martedì 28 giugno 2016

Tyler Knott Gregson



Che cosa succede se io bacio tutti i luoghi del tuo corpo
che ti hanno insegnato ad odiare?

Cosa succede se poso le mani su di te e le lascio così,
abbastanza a lungo finchè il mio calore aderisca al tuo
e tu dimentichi che fra la mia pelle e la tua c'è spazio?

Che cosa succede se mi piace tutto che di te
ti hanno detto di detestare 
e passo le mie giornate a sporcare il tuo cervello ben lavato?

Che succede se ti mostro nuove immagini di te stesso
che hai accuratamente evitato di vedere allo specchio?

E se ti dicessi che tutto quello che dicono è sbagliato
e iniziassi a riempire le tue orecchie con parole vere
in una lingua che conosci ma hai smesso di parlare?

Che cosa succede se pianto nuovi fiori
nei luoghi ispidi dentro di te
e ti insegno i loro nomi e le stagioni della loro fioritura?

Che cosa succede se ti chiedo i non reciderli
e permettere che invadano le tue vie e decorino tutta la tua vita?

Succede che non ti permetto di dimenticare mai
che non sei altro che bellezza.






La ragazza che legge - Rosemarie Urquico


Esci con una ragazza che spende i suoi soldi in libri invece che in vestiti,
esci con una ragazza che ha problemi di spazio nell'armadio perchè ha troppi volumi.
Esci con una ragazza che ha una lista di libri che vuole leggere,
che ha la carta della biblioteca da quando aveva 12 anni.

Trova una ragazza che legge.
Saprai che lo fa perchè avrà sempre un libro da finire in borsa.
E'lei:
quella che guarda adorane gli scaffali delle librerie;
è quella che esulta in silenzio quando trova il libro che voleva.
La vedi quella tipa strana che annusa le pagine di un vecchio volume in un negozio di libri usati?
Quella è una lettrice.

E'lei:
la ragazza che legge mentre aspetta in quel bar in fondo alla strada.
Persa in un mondo creato dall'autore.
Chiedile se il libro le sta piacendo.
Offrile un altro caffè.

E'facile frequentare una ragazza che legge.
Regalale libri per il suo compleanno e per Natale.
Regalale il dono delle parole,con una poesia,con una canzone.
Se trovi una ragazza che legge,tienitela stretta.







martedì 14 giugno 2016

Frasi dal libro "Nessun posto è lontano" di Richard Bach

Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici?
Se tu desideri essere da Rae,non ci sei forse già?

L'essere ignota non impedisce alla verità di essere vera.

Le uniche cose che contano sono quelle fatte di verità e gioia e non di latta e lustrini.

 

"Nessun luogo è lontano" - There's no such place as far away - Richard Bach (1976)









LA TRAMA:
Partendo dal cuore di un piccolo uccellino,un colibrì,
Richard Bach va alla ricerca della verità che da sempre conosce.
Il suo viaggio di apprendimento può portarvi ovunque,accanto a chi desiderate.
Chi ha volato con "Il gabbiamo Jonathan Livingston" troverà qui tante idee da condividere.
Ed è bello pensare che la vera amicizia non è schiava del tempo e dello spazio.
Un viaggio breve ma intenso,al termine del quale si arriverà a comprendere la forza dei sentimenti veri. 



IL  MIO GIUDIZIO:

"Nessun luogo è lontano" mi è stato regalato lo scorso Natale dalla mia migliore amica e sono rimasta a dir poco perplessa quando,aprendo il pacchetto,mi sono trovata fra le mani questa sorta di quadernetto pieno di (bellissimi) disegni ma con solo poche frasi in totale.

Abituata a cimentarmi con tomi enormi,mi risulta un pò difficile definire "libro" queste 3 frasi in croce  che ho letto in un tempo totale di 3 minuti,3...
Però,così viene presentato e così lo recensisco:
come se fosse un'opera letteraria a tutti gli effetti.

Il protagonista,che ha il dono di volare con gli uccelli e di entrare in contatto con loro,
si mette in viaggio per andare a raggiungere la sua amica Rae che sta per festeggiare il compleanno.
Durante il tragitto incontra nell'ordine un colibrì,un gufo,un'aquila,un falco e un gabbiano e a ognuno di loro racconta la meta del suo viaggio e ognuno di loro risponde,offrendo uno spunto di riflessione sulla vita.

Fra tutti,il più importante è che sei dove è il tuo cuore e  se ami davvero una persona,non è poi così importante raggiungerla fisicamente in quanto con l'anima si è già insieme a lei.

Una piccola favola.
Un delicato inno all'amicizia.


IL MIO VOTO:
Ottimo regalo per un'amica o per una persona a cui si vuole bene,ma veramente troppo breve per essere annoverato nella categoria "libri"

LO SCRITTORE:

 

lunedì 13 giugno 2016

Frasi dal libro "Nessun cactus da queste parti" di Mirko Tondi

Lei non ascolta davvero quello che voglio dirle.
Devo pensare che,magari,le interessa di più stare lì a bere e a compiangersi fino alla morte.
Sì,può darsi che sia quello che vuole,in fondo....

Non era mica facile amare uno come me,ve lo assicuro.
Nemmeno lasciarsi amare.
Per questo ho rovinato tutto.
Perchè io non volevo essere amato,ma solo compatito.
Aveva ragione in tutto e per tutto:
ci godevo a sbronzarmi,dando la colpa all'alcool,più forte di me,più forte di ogni essere umano sulla faccia della terra che ne avesse contratto il vizio letale.
E stavo lì a compiangermi inutilmente,contento di farlo e trovando pretesti per aver smesso di vivere.

Strano non significava impossibile.

Un clan sempre più esteso faceva passare i pochi onesti che rimanevano per dei patetici rappresentanti di minoranza.

Il sistema che governava era basato su un'unica ed elementare regola:
non doveva sussistere il dubbio,perchè c'era una sola verità possibile.
Cioè quella che volevano farti credere.

Nella mia vita ho aperto così tante parentesi che adesso non ricordo più quale fosse il discorso principale.

Lentamente,mi stavo spegnendo,dopo che tutti i diversivi si erano rivelati nient'altro che balle,misere storielle che raccontavo a me stesso per andare avanti.
Ero sempre più qualcosa anzichè qualcuno.
E quel qualcuno che ero stato,adesso aveva lasciato il mio corpo come un capitano codardo che tenti di  abbandonare la nave di fronte a un possibile naufragio.

In quanto a me,dopo aver toccato l'inferno,il mio inferno,ed essermi scottato ben bene,adesso stavo nella sospensione del limbo.
Un purgatorio di inutili recriminazioni e di domande senza significato nè tantomeno risposte.

Ma poi cos'era la vita se non il susseguirsi continuo di quelle fluttuanti condizioni,
un saliscendi snervante che ti faceva andare giù nell'abisso,doppio abisso,abisso degli abissi.
E poi,magari,se eri abbastanza forte o abbastanza fortunato,risalire a metà o fino in cima,addirittura,su una vetta che potevano calpestare in pochi.
Era un'altalena sadomaso,che una volta ti faceva atterrare con la faccia sul fango della tua depressione e un'altra,invece,ti faceva volare su,leggero leggero,spinto dalle idee maniacali che ti frullavano in mente.

Sapevo che non bere mi avrebbe ricondotto verso qualcosa che avevo smarrito da parecchio:me stesso.
E proprio questo mi terrorizzava.

Perchè?
Possibile essere così scemi?
Non conveniva spararsi una rivoltellata invece di ammazzarsi poco a poco?
Ognuna di quelle domande ti penetrava il cervello e si sedeva nell'anticamera della coscienza,
dove risiedevano gli spettri delle colpe e dei fallimenti che ancora non avevi materializzato.
Appena dopo,c'eri tu,un povero alcolizzato che ancora doveva capire come andava il mondo.
C'ero io.

Io ero il tuo sogno e tu il mio incubo.

L'inferno è vuoto e i demoni sono qui.

Rividi tutto quello che ero stato e anche quello che non ero stato ma avrei voluto essere.
Rividi ciò che avevo perso e ciò che avevo voluto perdere.
Non vidi niente di buono,insomma.

Brutto vivere nel terrore,vero?
Niente è peggiore di avere una vita che non è una vita.

Per quanto mi convincessi che si dovesse trattare di una puzza insopportabile,ancora per me era l'odore più dolce del mondo.

E allora succedeva che il mondo era popolato da questi delinquenti navigati e impuniti.
Mentre le carceri pullulavano di spioni di coppiette e di ladri di mele.

Erano stati chiari nella loro richiesta di evitarli come se avessero la peste.
Anzi,come se io avessi la peste.

Dappertutto spuntava lei.
Che dovevo fare per liberarmene?
Il solo fatto di esistere mi faceva incrociare continuamente segni del suo passaggio.

La fantasia poteva tirarti all'amo fin dove volesse,
che tanto poi arrivava lo squalo della realtà a mordicchiarti il culo e a dirti che sott'acqua non era mica come fuori.

Era l'ennesima dissonanza alla quale assistevo nel mondo.
Un mondo fatto di contrasti e contraddizioni,dove finivi per tirare avanti,accettando ogni stranezza e includendola nel dizionario della normalità.

Finchè non si hanno i fatti è di idee che si campa.

Alla fine credo che fossimo accomunati dalla stessa identica mancanza:
il sesso.
Era quello che cambiava gli umori e persino le vite intere,se era presente o no nelle tue giornate.

Volente o nolente riuscivo sempre a rovinare tutto.
A quanto pareva,ero in grado di dire ogni volta la cosa sbagliata,
quella che faceva incazzare gli altri e inaspriva la situazione.
Doveva esserci almeno un fondo di verità nel fatto che non fossi proprio portato per le relazioni sociali.

Un grosso e rimbombante "boh" mi risuonava nella cassa cranica.
E ancora un nugolo di domande a bombardarmi le cervella:
sarei mai riuscito a venirne a capo?

Era tutto quello che rimaneva,fra le macerie sparse della mia vita.

Certo,il caso poteva anche esistere o poteva tornare buono per sostituire altre parole più complicate e per semplificare le spiegazioni:
"Ma sì,sarà stato un caso"
"L'ho fatto per caso,non volevo..."
"Ci siamo incontrati per puro caso"

Ormai,che fossi sveglio oppure dormissi,
che i miei sogni fossero a occhi aperti oppure chiusi,
non faceva molta differenza.

Infilati nel caos e ne farai parte.

Non so usare espressione più banale,per rendere conto della banalità di ciò che provai:
un flutto di pura e semplice,sgorgante felicità.
Qualcosa che dagli occhi  scendeva giù al cuore e traboccava nella pancia.

Il calcio non era poi male come sport,ma faceva uno strano effetto alla gente.

A pensarci bene,se non fosse nato,si sarebbe risparmiato un sacco di sofferenze.

Ma questa è una storia piena di colpi di scena,cari miei,e non s'intende la scena di un teatro,purtroppo.
Era la realtà.
La mia balorda realtà.

In questo mio navigare confuso,
tutti sembravano chi non erano.
Oppure erano chi non sembravano.

Non ho mai voluto che tu cambiassi.
Semmai che rimanessi com'eri all'inizio...


"Nessun cactus da queste parti" Mirko Tondi (2016)





LA TRAMA:
Porto Rens,"una moderna Gotham,la caricatura di una degradata metropoli inesistente".
Qui,a circa 100 anni da oggi,
un detective in crisi esistenziale fronteggia i suoi fallimenti,
inseguito dal fantasma di una logorante dipendenza alcolica e da quello di Dana,
la donna che l'ha mollato ormai da tempo.
Il riscatto,però,è dietro l'angolo.
Ed ecco un nuovo caso per lui:
c'è da trovare un ladro di nomi.
Non è roba da poco.
Una volta lo chiamavano drago.
Adesso sta per tornare.

IL MIO GIUDIZIO:
Se dovessi descrivere con una sola parola l'ultimo romanzo di Mirko,
sarebbe "alternativo".
"Nessun cactus da queste parti" si configura,infatti e senza dubbio,
come un libro diverso da tutti gli altri.

Ambientato in una New Orleans (che però ha preso il nome di Porto Rens) del futuro 
(siamo negli anni a cavallo fra il 2115/2116...100 anni esatti rispetto ad oggi),
lo scrittore ci racconta di una società apocalittica e surreale:
la geografia mondiale è stata completamente stravolta,
così come lo sono stati i valori ed i modi di vivere.
La malavita ha definitivamente preso il posto dell'onestà.
Tutto è tecnologico e fantascientifico ma mancano le cose basilari ed essenziali:
ad esempio,la carta è diventata ormai una rarità introvabile,
sostituita dalla plastica;
la droga è invece ufficialmente legale,
poi,però, si fa fatica a recuperare un pacco di sana e naturale farina.

Ogni cosa è nelle mani di una sorta di capoclan mafioso,
il temutissimo quanto ridicolo Don Cazal,
(con l'accento rigorosamente sulla seconda "A",mi raccomando!
Non sia mai di chiamarlo Don Càzal,con l'accento sulla prima "A"...c'è da passare dei guai seri!).
Egli è a capo di tutto,comanda tutto,ciò che esce dalla sua bocca è vangelo e non c'è niente che non sia in suo possesso.
Un Berlusconi 2.0,praticamente!

Improvvisamente,in questo avveniristico e desolato paese,
qualcuno si diverte a rubare i nomi e le identità delle persone.
A risolvere il busillis viene chiamato il "Drago",
un investigatore un pò avvinazzato e raffazzonato,
che sa di essere un mezzo fallimento ma non lo nega...
anzi,con disarmante umiltà,
ci scherza sopra e per questo non può non risultare simpatico.

Rimessosi in piedi,alla belle e meglio, dai bagordi alcolici,
recuperati un impermeabile,un taccuino (di carta,incredibilmente!) e una pistola,
segni indistinguibili del suo mestiere,
il buon Drago si mette all'opera e,
anche grazie a una sedia elettrica trasformata in fantomatica macchina del tempo
da un giapponese troppo precisino e saccente per risultare simpatico come il Doc di "Ritorno al futuro",
inizia a viaggiare nelle varie epoche,
arrivando persino a incontrare un esaltato Jimi Hendrix e,
nella Firenze della finale dei Mondiali di calcio 2006,lo stesso autore del romanzo.

Nonostante in alcuni punti risulti un pò dispersivo,
a cause delle tante digressioni in cui si perde il protagonista,
l'ho trovata un'opera decisamente originale ed innovativa,
che avvince sin dalle primissime pagine.

A fine lettura,un solo dubbio mi è rimasto:
ma quanti anni pensa di campare ancora, Al Pacino????!!!!

PS: ringrazio ancora Mirko per la fiducia che ha riposto in me,
chiedendomi di leggere e poi recensire il suo nuovo componimento!


IL MIO VOTO:
Alternativo,originale,ironico e innovativo.
Consigliato!
A chi ama i gialli e le storie noir,ma non solo!

LO SCRITTORE:






martedì 7 giugno 2016

Walt Whitman

Io non faccio conferenze o un pò di carità:
io quando mi do,mi di tutto.
Anch'io non sono affatto domato.
Anch'io sono intraducibile.
E lancio il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.

Se non mi trovi subito,non scoraggiarti.
Se non mi trovi in un posto,
cercami in un altro.
In qualche posto mi sono fermato e t'attendo.

Mi ribello alla solitudine
di stare in una compagnia estranea:
al rumore di un silenzio assordante,
quando tutto quello che desideri è una carezza
e tutto quello che ottieni è un altro attimo di malinconia.
In questi momenti,
quando non sento l'affetto che cerco,
la comprensione e la condivisione,
io urlo il mio barbarico YAWP
che risuona sopra i tetti del mondo.





Dal racconto "Il peso delle cose non dette" di Paola Giannelli

Era ferma al semaforo.
Dondolava il capo,ascoltando musica e picchiettava sul volante seguendo il ritmo.
Voltando lo sguardo a sinistra,aveva notato un bambino di circa 10 anni che la osservava.
Era appoggiato al finestrino abbassato come a un davanzale,
il capo sulle braccia conserte,
la guardava incuriosito dal movimento.
Non sorrideva.
Le labbra erano serrate e gli occhi neri la fissavano.
Due occhi collegati ad un budello che l'aveva scaraventata in un tempo remoto che appena ricordava,
in cui guardava il mondo senza sorrisi.
Silenziosa,si muoveva lungo gli spazi e badava a se stessa.
Ricacciava indietro la rabbia.
Non conosceva la leggerezza.
Era una bambina invisibile.
Lungo quei ricordi muti,ogni tanto,una voce senza volto,un uomo,una donna:
"Va tutto bene? Che hai? Sei triste? Racconta!"
Sempre le stesse frasi.
Se provava a spiegare,le voci si allontanavano,ascoltando appena e pronunciando rassicurazioni generiche.
Aveva iniziato a mentire per essere lasciata in pace.
Per tranquillizzare ed essere convincente,aveva imparato a sorridere a comando.
"Sì,sto bene"
Distendeva la labbra e disegnava un ampio sorriso.
A volte inventava un evento di fantasia per rafforzare l'idea che non poteva che essere felice.
I pensieri,negli anni,si erano stratificati,moltiplicati,congiunti.
E aveva iniziato a scrivere biblioteche di menzogne,serie,inattaccabili.
Al semaforo le mancò il fiato e temette di soffocare.
I polmoni erano vuoti e la respirazione bloccata.
Pensò che la morte per soffocamento doveva essere atroce e sperò che non le accadesse in quella luminosa mattina di Aprile.