lunedì 25 maggio 2015

Frasi dal libro "La terapia De Andrè - Come comprendere il disagio psicologico attraverso le parole del grande cantautore" di Gabriele Catania

LA BALLATA DELL'AMORE DI VETRO (O DELL'ANORESSIA)
CANZONE DI RIFERIMENTO: "LA BALLATA DELL'AMORE CIECO (O DELLA VANITA')"

Il mio amico Nino era semplice,non ostentava.
Ai più sembrava uno che non aveva capito molto della vita,ma in realtà era il genere di uomo che fuori mostra poco,o quasi nulla,di ciò che ha dentro.

Negli anni continuai ad apprezzare la musica di De Andrè e a nutrirmi delle sue parole e sonorità.
L'intensità della sua timbrica vocale mi seduceva.
All'inizio non riuscivo a capire il significato di tutte le canzoni,però le ascoltavo perchè sentivo che m'insegnavano comunque qualcosa,che stavo affinando la mia sensibilità.

Mi accorsi con stupore che Fabrizio De Andrè era stato l'artefice involontario del mio cambiamento.
Mentre sentivo le sue canzoni,lui mi stava già insegnando il lavoro che avrei scelto di fare.

"Per tanto tempo mi sono sentita trasparente agli occhi dei miei genitori.
Per loro ero come una lastra di vetro:solo apparenza senza contenuto."
Quand'era piccola tutti ammiravano Carla per il suo aspetto e la madre era chiaramente orgogliosa di mostrare la sua bella bambina.
Lei,invece,si sentiva in imbarazzo.
"Era come se offrisse agli altri il mio involucro,la mia esteriorità,mentre quello che sentivo dentro non traspariva,non era neanche immaginato."

Si tratta della forma di sentimento più difficile:
quella che si basa sulla capacità di mostrare affetto anche se l'altro ti delude,senza aspettarsi una gratificazione o un riconoscimento.
E'la capacità di "amare per amare".
La vera essenza delle cose,per Fabrizio De Andrè,è la capacità di amare a prescindere,di accettare l'altro anche se ci delude,anche se è diverso da noi.
Esiste al mondo un bisogno umano di amare ed essere amati a prescindere da ciò che siamo e da ciò che facciamo.
Perchè essere amati a causa dei propri meriti lascia sempre dei dubbi.
C'è sempre il timore che l'amore possa scomparire.
Inoltre l'amore "meritato" può lasciare un senso di amarezza perchè non si è amati soltanto perchè si piace...non ci si sente amati ma utili.
In sostanza,la ragazza si era ammalata perchè le mancava la certezza di poter essere amata a prescindere.
D'amore,quindi,si può morire,soprattutto quando non si riesce a fronteggiare la delusione di non poterlo avere.

Carla uscì dalla trappola quando fu finalmente in grado di accettarsi per quello che era,e non per come doveva apparire agli altri.
Quando,cioè,riuscì ad amarsi a prescindere dalle proprie vere o presunte imperfezioni.

I nonni mi davano un amore che mi permetteva di amarmi.

Il costante giudizio su se stessi o sugli altri porta inevitabilmente ad assumere un atteggiamento colpevolizzante che impedisce relazioni costruttive e autenticamente mirate alla soluzione dei problemi.

UN MATTO (DIETRO OGNI STIGMA C'E' UNA CULTURA)
CANZONE DI RIFERIMENTO:"UN MATTO"

Mario mi raccontò di sentirsi spesso escluso dalla gente,incompreso e certe volte anche discriminato.
Non accettava quella situazione perchè si considerava un buono,una persona per bene,un uomo dai sani principi.
"Non capisco perchè gli altri facciano tanta fatica a capire come sono fatto veramente. A volte mi sembra che mi guardino come se fossi un diverso,uno nato con qualche difetto,come se fossi uno sbaglio del Signore. Così mi chiudo in me stesso e non se ne parla più.
Dottore,il mio problema è sempre lo stesso:non riuscire a farmi accettare per quello che sono!
La mia sofferenza è una difficoltà e non una colpa".
Mario aveva capito che la ragione principale che gli impediva di aprirsi agli altri era la paura di essere rifiutato,perchè troppe volte si era sentito giudicato e non compreso per i suoi problemi psichici.

Sono matti,ma non sono mica scemi!

Finchè i pazienti che soffrono di disturbi psichici pensano di dover risolvere il loro problema con la sola forza di volontà,non ritengono necessario rivolgersi a uno specialista.
Quindi o non si curano o si curano male,aggravando così la loro condizione clinica e rendendo più difficile l'intervento terapeutico che prima o poi diventerà indispensabile.

E'giusto continuare a credere che basta volere una cosa per poterla avere?
L'inglese "nothing is impossibile",parente stretto del latino "nihil difficile volenti",troppo spesso viene interpretato in maniera assoluta,esponendoci al rischio di fronteggiare con difficoltà la delusione di un eventuale fallimento.
La volontà è una condizione necessaria per conseguire un obiettivo,ma non sempre sufficiente.
Quindi il volere è subordinato al potere e non il contrario.
Se io non indossassi l'orologio e voi mi chiedeste che ore sono,sarei costretto a rispondervi che non lo so.
Qualcuno penserebbe che non ho voluto dirvi l'ora?
Sono sicuro di no.
Perchè tutti avete visto che non è che non ho voluto:non ho potuto.
Questa è una semplice dimostrazione del fatto che,senza la possibilità,la volontà risulta del tutto inefficace.

Purtroppo c'è una tendenza piuttosto diffusa a riconoscere più facilmente l'effetto limitante della malattia organica rispetto a quella psicologica.
Un genitore darebbe del pigro al figlio con una gamba fratturata?
Mai!
E quando invece si tratta di un problema psicologico,perchè si accusa il malato di non avere sufficiente forza di volontà?
Le patologie mentali,così come quelle organiche,hanno effetti limitanti sulla libertà del malato.
Un aspetto che,di solito,si tende a non riconoscere.
Come se al malato psichico,oltre a tutte le altre libertà,potesse essere negata persino quella di considerarsi prigioniero della propria malattia.

Il paziente,per compensare l'isolamento forzato si mise a scrivere.
Era l'unica possibilità rimasta di dare vita alle sue parole,mi disse.

La difficoltà dei genitori a comprendere la pena dei figli impedisce a questi ultimi di esprimersi in libertà perchè sanno di non essere capiti.
Un vero controsenso:
la parola negata porta a negare la parola.
Ricordo quello che mi disse la madre di una paziente affetta da schizofrenia:
"Ho capito solo adesso,adesso che ho gli strumenti per capire,che quello che mi diceva mia figlia non era ciò che avrebbe voluto dirmi.
Io cercavo di capire con le mie parole e le impedivo di parlare con le sue.
Ora finalmente quella voce mi parla e io ho imparato un linguaggio nuovo:il suo".
In fondo la follia è un problema di linguaggio.
Un linguaggio con il quale potersi esprimere senza la paura di essere emarginato.

Quella del matto deandreiano è dunque la storia di un uomo vessato dalla sua stessa comunità che soffoca la voce del diverso,di chi usa parole insolite per raccontarsi al mondo e costringendolo a cercare un linguaggio alternativo a quello che conosce.
Un linguaggio fatto di "parole sicure per farsi ascoltare".
La verità è che non esistono "parole sicure per farsi ascoltare" da chi non ha gli strumenti per capire.

CANZONE DEL PADRE DEPRESSO.
CANZONE DI RIFERIMENTO: "CANZONE DEL PADRE"

L'ironia non può avere un valore educativo perchè colpevolizza e non aiuta chi si trova in difficoltà.

Per diventare un buon genitore dei propri figli,bisogna prima essere buoni genitori di se stessi.

Per completare il percorso di cura,Tonio avrebbe dovuto vincere il senso di colpa per aver deluso il padre e scegliere di vivere fino in fondo la propria vita.

"Ho capito che devo assumermi la responsabilità di fare le mie scelte e non quelle degli altri.
Ho sentito che l'impiegato raccontato da De Andrè mi assomiglia.
Tutt'ora lo sento vicino.
E'come se comprendessi i suoi sentimenti,forse perchè mi riconosco nella sua rinuncia a vivere pienamente la vita.
Nella sua rassegnazione ad accettare solo i "sogni che non fanno svegliare".
Ad accontentarsi del posto lasciato da suo padre per condurre un'esistenza spenta,fatta di scelte sicure:
la banca,la famiglia.
Ma tutto senza entusiasmo.
Mi sembra la storia di un depresso come me".

Il sogno è lo strumento principe per elaborare i conflitti intrapsichici,compresi quelli causati dal cambiamento personale.
Se gli autori hanno deciso di introdurre nella trama del racconto l'esperienza onirica del protagonista,credo che volessero restituirci un preciso riferimento al suo conflitto interiore e al tentativo di superarlo.

UN MEDICO OSSESSIVO.
CANZONI DI RIFERIMENTO: "RIMINI","LA CITTA' VECCHIA","UN GIUDICE","UN MEDICO"

"Mio nonno era un appassionato di apparecchiature per le riprese e aveva portato con sè una telecamera appena comprata.
Era bellissima e ne ero affascinato.
Allora lui me la fece provare e un attestato di fiducia come quello non l'avevo mai ricevuto dai miei genitori.
Per la prima volta mi sentii una persona affidabile.
Mio nonno aveva deciso che la mia felicità era più importante del valore della telecamera e poteva correre il rischio che la rompessi".
Valerio era cresciuto con la percezione che i genitori non si fidassero di lui e aveva perso gradualmente la fiducia in se stesso.

Ci può essere saggezza nell'errore?
C'è una possibile coesistenza tra elementi apparentemente contrari:
tra uno positivo (la saggezza) e uno negativo (l'errore),tra un valore e un disvalore.
In tutte le culture conosciute la saggezza rimanda sempre al concetto di equilibrio e soprattutto alla capacità di accogliere la propria fallibilità,cioè di riconoscersi nell'errore.
Nel tour del 1997,Fabrizio De Andrè ha presentato "La città vecchia" con queste parole:
"Io ho sempre pensato che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell'errore.
Anche perchè non ho mai capito bene cosa sia la virtù e cosa sia l'errore".
Questa è una vera prova di saggezza.
E per Socrate la saggezza risiede nel "sapere di non sapere",cioè nella consapevolezza di poter fare degli errori.
Gli errori non sono un male assoluto e si può sbagliare in buona fede.
E'questo il concetto di "errore saggio":
un errore fatto pensando di compiere un'azione saggia.

Valerio era cresciuto con la convinzione profonda di essere inaffidabile,quindi per lui era normale prestare tanta attenzione alle sue mancanze.

Il cantautore genovese ha sempre mostrato una partecipe comprensione per le persone umili e sfortunate,per quelli che sbagliano in buona fede,ma soprattutto ha saputo accettare i propri limiti personali.
Non ha mai fatto mistero delle proprie insicurezze e debolezze,tanto da stupirsi di fronte ad attestati di stima:
"Questi ragazzi" riporta Luigi Viva in - Non per un Dio ma nemmeno per gioco- cercano in te delle certezze e ti invitano a tenere delle conferenze nelle università.Sinceramente mi domando:ma che gli vado a dire?Vado a dire che sono un insicuro quanto loro,forse più di loro,e anche io ho bisogno di certezze".

"Non mi aspettavo di trovare in De Andrè questa capacità di analizzare così profondamente l'animo umano"mi disse Valerio in una seduta.
Mi vennero in mente le parole che Piero Milesi aveva avuto per Fabrizio in un'intervista.
Mi alzai,presi la rivista dove erano pubblicate e gliele feci leggere:
"Noi più o meno riusciamo a comprendere alcune tipologie di persone e ne abbracciamo una fetta:
quelle che comprendiamo meglio sono quelle di cui non abbiamo paura.
Fabrizio invece abbracciava tutto e sicuramente dentro di sè non voleva cedere all'atteggiamento di indifferenza verso chi non riusciva a comprendere.
Era un radiologo,Fabrizio,un radiologo dell'anima".

LA CANZONE DI GIUSY E LALLA
CANZONI DI RIFERIMENTO: "AMORE CHE VIENI AMORE CHE VAI","LEGGENDA DI NATALE","LA CANZONE DI MARINELLA"

"Mi chiedo se bisogna abbandonarsi completamente all'amore o se è giusto imporre un limite quando ci fa stare così male"
Chi mai può sapere quali sono i limiti da imporre all'amore?
Nella canzone "Amore che vieni amore che vai" di De Andrè,c'è un verso che recita:
"io ti ho amato sempre non ti ho amato mai".
Un vero paradosso,no?
Per usare una definizione attribuita a Freud," l'innamoramento è la condizione sana più vicina alla follia".
E la follia,si sa,è essa stessa paradosso.
Il dubbio è l'elemento principe del paradosso.
Senza incertezze non potrebbe esserci alcuna contraddizione,quindi neanche la più lontana possibilità di confronto e di costruzione del cambiamento.
Accettare il dubbio è l'unica strada per affrontare i nostri conflitti e le nostre incoerenze.
La scelta di Fabrizio De Andrè di raccontare l'amore con il suo carico di paradossi ci aiuta a comprendere meglio il valore positivo del dubbio,perchè ce lo restituisce come una componente reale e quindi naturale dell'esperienza amorosa.
Nelle sue canzoni,"amore" fa più spesso rima "dolore" che con "cuore".
Nella sua visione,è un sentimento che per sua natura contempla la compresenza di elementi opposti:
gioia e dolore,bene e male,persino vita e morte.
Per lui l'amore e il paradosso sono un tutt'uno.

Il legame tra amore e follia,in realtà,è una metafora.
L'amore vissuto nella sua pienezza è irruzione violenta di emozioni che assalgono la ragione e creano disordine e incertezza nella nostra mente.
Così per amore si possono fare follie:
scelte irrazionali,comportamenti inusuali,persino cambiamenti importanti del carattere.
L'amore è la sintesi della caducità dell'essere umano,della sua incapacità di tenere sotto controllo la propria essenza originaria:
le emozioni.
Il fatto che insinui il dubbio fra le certezze della ragione ci aiuta a cambiare le nostre convinzioni errate e a evolvere nel pensiero e nell'esperienza.
E'in questo senso che possiamo considerarlo vicino alla follia.
Come la follia,è espressione del disordine vitale che sta alla base di ogni atto creativo,artistico e intellettuale.
Inoltre follia non è sinonimo di pazzia.
Una persona folle può vivere esperienze insolite o avere convinzioni bizzarre,ma se non c'è uno stato sintomatologico di sofferenza,non è possibile affermare che è affetta da qualche malattia mentale.

In fondo,della donna ritrovata morta nel Tanaro,De Andrè sapeva solo che era una prostituta.
Eppure questo gli è bastato per dipingere la delicata immagine di Marinella.
Con la canzone ha cercato di riscattare il triste destino di quella donna ,e credo che questo sia il suo modo di amare il "prossimo sfortunato",quelle persone ingenue e disponibili che,per un motivo o per l'altro,si sono trovate a soffrire ingiustamente.
Ha alleviato la sofferenza di Marinella con un gesto poetico,facendola rivivere per sempre nel nostro immaginario come una donna rimpianta e amata incondizionatamente dal suo re.
Un re dei sentimenti e non certo di un regno reale,visto che era "senza corona e senza scorta".
Uno che non si è mai rassegnato alla morte della sua donna e che,nel sogno poetico di De Andrè,sta ancora aspettando il suo ritorno in vita.
L'attesa è eterna come è eterno l'amore per Marinella.

Amare in modo incondizionato non è una forma di pazzia,bensì del più profondo dei sentimenti umani.
Quello che più di ogni altro ci può salvare da tutti i mali,l'unico che può vincere la morte e la pazzia stessa.

LA BALLATA DEGLI IMPANICATI
CANZONE DI RIFERIMENTO "LA BALLATA DEGLI IMPICCATI"

"A noi manca chi ci può capire veramente,
Chi può comprendere fino in fondo il nostro malessere.
Solo chi ci è passato può davvero conoscere la nostra sofferenza.
Credo che a confortarti sia stato sapere che vicino a te c'era almeno una persona capace di capirti,che non ti giudica,che non ti considera pazza.
Il panico ti viene quando non ti senti compreso ti sembra di essere solo,sperduto e impotente.
Ma come scrisse Proust:
- Noi guariamo dalla sofferenza solo provandola appieno -"

"Non ci avevo mai pensato a quanto ci sentiamo soli ogni volta che siamo incompresi.
Ogni volta che gli altri pensano che,in fondo,se volessimo,potremmo smettere di stare male.
Credono che tutto dipenda da noi e dalla nostra volontà.
Vorrei vedere loro al mio posto,che tremano per la paura di morire,di soffocare.
E soprattutto mi piacerebbe che provassero la stessa impotenza,la stessa sensazione di essere in una stanza senza porte e finestre.
Altro che volontà!
Io ce la metto tutta,ma non sono più capace di fare niente."

Nel suo libro "La musica in testa" Giovanni Allevi descrive il panico come l'espressione dirompente del nostro mondo emotivo,quindi anche della nostra creatività,che si presenta alla ragione reclamando il diritto a essere valorizzata.
Chi soffre di panico ha bisogno di ristabilire un equilibrio interiore,una pace interna tra l'emozione e la ragione.
E questo non potrebbe mai accadere se non ci fossero i sintomi a informarci che qualcosa all'interno del nostro sistema psichico non va.
Ecco il valore positivo dell'attacco di panico:
ci avverte che stiamo vivendo un disequilibrio psicologico e abbiamo bisogno di cure.
Esattamente come la febbre ci avvisa che c'è un'infezione in corso nel nostro organismo e se non intervenissimo,rischieremmo gravissime complicazioni.

"Mi sono resa conto di quanto è importante per me e per tutti noi sapere che gli altri sono in grado di capirti veramente.
Anche se sono a casa,so che voi ci siete,che mi comprendete,che potete condividere la mia paura.
Se ci fossero più persone attorno a noi capaci di capirci,sarebbe meglio per tutti."

"Non dobbiamo permettere a nessuno,neanche a noi stessi,di giudicarci"

IL PESCATORE GINO
CANZONI DI RIFERIMENTO "IL PESCATORE","ANIME SALVE","NANCY"

A volte i sogni si interrompono al loro apogeo.
Combatti tutta la vita per realizzarli e quando sei a un passo dalla conquista ti sfuggono via.

Sempre in lotta con il desiderio di urlare la cielo la sua rabbia,la sua angosciante disperazione.
Ma il cielo,si sa,è muto.
E quindi,sapendo che non avrebbe mai ricevuto neanche quell'aiuto,Gino tenne per sè il proprio carico di dolore.
Dopo il crollo del suo sogno aveva sviluppato un rifiuto nei confronti del "sistema".
Disse che si era sentito svantaggiato socialmente.
Da allora aveva dedicato tutto il suo tempo libero a parlare di politica con i compagni del circolo degli anarchici e soprattutto ad ascoltare le canzoni di Brassens,De Andrè,Gaber,Rino Gaetano e altri.

"Quella gioia mi è rimasta in gola,non l'ho mai potuta urlare,e adesso si è trasformata in rabbia.
Una rabbia contro tutto e contro tutti."
Il problema era proprio quello:
aveva gestito in solitudine tutta la rabbia che tratteneva in sè.
Negli anni,la rabbia che provava nei confronti del mondo aveva formato attorno ai suoi sentimenti una specie di coltre gelida,una barriera impenetrabile che proteggeva il suo isolamento emotivo senza distinzioni.

"E'difficile che racconti di questa mia passione.
Forse perchè è l'unica cosa che mi dà un pò di soddifazione.
Allora me la tengo dentro."
L'interesse per la musica era la sua unica forza realmente "viva",che lui custodiva come una reliquia,come un frammento sacro della felicità perduta assieme al suo sogno.

"De Andrè per me è stato un modello di vita.
Nelle sue canzoni ho sempre ritrovato un pezzetto di me,del mio pensiero,delle mie convinzioni,ma anche della mia anima.
Ho sempre visto in lui l'apostolo della solitudine.
Uno che nella solitudine ha trovato l'ispirazione per raccontare il mondo.
Soprattutto il mondo dei perdenti,degli sconfitti,insomma di quelli come me.
Ha cantato l'orgoglio delle persone sole perchè emarginate da questo mondo pieno di preconcetti e di facili generalizzazioni.
Mi sento un pò come quelle persone,anche io sono stato rifiutato da un destino ingiusto.
Ma non voglio la pietà di nessuno.
Come ha detto lui,le "anime salve" sono i solitari,quelli che isolandosi si salveranno da tutte le corruzioni e le ingiustizie di questo mondo di merda!"

"Finchè sono arrabbiato ho un motivo per vivere,per lottare.
Non voglio finire come quei coglioni che si sottomettono alle regole degli altri!"

"Io non ce la facevo a cadere ancora,a sentire ancora il male di quando si cade nel vuoto totale.
Di quando si scopre all'improvviso che quella che stai vivendo non è la tua vita."

"De Andrè ha detto che la solitudine è sempre un'esperienza importante e le persone possono trovare in questa condizione la forza per un riscatto.
Credo intendesse questo riscatto come la capacità di vivere con dignità e con orgoglio la diversità."

Il personaggio deandreiano del pescatore simboleggia più di ogni altro l'uomo mite che pure non si assoggetta al potere,solitario ma sereno,tanto da sfamare e dissetare un assassino,mantenendosi neutrale di fronte alla sua sorte e decidendo quindi di non dare indicazioni ai gendarmi che lo inseguono.
Un uomo capace di mantenersi ai margini della vita sociale,rifiutando i compromessi da essa imposti ma conservando un'attenzione totale per i suoi simili.
Per il "circostante",come usava dire De Andrè.
Il pescatore non si sottomette alle regole,umane o del branco,e mantiene il suo punto di vista anche contro il parere della maggioranza.
Il pescatore è una proiezione di Fabrizio De Andrè e racchiude diverse sue anime.
L'anima libertaria di chi difende l'individuo dall'arroganza del potere e dalle ingiustizie sociali;
quella umanitaria di chi considera i suoi simili degni di attenzione solo per il fatto che esistono.
Ma assieme a queste rappresentazioni di sè,in quel personaggio,De Andrè ha voluto lasciarci anche la sua "anima solitaria".
Non è possibile,infatti,operare alcun cambiamento personale se non attraversando la solitudine.
Senza la capacità di stare con se stessi,di attraversare il buio dell'incertezza e della sofferenza,non si cresce.
Qualcuno ha persino avanzato l'ipotesi che,per il richiamo al Vangelo della strofa "ma versò il vino e spezzò il pane,per chi diceva ho sete e ho fame",l'autore abbia voluto accostare il pescatore a Gesù.
Non ci è dato sapere se questa fosse davvero l'intenzione di De Andrè ma,a proposito del nostro discorso sulla solitudine,sappiamo che Gesù Cristo,dai 12 ai 30 anni non ha dato alcuna notizia di sè.
E'quindi molto probabile che abbia scelto di vivere in isolamento,lontano dal mondo,e nella solitudine maturare quel cambiamento interiore che lo portò a predicare l'amore tra gli uomini.


UN CHIMICO PARANOICO
CANZONE DI RIFERIMENTO "UN CHIMICO","MEGU MEGUN"

Per certe persone,essere amate,è considerato un obbligo non desiderato.

Filippo,il mio paziente,durante una seduta si era espresso dicendo che si sentiva come "un tronco d'albero in balia delle onde del mare".
Quest'uomo si era sempre percepito come un oggetto da esibire.
Non era difficile capire come mai si era paragonato a una cosa inanime.

Un giorno domandai a Filippo la cortesia di trovarmi la traduzione in italiano del testo di una canzone di De Andrè,"Megu Megun",scritta in dialetto genovese.
Avevo scelto quel brano apposta,perchè il protagonista è molto diffidente verso il genere umano,proprio come Filippo.
Speravo che si potesse identificare con il personaggio e scorgere così,da un punto di osservazione esterno,aspetti di sè che diversamente non coglieva.
E il mio piano aveva funzionato.
Filippo si era identificato in un tratto del protagonista della canzone e si stava facendo delle domande su stesso.

"Megu Megun" ("Medico,medicone" in italiano) è il lamento di un paziente nei confronti del suo medico curante.
Quel paziente aveva scelto di vivere in solitudine per anni finchè aveva cominciato a stare male.
Quando neppure rifugiarsi nell'isolamento bastò ad arginare il malessere,fu costretto a rivolgersi a uno psicologo.
Dopo averlo ascoltato,lo psicologo gli disse che per guarire avrebbe dovuto affrontare le contraddizioni,le miserie e i pericoli del mondo esterno.
Lui ci provò,ma non resistette molto perchè fu sopraffatto dalle proprie paure.
Così tornò a nascondersi fra le mura domestiche,a dormire e a sognare una vita senza rischi.
"Non mi sento assolutamente pronto ad affrontare gli altri.
Ho troppa paura perchè so che tanto da loro potrei ricevere solo del male.
Guardi non mi fido affatto degli altri,per cui non mi chieda di fare una cosa del genere!"

Filippo iniziò a documentarsi sulle opere di De Andrè.
Fu lui a citarmi un altro personaggio "Il chimico" e mi chiese cosa potevo dirgli di questa canzone.
Il brano è la storia di un uomo che decide di non innamorarsi,perchè da chimico sa che i sentimenti non possono essere spiegati ( "ma gli uomini mai mi riuscì di capire perchè si combinassero attraverso l'amore"),non sono affidabili ("fui chimico e no non mi volli sposare,non sapevo con chi e chi avrei generato"),nè prevedibili ("affidando ad un gioco la gioia e il dolore").
Svalutare l'esperienza amorosa alla fine lo porto a pensare che innamorarsi di una donna sia una fatica del tutto inutile:
che si muoia "in un esperimento sbagliato proprio come gli idioti che muoion d'amore".

IL SUONATORE DI RICORDI
CANZONE DI RIFERIMENTO "LA MORTE","IL SUONATORE JONES"

"Io non sono un malato di mente.
Sono venuto da lei perchè sono troppo felice di vivere e l'idea di dover lasciare questo mondo mi fa girare i cosiddetti!"
Furono queste le prime parole che mi rivolse Amedeo.
Amava così tanto la vita da rovinarsela all'idea di doverla perdere.
"A me i compleanni non sono mai piaciuti:
gli altri sono contenti perchè sono campati un altro anno mentre io penso che ho un anno in meno da campare.
D'altra parte,se è vero che la vita è la cosa più preziosa che abbiamo,dovrebbe essere normale non volerla perdere,o no?"
Mi tornò in mente "La morte",una canzone di De Andrè che riecheggiava il vecchio adagio secondo cui più si è attaccati alla vita,più si fa fatica ad accettare di perderla.

"Per me l'anima è la ricchezza che ogni persona ha dentro.
E tutto quello che uno ha dentro sono i suoi ricordi,le sue speranze,la sua storia.
Ma la sua storia uno se la suda.
Anche io me la sono sudata.
Se penso che un giorno tutto questo sparirà con me,non posso accettarlo!
Almeno i miei ricordi si devono salvare.
Allora li racconto alla gente,a chi vuole ascoltarmi,li regalo a loro.
Forse a qualcuno serviranno."
Ripensai a De Andrè:
a un giornalista che gli aveva chiesto per quale ragione avesse scritto canzoni,aveva risposto:
"Perchè scrivo?Perchè ho paura che si perda il ricordo delle persone di cui scrivo.
Per paura che si perda il ricordo di me"
Sull'onda di quella riflessione mi venne in mente anche il protagonista de "Il suonatore Jones".
Anche Amedeo aveva messo al centro della sua esistenza gli stessi principi:
la generosità e la libertà personale.
2 principi che De Andrè ha sempre considerato fra le qualità essenziali dell'essere umano,tanto che aveva trovato proprio nel suonatore Jones un modello.
Regalare ricordi non è lo stesso che regalare musica ma ciò che conta è il gesto,l'intenzione e avevo capito che Amedeo donava con spontaneità quello che più prezioso possedeva:
i frammenti di vita che credeva potessero essere utili agli altri.
Egli aveva intuito l'azione formativa dell'apprendere dall'esperienza degli altri.

Amedeo mi raccontò di essere stato sempre molto innamorato della sua donna,ma che non le aveva mai giurato amore eterno perchè:
"Io non prendo niente per assoluto.Come le ho detto prima,non voglio essere schiavo di niente,nè del denaro,nè degli altri,nè tanto meno dell'amore".
Per questo non aveva giurato amore eterno alla moglie:
"Sono sicuro che è stata proprio la possibilità,anche se minima,di tradirla che mi ha permesso di non tradirla mai".
Amedeo aveva bisogno di vivere gli impegni riservandosi il diritto di una possibile,per quanto piccola,via di fuga.
Lo faceva sentire libero,persino di sacrificare la libertà stessa.

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