lunedì 3 giugno 2024

"Lucio Battisti" Ernesto Assante (2023)


 


LA TRAMA:
Un libro di racconti di vita e di canzoni memorabili ed eterne. Un libro che celebra, con fine sapienza, il mito senza tempo di Lucio Battisti. 


IL MIO GIUDIZIO:
Torno, finalmente, dopo oltre un anno, a recensire un libro e a ridare vita a questo blog che, per una serie di vicissitudini, ho dovuto lasciare a lungo inattivo. Un po' mi vergogno, considerato che, abitualmente, leggo almeno circa un libro a settimana e invece, in questo 2024, siamo ormai a Giugno e ne ho letto soltanto uno. Riparto però col botto, con la biografia di un cantante ineguagliabile, uno dei più grandi di sempre, Lucio Battisti; scritta da un bravissimo giornalista che ci ha recentemente lasciato: Ernesto Assante. 
Da buon critico musicale quale era, Assante fa una panoramica della musica italiana e internazionale a cominciare dagli anni '60 fino quasi alle soglie del 2000 e, in questo contesto, colloca la figura di Battisti. Partendo dagli anni dell'infanzia, ci viene mostrato un Lucio che ha da subito il ritmo nel DNA (letteralmente, perché il nonno era stato il direttore della banda di Poggio Bustone, paese natio della famiglia Battisti), che chiede al padre in regalo una chitarra la quale poi, leggenda vuole, gli verrà, sempre dal padre, spaccata in testa in quanto, per suonarla, il figlio toglie tempo allo studio. 
Si sofferma particolarmente sul 1969,  durante il quale esplode il "fenomeno Battisti".
Nel 1969, Lucio, infatti, partecipa per la prima e unica volta al Festival di Sanremo,  poi al Cantagiro, vince il Festivalbar, pubblica il suo primo album e, sempre in collaborazione col fido Mogol, fonda la casa discografica Numero Uno, con sede a Milano, che metterà sotto contratto diversi pilastri della musica italiana, fra cui Ivan Graziani, Edoardo Bennato, Bruno Lauzi, Tony Renis e la Formula Tre.

Parlando di Lucio non si può non citare il suo alter ego, l'altra metà della sua anima, il fulcro della sua vita, ovvero Giulio Rapetti, in arte Mogol, il "paroliere" per antonomasia (termine che lui odia, volendosi fare definire con un più distinto "autore"). Nonostante, inizialmente, Mogol si mostri un po' scettico nei confronti di questo giovane riccioluto, a causa della sua voce roca e non pulita (foneticamente inaccettabile, verrà definita dai funzionari Rai), decide però intuitivamente di concedergli una possibilità, dando vita così a un connubio animico e lavorativo ineguagliabile: Battisti compone la musica e, quella musica, interpretandone alla perfezione gli stati d'animo, nonostante siano due personalità agli antipodi sotto tanti punti di vista, Mogol la traduce in parola, raccontando perlopiù vicende di natura autobiografica che si incastrano alla perfezione con le emozioni di Battisti. Bisogna tenere bene a mente il termine,"emozione", perché tutta la poetica battistiana verte intorno a questa parola. Ed "Emozioni" è proprio il titolo di uno dei più bei brani della premiata ditta Mogol/Battisti, composto dopo una cavalcata che i due hanno fatto insieme, attraverso le campagne italiane, durata diverse giorni, da Milano a Roma. 
Il rapporto simbiotico fra Lucio e Giulio andrà avanti per molti anni e non finirà "in guerra", come tante voci di corridoio narrano. Semplicemente, un po' complice la differenza di età (Mogol è più grande di 7 anni rispetto a Lucio), un po' quella caratteriale, un po' gli obiettivi di vita diversi, il loro percorso insieme giungerà al termine e prenderanno strade differenti. Ci sarà, sì, qualche attrito fra di loro ma niente di insanabile: continueranno comunque a frequentarsi in privato fino alla fine del percorso terreno di Lucio. Il libro non ne fa menzione ma, relativamente al brano "L'arcobaleno",  penso sia una leggenda metropolitana il fatto che le parole siano state dettate in sogno a Mogol da un defunto Lucio; credo invece che, come del resto aveva sempre fatto, Giulio abbia saputo mettere nero su bianco ciò che Battisti avrebbe voluto comunicargli dall' aldilà, se avesse potuto.

Ernesto Assante, oltre a ragguagliarci sulla vita artistica di Lucio, dà anche spazio alla sua poliedrica e al tempo stesso complessa personalità e di questo lo ringrazio perché, proprio a causa della decisione di non apparire più in pubblico, per me Battisti, anche quando era ancora in vita (avevo 21 anni quando è scomparso), è sempre sembrato un essere mitologico: ascoltavo le sue canzoni ma lo avevo visto solo in immagini di repertorio o in qualche, raro, scatto rubato (i famosi "abbattistamenti", ovvero gli appostamenti per avvistarlo, fotografarlo e fare lo scoop). 
Grazie al giornalista, invece, riusciamo ad avere di lui un quadro più completo e reale. In prima battuta, Lucio, nonostante sia soltanto un cantante e un musicista, si sente comunque un cantautore, proprio perché i testi composti da Mogol corrispondono in pieno al suo sentire e, mentre li interpreta, li fa talmente suoi che è come se, di fatto, li avesse scritti lui. 
Per Lucio, inoltre, la musica di un brano è importante tanto quanto le sue parole, visto che è a partire dalla musica che Mogol compone i testi, e non viceversa. 
Pur essendo estremamente semplice, sia nel vestire, che nel modo di vivere e di porsi, è molto sicuro di se stesso, ai limiti della presunzione, tanto da arrivare ad ammettere che il primo ammiratore di Lucio Battisti sia proprio Lucio Battisti!
Non si definisce un cantante impegnato, intellettuale, né coinvolto politicamente, per lui la rivoluzione è solo musicale non di piazza. Il suo intento è quello di emozionare chi ascolta le sue canzoni perché sa che ogni emozione viene conservata dentro l'animo umano, germogliando e causando un cambiamento. Per Battisti il successo non è importante per fare soldi, ma è soltanto il mezzo con cui può dimostrare che i suoi pensieri siano giusti e trovino riscontro nel pubblico. Un pubblico davvero vasto, in quanto Battisti piace ed è ascoltato veramente da tutti, senza distinzione di età o ceto sociale. 
Però, questo suo non volersi schierare, il prendere le distanze dalle proteste e dalle manifestazioni del '68, gli hanno, erroneamente, affibbiato la fama di "artista di destra" o, peggio mi sento, di "fascista": niente di più lontano dal suo modo di essere che risulta, è evidente,  più a favore della libertà in ogni sua forma, non della dittatura.
Refrattario a qualsivoglia tipo di imposizione, spirito libero, perfezionista, talvolta solitario e scontroso fino ad apparire burbero ed arrogante, nasconde dentro sé, invece, un animo gioioso, simpatico e leale che, però, mostra solo a pochi, fidati, amici. Gli piace sapere e imparare, guardarsi dentro, capirsi e ha un esasperato desiderio di privacy che rasenta la psicosi e la fobia sociale. A un certo punto, decide di seguire le orme della sua amica Mina e di non comparire più in pubblico, non solo nelle trasmissioni televisive ma nel mondo: nessuno sa più dove sia, che cosa faccia o che fisionomia abbia. A partire dal 1980, Lucio Battisti sarà solo voce e musica ("un sorriso che non ha né più un volto né più un'età", per citare una strofa della sua bellissima "La collina dei ciliegi").

Sicuramente consiglio la lettura di questa opera che è molto interessante e ben scritta ma, se dovessi dare una valutazione in scala da 1 a 5 stelle, gliene darei 3 perché, a mio avviso, Assante si è soffermato un po' troppo sullo stile musicale dei brani di Battisti, utilizzando termini e vocaboli specifici che chi non è "del mestiere" non solo fa fatica a comprendere ma che rendono anche poco scorrevole la lettura.

Un paio di postille totalmente personali:
1) Nella panoramica musicale, l'autore parla pure di Luigi Tenco, dando per scontata la tesi del suicidio. Onestamente, a quasi 60 anni dalla sua morte e con tutte le prove a disposizione, mi sembra intollerabile propendere ancora per il suicidio e non per l'omicidio.
2) Finalmente, dopo decenni, ho compreso che "non piangere salame dai capelli verde rame" del brano "Eppur mi sono scordato di te" (scritta da Mogol/Battisti e portata al successo dalla Formula Tre) non significa che una ragazza pianga salamini con i capelli verdi, bensì "salame" è il nomignolo che il protagonista della canzone dà alla fidanzata tradita, la quale ha una capigliatura verdognola, a quanto pare. Meglio arrivarci tardi che mai! 


IL MIO VOTO:
Il rapporto simbiotico con Mogol, la ricerca esasperata della privacy che arriva a rasentare la fobia sociale, il carattere caparbio, talvolta allegro talvolta scontroso, l'amore per la moglie e il figlio e quello, atavico, per la musica. Attraverso i testi e le melodie delle sue canzoni più famose, e con contorno il contesto musicale dell'epoca, il giornalista da poco scomparso Ernesto Assente ci racconta la vita di un genio della canzone italiana: l'immenso e indimenticabile Lucio Battisti.
Una biografia interessante che meglio ci fa conoscere un personaggio misterioso, affascinante e controverso. Purtroppo, talvolta, i termini "tecnici" utilizzati dal critico musicale risultano un po' ostici per chi non è "del mestiere" e tendono a rendere la lettura in certi punti complessa e poco scorrevole. Comunque consigliato. Battisti merita...sempre!



LO SCRITTORE:



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