
Forse è il momento di smettere di piangerlo,anche se non di rimpiangere il suo destino.

"Stamattina hai detto che non ti chiami Miriam.E' vero?"
"No.Non proprio.Credo si possa dire che in effetti mi chiamo Miriam.Anche Miriam"

Si voleva dimenticare e andare avanti,guardando al futuro.
Ma alcuni non potevano,non volevano,non dovevano dimenticare.
Erano le decine di migliaia di prigionieri inaspettatamente ancora in vita quando i russi e gli americani liberarono i campi di concentramento.
Erano gli ebrei e i rom che ogni giorno,senza requie,avevano sentito il tanfo dei forni crematori.
Che ogni mattina si erano schierati davanti alle baracche per essere contati e selezionati per continuare a vivere o morire.
Che avevano rinunciato a ogni speranza,perchè sperare non serviva a niente.
Quelli che i nazisti avevano trasformato in "non uomini" ridotti a numeri,derubandoli della loro umanità,il cui unico istinto rimasto era sopravvivere da un giorno all'altro e spesso nemmeno questo.

Per i sopravvissuti fu uno shock tornare a casa e scoprire che praticamente nessuno era disposto as ascoltare le loro storie sul peggior crimine contro l'umanità mai perpetrato nella storia.

Un romanzo valido offre più domande che risposte.

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