lunedì 25 novembre 2013

"Un giorno questo dolore ti sarà utile" -Someday this pain will be useful to you- Peter Cameron (2007)







LA TRAMA:




James ha 18 anni e vive a New York.
Finita la scuola,lavoricchia nella galleria d'arte di sua madre,dove non entra mai nessuno:sarebbe arduo,d'altra parte,suscitare clamore intorno a opere di tendenza come le pattumiere dell'artista giapponese che vuole restare senza nome.
Per ingannare il tempo,nella speranza di trovare un'alternativa all'università,James cerca in rete una casa nel Midwest,dove coltivare in pace le sue attività preferite:la lettura e la solitudine.
Ma per sua fortuna,gli incauti agenti immobiliari,gli riveleranno alcuni allarmanti incovenienti della vita di provincia.
Finchè un giorno James entra in una chat di cuori solitari e,sotto falso nome,propone a John,il gestore della galleria in cui lavora,e che ne è un utente compulsivo,un incontro al buio...




IL MIO GIUDIZIO:

Anche questo romanzo (così come "L'eleganza del riccio","Che tu sia per me il coltello" e "Le luci nelle case degli altri") è la dimostrazione che,quando un titolo mi colpisce,si rivelerà sicuramente un'ottima lettura.

James Sveck potrebbe essere la versione adolescente di Charlie Brown,oppure...il mio alter ego maschile!
Mi sono ritrovata molto nei suoi pensieri e nel suo modo di essere (tanto è vero che ho sottolineato metà libro!).
Mi  ci sono riconosciuta, soprattutto,quando esprime il senso di alienazione nel ritrovarsi con altre persone nelle cosìdette "cene di gruppo" o cerimonie varie.
La paura di non essere gradita dai  vicini di tavolo,il dover trovare per forza qualcosa di interessante da dire per risultare piacevole e non noiosa;lo sgomento di notare che,immancabilmente,si formano dei "gruppetti di discussione" da cui,sempre immancabilmente,vengo esclusa o non coinvolta.
Motivo per cui evito come la peste questi raduni e  ho sempre preferito i ritrovi con poche persone,in cui tutti partecipano ad un'unica discussione senza sentirsi emarginati o di troppo.
Fine della disgressione personale.
Torniamo alla trama del romanzo.

Amante dei libri e della lettura,talmente introverso e riflessivo,da risultare a tratti asociale e un pò misantropo,in realtà il protagonista vive bene nella sua solitudine.
Il dolore di cui si parla nel titolo,infatti,non è riferito alla sua situazione ma al fatto che,quando era piccolo,i suoi genitori,vedendolo non "omologato" al resto dei suoi coetanei,lo mandano a trascorrere le vacanze in una sorta di campo estivo per bambini problematici,il cui motto è per l'appunto "Un giorno questo dolore ti sarà utile" (si noti l'assonanza del campo estivo e del relativo motto con i campi di concentramento in cui venivano deportati i cosidetti "diversi"....)

Sono proprio le altre persone che trasformano la solitudine e l'introversione di James in un problema...non loro,ma di lui.
Perchè lo vedono diverso e quindi "anormale" e,di conseguenza, cercano di farlo sentire "sbagliato",perchè a quanto pare,da sempre,chi canta fuori dal coro,deve avere per forza qualcosa che non va.

Qualcuno ha paragonato quest'opera a "Il giovane Holden" di J.D.Salinger e a "La solitudine dei numeri primi" di P.Giordano.
"Il giovane Holden" non l'ho mai letto,quindi non posso fare paragoni,ma posso dire che si discosta molto da "La solitudine dei numeri primi".
Nel romanzo di Giordano,le storie di Alice e Mattia,sono drammatiche ed inquietanti.
Tutta la narrazione è impermeata di tristezza e angoscia.
James,al contrario,pur conscio di essere di fatto un asociale,ha uno sguardo sul mondo acuto,ironico ed intelligente.
Il suo personaggio,nel complesso,ha sicuramente una connotazione divertente e positiva.


Sono i comprimari,invece,ad essere sterotipati, approssimativi e anche un pò antipatici:
la madre troppo presa dai suoi amori e dalla sua galleria d'arte,
il padre interessato solo al denaro e agli interventi di bellezza per cercare di capire il loro figlio,limitandosi a porgli delle domande superficiali senza poi andare a fondo sul perchè delle sue risposte;
la sorella acida ed egoista;
la psichiatra saccente e poco competente nel suo lavoro,
John egoreferenziato e fin troppo permaloso.
L'unica personaggio "buono" è la stravagante e un pò veggente nonna Nanette.
Non a caso è proprio da lei che James si rifugia quando,confuso,non sa dove andare e cosa fare.
E sarà proprio Nanette,parlandogli con affetto e a cuore aperto,e facendolo finalmente sentire "non sbagliato" che gli darà l'imput per provare ad affrontare la vita con pù fiducia in se stesso e nel suo modo di essere.

Le ultime pagine del libro sono un pò raffazzonate,ma nel complesso una lettura assolutamente consigliabile,intensa,coinvolgente e con tanti spunti di riflessione.



IL MIO VOTO: * BUONO *


LO SCRITTORE


 

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